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Gli Investimenti Diretti Esteri, IDE

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 77-81)

1.4. Il marchio collettivo “100% made in Italy” e la legge 166/2009

2.2.2. Gli Investimenti Diretti Esteri, IDE

Oltre alle vendite all’estero, un altro strumento in mano alle imprese

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ICE (2010) “Romania” Rapporti Paese congiunti ambasciate/consolati – uffici ice all’estero” http://www.esteri.it/rapporti/pdf/romania.pdf

per garantirsi una presenza internazionale è rappresentata dagli Investimenti Diretti Esteri (IDE) che consistono nell’acquisizione del controllo di attività produttive all’estero sia attraverso la creazione di nuovi impianti produttivi (investimenti green field) sia attraverso l’acquisizione di partecipazioni (di controllo o di minoranza) al capitale di un’impresa estera.

L’analisi degli investimenti diretti si riferisce agli Ide in “entrata” che identificano la capacità “attrattiva” di un territorio, e agli Ide in “uscita” che misurano invece la capacità di un sistema territoriale di espandere la propria presenza internazionale in altri Paesi.

Per quanto riguarda l’internazionalizzazione “attiva”, i dati al 2008 confermano come la presenza italiana all’estero, misurata dai flussi degli Ide, abbia fatto registrare nel periodo in esame una dinamica positiva.

I paesi di destinazione degli IDE, oltre i tradizionali partner commerciali europei, come la Germania e la Francia, sono anche le economie di più recente adesione all’Unione come la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria. Anche altre economie dell’Est europeo come la Romania e la Bulgaria hanno assunto un ruolo di rilievo in questi processi, diventando la meta preferita di molte imprese italiane, molte delle quali anche venete. Il sistema scelto per attuare questo tipo di investimenti è solitamente l’acquisito di partecipazioni in numerose unità produttive di piccola e media dimensione.

Nel corso degli ultimi anni è andata aumentando anche la presenza italiana nei paesi dell’Estremo Oriente con due scopi particolari: nei settori della meccanica e mezzi di trasporto, l’obiettivo è quello di meglio presidiare il mercato locale di sbocco, mentre nel tessile-abbigliamento la logica è quella di ricercare fornitori locali a basso costo al quale affidare le fasi produttive a minor valore aggiunto e a maggiore intensità di lavoro.

Tutto questo avviene non senza difficoltà ed ostacoli soprattutto di natura legale e amministrativa49.

Bisogna considerare poi il fenomeno contrario, ovvero quello dell’internazionalizzazione “passiva” ossia, la creazione da parte di imprese straniere di impianti produttivi nel nostro paese o l’acquisizione da parte di queste unità di partecipazioni di minoranza o di controllo in imprese italiane. Gli Stati Uniti continuano a rivestire in questo campo un ruolo di fondamentale importanza, con un’incidenza della loro partecipazione nelle imprese italiane pari al 25%. Anche i Paesi dell’Unione Europea rivestono un ruolo importante in questi fenomeni con un peso sul totale delle imprese italiane a partecipazione estera pari a circa il 60%. Tra i Paesi europei il peso maggiore è assunto da Germania, Francia e Regno Unito50.

Nell’ultimo periodo emergono infine iniziative di imprese cinesi ed indiane, ancora numericamente limitate, ma che segnalano un fenomeno che probabilmente nei prossimi anni crescerà notevolmente.

Entrando nello specifico, Regioni come Lombardia e Lazio hanno visto negli ultimi anni aumentare la loro quota in termini di fatturato delle imprese estere partecipate, cioè gli IDE “in uscita”. Accanto alla Lombardia, a far la parte del leone si segnala anche il Piemonte. Positivo il trend registrato anche per alcune regioni del Mezzogiorno come la Campania, la Puglia e l’Abruzzo.

Per quanto concerne gli Ide in “entrata” invece, la metà delle

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A sostenere questo genere di attività, bisogna segnalare il lavoro di SIMEST (Società Italiana per le imprese all’estero). Concretamente, la Simest affianca le imprese italiane in tutte le fasi che riguardano il loro processo di internazionalizzazione attraverso la partecipazione al capitale di società estere, l’individuazione di investimenti e l’assistenza economico finanziaria, la gestione di strumenti pubblici per l’internazionalizzazione.

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Università Cattolica del Sacro Cuore (2008) Rapporto del Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo economico (CRANEC), “L’internazionalizzazione del sistema industriale italiano, una sfida vincente delle pmi e dei distretti italiani”

multinazionali straniere presenti nel nostro Paese sono concentrate in Lombardia. Tra le altre regioni italiane che hanno registrato un incremento del flusso degli Ide in “entrata” si segnalano il Lazio, il Friuli-Venezia- Giulia, il Trentino e la Toscana. Si segnala invece il calo vistoso degli Ide in “entrata” per le regioni del Mezzogiorno a riprova della scarsa attrattività di questi territori per gli investitori stranieri51.

Cerchiamo ora di restringere il campo all’esperienza dei distretti industriali. La maggior parte degli IDE in uscita provengono dai settori del tessile-abbigliamento e quello delle pelli e cuoio, che distanziano notevolmente quello meccanico. Se si analizza poi la distribuzione regionale degli Ide in “uscita” emerge il forte peso del Veneto, che già nel 2004 aveva una quota in termini di addetti superiore al 50%52. Al secondo posto troviamo la Lombardia. Il Veneto – che nel Nord Est è la realtà industriale più considerevole – manifesta difficoltà più evidenti nella possibilità di funzionare da catalizzatore di investimenti esteri53.

Il settore meccanico diventa importante quando si parla di IDE in “entrata”. I settori tessile e calzaturiero si trovano in questo caso a grande distanza dopo il settore dei vetri e del marmo.

L’analisi degli Ide distrettuali ci consente di fare delle considerazioni di grande interesse ai fini di questa ricerca.

Innanzitutto si noti come gli IDE in uscita prevalgano proprio nel

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Università Cattolica del Sacro Cuore (2008) Rapporto del Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo economico (CRANEC), “L’internazionalizzazione del sistema industriale italiano, una sfida vincente delle pmi e dei distretti italiani”

http://www.unicatt.it/centriricerca/cranec/allegati/libro_def_internazional.pdf

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Università Cattolica del Sacro Cuore (2008) Rapporto del Centro di Ricerche in Analisi economica e sviluppo economico (CRANEC), “L’internazionalizzazione del sistema industriale italiano, una sfida vincente delle pmi e dei distretti italiani”

http://www.unicatt.it/centriricerca/cranec/allegati/libro_def_internazional.pdf

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Daniele Marini “Nord Est 2011, Rapporto sulla società e l’economia” http://www.fondazionenordest.net/UpLoads/Media/Sintesi_NE2011.pdf

settore del tessile e delle calzature: settori “maturi”, in cui non servono particolari competenze tecnologiche. Gli investimenti in uscita servono a queste imprese per continuare a competere in un’economia globalizzata, tralasciando le fasi produttive a minor valore aggiunto e ottimizzando l’uso delle risorse interne per investirle in politiche di immagine, di brand e quindi di qualità di prodotto “intangibile” in funzione di quel marketing “esperienziale” che sembra essere la leva su cui basare l’attrattività di un prodotto soprattutto se di lusso (si noti che il Veneto vanta importanti distretti nel campo delle calzature come Montebelluna e la Riviera del Brenta e non a caso è la prima regione in termini di IDE in uscita).

Al contrario, le attività di internazionalizzazione produttiva in “entrata” sembrano caratterizzarsi per l’acquisizione da parte di imprese straniere di competenze tecnologiche e di esternalità di filiera che tipicamente si sviluppano all’interno dei distretti meccanici.

In generale si può affermare comunque che al contrario di quanto accade per la propensione all’export, non si registrano particolari differenze nell’attitudine dei distretti a internazionalizzare all’estero con lo strumento degli IDE rispetto alle aree non distrettuali.

Questo dimostra che, a prescindere dalla localizzazione dentro o fuori un distretto, gli investimenti diretti esteri sono generalmente più elevati in settori ad alta intensità di capitale o in imprese di grandi dimensioni.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 77-81)