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Ancor oggi l’approccio al tema della sicurezza e salute sul lavoro, nonché alla conseguente formazione, risulta essere, per molte realtà aziendali, un mero adempimento normativo, vissuto come imposizione, come obbligo di legge, talvolta inteso come un lusso, in quanto trattasi, dal punto di vista di taluni soggetti apicali, di qualcosa di intangibile e difficilmente visualizzabile. Ciò che si percepisce è che la sicurezza e la rispettiva formazione all’interno degli ambienti lavorativi siano temi poco popolari, svalutati, percepiti come perdita di tempo, spesso vissuti come costi ulteriori a carico dell’organizzazione aziendale.

Alla luce dei dati infortunistici disponibili (INAIL, 2019a) risulta evidente come l’applicazione delle leggi, rispondente ad una visione “adempistica” della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, non sempre è soddisfacente, anche per le seguenti ragioni (Kaneklin, Scaratti, 2010):

• La discrepanza esistente tra il piano delle dichiarazioni e quello delle azioni;

• La produzione continua di regole destinate a non essere applicate (REIFICAZIONE DELLE REGOLE).

Questo tipo di approccio non tiene conto in primis delle dinamiche organizzative, degli aspetti cognitivi e affettivi che influenzano inevitabilmente la sicurezza, i quali possono ostacolare o consentire l’implementazione dei sistemi di sicurezza, favorire l’adozione di comportamenti sicuri, costruire un clima di benessere lavorativo all’interno dell’azienda. A tal proposito è necessario soffermarsi sulla funzione del Servizio di Prevenzione e Protezione (in seguito indicato come SPP), dal quale ci si aspetta che il ruolo “consulenziale” prevalga sull’approccio ispettivo fondato sul mero adempimento alla norma, per assumere il ruolo di supporto all’intera organizzazione (Kaneklin, Scaratti, 2010). In particolare, per quanto riguarda gli adempimenti formativi, è ormai evidente come la didattica d’aula, specie se ripetitiva e generica, risulti di scarsa efficacia rispetto all’apprendimento e al cambiamento comportamentale; la formazione diventa efficace quando incontra i problemi che le persone vivono nel loro contesto lavorativo, come già sperimentato in alcune organizzazioni (es. aziende sanitarie ospedaliere) e quando è

Un aspetto di fondamentale importanza che il SPP è tenuto a considerare, oltre al sistema d’azione, è il sistema sociale1 , che tiene conto delle logiche affettive consapevoli o inconsce che si instaurano all’interno della realtà organizzativa. Inoltre, al fine di garantire una formazione pertinente, questa dovrebbe essere contestualizzata rispetto al posto di lavoro, oltre che condivisa con il management, la committenza e i partecipanti, superando le difficoltà nel far accettare modalità informative e formative non tradizionali.

Nel coinvolgimento delle figure apicali, ovvero di coloro che hanno il potere decisionale e gestionale, le competenze e la sensibilità nei confronti della prevenzione sono fattori discriminanti tra un dirigente “qualsiasi” e un dirigente “in gamba” (Kaneklin, Scaratti, 2010), il quale è certamente dotato di una maturità dirigenziale che permette di intendere l’organizzazione aziendale come realtà sociale all’interno della quale “ascolto”

e “condivisione” siano concetti chiave utili per affrontare e cercare di risolvere eventuali difficoltà e criticità. Il concetto di “dirigente in gamba” verrà approfondito in seguito all’interno di un capitolo dedicato alla leadership.

Questo tipo di approccio, se condiviso dai dirigenti e dal SPP, consente di affrontare situazioni di criticità abbandonando il processo di attribuzione della colpa (blaming) e sostituendolo con un atteggiamento volto a capire quali sono state le dinamiche che hanno portato ad un evento dannoso. In molte organizzazioni, infatti, viene tuttora seguito il modello di funzionamento ottimale e gli interventi previsti sono quelli che tendono a ridurre lo “scarto dal modello”. Ciò presuppone una forte componente valutativa rispetto ad un errore o ad una criticità che porta alla ricerca necessaria di un colpevole. Il presupposto su cui si fonda questo modello è che se una cosa non funziona la responsabilità è da attribuirsi a qualcuno; l’operatore agisce secondo regole e comportamenti attesi; se sbaglia, la Direzione interviene con strumenti sanzionatori (Tartaglia et al., 2002). Questa visione del problema dà un grande senso di sicurezza perché individua il responsabile e lo punisce, ma risulta evidente come la criticità di fondo non sia stata risolta e soprattutto non sono state eliminate le cause scatenanti. La criticità, rispetto a questo atteggiamento, è determinata proprio dalla necessità di trovare il colpevole in colui o colei che non ha svolto il proprio lavoro, ma come riportato da

1 Per sistema d’azione s’intende l’insieme di mezzi tecnici, materiali e umani; mentre per sistema sociale si intende l’insieme di persone e gruppi e le relazioni tra essi (Kaneklin, Scaratti, 2010).

Dekker (2013) gli incidenti sono il risultato evidente che uno specifico rischio non è stato gestito al meglio, determinando il fallimento della risk management. Non è più accettabile pensare che l’evento avverso sia causato dalla sfortuna o sia imputabile ad una persona soltanto.

Considerando la sicurezza e salute sul lavoro sia dal punto di vista sociale e che d’azione, è di rilevante importanza ampliare la visione dei soggetti coinvolti ricordando la possibilità di fruire degli strumenti messi a disposizione dalla normativa, da enti istituzionali e dalle buone prassi che possono essere utilizzati trasversalmente da tutte le realtà aziendali, in quanto sostenibili economicamente, fondati sul coinvolgimento e la condivisione delle criticità, sulla pertinenza della formazione dei lavoratori rispetto all’organizzazione in esame o parte di essa, ricordando che il lavoratore non deve essere considerato semplicemente un soggetto passivo da rendere edotto.

Lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare che, attraverso l’utilizzo di strumenti adeguati e poco costosi, messi a disposizione da vari organismi istituzionali, è possibile l’implementazione volontaria di un Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro2, sulla base delle indicazioni della UNI ISO 45001:2018, anche all’interno di quelle piccole o medie organizzazioni che percepiscono questa soluzione come costosa e poco attuabile.

In particolare, la condivisione delle criticità e delle responsabilità potrebbe essere ben gestita attraverso l’utilizzo dello strumento di Incident Reporting (IR), utile per analizzare gli eventi indesiderati, i quasi eventi (near miss) e le anomalie, allo scopo di prevenirli.

2. NASCITA, SVILUPPO ED EVOLUZIONE DEL SISTEMA DI INCIDENT