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Intervista a William O’Neal: una spia all’interno del Partito

Analizzando l’intervista realizzata da Blackside Inc. a William O’Neal per conto dell’Università di Washington il 13 aprile 1989 ho potuto soffermarmi su un altro metodo che è stato molto utilizzato dall’FBI non solo per reperire le informazioni riguardo il Black Panther Party ma anche per portare a termine degli obiettivi che senza la presenza di infiltrati non sarebbero stati possibili; questa indagine è un’im- portante documento che mi ha permesso di capire quali fossero i compiti delle spie, di quale fosse la natura del rapporto con l’agente a cui erano stati affidati e nel caso di O’Neal come potesse considerare la sua esperienza nel partito. Di seguito ho deciso di riportare i passaggi più interessanti del colloquio al fine di comprendere meglio le funzioni degli informatori ed i piani di cui l’FBI si è servita per indebo- lire il BPP:

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INTERVISTATORE: …Puoi descrivermi le circostanze nelle quali hai iniziato a lavorare per l’FBI?

WILLIAM O’NEAL: Bene, era probabilmente il 1967. Io ero con un ragazzo una notte, un mio amico, una notte e noi stavamo be- vendo birra […] Noi siamo saltati dentro una macchina e l’ab- biamo rubata […] Noi abbiamo avuto un incidente fuori dello stato, e, prima dell’incidente, noi abbiamo camminato dentro una sala da biliardo, e noi stavamo sparando nella sala da biliardo… Sulla porta […] Avevamo scritto i nostri nomi e numeri di tele- fono poi ci siamo sparati una partita di biliardo, e poi siamo usciti fuori e abbiamo avuto un incidente […] Circa tre o quattro mesi dopo io ho ricevuto una chiamata da questo agente dell’FBI con il nome di Roy Mitchell, e lui mi ha detto che lui sapeva cosa io avessi fatto, e noi abbiamo parlato- -noi siamo andati in giro un paio di volte. E lui ha detto qualcosa del genere, “Bene, io so… …Non c’è bisogno che tu provi a dirmi cavolate…” Lui disse: “Sono sicuro che noi possiamo risolverlo”… Un giorno io ho ri- cevuto una chiamata… Lui disse che, “Io voglio che tu vada a vedere se tu puoi unirti al Partito delle Pantere Nere, e se tu puoi, chiamami.”359

La prima risposta che William O’Neal dà al suo intervistatore ci serve per capire quali sono state le circostanze per cui venne ricattato e costretto a collabo- rare con l’FBI; O’Neal dopo che commise un reato e che fu scoperto dall’agenzia investigativa probabilmente si sentì in trappola così prima di finire in carcere de- cise di accettare la richiesta dell’agente dell’FBI e di provare ad entrare nel Black

359 Intervista a William O’Neal. Available at https: //digital.wu-

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Panther Party in modo da non dover passare alcuni anni della sua vita in prigione; una domanda specifica riesce a chiarire i dubbi in questione:

INTERVISTATORE: Dimmi a proposito del tuo reclutamento all’FBI.

WILLIAM O’NEAL: Ok, è semplice. Io ho rubato una macchina ed ho attraversato il confine di stato, che ha violato la legge fede- rale. Mitchell, un agente dell’FBI ha avuto un caso su di me. Lui ha avuto una scelta di perseguirmi e di mandarmi in prigione o rifiutare di perseguirmi come un risultato di aiutare lui in un altro caso. E io ho deciso di prendere quest’ultimo. Quando lui mi ha chiesto di unirmi al Partito delle Pantere Nere, io l’ho fatto e io ho capito quale doveva essere il mio ruolo.360

Nella terza domanda, O’Neal risponde:

INTERVISTATORE: Ora cosa Mitchell ti aveva chiesto di fare?...

WILLIAM O’NEAL: …Allora, il giorno dopo, io ho preso l’au- tobus e sono andato all’ufficio del Partito delle Pantere Nere. Esso era situato sulla Western e la Madison, e ho camminato nell’uffi- cio […] E io penso che ero il quindicesimo membro […] A Chi- cago […] Era facile ottenere una posizione. Allora mi hanno no- minato come, come Capitano della Sicurezza. Quella era la prima volta che io incontrai Fred Hampton, e lui era il Presidente, il por- tavoce per il partito e Bobby Rush era il Ministro della Difesa.

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Lui era il Vice di Huey P. Newton, il quale era al vertice, nello stato dell’Illinois a quel tempo.361

L’affermazione di O’Neal fa riflettere sulla facilità con cui le nuove reclute potevano entrare a far parte del partito e come in pochissimo tempo era possibile ottenere un incarico; in questa situazione non solo il partito poteva crescere a di- smisura in pochissimo tempo, ma era molto alta la possibilità di infiltrazioni al suo interno: quest’ultime sono riuscite ad indebolire il partito al suo interno ed a por- tare a termine la repressione e gli omicidi dei militanti. Nella settima domanda invece l’intervista si sposta sul piano riguardante la collaborazione:

INTERVISTATORE: Dimmi un po’ come ti sei sentito a lavorare per l’FBI. Cosa ti ha motivato e cosa pensavi di essere…? WILLIAM O’NEAL: […] E, allora quando lui mi ha chiesto di unirmi al Partito delle Pantere Nere, e lui usava termini, lui non ha mai usato la parola informatore. Lui sempre ha detto, “Tu stai lavorando per me”, e io ho creduto di essere un agente dell’FBI. Quindi mi sono sentito bene. Io mi sono sentito come io stessi lavorando sotto copertura per l’FBI…E allora io ero piuttosto or- goglioso.362

Riguardo il ruolo di William O’Neal all’interno del Black Panther Party pos- siamo notare che le sue parole mettono in risalto qualcosa di nuovo rispetto il pen- siero della comunità nera nei confronti della polizia e dell’FBI; gli afroamericani hanno avuto sempre paura e repulsione verso di esse a causa delle discriminazioni

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stl.edu/e/eii/eiiweb/one5427.1047.125williamo%27neal.html (ultimo accesso 23 maggio 2018)

362 Intervista a William O’Neal. Available at https: //digital.wu-

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e delle ingiustizie nei loro confronti: l’intervistato invece non solo non provava questi sentimenti ma era addirittura fiero di collaborare con il Bureau, questa si- tuazione era davvero insolita perché risulta essere un’eccezione in tutti i testi che ho esaminato sull’argomento. In una domanda William O’Neal specifica meglio i suoi compiti ed afferma:

INTERVISTATORE: Dimmi a proposito […] Come hai fatto… Quale era il lavoro che facevi? E come hai fatto a salire attraverso […] i gradi del partito?

WILLIAM O’NEAL: Bene, principalmente Dal primo giorno… …E per colpa della mia conoscenza di elettronica e, tu sai, io ero un tuttofare […] E noi avevamo questo ufficio […] Essi si senti- vano come se non fosse troppo sicuro. Io ho iniziato a lavorare subito alla sicurezza dell’edificio, e a quel proposito io mi sentivo bene in una posizione sicura […] Come di conseguenza i membri sono aumentati […] Le mie responsabilità raddoppiarono e così io, mi fu dato uno staff di addetti alla sicurezza…363

Il reporter fu successivamente interessato a sapere se ci fossero stati cambia- menti nelle richieste dell’agente Mitchell con il passare del tempo:

INTERVISTATORE: Ora, come il partito stava crescendo, tutta- via, quale era, cosa stava iniziando a chiedere Mitchell al ri- guardo, oppure come stava cambiando il rapporto con Mitchell?... WILLIAM O’NEAL: Bene, Mitchell era parte di una squadra, se- condo me, circa cinque o dieci agenti, e ognuno di loro aveva…

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…Piccole attività all’interno del Partito delle Pantere Nere. Le domande di Mitchell erano principalmente definite alla mia area [… ] Lui era interessato con le mie attività nelle Pantere, le quali a quel punto erano esclusivamente problemi di sicurezza.364

Grazie a quest’ultima domanda è probabile che l’agente con cui O’Neal do- veva comunicare possa essere anche lui un infiltrato nel partito e che insieme a lui ci fossero anche altri suoi colleghi che svolgevano un determinato ruolo e magari ognuno di loro era assegnato ad una zona specifica; questa sua affermazione con- trasta ancora una volta con i miei dubbi che ho espressamente indicato preceden- temente. Mitchell ad esempio era interessato all’area di Chicago e soprattutto a tutto quello che riguardava l’ambito della sicurezza all’interno della sede. An- dando avanti con l’intervista, il reporter si focalizza sul novembre 1969, solamente un mese prima dell’omicidio di Fred Hampton:

INTERVISTATORE: È il novembre 1969, puoi descrivermi il tipo di informazioni che stavi dando a Mitchell riguardo, riguardo cosa stava succedendo?

WILLIAM O’NEAL: Bene, lui iniziò, Mitchell diventò più spe- cifico durante quel tempo. Lui voleva sapere i luoghi delle scorte di armi, lui voleva conoscere se noi avevamo esplosivi […] Lui aveva bisogno di conoscere chi stava in quei luoghi, chi e dove trascorreva la notte. Le sue informazioni non cambiarono così tanto così ha richiesto un maggiore dettaglio. E, io sapevo perché: […] La sparatoria nel South Side aveva praticamente gettato la base all’interno del Partito […] Noi sapevamo che la polizia vo-

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leva reagire in qualche modo… Noi potevamo sentire che la sor- veglianza si era intensificata. Noi potevamo sentire la pressione tutto intorno, e noi sapevamo che qualcosa di brutto stava per suc- cedere, e io penso che noi eravamo preparati. Durante quel tempo, Fred stava conducendo un bel po’ di discorsi, ma anche il suo atteggiamento era cambiato all’interno del Partito delle Pantere Nere […] Lui stava diventando meno, lui stava diventando più riluttante a […] fare discorsi […] Lui diventò più riservato, più protettivo di se stesso. Lui raramente viaggiava da qualche parte da solo, e lui stava prendendo cinque o sei guardie del corpo con lui […] Lui si sentiva come se stesse andando in prigione. Lui era sicuro che la condanna per furto lo stava portando fuori dal gioco, così lui iniziò a preparare altri membri a prendere il suo ruolo.365

La domanda in questione riesce a fare il punto della situazione su molte cose, ad esempio non è insolito che la persona che ha realizzato l’intervista si soffermi sull’arco temporale antecedente la morte del leader della sede di Chicago, infatti risale proprio a quel periodo la necessità di Mitchell di avere informazioni più pre- cise riguardo il posto in cui il Black Panther Party custodiva le armi e su quante persone si trovavano in quei luoghi, non solo, la risposta di O’Neal suggerisce che in seguito alla sparatoria nel ghetto, il Bureau non solo incolpava le Pantere ma stava progettando un agguato contro di loro. Probabilmente, tutte le notizie che O’Neal può aver dato all’agente dell’FBI riguardo Fred Hampton possono aver influito nella scelta dell’agenzia investigativa sull’obiettivo da colpire, infatti pro- prio in quel periodo Hampton sentiva che stava per succedere qualcosa e proprio per questo cercò di allontanarsi dalle folle, di circondarsi di guardie del corpo che avrebbero dovuto garantirgli una maggiore sicurezza ed allo stesso tempo cercò di

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istruire altri militanti alle responsabilità ed agli obiettivi che avrebbe dovuto rag- giungere colui che lo avrebbe sostituito; dall’intervista si percepisce che Hampton non pensava che qualcuno lo avrebbe ucciso ma aveva paura di un suo possibile arresto. Quasi certamente l’agenzia investigativa decise di colpire Hampton nel momento in cui era più vulnerabile: durante la notte non avrebbe avuto tutte le sue guardie del corpo a sua disposizione ma solamente un uomo che a sua insaputa stava collaborando con la polizia e l’FBI. Durante l’intervista O’Neal racconta di un tipico incontro tra lui e Mitchell:

INTERVISTATORE: Dimmi a proposito di un tipico incontro, e dimmi ancora che Mitchell era un agente dell’FBI.

WILLIAM O’NEAL: Bene, un incontro tipico tra me ed il mio contatto dell’FBI Mitchell doveva essere nel centro di Chicago alle 11, mezzogiorno […] Giù nel seminterrato, in qualche bar,… Io dovevo incontrarlo al bar, lui doveva essere già […] là quando io entravo là, e lui doveva avere un drink, e io dovevo avere un drink, e dovevamo sederci là […] E parlare per 15 o 20 minuti, e lui era molto casuale.366

Grazie ad una domanda ancora più specifica, il reporter riuscì ad entrare più nel dettaglio riguardo le informazioni che O’Neal poteva aver dato a Mitchell:

INTERVISTATORE: Descrivimi la riunione dove tu ricordi di aver dato le informazioni a Mitchell.

WILLIAM O’NEAL: Bene, la riunione non era diversa da altre riunioni che noi avevamo avuto. Era sempre allo stesso posto. Era

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