• Non ci sono risultati.

3 PROGETTAZIONE ED ARTE CONTEMPORANEA NEL MEDIOEVO COSTRUITO.

3.5 Postmodernità e anacronismi

Il superamento del moderno in favore di una riconciliazione con il passato, realizzata non più in forma di reviviscenza ma attraverso un approccio critico volto a ristabilire la continuità storica, si verifica nell'ambito delle arti visive con un certo ritardo rispetto a quanto avviene in architettura. Se in questo campo il modernismo viene messo in discussione nell'immediato dopoguerra e definitivamente superato già dopo il 1950, per quanto riguarda le arti figurative si può iniziare a parlare di postmoderno soltanto nell'ultimo trentennio del secolo.

Anche in questo caso la premessa imprescindibile per un ridimensionamento del fervore avvenieristico del moderno e della sua completa fiducia nel progresso sono il fallimento dei regimi totalitari e della loro pretesa di controllare e guidare lo sviluppo dell'umanità verso sorti migliori. Il razionalismo e la fiducia nella tecnologia e nello sviluppo scientifico rivendicati da queste forme di governo come principi universalmente validi vengono guardati ora con diffidenza; contro di essi si rivendica la molteplicità e la soggettività delle esperienze umane, la diversità e la frammentarietà97.

Diversificato e personale si fa anche il rapporto con le arti del passato, che con il venire meno del culto assoluto del nuovo si riaffacciano come potenziali interlocutori della creatività contemporanea. Crollato il senso di uno sviluppo lineare della storia, le epoche trascorse appaiono tutte ugualmente percorribili e il dialogo tra l'arte del presente e i linguaggi del passato oggi ha luogo secondo una vasta gamma di possibilità, determinata dalla sensibilità di ciascun artista98. La

libertà nell'utilizzo di citazioni e rivisitazioni è resa possibile anche dal

97 CHIURAZZI G., Il postmoderno... op. cit., pp. 10- 14.

98 BARILLI R., Il ciclo del postmoderno, la ricerca artistica negli anni '80, Milano, 1987, pp. 7- 15. Dello stesso autore vedasi anche: BARILLI R., Tre accezioni diverse per il postmoderno: dall’ipotesi

revivalista alla galassia elettronica, in AGAZZI E. (a cura di) Il tradimento del bello, Milano, 2007, pp.

127- 140. Sulla modalità di rivolgersi al passato del postmoderno molto interessante il saggio BARILLI R., Di una possibile proporzione: il romanico sta al postmoderno come il gotico al Movimento Moderno, in SIMONCINI G. (a cura di), Presenze medievali nell'architettura... op. cit., pp. 287- 292.

riconoscimento di una temporalità peculiare all'opera d'arte e al monumento storico, la capacità di rivolgersi a più epoche storiche contemporaneamente. Secondo Aby Warburg (1866- 1929) il rapporto che il monumento è capace di instaurare con il presente e contemporaneamente con il passato e con il futuro, è determinato soprattutto dal concetto di “sopravvivenza”, ovvero dalla sua capacità di perdurare nel tempo anche al di là del periodo storico in cui è stato creato99. L'opera,

espressione di un'epoca passata ma concepita guardando al futuro, stringe sempre inevitabilmente anche dei legami con il momento presente grazie alla sua presenza fisica nel contesto attuale.

In questo modo in essa convivono contemporaneamente istanze passate, aperture al futuro e significati attribuitigli dalla contemporaneità, determinando un modello temporale che mal si adatta alla successione cronologica a cui siamo abituati. L'opera d'arte e in generale le immagini, ci costringono a pensare ad un modello storico diverso da quello di una progressione, per abbracciare l'idea di una temporalità più complessa, fatta di revivescenze, premonizioni e sincronie. Recuperando queste teorie, Georges Didi- Huberman (1953) identifica nell'anacronismo il modello temporale proprio delle immagini del postmoderno, che vengono così liberate dall'appartenenza ad un periodo storico determinato e ad uno stile univoco per aprirsi al dialogo con istanze differenti e differenti età100.

Lavorando al suo Atlante Mnemosyne per fondare una nuova storia dell'arte che sia basata soltanto sui rapporti dettati dalle immagini e non dalla rigida cronologia degli storici, Aby Warburg si era occupato di mettere in luce la dinamica delle interazioni tra forme diverse e lontane nel tempo, capaci di ricombinarsi e riproporsi in configurazioni inedite ma sempre dotate di coerenza. A queste associazioni viene dato il nome di “montaggio”, che appare come un procedimento capace di mantenere in vita le forme e di determinare nuovi percorsi di conoscenza

99 DIDI-HUBERMAN G., L'immagine insepolta: Aby Warburg, la memoria dei fantasmi e la storia

dell'arte, Torino, 2006, pp. 79- 90.

100 DIDI-HUBERMAN G., Devant les temps: histoire de l'art et anachronisme des images, Parigi, 2000, pp. 9- 55.

e nuovi ordini di senso101. L'ubiquità e la dinamicità delle immagini e delle

informazioni nella società mediatica contemporanea già analizzati da Marshall McLuhan (1911- 1980) come fattori di azzeramento del tempo e delle distanze spaziali, permettono agli artisti di attingere ad un serbatoio pressochè illimitato di stimoli e riferimenti passati e futuri, tra i quali spaziare per creare nuove sintesi creative102.

La condizione dell'artista postmoderno può apparire dunque molto simile a quella di un artista dell'Eccletismo: entrambi lavorano alle prese con una pluralità di tempi, costantemente in transito tra diverse epoche dalle quali vengono tratti di volta in volta temi, soggetti, tecniche o stili; tuttavia essi sono quanto di più distante, perchè nel contemporaneo ciascuno di questi elementi viene sottoposto ad un ripensamento e ad una interiorizzazione che comporta anche uno slittamento di significato e il raggiungimento nell'opera finita di un nuovo ordine di senso103.

Se a livello teorico questa intersezione di tempi sembra essere parte costituiva di quasi tutte le opere post-moderne, l'interazione fisica tra linguaggi del passato e nuovi può avere luogo concretamente soltanto all'interno degli antichi edifici, i quali, per quanto riguarda il periodo medievale, sono ancora una volta le grandi chiese d'Europa. In questi ambienti l'eterogeneità stilistica è un dato ormai caratterizzante, frutto di aggiunte e rimaneggiamenti dell'originario edificio

101 WARBURG A., Mnemosyne, l'atlante delle immagini, Torino, 2002; WARBURG A., Introduzione

all'atlante “Mnenosyne” (1929), in “Quaderni Warburg Italia”, n.1, 2003, pp. 39- 92; CENTANNI M., Mnemosyne: l'Atlante di Aby Warburg, materiali della mostra, Venezia, 20 marzo- 2 aprile 2004, Venezia,

2004.

102 MC LUHAN M., La galassia Gutenberg: nascita dell'uomo tipografico, Roma, 2011. Questo fenomeno viene favorito anche dal particolare carattere “inclusivo” delle opere d'arte trattato da Umberto Eco nel saggio: ECO U., Opera aperta: forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Milano, 2004, nel quale si riconosce all'opera contemporanea una struttura aperta al completamento attivo da parte del fruitore e quindi un modo dinamico di rapportarsi al contesto.

103 NAGEL A., Medieval Modern. Art out of time, Londra, 2012, p. 123. Il lavoro di Alexander Nagel risulta molto interessante in quanto si propone di illustrare il concetto di anacronismo introdotto da Geroges Didi-Huberman attraverso una serie di esempi che mostrino i molteplici rapporti, talvolta spontanei in altri casi ricercati intenzionalmente, che intercorrono tra le opere contemporanee e quelle medievali. I collegamenti istituiti non solo sottolineano la compresenza di tempi insita nelle opere d'arte di entrambi i periodi, ma mettono anche in luce le profonde analogie strutturali che hanno reso il dialogo con il Medioevo un fenomeno quasi costante nel modernismo.

intervenuti costantemente nei secoli successivi alla loro fondazione. Proprio come il giardino, la piazza o il centro storico cittadino, la cattedrale è il risultato di una stratificazione avvenuta nel corso del tempo, un conglomerato di linguaggi appartenenti a diverse epoche storiche che si sono lentamente sovrapposti e intrecciati in un unicum104. Tuttavia questa particolare natura della cattedrale non si

risolve in un sistema chiuso, ma la rende al contrario un ambiente flessibile e vivo, aperto ad ulteriori aggiunte e intersezioni contemporanee.

Analogamente a quanto avviene nell'ambito della progettazione architettonica, nella seconda metà del secolo le occasioni di lavoro a contatto fisico con dei contesti medievali sono fornite agli artisti soprattutto dalle distruzioni belliche. I danni causati al patrimonio ecclesiastico della maggior parte delle città europee dai massicci bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, generalmente risolti con restauri integrativi o ricostruzioni rigidamente filologiche implicano anche la necessità di rimpiazzare gli antichi portali e la finestratura delle cattedrali colpite.

Verso la metà degli anni Cinquanta questa esigenza pratica si sposa anche con una nuova apertura della Chiesa al contemporaneo e porta alla realizzazione delle prime vetrate d'artista della modernità. Come abbiamo visto l'individualismo rivendicato dalle avanguardie artistiche di fine Ottocento getta le basi per l'allontanamento delle istituzioni ecclesiastiche dalle ricerche più aggiornate del contemporaneo; il senso del sacro intimo e personale che caratterizza le opere contemporanee a soggetto religioso viene giudicato inadeguato ad esprimere contenuti rivolti alle masse di fedeli. La Chiesa riduce le nuove commissioni ad opere rigorosamente figurative e dal linguaggio ancora arcaizzante, che, pur

104 Ibidem, p. 97. L'eterogeneità stilistica delle cattedrali che ne fa dei prodotti pluristratificati aperti alle manipolazioni nel tempo è stata rilevata in particolare da Meyer Schapiro (1904- 1996); vedasi a questo proposito: SCHAPIRO M., Late Antique, Early Christian Medieval art: selected papers, voll. I- II- III, New York, 1979. Nell'opera del critico statunitense, rivolta sia all'arte medievale che a quella moderna, si mettono spesso in relazione le pratiche dei due periodi; su questo particolare aspetto della storiografia di Schapiro vedasi: CAMILLE M., 'How New York stole the idea of romanesque art': medieval, modern

conservando una qualità didascalica, spesso si rivelano antistoriche e di scarso valore artistico105. Nonostante questo, è proprio nel primo decennio del Novecento

che si possono rintracciare i primi segni di una futura riconciliazione tra il mondo del sacro e l'arte “profana”, a cominciare dalle vetrate che Maurice Denis (1870- 1943) disegna per la nuova chiesa di Notre Dame di Raincy di Auguste Perret e dai cartoni per le vetrate e le pitture absidiali di San Paolo a Ginevra106.

Nel 1919 lo stesso artista fonda con Georges Desvallières (1861- 1950) a Parigi gli Ateliers d'Art Sacré, laboratori artigianali istituiti per formare tutti gli artisti che fossero interessati ad un rinnovamento linguistico dell'arte sacra contemporanea107. Mentre nega fermamente il linguaggio delle Avanguardie nelle

cattedrali antiche, la Chiesa fa invece un ampio ricorso alle soluzioni del Movimento Moderno quando si tratta di dover provvedere alla fondazione di nuovi edifici per il culto: sono proprio questi ultimi a costituire la destinazione delle opere prodotte sulla scia del movimento riformatore dell'arte sacra108.

In questi nuovi spazi fatti di ferro e cemento armato, gli artisti possono sentirsi liberi di applicare ai temi della fede il linguaggio astratto, concentrando le ricerche soprattutto sulla modulazione della luce e del colore. Queste commissioni ricevono un grande impulso in Francia soprattutto a partire dal 1937 grazie alla fondazione della rivista L'Art Sacré voluta dai padri domenicani Pierre Marie-Alain Couturier (1897- 1954) e Pie-Raymond Régamey (1900- 1966) per denunciare lo stato di arretratezza in cui versa l'arte cristiana dopo anni di disinteresse da parte della Chiesa109. La rivista richiama l'attenzione anche a livello internazionale e

105 PLAZAOLA J., Arte cristiana nel tempo: storia e significato, Milano, 2001, vol. III, p. 386.

106 Sulla produzione in vetro dell'artista si veda: STAHL F., Les decorations religieuses de Maurice

Denis (1870- 1943) entre les deux guerres, Clermont- Ferrand, 2008.

107 DENIS M., Nouvellee théories sur l'art moderne, sur l'art sacrè 1914- 1921, Parigi, 1922.

108 DEBUYST F., Chiese: arte, architettura, liturgia dal 1920 al 2000, Milano, 2003; DELLA LONGA G., MARCHESI A., VALDINOCI M. (a cura di), Architettura e liturgia nel Novecento, «Atti del 2° Convegno internazionale, Venezia 7- 8 ottobre 2004», Rovereto, 2005.

109 LAVERGNE S., Art sacré et modernité: les grandes années de la revue “L'art sacré”, Namur, 1992; LION A., Marie-Alain Couturier (1897- 1954) un combat pour l'art sacré «Atti del convegno Nice, 3- 5 dicembre 2004», Nice, 2005. BLANCHARD Y., Ars liturgica: l'arte al servizio della liturgia, Magnano, 2012, pp.20- 25.

diventa subito un'arena di primo piano per dibattere i temi della questione; essa si dimostra uno strumento importante per promuovere attivamente la reimissione di un'arte viva all'interno dei contesti cristiani, proponendo soluzioni di riconciliazione tra la spiritualità degli artisti e i vincoli prescritti dal luogo di culto. Alla base degli interventi di Marie-Alain Couturier c'è la convinzione che il cattolicesimo del XX secolo necessiti di un linguaggio contemporaneo per riacquistare la forza comunicativa: esso può mutuare dall'arte d'avanguardia la vitalità e di cui ha bisogno. Pur non portando ad una immediata rivoluzione, queste due esperienze francesi costituiscono le premesse fondamentali di una riappropriazione dello spazio sacro da parte degli artisti contemporanei e della possibilità loro concessa di lasciare un proprio segno anche in edifici antichi.