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Instabilità dei pendii in condizioni sismiche

Negli ultimi decenni, la ricerca sul comportamento dei pendii in condizioni sismiche ha ricevuto un notevole impulso. Si è osservato,

infatti, che una significativa porzione dei danni indotti dai terremoti è correlata ai fenomeni di instabilità che si verificano nei pendii durante o dopo il sisma. Le tipologie di dissesto osservate sono diverse (figura 27):

• crolli

• distacchi parziali

• rotture generalizzate

• collassi istantanei

• movimenti ritardati, più o meno lenti

e anche i materiali coinvolti sono i più diversi:

• rocce lapidee, rocce tenere alterate

• terreni granulari, argille

Crolli di roccia e scorrimenti di terra o di roccia (classificazione di Cruden & Varnes, 1996) rappresentano le più diffuse tipologie di movimento innescate dai terremoti, ma assai frequenti sono anche altre tipologie, quali le espansioni in terra e le colate rapide di terra (Keefer e Wilson, 1984). Analoghi risultati sono stati ottenuti in studi successvi Tiwari B. 2017 su un database di 35 terremoti verificatesi tra il 1920 e il 2015 (figura 28).

Figura 27 Classi di numerosità di eventi di dissesto sismaindotti (Keefer 1984)

Pag. 81 a 249 Figura 28 suddivisione delle frane osservate nelle diverse tipologieTiwari B. 2017

Dal punto di vista cinematico, una frana provocata o riattivata da un terremoto può essere classificata in una delle tre categorie proposte da Keefer (1984) in funzione del grado di frammentazione e della velocità della massa instabile:

• I. Crolli e scorrimenti con disaggregazione della massa di frana: crolli, scivolamenti e valanghe di roccia e di terreni caratterizzati da movimenti veloci in pendii acclivi, generalmente superficiali.

• II. Scorrimenti senza disaggregazione della massa in frana: scoscendimenti e scivolamenti sia di roccia che di terreno con movimenti meno veloci di quelli della categoria I, generalmente profondi in pendii da moderatamente acclivi ad acclivi.

• III. Colamenti ed espansioni laterali: interessano pendii con acclività da bassa a media; sono superficiali e caratterizzati da movimenti lenti in terreni argillosi, più rapidi nei terreni granulari.

Per fissare un criterio di corrispondenza con la tradizionale classificazione cinematica di Varnes (1978), le categorie di Keefer sono approssimativamente riconducibili ai meccanismi tipici di crollo o ribaltamento (categoria I), scorrimento (categoria II) e colata fluida (categoria III).

Le numerose ed attente osservazioni effettuate negli ultimi anni hanno permesso di evidenziare che il rapporto causa-effetto dipende dalla combinazione di molti fattori. E’ stato possibile, inoltre, identificare i principali fenomeni fisici che si manifestano in condizioni dinamiche e i relativi parametri descrittivi. In condizioni dinamiche i cinematismi e le fenomenologie sono in generale diversi rispetto a quelli che si manifestano in condizioni statiche e in alcuni casi i movimenti sono ritardati rispetto all’evento sismico. Il comportamento di un pendio durante l’evento sismico e per un periodo successivo all’evento stesso è strettamente legato alla natura del terreno e alle condizioni esistenti prima del terremoto e al regime idraulico del pendio. Rispetto al caso statico le sollecitazioni sismiche determinano un incremento delle azioni destabilizzanti dovuto all’insorgere di forze d’inerzia

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proporzionali all’accelerazione sismica, variabili nel tempo e all’interno del pendio in intensità, direzione e verso ed una riduzione delle azioni resistenti, dovuta a fenomeni di fatica e/o accumulo delle pressioni interstiziali derivanti dalla ciclicità del carico. In generale il decadimento della resistenza cresce con il numero dei cicli di carico legati alla durata del sisma.

Veduta aerea della frana a Daly City, la più grande innescata dal terremoto nella contea di San Mateo, spostando circa 36.700 metri cubi di materiale. La base è di circa 152 m. [S.D. Ellen, U.S. Geological Survey] Terremoto Loma California 1989

Frana della scogliera a nord di Tunitas Creek che ha continuato a muoversi per alcuni giorni dopo il terremoto. [D.M. Peterson, U.S. Geological Survey]

Figura 29 Terremoto Loma California 1989(https://pubs.usgs.gov/dds/dds-29/)

Figura 30 Frana sulla E5 Highway in Duzce Earthquake Report on 1999 kocaeli and düzce (turkey) earthquakes - Mustafa Erdi

I principali effetti indotti dal terremoto, a causa della natura transitoria delle azioni sismiche, sono costituiti da spostamenti permanenti prodotti dall’istantaneo raggiungimento, in alcune aree del pendio, della resistenza disponibile, o da deformazioni irreversibili dovute a stati tensionali distanti dalle condizioni di rottura. Gli spostamenti permanenti del pendio possono crescere progressivamente durante il sisma, oppure essere attivati in un particolare istante e svilupparsi in maniera brusca e inattesa, o ancora manifestarsi dopo il termine dell’azione sismica. Essi possono

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derivare da deformazioni diffuse nel pendio o da deformazioni localizzate in zone di rottura di limitato spessore, accomunabili a superfici di scorrimento, e possono portare al raggiungimento di uno stato limite, ultimo o di danno, per il pendio o per le opere che con esso interagiscono.Il comportamento dei pendii in condizioni sismiche può essere sostanzialmente governato dalle azioni inerziali indotte dal terremoto o dalla riduzione della resistenza al taglio disponibile. Di conseguenza, i fenomeni di instabilità causati dagli effetti inerziali consistono essenzialmente in un progressivo incremento di spostamenti che si manifesta durante l’evento sismico, mentre l’instabilità indotta da una riduzione della resistenza al taglio si sviluppa più che altro al termine del terremoto. Quando i fenomeni di instabilità sono connessi alle azioni inerziali indotte dal sisma, la valutazione delle condizioni di stabilità del pendio dovrebbe essere eseguita, in linea di principio, utilizzando procedure di analisi che tengano conto del carattere transitorio dell’azione sismica e che permettano una stima delle deformazioni e degli spostamenti indotti dal sisma.

In accordo con quanto detto, nelle applicazioni attuali si utilizza il metodo degli spostamenti, proposto da Newmark (1965). L’azione sismica, in questo approccio, è rappresentata da una storia temporale delle accelerazioni e si assume che lo spostamento relativo fra un volume di terreno potenzialmente instabile e la formazione stabile abbia inizio quando le forze d’inerzia agenti nel volume stesso, considerato infinitamente rigido, determinano il superamento della resistenza disponibile lungo la superficie di scorrimento. Il pendio accumula spostamenti negli intervalli di tempo in cui la velocità relativa è positiva. L’accelerazione critica, che equivale al raggiungimento della resistenza disponibile, può essere stimata mediante un’analisi pseudostatica ed è funzione delle caratteristiche del pendio (geometria, caratteristiche di resistenza, forma e posizione della superficie di scorrimento, regime delle pressioni interstiziali) e dell’inclinazione dell’azione sismica. Solitamente si assume che l’accelerazione critica rimanga costante durante l’evento. Nel metodo degli spostamenti, la valutazione delle condizioni di stabilità coincide con una valutazione della prestazione del pendio effettuata mediante il confronto degli spostamenti indotti dal terremoto con valori di soglia che rappresentano il raggiungimento di condizioni di stato limite ultimo o di danno. Tuttavia, il metodo più diffuso nelle applicazioni per l’analisi sismica di un pendio è tuttora il metodo pseudostatico. In esso, l’azione sismica è uguagliata ad una forza statica equivalente, in grado di produrre gli stessi effetti del terremoto, di grandezza pari al prodotto tra il coefficiente sismico k e il peso del terreno potenzialmente instabile. Il risultato del calcolo è costituito da un coefficiente di sicurezza rispetto allo scorrimento. Rappresentare gli effetti del sisma attraverso una forza statica, costante nel tempo in modulo direzione e verso, implica che l’accelerazione equivalente agente sul pendio aeq = k·g, proporzionale al coefficiente sismico k, sia inferiore alla massima accelerazione

amax attesa al sito, e possa essere espressa come una sua frazione. Per riportare il metodo pseudostatico ad uno di tipo prestazionale, è necessario stabilire una relazione fra gli spostamenti attesi e i parametri utilizzati nell’analisi: il coefficiente sismico k e il corrispondente coefficiente di sicurezza Fs. In particolare, k può essere correlato alla prestazione sismica del pendio attraverso gli

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spostamenti permanenti dovuti agli effetti inerziali, durante il sisma. Di conseguenza, diversi livelli di prestazione del pendio, e quindi di spostamenti attesi, possono essere associati a diversi valori del coefficiente sismico.

Infine abbiamo i metodi dinamici sforzi-deformazioni in cui le equazioni dinamiche del moto vengono risolte mediante metodi di integrazione numerica agli elementi finiti o alle differenze finite implementate in codici di calcolo con i quali è’ possibile seguire l’andamento nel tempo e nello spazio l’evoluzione dello stato di sforzo e di deformazione e degli spostamenti. Per un’analisi affidabile si richiede una stima accurata di stratigrafia, stato tensionale efficace iniziale, storia di carico sismico, regime delle pressioni interstiziali, caratteristiche di rigidezza e resistenza dei terreni in condizioni statiche, dinamiche e cicliche. Le analisi dinamiche avanzate sono di fatto applicabili solo ai pendii artificiali (dighe in terra e grandi rilevati) in cui si hanno a disposizione le informazioni di dettaglio sopra specificate.

I metodi pseudostatici offrono come vantaggio la semplicità di impiego la possibilità di considerare gli effetti della morfologia, della stratigrafia, superfici di scorrimento irregolari, la variabilità delle proprietà geotecniche ma presentano il limite di considerare l’azione sismica costante e la difficoltà nella scelta di un opportuno coefficiente sismico. Di contro i metodi degli spostamenti hanno il vantaggio di interpetrare meglio il comportamento dei pendii naturali durante i terremoti ma richiedono pesanti semplificazioni delle condizioni stratigrafiche e morfologiche del pendio.