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International Style e introduzione al problema del contesto

3 PROGETTAZIONE ED ARTE CONTEMPORANEA NEL MEDIOEVO COSTRUITO.

3.2 International Style e introduzione al problema del contesto

L'aspirazione ad una dimensione universale tipica dei pionieri della nuova architettura viene compiutamente raggiunta nel primo dopoguerra, quando il Movimento Moderno fa il suo approdo negli Stati Uniti e si radicalizza nelle forme dell'International Style. Nel 1932 il Museum of Morden Art di New York ospita la “Mostra Internazionale di architettura moderna”, curata da Henry Russel Hitchcock (1903- 1987) e Philip Johnson (1906- 2005) allo scopo di presentare gli esiti della ricerca architettonica europea oltreoceano. In questa sede vengono esibiti per la prima volta al pubblico americano i progetti di Le Corbusier, Ludwig Mies Van Der Rohe, Frank Lloyd Wright, Walter Gropius e di alcuni architetti autoctoni, i lavori dei quali sono affiancati da una sezione dedicata alla diffusione del modernismo nel mondo.

Questo evento rappresenta al tempo stesso la consacrazione del Movimento e l'annullamento del suo slancio creativo. Nel trapianto sul terreno americano, esso viene spogliato di tutti i contenuti socio-politici cari ai suoi fondatori e codificato in una serie di principi costruttivi standardizzati, ad uso e consumo delle esigenze di imprenditori e industriali13. L'applicabilità universale del nuovo linguaggio implica

il totale sradicamento delle nuove costruzioni da un contesto specifico e la sua

13 Si tratta ancora una volta del principio di onestà strutturale, dell'impiego di elementi modulari in serie, di assenza di decorazioni e ampio ricorso a superfici in vetro. L'impiego ripetuto di questi elementi, pur andando incontro alle esigenze del mercato edilizio che richiedeva abitazioni che fossero soprattutto funzionali, finirà presto per svuotare questo stile di qualsiasi contenuto ideologico. BIRAGHI M., Storia

versatilità è giocata tutta sulla realizzazione di forme neutre che possano inserirsi indifferentemente in qualsiasi paesaggio o continente. Negli Stati Uniti si arriva quindi al totale rovesciamento dei principi del Gothic Revival, che trovava nei legami con la nazione e nei caratteri locali le sue ragioni fondative, in favore di un'architettura uniformante, globale e priva di radici.

Mentre quindi gli architetti dello stile internazionale si dimostrano più preoccupati ad accordarsi allo spirito del proprio tempo che al paesaggio costruito, con il quale rifiutano di intrattenere qualsiasi tipo di dialogo, sul fronte della conservazione assistiamo ad un radicalizzarsi delle preoccupazioni in merito alla tutela dei monumenti antichi e al mantenimento del loro aspetto originario. Questi due impulsi contraddittori provocano una profonda frattura tra la professione dell'architetto e quella del conservatore: quelle che nel XIX secolo erano la stessa figura, ora si separano e finiscono per intralciarsi l'una con l'altra.

La ricerca costante di attualità del modernismo contraddice in sé stessa qualsiasi idea di continuità con la tradizione e, come abbiamo visto, esclude a priori la necessità di conservarne le tracce. In un saggio intitolato La morte dei

monumenti, Lewis Mumford (1895- 1990) incolpa la cultura conservativa di aver

reso le città simili a tombe; la città moderna invece è, e deve continuare ad essere, un organismo vivo, e come tale caratterizzato da un costante rinnovamento; la persistenza delle antiche strutture è solo di ostacolo al naturale fluire del tempo.

Compito dei nuovi edifici urbani è quindi assolvere ai bisogni della vita contemporanea e rinnovarsi di conseguenza; la contemplazione del passato dev'essere un'esclusiva dei musei e non soffocare i ritmi della vita presente14. Da un

lato quindi si hanno le spinte verso una radicale cultura del nuovo, che, almeno sulla carta, legittima anche arbitrarie distruzioni del costruito per affermare una nuova idea; dall'altra il senso di lontananza dal passato viene accresciuto dalla tragedia del primo conflitto mondiale: a partire dal 1920 si inizia a guardare indietro

con la nostalgia per qualcosa che è sul punto di essere perduto definitivamente. In questo particolare momento storico la cultura conservativa si consolida quindi anche come reazione agli interventi indiscriminati del Movimento Moderno e ai suoi prodotti, che iniziano ad essere valutati con preoccupazione crescente per il mantenimento dell'integrità dell'ambiente storico, per questo spesso gli utopici progetti modernisti rimangono irrealizzati perchè giudicati eccessivamente invasivi ed incuranti della tradizione.

Nonostante l'accostamento di materiali moderni a superfici antiche sia prescritto anche da Camillo Boito come modalità operativa da seguire nel restauro dei monumenti storici, al contrario gli effetti di contrasto prodotti all'interno dei contesti urbani dell'inserimento del moderno sono percepiti dai conservatori come un contagio, e al compiacimento per l'accostamento di due estetiche agli antipodi si sostituisce progressivamente la ferma convinzione della loro inconciliabilità15. Nella

Carta di Atene del 1931, la prima di una lunga serie di documenti dedicati alla conservazione delle testimonianze del passato e del loro contesto, i principi di tutela applicati al singolo edificio vengono estesi per la prima volta anche alla realtà urbana nel quale questo è inserito; gli architetti moderni chiamati a progettare in questo delicato contesto sono ammoniti a realizzare edifici che rispettino la fisionomia dell'ambiente circostante, soprattutto quando si tratta di monumenti di alto valore storico-artistico16.

Quindi viene sottolineata l'importanza di mantenere intatto l'aspetto generale degli agglomerati storici, prestando attenzione ad ogni dettaglio, dalla vegetazione circostante al mantenimento della prospettiva pittoresca che ne è peculiare, dall'eliminazione degli elementi pubblicitari a quella di arredi urbani di disturbo visivo, come pali del telegrafo ed altri elementi tecnologici. Proprio in questi anni si inizia a delineare il profilo di un problema prettamente europeo che diventerà

15 PEDRETTI B., La democrazia estetica, in PEDRETTI B: (a cura di), Il progetto del passato:

memoria, conservazione, restauro, architettura, Milano, 1997, pp. 2- 16.

16 TOMASZEWSKI A., From Athens 1931 to Venice 1964. History and actuality, in Conservation and

centrale soprattutto nel secondo dopoguerra, ovvero quella della progressiva scarsità di spazi edificabili e dello sviluppo tecnologico crescente della città, che porterà ad uno sfruttamento intensivo del costruito causando in esso profonde modificazioni. Consapevoli delle necessità pratiche dell'edilizia abitativa, i conservatori non vietano del tutto l'inserimento di nuove architetture, ma lo orientano al mantenimento della fisionomia e dell'armonia della città.

Nel 1933 la Carta di Atene redatta dal CIAM, il Congresso Internazionale di Architettura Moderna, risponde all'attacco fissando i principi dell'urbanistica moderna: considerate le pessime condizioni di vita delle città dell'epoca si organizzano i nuovi interventi all'insegna di funzioni umane fondamentali quali abitare, spostarsi, lavorare e divertirsi, prevedendo anche lo smembramento della compattezza della città storica pur di riorganizzare il tessuto urbano in forme più funzionali e vivibili. Minacciato dalla prospettiva di drastici sviluppi e demolizioni, il novero di cose sottoposte a tutela in età moderna continuerà a crescere diventando quasi onnicomprensivo.

L'estremizzazione e l'ampliamento del raggio d'azione della politica di salvaguardia inoltre sembra procedere di pari passo con l'insicurezza e la perdita di autorevolezza degli architetti contemporanei, che diventerà endemica con la crisi del modernismo superato il periodo della ricostruzione post-bellica17. Queste

attitudini in ogni caso, anche se apparentemente agli antipodi, sottolineano quanto la relazione tra l'edificio e ciò che lo circonda sia un elemento cruciale nel pensiero del XX secolo18.

17 PEDRETTI B., La democrazia estetica... op. cit., p. 24.

18 DUSHKINA N., The “challenge of change” and the 20th century eritage, in Conservation and