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2 L’IMPRESA CHE COMUNICA

2.5 Positioning

Il Positioning o Posizionamento in comunicazione è un elemento base di marketing, indice sintetico di ciò che il cliente percepisce del marketing mix. È stato definito come l’insieme delle attività aziendali volte ad agire sulla mente del consumatore, là dove si formano le sue decisioni.

Al Ries e J. Trout79 dopo 20 anni dalla prima edizione americana di “Posizionamento. La battaglia per le

vostre menti” continuano a illuminarci sul senso del positioning come strategia orientata al cliente. Cambiare il packaging, il nome e le scelte grafiche, il prezzo del prodotto non incide tanto su quest’ultimo, ma sulla posizione che esso occupa nelle mente del potenziale cliente. I due autori hanno definito le opzioni principali di azione permesse dalla disciplina in “mix” di comunicazione oppure singolarmente:

1. Rinforzare la propria posizione;

2. Occupare una posizione non ancora ricoperta dalla concorrenza; 3. De-posizionare (modificare la percezione emotiva del prodotto);

4. Re-posizionare (cambiare l’immagine del prodotto rispetto alla concorrenza); 5. Occupare i “gradini alti” della scala di valori nella mente del consumatore80.

77 Zeppa M., L’azienda che comunica. 5 conversazioni e 100 idee che hanno cambiato il marketing, Franco Angeli, Milano 2013. P. 19. 78 Ibidem.

79 Ries A., Trout J., Il posizionamento. La battaglia per le vostre menti, Anteprima, Milano, 2016. Trad.it. Op. cit in Zeppa M., L’azienda che comunica. 5 conversazioni e 100 idee che hanno cambiato il marketing, Franco Angeli, Milano, 2013. P. 25.

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Lo sviluppo delle strategie del positioning non può prescindere da alcuni fattori chiave strategici quali il prezzo, che non deve essere quasi mai considerato differenziante (fatta eccezione per il “premium price”); il fattore novità (il prodotto deve comunicare unicità, se non nel prodotto in sé, nella categoria di appartenenza); la posizione “marchio numero 2”, come alternativa o in tensione continua verso l’eccellenza; l’approccio specialista, per posizionarsi con precisione nella mente del consumatore; il canale specifico (ad esempio come Internet only); posizionarsi per sesso.

In ogni caso, il positioning non è un’attività standardizzabile e non esiste la ricetta perfetta per costruire un posizionamento efficace, in grado di generare una reputazione coerente con i valori ad esso associati. Le scelte di comunicazione avvengono in un mercato gremito di attori e aziende dove è assai difficile isolare dal rumore di fondo le informazioni relative ai propri pubblici, le loro percezioni e idee effettive sul prodotto. Un caso emblematico è quello che dello yogurt Muller81, brand in cui secondo i manager

prevalevano inizialmente associazioni di convenienza e “germanicità”, mentre invece un’attenta attività di osservazione e ricerca ha poi dimostrato come cremosità, gusto e sensualità fossero le idee chiave connesse al suo posizionamento. Non a caso l’azienda ha ridefinito la comunicazione e il posizionamento della marca con il noto claim “Fate l’amore con il sapore”, più coerente con il percepito del brand e ben lontano dalla visione salutistica che caratterizzava la categoria e i principali concorrenti. In questo caso i fattori premianti sono stati l’ascolto dei pubblici sull’effettiva accoglienza del prodotto e la volontà di differenziarsi dal posizionamento dominante della categoria yogurt.

Potrà essere utile, dunque, riposizionare la concorrenza per evidenziarne i punti di debolezza e rafforzare la propria posizione, non necessariamente come la migliore in assoluto, ma come prima e/o migliore in qualcosa, evitando di disperdere l’attenzione del consumatore in una comunicazione confusa o ripetitiva, che non lo aiuta ad avere un’idea precisa del prodotto.

Inutile dire che alle attività canoniche, finalizzate alla ricerca – rassegna stampa, contatti con i leader d’opinione, database aziendali, inchieste campionarie, interviste e questionari – oggi l’ascolto sui SM ai fini

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del posizionamento è cruciale e strategico rispetto all’esigenza di agire nel più breve tempo possibile per assottigliare il divario tra l’immagine percepita dai pubblici e il posizionamento desiderato dall’azienda.

Spesso quando si parla di positioning il mito tipicamente legato al marketing dell’innovazione a tutti i costi è sempre dietro l’angolo. Se si accetta la definizione classica di marketing come arte e scienza della vendita di un prodotto è facile convenire sulla prospettiva statica e sul circolo vizioso dei luoghi comuni legati all’innovazione, specie quando è associata al marketing e alla comunicazione, appunto. Alcuni “marketer” anglosassoni hanno parlato di “Tunnel Vision Marketing”82, Theodore Levitt già nel 1960 “marketing myopia”83, una sorta di cecità nei confronti della realtà aziendale, sindrome che si manifesta con una

gestione del business “alla sopravvivenza”, con la rinuncia al pensiero strategico e – il più nefasto dei miti – con la perdita della visione globale di quanto si sta facendo, nella convinzione che “il prodotto si vende da solo”. In un Paese come il nostro, la cui storia imprenditoriale è costellata da piccole e medie imprese (PMI) connotate dalla potente portata creativa delle loro innovazioni, il mito del prodotto originale, che balza all’occhio e in quanto tale si vende da solo è difficile da scalzare.

Eppure, il problema cruciale per ogni organizzazione è trovare i clienti e fidelizzarli, non produrre qualcosa e aspettare che si vendi. Kotler nei suoi studi è arrivato alla conclusione che le imprese siano costrette dall’evoluzione dell’economia a passare da una filosofia definita “produci-e-vendi” alla filosofia “ascolta-e- rispondi”, noi qui diciamo “ascolta-rispondi-replica”: il cuore in fondo più rivoluzionario e al contempo elementare alle basi della comunicazione. “Pensiamo che il problema più rilevante sia (…) il fatto che il marketing, guardando i mercati troppo da vicino non metta a fuoco l’oggetto dell’osservazione, cioè il consumatore stesso. È in questo senso che possiamo parlare di presbiopia del marketing”84.

Le difficoltà del marketing nel posizionamento riguardano, dunque, l’incapacità di analizzare un contesto sociale in cambiamento, fatto di relazioni sociali complesse. La percezione di una marca, così come il consumo stesso, non è, per usare le parole di Fabris, “espressione di solitudine esistenziale, un agire

82Zeppa M., L’azienda che comunica. 5 conversazioni e 100 idee che hanno cambiato il marketing, Franco Angeli, 2013. P. 35

83 Gnasso S., Iabichino P., Existential Marketing. I consumatori comprano, gli individui scelgono, Hoepli, Milano, 2014. Versione ePub. Cap. 1, par. “L’inconoscibilità del consumatore”.

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solipsistico con il mondo degli oggetti”85, ma il frutto di preferenze interdipendenti e scambi potenziali

(marketing as exchange), di cui anche l’impresa stessa fa parte.

Per rimediare al mito dell’innovazione a tutti i costi e allargare la visuale, i punti fermi del positioning sono da ricodificare e tradurre. In un’intervista86 sul suo ultimo libro, “Marketing 4.0”, Kotler afferma che nell’era

digitale un’evoluzione notevole è quella delle strategie di pricing, che stanno passando dal prezzo fisso a quello dinamico. I prezzi nell’economia digitale, insomma, diventano flessibili e fluttuano un po’ come le valute, a seconda della domanda del mercato. Succedeva già per le linee aeree e per il turismo alberghiero, ma ora grazie a Internet questo approccio interesserà altri settori. Anche il canale, in passato certezza del positioning, nella nuova economia della condivisione diventa peer-to-peer, “da pari a pari. Aziende come Uber o Airbnb oltre a aver innescato una disruption in termini di disintermediazione e scomparsa di posti di lavoro, offrono accesso rapido a servizi che non sono direttamente di loro proprietà, ma appartengono ad altre persone, come noi. Un paradigma, questo, destinato, dice Kotler, a diventare pervasivo quando la stampa 3D sarà diffusa capillarmente e saremo tutti produttori.

Come il Marketing e la comunicazione nel loro complesso anche il posizionamento è un concetto mobile e funzionale alle percezioni dell’altro e si colloca all’altezza della zona ibrida della relazione marche-clienti. Lo stesso Trout già nel 1969 scriveva un articolo dal titolo “Positioning is a game people play in today’s me-too market place”.

Per concludere, torniamo al Cluetrain Manifesto87: “I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti

demografici. Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana”. Per consolidare la posizione ottenendo profitti l’azienda non può non allargare gli orizzonti e provare a scorgere nuove prospettive di approccio ai pubblici. Il confronto a cui conduce l’ascolto e la ricerca del piano di comprensione dell’altro non è un passo sequenziale e successivo a un posizionamento deciso a porte chiuse

85 Fabris G., Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, Milano, 2003. Op. cit in Gnasso S., Iabichino P., Existential Marketing. I consumatori comprano, gli individui scelgono, Hoepli, Milano, 2014. Versione ePub. Cap. 1, par. “L’inconoscibilità del consumatore”.

86http://www.ninjamarketing.it/2017/10/04/intervista-kotler/.

87 Levine R., Locke C., Searls D., Weinberger D., The Cluetrain Manifesto (1999). Traduzione di Luisa Carrada in

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dal management “ai piani alti”. Non è pensabile riferirsi al mercato come ad una entità astratta e predeterminata: l’individuazione e la differenziazione di quello che scolasticamente si definisce “target group” acquista un valore altissimo se e nella misura in cui si innesta nella relazione e nei bisogni reali delle persone.