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I Paesi BRIC e le altre economie emergenti: verso nuovi sbocchi

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 106-110)

Nel 2003 la Goldman Sachs ha riunito sotto il termine BRIC Brasile, Russia, India e Cina, considerati come le economie mondiali con maggiori possibilità di crescita nel prossimo futuro. Oggi tale acronimo è diventato di uso comune per moltissimi imprenditori ed investitori operanti su scala globale che si sono visti ampliare il proprio orizzonte e indirizzare le decisioni d’investimento verso questi Paesi.

I BRIC oggi producono circa il 30% del PIL mondiale81 e sono considerati sempre più come un’unica forza nonostante essi siano un gruppo di Paesi molto diversi tra loro, provenendo da realtà ed esperienze storiche differenti.

Inoltre i legami tra le economie dei BRIC si stanno rafforzando di anno in anno in particolar modo tra Cina-India-Brasile82.

Il saldo delle partite correnti dei BRIC continua ad essere in surplus, riflettendo il ruolo chiave di fornitori nel commercio mondiale. Con il surplus cinese in costante aumento e quello russo derivante dagli aumenti su prezzo del petrolio, il saldo della bilancia commerciale complessiva dei BRIC ha superato i 240 milioni di dollari e il 6% del PIL totale prodotto dai quattro Paesi83.

Bisogna oltretutto tenere in considerazione delle potenzialità future che questi quattro Paesi potranno esprimere nei prossimi anni.

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IMF World Economic Outlook 2006.

http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2006/02/pdf/weo0906.pdf

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Central Intelligence Agency. The world fact book

https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html

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Goldman Sachs (2005), “How solid are the BRICs?” Global Economics Paper no.134, 1 Dicembre.

Una ricerca della Goldman Sachs ha tracciato delle previsioni di lungo periodo che sebbene possano sembrare azzardate, si stanno lentamente verificando nella realtà. Senza dilungarsi troppo nel dettaglio, basti pensare che da questa ricerca emerge che le economie BRIC prese insieme potrebbero diventare più grandi del G684 nell’arco di meno di quarant’anni85.

Naturalmente sono previsioni ottimistiche, nel senso che si presuppone uno sviluppo di successo, ma ci servono per capire come potrebbero cambiare le relazioni economiche tra i Paesi in un futuro non troppo lontano.

Questi studi non devono lasciare indifferenti le nostre piccole imprese distrettuali anche perché sono le prime ad essere messe in crisi dalle economie emergenti che basano gran parte del loro successo sugli stessi settori che hanno fatto grande il made in Italy.

In effetti, le modificazioni nel contesto esterno hanno portato le imprese dei distretti ad esplorare nuove opportunità di mercato soprattutto per compensare le perdite subite nei principali mercati tradizionali (Germania, Stati Uniti, Giappone, Europa occidentale) ovvero i cosiddetti mercati maturi, a favore, come abbiamo già visto, di Paesi quali Cina e Romania.

A trascinare l’Italia, ancora una volta, le imprese del Triveneto. Le esportazioni in direzione Brasile hanno registrato, infatti, nel primo trimestre del 2011 una crescita del 74,7%, in Cina del 54,4%, in Russia del 27,3% e in India del 20,7%. Insomma il Nordest, anche in piena bufera, sta

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USA, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia e Italia

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Goldman Sachs (2003), “Dreaming with the BRICs: the path to 2050” Global Economics Paper no.99, 1 Ottobre.

dimostrando la sua straordinaria capacità di innovare e rinnovarsi86.

Tuttavia se focalizziamo l’atenzione ai principali poli calzaturieri italiani, la loro presenza in altri Paesi emergenti, se pur in crescita, è invece ancora marginale, in contrapposizione con quanto visto precedentemente.

Solo in Russia, infatti, l’export distrettuale conferma anche nelle calzature una vera e propria esplosione, divenendo il primo sbocco commerciale a Fermo. Di fatto però le esportazioni in Russia non sono attivate da fenomeni di internazionalizzazione produttiva in quanto rivolte meramente al mercato di consumo finale. Poca attenzione sembrano invece riscuotere altri Paesi come il Brasile in cui i distretti sono per lo più assenti, frenati anche dalla presenza di significativi dazi doganali e gli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni stanno scalando la classifica delle principali mete commerciali.

Secondo una ricerca condotta da Intesa Sanpaolo87 tuttavia, la strada da seguire rimane quella dell’aumento del grado di diversificazione commerciale in quanto questo sarebbe favorito anche dalla presenza nei distretti di esternalità positive sul fronte commerciale. Nei distretti, infatti, la conoscenza è spesso condivisa non solo sul piano produttivo ma anche su quello distributivo, consentendo la riduzione delle barriere di tipo informativo che frenano l’ingresso in nuovi mercati. L’interazione continua tra attori del distretto può innalzare il grado di conoscenza sullo stato della domanda, sul funzionamento istituzionale e sull’organizzazione della rete di distribuzione dei paesi esteri.

L’appartenenza a un distretto industriale può, pertanto, facilitare

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Sandro Mangiaterra (2011) “Gli scongiuri non bastano” Nordest Europa.it, Settembre

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Gruppo Intesa Sanpaolo “La Riviera del Brenta nel confronto con i principali distretti calzaturieri italiani” Servizio Studi e Ricerche, Ottobre 2010.

http://www.group.intesasanpaolo.com/scriptIsir0/si09/contentData/view/esempio_distretto_02.pdf ?id=CNT-04-0000000042FF3&ct=application/pdf

l’accesso ai mercati internazionali e questa ipotesi sembra confermata dalla maggiore propensione all’export vista per le imprese distrettuali rispetto a quelle dislocate al di fuori dei distretti88.

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Gruppo Intesa Sanpaolo “La Riviera del Brenta nel confronto con i principali distretti calzaturieri italiani” Servizio Studi e Ricerche, Ottobre 2010.

http://www.group.intesasanpaolo.com/scriptIsir0/si09/contentData/view/esempio_distretto_02.pdf ?id=CNT-04-0000000042FF3&ct=application/pdf

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 106-110)