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2 L’IMPRESA CHE COMUNICA

2.9 Studi e teorie: il dialogo bidirezionale

2.9.6 La Co-creation of Meaning Theory

La Co-creation of Meaning Theory spiega i fenomeni di comprensione e costruzione partecipativa tra l’impresa e i suoi stakeholder. La teoria si focalizza sui concetti di significato e interpretazione come mezzi per comprendere la comunicazione organizzativa. Alla base della teoria risiede la convinzione che la comunicazione sia un processo a due vie simile a quello ermeneutico per creare e scambiare significati, interattivo e partecipativo a tutti i livelli.

Un’ulteriore formulazione contrappone una prospettiva referenziale del significato ad una di co- orientamento. La prima “presuppone che le persone pensino allo stesso referente nel momento in cui interpretano la definizione di un termine o una frase (…) la seconda riconosce la presenza di ambiguità e

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presuppone che una persona possa comprendere l’altro solo se sa come questa persona interpreta una parola o una frase, anche se le due persone hanno diverse interpretazioni”116. La comprensione e la

condivisione delle differenti prospettive e interpretazioni vengono quindi costruite nel corso dell’interazione tra i soggetti. La distinzione è molto simile a quella che è possibile fare in linguistica moderna tra denotazione e connotazione (Treccani 2014). Entrambi i meccanismi di significazione contribuiscono a costruire il significato di una parola in un determinato contesto, ma il secondo è quello meno prevedibile ed esposto all’interazione e all’interpretazione del singolo.

Gestire attivamente le interazioni in forma di dialogo e non di monologo, nella gestione della comunicazione, diventa quindi fondamentale perché nel dialogo come relazione attiva si possono creare aree di compatibilità con gli stakeholder. In altre parole, proietta sulla comunicazione d’impresa le prassi inferenziali che accompagnano costantemente la comunicazione umana.

La co-creazione di significato e la sua condivisione sono condizioni imprescindibili, come abbiamo visto, dell’implementazione dei SM nelle organizzazioni, che vivono pertanto una tappa evolutiva fondamentale e di grande impatto nella relazione con i loro pubblici. La bi-direzionalità del dialogo è la base sulla quale si costruiscono i significati, la regola e il presupposto di ogni teoria della comunicazione.

Le caratteristiche del web – la socialità, la concretezza, la testualità, la relazione orizzontale – indicano una continua propulsione verso la richiesta e la produzione di “significati” e “senso”. Certo, il non senso e l’arbitrio sono ampiamente presenti in rete, ma si riscontra sempre una molteplicità di alternative sensate, organizzate in sequenze ordinate.

I dati diventano così contenuti, esperienze, progetti e narrative sull’identità della persona e del gruppo. Ciò non dipende solo dal tipo di contenuto, ma ancor più dal modo in cui questo viene cercato, valutato e scambiato: la meaning society117, con la ricerca, costruzione confronto e riformulazione dei significati, è la

realtà attiva di questo processo, nei modi e nei tempi in cui si costituisce.

116 Mazzei A., Ravazzani S. Dialogare con gli stakeholder. Ascolto e sensibilità interculturale per le relazioni pubbliche e la comunicazione d’impresa, Franco Angeli, Milano, 2014. Versione ePub. Cap I.

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Ci sembra calzante per illustrare questo meccanismo trasformativo l’analogia118 con la Riforma Protestante.

La Riforma consegna – grazie alla stampa – una Bibbia scritta in volgare nelle mani del credente medievale inserito così in un rapporto individuale e discrezionale con la religiosità e sancendo l’inizio dell’età Moderna; Internet, a differenza della “religione televisiva”, riporta l’utente e il suo bisogno di significati al centro del discorso.

2.9.6.1 Karl E. Weick e i processi di sensemaking119

A tal proposito, prima di continuare nella rassegna di approcci sulla “relazionalità” delle teorie economiche, vogliamo soffermarci sugli studi di Karl E. Weick, studioso americano delle organizzazioni e primo a introdurre i concetti di “loose coupling”, “mindfulness” e “sensemaking”.

In modo provocatorio e dirompente Weick si inserisce nel dibattito nel corso degli anni settanta con posizioni a cavallo del filone fenomenologico e cognitivista. I processi cognitivi che sono oggetto della sua ricerca sono detti anche processi di sensemaking, processi di creazione di senso, i quali coincidono, secondo Weick, con i processi di organizzazione (organizing).

I soggetti – individui od organizzazioni – entrano in contatto con flussi di esperienza multiformi e non ordinati ai quali conferiscono un senso grazie ai processi cognitivi di sensemaking e organizing. Le deduzioni, le mappe causali che mettiamo in gioco danno senso e ordine logico, predisponendo il nostro comportamento (di comunicazione, azione, consumo…). La realtà quindi, secondo Weick, prende senso solo attraverso i nostri processi cognitivi e ai flussi di esperienza, tanti quanti se ne elaboriamo in relazione a una o più realtà esistenti, ma polisemantiche. In un certo senso il sensemaking è quindi anche un processo istitutivo, “contribuisce a costruire ciò che si percepisce”120.

La creazione di senso si attiva nella misura in cui l’individuo interagisce con l’ambiente esterno, che ne risulta modificato e a sua volta retroagisce sui soggetti attivanti. Questi non plasmano l’ambiente in modo

118 Ibidem, p. 62.

119http://www.organizzazioneimpresa.it/index_file/weick.pdf. Bartezzaghi E., L’organizzazione dell’impresa. Processi, progetti, conoscenza, persone. RCS Libri S.p.A, Milano, 2010. Versione ePub. Cap 3, par. 2 “Il contributo di Weick”.

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arbitrario, bensì l’ambiente, una volta attivato (allorché il soggetto lo percepisce e lo fa esistere per sé) influenza e vincola le azioni del soggetto. Weick afferma che121: “Le organizzazioni a dispetto della loro

evidente preoccupazione per i fatti, i numeri, l’obiettività, la concretezza e l’affidabilità, sono in realtà sature di soggettività, astrazione, supposizioni, espedienti, invenzioni e arbitrarietà… proprio come tutti noi. Sono le organizzazioni stesse a creare gran parte di ciò che le turba”122.

In altre parole, Weick vuole evidenziare come spesso le organizzazioni abbiano meno vincoli esterni di quanto generalmente si pensi. In realtà, una organizzazione possiede i vincoli che essa stessa “vede” (e intende) tramite l’attivazione. Una certa situazione del mercato dell’organizzazione non è un elemento dato, bensì un risultato delle strategie dei soggetti che vi operano e che attivano quell’ambiente. Ad esempio, le profezie auto-avveranti sono una tipica modalità con cui un soggetto può incidere sulla realtà tramite l’attivazione dell’ambiente.

In coerenza con l’impianto teorico esposto, tutto ciò che normalmente gli attori di una organizzazione pensano come “esterno”, ovvero strutture, norme e gerarchie, in realtà esiste solo nel momento in cui trova spazio nell’esperienza del soggetto stesso. “L’organizzazione per Weick è come la grammatica di una lingua”123. Quale sarebbe allora il collante? Come possono far parte di un’organizzazione efficiente, oltre

che costitutiva della creazione di senso soggetti che a quella realtà organizzativa danno significati diversi? Weick parla al riguardo di connessioni lasche o legami deboli, loose coupling: sono connessioni deboli e flessibili che permettono di tenere insieme sistemi e sottosistemi – che esistono nell’esperienza dei soggetti – di un’organizzazione, qualora vi siano spinte centrifughe e disgreganti. Esempi sono azioni, riti e procedure di significato univoco per tutti i sottosistemi, secondo un linguaggio comune generato a livello di intera organizzazione.

L’insieme delle pratiche e dei valori che costituiscono la cultura organizzativa di un’impresa sono un esempio: l’identità di un brand e di un’organizzazione sono il portato di un groviglio di connessioni lasche,

121 Weick K. E., The Social Psychology of Organizing, Addison Wesley Pub. Co., Boston, 1969. Op. cit in

http://www.organizzazioneimpresa.it/index_file/weick.pdf. 122 Ibidem.

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tanto complesse, quando deboli e capaci, in tal senso, di tenere insieme in un insieme coerente visioni diverse.

Ritroviamo qui l’insieme delle tattiche e dei significati valoriali che i soggetti danno ai più svariati campi della cultura (ad esempio, al consumo, come detto sopra) nella forma di negoziazioni personali con le strategie di sistema che governano dall’esterno un’organizzazione umana, quale è l’impresa o la piattaforma social.

La contingenza e l’imprevedibilità della relazione non deve far pensare però a una dicotomia efficienza/burocrazia e inefficienza/caos organizzativo. Esistono piuttosto una serie di connessioni lasche che permettono ai sottosistemi di un’organizzazione di perdurare nel tempo e al contempo di innovarsi; di percepire l’ambiente e addattarvisi rapidamente; di favorire l’autonomia e la responsabilizzazione degli attori coinvolti, riducendo al minimo la probabilità dei conflitti.

È verosimile che gli studi sul sensemaking di Wieck possano dare un’ulteriore cornice teorica all’approccio della co-creation of meaning prima esposto: l’insieme dei significati che si incontrano/scontrano nell’interattività del processo comunicativo con gli stakeholder fa capo ai meccanismi di creazione di senso tra personalità e istanze diverse, ma “organizzativamente” coerenti tra loro.