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La repressione dello stato contro il Black Panther Party: il pro gramma COINTELPRO

Fin dalla sua costituzione, il partito cercò di migliorare la vita della comunità nera mettendo in atto la pratica dell’autodifesa ma con il passare del tempo i leader si accorsero che per cambiare definitivamente la grave situazione generata dal razzi- smo e dalle aggressioni degli agenti nei confronti degli afroamericani bisognava creare un nuovo corpo di polizia. Quest’ultimo sarebbe stato gestito dalla comunità di ogni quartiere ed i poliziotti avrebbero dovuto garantire la sicurezza rispettando in primis i diritti delle persone230. In diverse città come Oakland, Berkeley e New York, il Black Panther Party cercò di mobilitarsi attraverso delle petizioni per chie- dere un referendum che riuscisse a portare un cambiamento richiedendo l’obbligo per gli agenti di vivere nel distretto dove avrebbero svolto il proprio lavoro in modo da far parte della comunità e da riuscire ad essere obiettivi e neutrali in tutte le circostanze231. Nell’intervista a Bobby Seale, Presidente del Black Panther Party che fu effettuata il 21 marzo 1970 durante la sua permanenza in carcere, dichiarò che la percentuale dei neri nelle prigioni era nettamente superiore a quella dei bian- chi, questo era dovuto alla feroce repressione della polizia razzista che utilizzava il suo potere per commettere atrocità nei confronti delle persone dalla pelle scura. Il razzismo controllava la vita delle persone di colore e delle minoranze sia nel palazzo di giustizia che in carcere: in tribunale, ad esempio, molti individui erano costretti a dichiararsi colpevoli solamente perché non potevano pagare le spese per un lungo processo e una volta arrivati in carcere potevano scontare una pena lun- ghissima anche per un reato minore; fu proprio per queste ingiustizie che le Pantere ed i loro alleati che appartenevano alle minoranze si batterono per rovesciare un

230 MARTINELLI, CAVALLI, Il Black Panther Party, cit., p. 379. 231 MARINE, Black Panthers, cit., p. 205.

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sistema che ricorreva alla repressione ed all’emarginazione di tutti coloro che non facevano parte della “razza” bianca per mantenere il potere. Nel saggio Funzione

sociale delle prigioni negli Stati Uniti di Bettina Aptheker che si trova all’interno

del testo di Angela Davis Ho fatto un sogno, cambiare il mondo, la rivolta delle

Pantere Nere e che venne redatto appositamente per un convegno che si tenne a

Berkeley in modo da sensibilizzare le persone sulle condizioni di vita nelle carceri, l’autrice descrive diversi tipi di detenuti; in primis ci sono i prigionieri politici che sono sottoposti alla repressione dello stato e della polizia perché sono considerati soggetti pericolosi in quanto leader di una comunità che tenta di sovrastare il potere vigente; alla stessa categoria appartengono anche tutti coloro che hanno parteci- pato a movimenti di protesta oppure hanno attuato una violazione civile: i loro ideali sono in contrasto con quelli propagandati dal sistema e per questo sono co- stretti a subire il carcere. Un' altra distinzione è caratterizzata da tutte quelle per- sone che sono state accusate di qualche reato ma che sono in prigione perché non posseggono i mezzi per assumere un buon avvocato che possa permettere loro di tornare in libertà; infine ci sono tutti quegli individui che hanno commesso un cri- mine ed hanno sviluppato in carcere una coscienza politica, essi sono riusciti a formare dei gruppi all’interno del luogo di detenzione per manifestare il loro dis- senso contro le pessime condizioni di vita e contro le discriminazioni di ogni tipo, in particolar modo la violenza inflitta dalle guardie232. Bettina Aptheker, soffer- mandosi su diverse tipologie di carcerati, mette in risalto tutte quelle categorie che affollavano le carceri nel periodo di maggior azione dei movimenti sociali, lo stato in quel periodo cercava di reprimere il dissenso ed i prigionieri politici erano i bersagli che l’FBI voleva arrestare o uccidere per primi. I membri delle Pantere e soprattutto i leader non solo erano considerati un pericolo perché rappresentavano questo tipo di tipologia ma allo stesso tempo dovevano essere messi a tacere perché per la prima volta riuscivano a dare una speranza alle persone di colore; come

232 ANGELA DAVIS, Ho fatto un sogno, cambiare il mondo. La rivolta delle Pantere Nere. Mi-

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afferma Angela Davis nel saggio Prigionieri politici, prigioni e liberazione nera233 a causa del razzismo, i neri non solo dovevano sottostare a condanne che erano molto più lunghe rispetto allo stesso reato commesso da un bianco ma a causa del colore della loro pelle dovevano sottostare in carcere a regole ben più rigide e soc- combere alla violenza gratuita delle guardie razziste. Al terzo gruppo di detenuti descritto nel saggio di Bettina Aptheker appartengono tutti i poveri, soprattutto afroamericani che per mancanza di risorse erano costretti a rimanere in prigione perché non potevano permettersi di sostenere un processo; il Black Panther Party ha cercato di mettere a disposizione di questi individui un sostegno legale gratuito grazie al supporto di Charles Garry. L’aiuto offerto dagli avvocati del team di Garry era fondamentale per far ottenere a queste persone una speranza di uscire dal carcere234. Infine il quarto gruppo di persone apparteneva ad una categoria par- ticolare, considerato altamente nocivo, perché al suo interno si trovavano coloro che avevano acquisito una coscienza politica nel luogo di detenzione e proprio per questo motivo rappresentavano una “miccia” per gli altri detenuti. Il caso dei “tre di Soledad” fu sostenuto da Angela Davis che durante il suo attivismo si impegnò moltissimo per migliorare la vita dei detenuti, i “fratelli di Soledad” così denomi- nati appartenevano a questa tipologia di carcerati: il governo del Presidente Nixon e l’FBI non si fermò davanti a niente pur di eliminare il fuoco della rivoluzione all’interno del carcere, essi potevano ricorrere a false testimonianze, a contaminare le prove, ma molto spesso l’omicidio rimaneva il metodo più adatto a cui ricorrere se si voleva dare l’esempio agli altri detenuti: il caso di George Jackson fu sicura- mente quello che suscitò maggior clamore235. All’interno delle prigioni della Cali- fornia si propagarono moltissime rivolte; la più celebre fu quella dei detenuti di Folsom che venne descritta nel saggio La rivolta dei detenuti: il manifesto dei de-

tenuti di Folsom di Huey P. Newton236; il 3 novembre 1970 i carcerati decisero di attuare uno sciopero del lavoro come segno di protesta: inizialmente i detenuti

233 Ivi, p. 36.

234 SEALE, Cogliere l’occasione, cit., p. 325. 235 BROWN, A taste of power, cit., p. 292.

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vennero richiamati all’ordine e rinchiusi nelle celle, ma con il passare dei giorni la repressione si fece man mano più violenta ed i prigionieri vennero picchiati sel- vaggiamente oppure vennero fatti rimanere in piedi completamente nudi per tutta la notte; per coloro che erano più restii a mettere fine alla protesta la situazione si fece sempre più pesante e cinquantadue persone furono sottoposte all’isolamento nel “buco”, un metodo di tortura psichica che prevedeva l’isolamento in una stanza buia dove era presente solamente una piccola fessura che serviva per far entrare l’aria; oltre a questo, i ribelli erano sottoposti a violenze corporali e minacce. Qual- che giorno dopo l’inizio dello sciopero, molte organizzazioni appoggiarono i de- tenuti e le loro richieste che miravano ad ottenere una riforma del carcere in modo che fossero rispettati almeno i diritti umani: le Pantere Nere si batterono per mi- gliorare la vita dei prigionieri politici e di tutti coloro che avevano sacrificato la propria vita per una causa importante: gli attivisti del partito erano i primi ad essere perseguitati. Nel saggio sopra citato, Newton si sofferma sulle condizioni disu- mane a cui furono sottoposti i prigionieri “ribelli” che cercavano di continuare la loro protesta per sperare di ottenere un po’ più di visibilità e di migliorare la vita all’interno delle prigioni di tutto lo stato; in particolar modo si sofferma sul “buco”: una sorta di piccola cella buia, priva di aria dove moltissime volte i membri delle Pantere Nere furono rinchiuse per mettere a dura prova le loro forze in modo da essere più vulnerabili alle pressioni della polizia e dell’FBI; tra coloro che furono rinchiusi in questo “passaggio per l’inferno” possiamo ricordare Eldridge Cleaver, Ericka Huggins, David Hilliard e Huey Newton.237 Il corpo della polizia di Oa- kland era rinomato in tutta la California per essere brutale ed allo stesso tempo razzista, la principale causa di questo comportamento fu dovuto all’appartenenza della grande maggioranza di poliziotti alla “razza” bianca, tra di loro, moltissimi provenivano dal Sud ed in più di un’occasione avevano dimostrato il proprio odio verso i neri; John Frey, l’agente che morì durante l’agguato contro Newton il 28

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ottobre 1967 si distingueva dagli altri proprio per l’accentuazione del suo fanati- smo238. All’interno del dipartimento di polizia di Oakland, le foto dei leader delle Pantere erano attaccate al muro, tutti dovevano essere ben riconoscibili insieme ai numeri di targa delle macchine con cui giravano di solito in modo da poter essere fermati continuamente dagli agenti con qualsiasi scusa per provocare una reazione o per ostacolare i loro obiettivi; dal momento che il Black Panther Party si alleò con il Peace and Freedom Party, la polizia aumentò la sua repressione nei confronti dei due gruppi, insieme rappresentavano un pericolo ancora più grande, con la campagna per la liberazione di Newton riuscirono a mobilitare moltissime persone e questo costituì un grave problema per la destabilizzazione dell’ordine sociale: le violenze che subirono i manifestanti, i quali si riunirono all’induction center nell’ottobre 1967 vennero rivelate da alcune testate giornalistiche e misero sotto i riflettori gli agenti di Oakland per la terrribile violenza scagliata sui manifestanti. Durante la campagna elettorale del 1968, molti attivisti furono arrestati e perqui- siti, solamente perché stavano distribuendo volantini. Ogni pretesto veniva usato per fomentare la pressione; sempre nello stesso anno, gli agenti, senza avere un motivo preciso e senza possedere un mandato, fecero molte volte irruzione nelle case dei membri del Black Panther Party illegalmente239; dopo questi avvenimenti, il 3 marzo 1968, Huey Newton scrisse in carcere l’ordine esecutivo numero tre240 in cui affermava che le Pantere avevano l’obbligo di difendere le proprie abitazioni dalle incursioni e dalla violenza inaudita della polizia. Con questo provvedimento, Newton cercò di rimarcare la violenza e l’irruenza con cui l’FBI stava calpestando i diritti delle Pantere, l’agenzia investigativa anche quando non aveva un regolare mandato si sentiva autorizzata ad entrare nelle abitazioni per perquisirle con la speranza di trovare qualsiasi cosa che potesse incriminare i militanti del partito. Newton mise in rilievo l’importanza di non cedere alle pressioni del governo e del Bureau e di sorvegliare le proprie case dall’irruzione illegale degli agenti, in caso

238 Ivi, p. 83.

239 MARTINELLI, CAVALLI, Il Black Panther Party, cit., p. 363. 240 Ivi, pp. 363-365.

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di violazione di proprietà le Pantere avevano l’obbligo di difendere i loro diritti se non volevano essere espulsi dal partito; in quanto cittadini americani, essi dove- vano far capire alle autorità che la legge era uguale per tutti ed era un loro compito mandare un messaggio chiaro all’FBI anche se per farlo bisognava usare le ma- niere forti. Un altro episodio irruento, si verificò il 3 aprile 1968 all’interno di una chiesa di Oakland dove era in corso una riunione gestita da David Hilliard, im- provvisamente moltissimi agenti entrarono e puntarono le armi di fronte alle Pan- tere senza che ci fosse un motivo, in quel frangente intervenne la guida spirituale della chiesa per dissentire dell’accaduto, ma la polizia non gli diede neanche ascolto, solo nel momento in cui videro David Hilliard che presiedeva alla riunione al posto degli altri leader decisero di andarsene; il giorno seguente, il pastore Neil raccontò l’accaduto davanti alle telecamere, ma purtroppo la notizia non riuscì ad attirare l’attenzione della gente perché l’omicidio di Martin Luther King riuscì ad occupare totalmente i riflettori. Il 6 aprile 1968241 l’agente J. Theodore Jahn rac- contò che mentre stava perlustrando la sua zona, decise di avvicinarsi a due uomini per vedere cosa stessero facendo e poterli identificare, proprio in quel momento disse che avevano aperto il fuoco contro di lui, così decise di nascondersi dietro una macchina e chiamò i rinforzi; a quel punto, lo scontro tra la polizia ed alcuni membri delle Pantere avvenne tra la casa al numero 1212 della 28 a strada, lo scan- tinato che si trovava al 1218 e la casa della signora Allen al civico 1226; nella prima abitazione, in base alle testimonianze, due poliziotti si stavano riparando dagli spari che sembravano provenire dallo scantinato, solo un poliziotto però nella ricostruzione dei fatti era veramente certo che i colpi d’arma da fuoco provenissero proprio da quel punto, in quel frangente, la polizia iniziò a sparare verso quella direzione e fece sdraiare sul pavimento le due donne che si trovavano all’interno della casa 1226: erano letteralmente sopraffatte dalla paura a causa dei proiettili che arrivavano in ogni direzione. Come afferma Gene Marine nella sua rielabora-

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zione del processo per l’omicidio di Hutton: “Per imputare Cleaver di tentato omi- cidio e per giustificare la morte di Hutton, è necessario dimostrare che stavano effettivamente sparando agli agenti.”242 Possiamo notare come all’udienza solo un agente era certo che gli spari provenissero dal seminterrato, in questo senso si può percepire già il tentativo di manipolazione delle testimonianze da parte dell’FBI in modo da far pensare alla giuria che quegli uomini stessero sparando; questi ultimi potevano essere accusati di aver tentato di uccidere i poliziotti: con questa insinua- zione, la morte di Hutton non sarebbe passata per un omicidio a sangue freddo da parte degli agenti ma per un tentativo di difesa da un criminale. Ad un certo punto, il capitano McCarthy decise di usare dei gas lacrimogeni per cercare di risolvere la situazione, ma essi provocarono un incendio nella casa della signora Allen che si trovava già in una brutta situazione, quando l’aria si rese irrespirabile, la donna dovette uscire insieme alla figlia per cercare di salvarsi; intanto, altri poliziotti rac- contarono durante il processo di essersi avvicinati nel retro della casa per lanciare altri gas lacrimogeni in modo da far uscire allo scoperto i due uomini: Bobby Hut- ton ed Eldridge Cleaver; quest’ultimo, durante la sparatoria era stato ferito ad un piede e ad una spalla. Per cercare di uscire illeso insieme a Bobby Hutton gli venne in mente l’idea di svestirsi completamente, in questo modo i poliziotti non avreb- bero potuto scagionarsi facilmente se avessero provato a colpire uno di loro, Hut- ton purtroppo decise di non seguire il suo consiglio e ne pagò un caro prezzo243. In questa parte della vicenda, possiamo notare che Cleaver riuscì a capire la gravità della situazione e per cercare di non rimanere ucciso insieme a Bobby Hutton cercò di trovare una via di uscita: rimanendo completamente nudi infatti non avrebbero potuto accusarli di aver sparato con una pistola contro gli agenti perché erano com- pletamente indifesi, i poliziotti a sua volta non avrebbero potuto reagire perché altrimenti il loro gesto sarebbe stato ritenuto un omicidio. L’agente Fredericks, in base alla sua testimonianza raccontò di essersi recato vicino alla casa 1218 per aspettare che i due sospetti uscissero nel vicolo poi quando vide Hutton sparò un

242 MARINE, Black Panthers, cit., p. 177. 243 Ivi, p. 181.

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colpo perché pensava che stesse scappando; anche un altro poliziotto confermò la versione e disse che il ragazzo non si fermò alla richiesta della polizia, ma continuò a correre; Brown ed altri poliziotti spararono in quell’istante. Coffman invece te- stimoniò di trovarsi vicino a Cleaver e di aver udito in lontananza alcuni agenti che ripetevano che Hutton stava scappando; Noble raccontò una versione leggermente diversa dagli altri ed affermò che i suoi colleghi, dopo che afferrarono le due Pan- tere caddero sul marciapiede, ma l’uomo vestito si trovò un po’più distante, così si alzò e si mise a correre. Noble, poco dopo affermò che in quei momenti la tensione era alle stelle e che anche lui era molto agitato: con queste parole è come se pen- sasse che sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa244. La versione di Noble fu l’unica che venne confermata da Cleaver a parte un particolare: raccontò che Hutton uscì dalla casa per primo e che lui si gettò sul suo corpo per tentare di salvarlo, dato che nudo non poteva costituire un pericolo per i poliziotti; l’unica parte che Cleaver non confermò fu quella della fuga di Hutton: non avrebbe mai potuto fuggire per- ché tutti e due erano stati accecati dai lacrimogeni e quindi non avrebbe potuto vedere niente; grazie alla testimonianza di un poliziotto di colore, venne stabilito che Bobby era stato ucciso nel momento in cui si trovava con le mani in alto, com- pletamente inerme. Con l’aiuto delle varie dichiarazioni riportate da Gene Marine (1969), le uniche che ci permettono di ricostruire l’episodio, possiamo notare come ci siano delle discrepanze tra i vari agenti, anche se i fatti non sono chiari, bisogna tener conto che i lacrimogeni impiegati dai poliziotti come affermò Cleaver ed anche Gene Marine nella sua ricostruzione dell’episodio non avrebbero potuto far allontanare Hutton dal posto in cui si trovava245. Come afferma Gene Marine:

Ho sperimentato di persona l’effetto dei gas lacrimogeni: una prima volta, molti anni fa, durante le esercitazioni, mentre pre-

244 MARINE, Black Panthers, cit., p. 188. 245 Ivi, pp. 175-188.

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stavo servizio nel corpo dei Marines; la seconda volta assai di re- cente, mentre in qualità di cronista, seguivo una dimostrazione. E posso affermare con assoluta certezza che, colpito dai gas lacri- mogeni, sarei stato del tutto incapace di stabilire la direzione in cui darmela a gambe; si noti…Che né la prima né la seconda volta mi sono trovato in un seminterrato angusto (dove, per di più, esi- stevano muri divisori), dentro il quale erano stati lanciati in con- tinuazione candelotti lacrimogeni per ben venti minuti.246

In seguito all’assassinio, Cleaver venne portato all’ospedale e dopo essere stato curato venne condotto nel carcere di Vacaville dove fu rinchiuso in una cella di isolamento: per avere un piccolo sollievo per i suoi occhi che ancora risentivano dei gas lacrimogeni, dovette stare sdraiato per far arrivare un soffio d’aria dalla piccolissima fessura che si trovava all’interno della stanza. A distanza di poche ore dall’episodio, l’autorità sottoposta, voleva togliere a Cleaver la libertà vigilata, ma il suo avvocato riuscì a dimostrare che il suo cliente non stava compiendo un atto criminale ma continuava ad essere perseguito solamente perché la sua attività po- litica non era ben accetta dal sistema; il giudice Sherwin della Corte Federale della California decise di far uscire Cleaver su cauzione, ma con il passare del tempo, lo stato, disposto a tutto per farlo incriminare, contrastò la decisione del giudice e dispose un nuovo processo; dopo qualche mese venne deciso di togliere la libertà vigilata a Cleaver che proprio per non tornare nuovamente in carcere fu costretto all’esilio. Cleaver, fin dall’inizio era convinto che lo scontro con i poliziotti fosse un attacco premeditato per poter eliminare le Pantere, solo poche ore prima, alla sede di Oakland avevano ricevuto la notizia di un possibile agguato della polizia. Come afferma Gene Marine:

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Ciò che è disgustoso, è che il gran giurì, formato da elementi bian-