5 VENEZIA COM'ERA DOV'ERA?
5.5 Sulle tracce di un dialogo mancato
In un editoriale pubblicato sul Corriere della Sera nel settembre del 2012, Vittorio Gregotti definisce “prospettiva mancata” l'apertura al rinnovamento che aveva annunciato dieci anni prima con il saggio Venezia, città della nuova
modernità68. L'articolo parla ancora una volta di grandi opere, dimostrando come la
città sia ancora oggi vittima delle stesse contraddizioni del secolo precedente. Riferendosi ai piani regolatori previsti alla fine dell'Ottocento, in Venezia restaurata Giacomo Pertot identifica un punto comune tra le politiche della così detta normalizzazione della città e le estensive campagne di restauro praticate parallelamente in quegli anni: entrambi mancano il punto di riferimento fondamentale, ovvero considerare la specificità di Venezia69.
Entrambi le posizioni sono il risultato di modelli elaborati a priori ed applicati forzatamente senza interrogare la città in fase preliminare; questi progetti non nascono in risposta a delle reali esigenze del territorio ma piuttosto tentano di conformarlo ad uno stereotipo costruito a tavolino. Da allora, i primi progetti che hanno dimostrato la possibilità di avere un approccio diverso con il costruito storico cittadino, volto a vederlo non più come un ostacolo ma piuttosto come una materia da valorizzare, sono stati quelli di Frank Lloyd Wright, Le Corbusier e Louis Kahn. Non appena si diffonde la notizia del progetto di Frank Lloyd Wright per Venezia,
68 GREGOTTI V., Venezia, architettura e nuovi “fantasmi”, in “Corriere della Sera”, 6 settembre 2012 e GREGOTTI V., Venezia, città... op. cit., p. 13.
l'eccezionalità della proposta suscita da subito un intenso dibattito che vede opporsi i sostenitori del nuovo a coloro che trovano l'idea di costruire sul Canal Grande quasi un atto sacrilego. Un secondo motivo di contrasto si concentra sull'edificio di cui la nuova costruzione andrebbe a prendere il posto, pur non essendo questo di nessun pregio storico- artistico.
La Commissione edilizia chiamata a giudicare la validità del progetto non lo trova conforme alle norme ma lascia la decisione finale ai proprietari degli edifici limitrofi; la questione viene quindi discussa in due successive sedute del Consiglio comunale il quale, non riuscendo a prendere una posizione chiara, rimanda la decisione nuovamente alla Commissione edilizia, in un continuo passaggio di responsabilità che nel corso degli anni porterà al definitivo accantonamento del progetto.
L'ospedale di Le Corbusier sembra nascere invece sotto i migliori auspici; raccoglie inizialmente l'approvazionie del Collegio dei Primari del Santi Giovanni e Paolo, del Consiglio Comunale e del Ministro della Sanità. Alla morte dell'ideatore, ad iter non ancora concluso, la redazione del progetto esecutivo viene affidata ad un altro architetto e sottoposta nuovamente alle autorità competenti70. Questo percorso
porta ad un progressivo ridimensionamento sia dell'area dedicata al complesso sia dei finanziamenti destinati a realizzarlo e solleva la questione di apportare una variante al piano regolatore generale.
La eventuale modifica viene a sua volta dibattuta in Consiglio Comunale finchè, sommerso dai cavilli burocratici e a quasi dieci anni dalla sua presentazione, il progetto verrà abbandonato in favore della costruzione di un nuovo ospedale in un'area di proprietà comunale a Mestre. Infine, il progetto di Louis Kahn verrà bloccato subito dopo la sua presentazione alle autorità, perché non conforme al piano urbanistico del sestriere. In quegli anni solo Giuseppe Mazzariol dimostra di cogliere il vero valore di questi progetti, i quali, pur portando ad esiti formalmente
70 QUERCI DALLA ROVERE L., L'Ospedale di Le Corbusier a San Giobbe, in PUPPI L., ROMANELLI G. (a cura di), Le Venezie possibili... op. cit., pp. 276- 285.
diversi, partono tutti da un punto fondamentale: l'intelligenza critica della città. L'unica premessa possibile a qualsiasi tipo di salvaguardia per Venezia deve quindi partire necessariamente dal riconoscimento della sua specificità. Nonostante il fallimento di queste prime grandi proposte progettuali sembri sancire per i detrattori del nuovo la definitiva incompatibilità tra Venezia e il linguaggio architettonico moderno, come si è visto la città ha continuato negli anni a stimolare l'intraprendenza di molti architetti di fama, con proposte più o meno valide accompagnate da ostacoli burocratici e dall'immancabile strascico di polemiche.
Mentre alcune di queste opere vengono realizzate, si pensi ad esempio all'ampliamento del cimitero di San Michele in isola ad opera di David Chipperfield o al Ponte della Costituzione di Santiago Calatrava, altre sembrano seguire la stessa sorte dei precedenti illustri e non sopravvivere alla burocrazia71. Esemplare in
questo senso il progetto presentato da Enric Miralles e Benedetta Tagliabue vincitore del concorso per una nuova sede dello IUAV da collocare nel vecchio porto commerciale a San Basilio.
Nonostante non sia stato portato a compimento, questo lavoro offre un altro saggio di interpretazione della struttura di Venezia nella sua varietà: la complessità insediativa viene suggerita in questo caso attraverso un edificio irregolare, dotato di una grande scalinata affacciata sull'acqua e di una piazza che scenograficamente va ad includere una veduta del paesaggio antico retrostante72. Percorrendo questo
complesso l'osservatore viene portato a riscoprire la dimensione fluida del tessuto urbano veneziano, frutto dell'intreccio di differenti relazioni spaziali73. Oltre alle
commissioni pubbliche più o meno tormentate, si è affermato decisamente negli ultimi anni anche l'operatore privato, che ha acquistato dal Comune alcuni edifici
71 Su questi interventi: CHIPPERFIELD D., L'ampliamento del cimitero di San Michele in Isola a
Venezia, in FELICORI M. (a cura di), Gli spazi della memoria architettura dei cimiteri monumentali europei , «Atti del seminario, Genova 24 settembre 2004» Roma, 2005, pp. 133- 135; PISANI D., David Chipperfield, ampliamento del cimitero di San Michele in Isola, Venezia: “variare” e “ridefinire”, in
“Casabella”, n.72, 2008, pp. 26- 33; POLANO S., Santiago Calatrava: il quarto ponte sul Canal
Grande: i ponti di Venezia, in “Casabella”, n. 60, 1996, pp. 2- 7.
72 DE MICHELIS M., EMBT: Miralles Tagliabue; architetture e progetti, Milano, 2002. 73 DE MICHELIS M. (a cura di), Venezia, la nuova architettura... op. cit., p. 29.
storici finanziandone autonomamente il restauro, per convertirli soprattutto ad usi museali. Accusate di scarsa sensibilità verso il territorio e la sua immagine da cartolina, queste operazioni puntuali sui singoli edifici hanno comunque saputo riportare in vita alcuni spazi dismessi della città portandoli nuovamente al centro del circuito culturale cittadino. Considerando nel complesso la tipologia degli interventi realizzati e lo sviluppo urbano della città lungo la sua storia, il quadro che emerge può comunque dimostrare come il nuovo a Venezia fatichi ad affermarsi attraverso eclatanti trasformazioni, ma sia piuttosto tollerato in forma di “iniezioni puntiformi” di moderna architettura all'interno di quei particolari spazi vuoti che il tessuto urbano è in grado di offrire74.
Se in architettura il dibattito sull'inserimento del nuovo in città risulta attuale ed articolato da più di un cinquantennio, il quadro cambia drasticamente quando si considerino le arti visive. L'idea di una Venezia che si mantiene in vita attraverso una rete di trasformazioni mirate sembrerebbe aprire la strada anche e soprattutto all'arte contemporanea; meno soggetti ad interessi politici e capaci di agire su una scala minore e meno problematica, gli interventi artistici potrebbero facilmente costituire la via meno invasiva per rivitalizzare gli edifici storici della città. Le potenzialità di questo tipo di dialogo vengono offerte ogni due anni in occasione della Biennale d'arte; da decenni infatti la manifestazione mette a disposizione dei paesi partecipanti spazi disseminati all'interno della città nei quali ospitare le varie esposizioni internazionali secondo un modello di museo diffuso che sembra adattarsi perfettamente alla natura della città.
In queste circostanze accade spesso che gli edifici ospitanti, spesso costituiti da palazzi o chiese storiche della città, si trasformino da semplici contenitori in elementi attivi, capaci di interagire con le opere realizzate al loro interno o perfino ponendosi come stimolo primario nella progettazione di opere site- specific. I risultati, spesso affascinanti e immancabilmente dibattuti, sono tuttavia destinati
sempre ad avere una durata temporanea, riconfermado Venezia nel ruolo di contenitore di grandi manifestazioni di livello internazionale, con le quali però non riesce a mettersi realmente in contatto più duraturo e costante. Negli ultimi anni importanti cambiamenti geopolitici sembrano aver risvegliato nella città il desiderio di tornare ad essere competitiva a livello mondiale: l'apertura dell'Unione Europea verso i paesi dell'Est, con i quali si sono stabiliti nuovi collegamenti infrastrutturali e legami commerciali, accompagnata da un incremento dei traffici portuali nell'Adriatico, ha rilanciato Venezia come crocevia e punto di snodo tra l'Occidente e l'Oriente75. Coniugare le aspirazioni internazionali con la dimensione fortemente
locale propria del territorio è quindi oggi un nodo sempre più centrale da affrontare per costruire il futuro della città.
75 DOLCETTA B., Venezia contemporanea, in “L'Architettura: Cronache e storia”, n. 524, 2004, pp. 870- 881. Questo articolo è inserito all'interno di un fascicolo monografico interamente dedicato a tracciare una ricognizione della situazione urbanistica e architettonica della città, evidenziandone problematiche e potenzialità. Al suo interno si segnala anche: MASIERO R., Venezia e la
CONCLUSIONI
Nell'affrontare questo tipo di ricerca si è partiti dal presupposto di operare una ricognizione degli interventi novecenteschi sui monumenti di epoca medievale, dando un rilievo particolare a quelli capaci di conferirgli un valore aggiunto. Questo assunto implicava la possibilità di determinare una sorta di stato medievale originario sul quale avrebbe dovuto agire l'intervento contemporaneo che ha dimostrato fin da subito i suoi limiti. Se i resti dell'antichità classica sono stati sempre considerati principalmente come un oggetto di contemplazione, le sopravvivenze medievali costituiscono ancora oggi, e soprattutto in Italia, l'ambiente entro il quale si svolge gran parte delle attività quotidiane, dalla vita d'affari alla preghiera, dall'intrattenimento culturale agli oneri amministrativi, con il quale quindi l'interazione si è mantenuta costante.
La sostanziale continuità d'uso delle antiche strutture ha determinato il succedersi in esse di continue modificazioni ed adattamenti sia dal punto di vista funzionale che da quello decorativo, e gli ha conferito quel peculiare aspetto stratificato che è parte integrante della loro fisionomia odierna. Il concetto di autenticità si è dimostrato quindi fin da subito inadeguato nel definire il carattere di una sopravvivenza storica. Complici di queste trasformazioni sono stati soprattutto i restauri ottocenteschi, i quali hanno comunque il merito di aver aperto la strada ad una nuova considerazione del patrimonio medievale: l'approccio scientifico verso la storia tipico di Illuminismo e Positivismo ha portato ad assumere per la prima volta uno sguardo distaccato verso il passato, conferendo agli interventi sull'antico un carattere profondamente diverso rispetto ai precedenti. Ripercorrere le tappe di questo percorso ha permesso di mettere in risalto i caratteri peculiari degli interventi postmoderni, sottolineando la fondamentale differenza tra citazionismo e
reinterpretazione. Mentre il primo approccio relega il monumento alla stregua di un'icona e l'artista al ruolo di un perfetto copista, il secondo considera l'edificio storico come una presenza attiva nella società moderna e dà alla creatività contemporanea lo spazio per stabilire con esso nuovi canali di comunicazione. Una volta chiarita questa distinzione, appare evidente come tra i due, solo l'intervento contemporaneo possa essere inteso come un'opera di valorizzazione. Grazie alla sua particolare atemporalità, oggi l'opera d'arte si offre come il miglior interprete dei valori del monumento antico. Partendo da tali presupposti, la ricerca ha messo in luce una netta disparità tra il rilievo assunto dalla questione in architettura e la fortuna critica dello stesso nell'ambito delle arti figurative.
Nel primo caso il problema dell'interazione tra linguaggi moderni e preesistenze medievali viene dibattutto almeno fin dall'inizio del secolo e declinato in un'ampia gamma di soluzioni diverse: dalla poetica del contrasto del Movimento Moderno alle teorie dell'ambientamento del dopoguerra, investendo sia il singolo edificio che il tessuto urbano nel suo complesso. Nonostante con le moderne installazioni l'arte contemporanea abbia ormai assunto anche dimensioni ambientali e sia quindi solita intessere un dialogo anche con il proprio contesto, appaiono invece rarissimi i momenti di confronto con un edificio antico. Questo contatto, oggi estremamente ricercato nell'allestimento espositivo, non trova altrettante occasioni per realizzarsi in modo permanente, e risulta circoscritto principalmente alle operazioni di restauro.
La diffusione che negli ultimi decenni sta conoscendo la vetrata artistica, soprattutto in Francia e nel Nord Europa, fornisce invece un ottimo esempio di quale qualità possano raggiungere simili intrecci. Rispetto a queste ricerche, l'Italia, pur constando di alcuni pregevoli esempi, risulta in una posizione arretrata, dovuta sia alla particolare articolazione del suo territorio, caratterizzato da una densità di emergenze storiche superiore a quella dei paesi del Nord, sia alla rigidità dei vincoli previsiti dalla sua legislazione, la quale, pur avendo formalmente adotatto le
politiche di valorizzazione degli altri stati comunitari, fatica a tradurle in una efficace programmazione degli interventi sui propri beni. La città di Venezia sembra riflettere abbastanza fedelmente questa situazione dal punto di vista amministrativo, ma spicca nel contesto italiano per l'intraprendenza progettuale di cui è stata oggetto negli ultimi sessant'anni. Geograficamente conclusa in sé stessa e stretta attorno al suo aspetto di città medievale, il centro urbano che ha fatto del conservatorismo il suo marchio di fabbrica e la principale fonte delle sue entrate economiche, risulta uno dei luoghi che più hanno stimolato la creatività degli architetti moderni.
Per la sua particolare flessibilità territoriale Venezia ha dimostrato anche storicamente di essere un tessuto elastico e recettivo, in grado di accogliere senza corrompersi anche le trasformazioni portate dal nuovo. A queste potenzialità si aggiungono quelle date dal suo rilievo internazionale e dalla presenza delle Biennali di Architettura e di Arti visive, che da anni tendono a conferire alla città un ruolo egemone anche dal punto di vista culturale. Nonostante queste caratteristiche sembrino porre tutte le condizioni per un'articolata politica di valorizzazione, la maggior parte degli interventi non risulta essere sopravvissuta alla fase progettuale.
Il presente elaborato non è nato quindi dalla volontà di presentare lo stato di una ricerca in atto, ma piuttosto di definire il quadro di un'assenza, che offra gli estremi per iniziare un percorso. La situazione veneziana è stata indagata in una prospettiva che ne fa il punto focale di un sistema internazionale e non come una realtà conclusa in sé stessa. Alla luce dei modelli europei si è voluto cercare di valutare quale sia la situazione della Venezia attuale, mantenendosi comunque nella più viva e precisa consapevolezza delle sue specificità e delle sue caratteristiche locali, certamente da preservare.
TAV. 1 Jean Lubin Vauzelle, Sala del XIII secolo del Musée des monuments française, 1815, acquarello, Parigi, Museo del Louvre.
TAV. 2 Parigi, Saint-Germain l’Auxerrois,
tkrtqfw|kqpg"hqvqitcÝec" del portico con le pitture di Victor Mottez.
TAV. 3 Parigi, Chiesa di Saint-Germaine-Des-Près, veduta interna del coro con tetramorfo di Hippolyte Flandrin.
TAV. 4 Raincy, Notre-Dame, veduta interna della navata e del coro con vetrate di
TAV. 5
Edward Burne- Jones, Albero di Jesse, particolare della vetrata dipinta, Essex, Waltham Abbey, 1861.
TAV. 6
Edward Burne-Jones, Storie della Genesi, particolare della vetrata dipinta, Essex, Waltham Abbey, 1861.
TAV. 7
Kassel, Chiesa di S. Martin, veduta della facciata con le due torri ricostruite da Heinrich Otto Vogel.
TAV. 8 Gottfried Böhm, Cappella di Santa
Kolumba, Colonia, riproduzione fotografica dell’edificio nel 1950.
TAV. 9 Archivio di Navarra, Pamplona, 1999-2003, veduta del fronte ovest prima dell’intervento di restauro.
TAV. 10 Rafel Moneo, Archivio di Navarra, Pamplona, 1999-2003, veduta del particolare dell’ingresso sul fronte sud-ovest.
TAV. 11
Eric Miralles e Benedetta Tagliabue, Mercato di Santa Caterina, Barcellona, 1997, veduta aerea dello scavo.
TAV. 12
Eric Miralles e Benedetta Tagliabue, Mercato di Santa Caterina, Barcellona, 2005.
TAV. 13 Peter Zumthor, Museo di Santa Kolumba, Colonia, 2003.
TAV. 14
Peter Zumthor, Museo di Santa Kolumba, Colonia, 2003, particolare della massa muraria.
TAV. 15
Peter Zumthor, Museo di Santa Kolumba, Colonia, 2003, veduta del piano terra
TAV. 17
Oswald Mathias Ungers, Museo Wallraf-Richartz, Colonia, 2001,
TAV. 16
Oswald Mathias Ungers, Museo Wallraf-Richartz, Colonia, 2001, veduta del prospetto ovest e con l’adiacente chiesa di S. Alban.
TAV. 18
Rudolph Schwarz, ricostruzione del Gürzenich, Colonia, 1948, scalone del foyer
con vista sulle rovine della chiesa di S. Alban.
TAV. 19
Klaus Block, Biblioteca nella chiesa di St. Marien, Müncheberg, 1997.
TAV. 20 Marc Chagall, Storie dell’Antico Testamento, particolare della vetrata dipinta, Metz, cattedrale di Saint-
TAV. 21
Pierre Soulages, Vetrate, chiesa abbaziale di Sainte-Foy, Conques, 1987-1994.
TAV. 22
TAV. 24 Jean- Michel Alberola, Il peccato originale, vetrata, cattedrale di Saint-Cyr-et-Sainte-Julitte,
TAV. 23 Raoul Ubac, Vetrate, cattedrale di
Saint-Cyr-et-Sainte-Julitte, Nevers, 1977- 1983.
TAV. 25 Imi Knoebel, vetrata, cattedrale di Notre-Dame, Reims, 2011. TAV. 26 Marc Chagall, Storie della città di Reims, Crocifissione e Albero di Jesse, vetrata, cattedrale di Notre-
TAV. 27
Gerard Richter, vetrata, Duomo di Colonia, 2007.
TAV. 28
TAV. 30 Complesso di San Michele in Borgo, Pisa,
veduta della piazza prima dell’intervento di restauro.
TAV. 29 Giancarlo De Carlo, Facoltà del Magistero, Urbino, 1967-1968, veduta aerea dell’auditorium.
TAV. 31
Michele Carmassi, nuovo complesso di San Michele in Borgo, Pisa, veduta della piazza da nord.
TAV. 32
Werner Tsholl, Scuola di agraria nel castello di Fürstenburg, Burgusio, Malles, 1999, veduta del cortile intermedio con la nuova casa del custode.
TAV. 33
Werner Tshol, Scuola di agraria nel castello di Fürstenburg, Burgusio, Malles, 1999, veduta del nuovo volume di camere per gli studenti.
TAV. 34
Jànos Hajnal, Trinità, vetrata, Duomo di Milano, 1953-1955.
TAV. 35
TAV. 36 Frank Lloyd Wright, Progetto per il Masieri Memorial, Venezia, 1953.
TAV. 37 Le Corbusier, Plastico del progetto per il nuovo Ospedale Civile Ss. Giovanni e Paolo, Venezia, 1964.
TAV. 39 Ignazio Gardella, Casa Cicogna alle Zattere, Venezia, 1959.
TAV. 38 Louis Kahn, Plastico dei Giardini, veduta dall’alto del palazzo dei Congressi e del cubetto degli uffici, Venezia, 1968.