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2 L’IMPRESA CHE COMUNICA

2.4 Interlocutori e obiettivi

L’estensione del numero e della tipologia degli stakeholder, da una parte, e la necessità di far convergere più risorse possibili all’interno dell’azienda per perseguirne gli obiettivi, dall’altra, sono due dei fattori

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dell’accresciuta importanza della comunicazione aziendale oggi73. In un contesto economico e sociale

sempre più complesso il successo aziendale dipende anche e soprattutto dal sostegno e dalla legittimazione degli interlocutori aziendali, più volte definiti degli “azionisti virtuali”74. L’impresa che disattende alle loro

aspettative rischia di depauperare il capitale di fiducia e competenze che rappresenta un presupposto fondamentale per la creazione di valore. Per relazionarsi con loro l’azienda dovrà incontrarli, in senso proprio e figurato, sviluppare un interscambio informativo, condividere conoscenze, attivare una reciproca fiducia. Diventa indispensabile l’interdipendenza degli attori economici e sociali: l’azienda attinge all’esterno per quanto concerne sia le risorse tangibili (risorse umane, finanziarie e tecnologiche), sia intangibili (competenze, conoscenza, fiducia e legittimazione), necessarie per perseguire gli obiettivi aziendali.

Questo accresce la dimensione relazionale dell’azienda stessa: non deve solo saper vendere, saper fare, deve farlo sapere, comunicarlo e renderlo condivisibile. Da tali esternazioni potrà ricavare le risorse necessarie per il suo sviluppo.

La comunicazione d’impresa consente all’azienda di coordinare le relazioni con gli stakeholder, gestire i contatti, creare e mantenere fiducia verso l’interno e l’esterno della realtà d’impresa.

Comunicare verso l’interno della struttura organizzativa significa sviluppare la cultura del management aziendale, educare il personale ad essere ricettivo verso le informazioni e i commenti sull’azienda, stimolare il personale ad essere fruitore degli strumenti di comunicazione interna. Anche un buon livello di comunicazione informale, indipendente dall’impegno specifico dell’impresa, testimonia che esiste una reale volontà di comunicare, di ascoltare e di farsi ascoltare. Ciò faciliterà notevolmente lo sviluppo di una buona comunicazione formale, che fungerà da “collante” attorno ai valori, le identità e la cultura aziendali, e da “bussola” capace di orientare la creatività interna verso gli obiettivi dell’impresa.

73 Zeppa M., L’azienda che comunica. 5 conversazioni e 100 idee che hanno cambiato il marketing, Franco Angeli, Milano, 2013. Cap I.

74 Capasso A., Assetti proprietari e governo d'impresa: Corporate governance e risorse immateriali, CEDAM, Padova, 1996. Op. cit in Corvi E., La comunicazione integrata di marketing. Teorie, strategie e politiche operative, Egea, Milano 2012. P. 27.

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Per quanto riguarda invece la comunicazione verso l’esterno, se è vero che il consenso degli stakeholder è fondamentale per il successo dell’impresa è altrettanto vero che questo non dipenderà da ciò che l’azienda dà loro materialmente (salari, prodotti, condizioni di pagamento…), ma dalla immagine e dalla reputazione che è riuscita a costruire presso i suoi interlocutori. Queste qualificano l’affidabilità dei prodotti, la responsabilità delle azioni, la credibilità delle affermazioni di un’azienda, che le consentono di godere di un ampio vantaggio competitivo (chiaramente visibile in tutte le attività aziendali, prima fra tutte la fedeltà dei propri clienti e dei propri collaboratori). Il consumatore, l’operatore finanziario, il fornitore, il dipendente… orienteranno la propria scelta non solo in base alla copiosità e alla precisione del loro bagaglio informativo, ma risulteranno fortemente condizionati (razionalmente ed emotivamente) dall’insieme di opinioni e percezioni sedimentate rispetto alle azioni passate e alle prospettive future di un’azienda.

Certamente la velocità con cui le notizie circolano in rete non permette di approfondire le informazioni: la comunicazione digitale invoca la trasparenza come driver irrinunciabile75, ma consente la diffusione virale di

verità presunte o parziali, le cosiddette fake news. Il consenso, allora, passa attraverso la condivisione di principi irrinunciabili per l’impresa: chiarezza di intenti, sostenibilità ambientale, rispetto di una filiera di produzione sana, attenzione verso la collettività e sensibilità nei confronti dei dipendenti.

L’esplosione del welfare aziendale spiega bene tale esigenza: sono diventate sempre più richieste le attività di employee advocacy, vere e proprie campagne di comunicazione volte a condividere con i dipendenti le strategie di mercato e le politiche del marchio. La reputazione non è il frutto di uno spot scritto bene né può considerarsi ancora un asset intangibile: si costruisce nel tempo attraverso “modalità narrative” che mettono in primo piano la trasparenza delle relazioni.

Se alla qualità e alla pertinenza della comunicazione d’impresa affidiamo il successo delle sue performance economiche e sociali è evidente che essa non è solo un modo spiccio per stupire e farsi notare, se non addirittura ingannare. La comunicazione deve accrescere la trasparenza, non diminuirla.

75 Iabichino P., Scripta volant. Un nuovo alfabeto per scrivere (e leggere) la pubblicità di oggi, Codice Edizioni, Torino, 2017. Versione ePub. “R. Reputazione”.

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La maggiore attenzione e intelligenza degli stakeholder prodotte in buona parte dal web 2.0 impongono un cambio vistoso di atteggiamento: dal discorso promana credibilità solo se l’impresa si dispone sinceramente al dialogo, nella consapevolezza che “le marche non appartengono solo a loro ma anche – se non soprattutto – ai consumatori che le acquistano”76.

Muovendo da queste premesse distinguiamo tra:

1. Obiettivi di contenuto: io come azienda voglio informare, analizzare, promuovere e/o decidere? 2. Obiettivi di relazione: che tipo di partecipazione voglio stimolare? Quale grado di coinvolgimento

emotivo? Voglio favorire alleanze? Che clima voglio creare? Su che basi voglio seminare consenso?

3. Obiettivi di immagine: che impressione voglio lasciare? Come vorrei mi percepissero?

Sembrerebbe un’ovvietà, ma non lo è: un piano di comunicazione indirizzato ai portatori di interesse non può prescindere da una chiara consapevolezza delle proprie competenze distintive, dei propri obiettivi e delle strategie da mettere in atto. Ecco perché si può parlare a buon diritto della comunicazione come dell’architrave di un’impresa: essa ne deve conoscere e trasmettere l’identità, la visione e gli obiettivi strategici e, come abbiamo visto, si rivolge trasversalmente agli interlocutori interni, ai clienti, a tutti i portatori di interesse, alla società.

Lungi da rimanere cristallizzata e confinata nella sezione “Chi siamo” del sito istituzionale, la visione deve permeare il marketing e, specie se comunicata sui SM, si confronta con la dinamicità della relazione con il cliente.

La vendita stessa deve instaurare una relazione, cuore pulsante del vantaggio competitivo. Questo risiede quindi:

1. Nella capacità di gestire il Costumer Relationship Management (CRM); 2. Nella capacità di gestire il rapporto con i partner e gli stakeholder; 3. Nella capacità di differenziare le proposte;

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4. Nell’offrire un’esperienza al cliente;

5. Nel pianificare una politica di comunicazione di marketing integrata; 6. Nella capacità di gestire le informazioni (Database Mining)77.

Parallelamente l’azienda dovrà supportare tali capacità con un’attenta analisi della redditività per segmenti, canale e cliente78.