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Sulla presunta identità categoriale di articoli determinativi e pronomi clitici 1

7. Un’ipotesi strutturale alternativa

L’ipotesi da cui siamo partiti considera i pronomi clitici come delle espres-sioni nominali ridotte a cui manca la parte più bassa della struttura. Partendo dalla struttura nominale astratta in (18a) (già vista in (2a)), la proiezione pronominale è ridotta a partire dal basso, come in (18b) (che corrisponde a (2b’)).

Nella discussione precedente abbiamo visto parecchie proprietà dei pro-nomi clitici che sono problematiche per questa ipotesi. Esploriamo ora l’ipotesi opposta, cioè che la riduzione strutturale avvenga a partire dall’alto, come in (18c): (18) a. DP b. DP c. NP 3 ! ! D NP D N ! N

In altre parole, le proiezioni pronominali possono essere considerate co-me proiezioni nominali a cui manca la parte più alta della struttura, cioè il DP.

La mancanza della proiezione più alta può spiegare le particolari proprietà semantiche dei pronomi clitici che abbiamo discusso nel paragrafo 4. Come abbiamo visto, i pronomi clitici non sono elementi con referenzialità autonoma e in molti casi non sono neanche anaforici su un’espressione nominale presen-te nel discorso. Questa ipopresen-tesi può inoltre spiegare la differenza tra pronomi clitici e pronomi tonici, che sono invece espressioni nominali complete, capaci di referenzialità autonoma (v. sopra (11a)).

La struttura ridotta in (18c) può inoltre render conto del fatto che i pronomi clitici non possono essere modificati, coordinati e contrastati (si veda Kayne 1975 e gli esempi in (16) per la modificazione), nell’ipotesi che queste pro-prietà si possano applicare solo a espressioni (nominali) complete (Cardinaletti e Starke, 1999). Di nuovo, il fatto che i pronomi tonici si comportano come

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espressioni nominali complete (v. ad es. (16a) vs. (16b)) è compatibile con l’ipotesi che la differenza tra pronomi clitici e tonici consiste nell’assenza vs. presenza della proiezione DP.

L’ipotesi in (18c) può infine spiegare la sintassi particolare dei pronomi clitici, in particolare il fatto che essi non appaiono mai nella posizione del complemento corrispondente, ma devono sempre essere spostati in una posi-zione gerarchicamente più alta (linearmente più a sinistra), che in italiano è a-diacente al verbo, come mostra (19b); questa operazione non si applica ai pro-nomi tonici (19a):

(19) a. Maria conosce *lo / lui / Gianni.

b. Maria lo conosce __

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Ipotizziamo che le espressioni nominali ridotte quali sono i pronomi cliti-ci non possano venir riconoscliti-ciute come un argomento del verbo nella posi-zione in cui vengono inserite. Possono venir interpretate solo se si muovono in una posizione funzionale nella parte alta dell’albero sintattico. Per l’analisi teorica dei pronomi clitici rimando alla trattazione in Cardinaletti e Starke (1999).

Concludo questa analisi dei pronomi clitici con una piccola modificazio-ne della proposta in (18c), motivata dall’osservaziomodificazio-ne che i pronomi clitici realizzano i tratti nominali di genere, numero e caso.

In italiano, i pronomi clitici di terza persona mostrano la stessa morfologia flessiva di genere e numero dei nomi e degli aggettivi della declinazione non marcata (condivisa anche da altri elementi nominali quali i quantificatori, i dimostrativi e i participi passati):5

(20) a. lo la li le

b. bambino bambina bambini bambine

c. alto alta alti alte

Nelle lingue con la morfologia di caso, come alcune lingue slave, i pro-nomi clitici realizzano un ulteriore tratto pro-nominale, quello di caso, e sono omofoni alle terminazioni flessive di caso. Si vedano ad es. il pronome cliti-co cecliti-co ho in (21a), che è identicliti-co alla terminazione di caso che si trova sull’aggettivo in (21b):6

5 Nel sistema (pro)nominale spagnolo, i tratti grammaticali sono espressi da più di un morfe-ma: si veda l-o-s, l-a-s.

6 Questa osservazione è valida anche per le lingue germaniche (si veda Cardinaletti 1994:198f, Cardinaletti e Starke 1996).

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(21) a. Videl ho.

vidi ACC

‘l’ho visto’

b. velkého muze

grande-ACC uomo

‘(ho visto) il grande uomo’

Nell’ipotesi condivisa che i tratti di genere, numero e caso sono rappre-sentati in una proiezione funzionale FlessP dell’espressione nominale (22a), al pari di quanto succede per la flessione verbale in una frase (22b), la strut-tura dei pronomi clitici in (18c) va modificata come in (23):

(22) a. Espressioni nominali (inclusi i pronomi forti/tonici) DP 3 D FLESSP 3 FLESS NP b. Frasi CP 3 C FLESSP 3 FLESS VP (23) Pronomi clitici FLESSP 3 FLESS NP 8. Conclusioni

In questo lavoro ho mostrato come l’ipotesi che i pronomi clitici siano dei D(eterminanti) e dunque della stessa categoria degli articoli definiti non sia avvalorata né dalle proprietà morfologiche e semantiche dei due elementi in italiano né da numerose osservazioni derivanti dalla comparazione dei due paradigmi in varie lingue. I dati mostrano che è più appropriato considerare i

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pronomi clitici come delle proiezioni nominali ridotte cui manca la parte più alta della struttura. A questa particolarità strutturale vanno ricondotte sia le particolari caratteristiche semantiche dei pronomi clitici, sia la loro caratteri-stica sintattica centrale, quella di non poter rimanere nella posizione del complemento corrispondente.

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M

ARIO

C

ARDONA

L’uso della pubblicità nella didattica delle lingue.

Aspetti linguistici, metalinguistici e glottodidattici

Fra i molti materiali autentici a disposizione dell’insegnante di lingue il testo pubblicitario, sia esso statico o dinamico, riveste senza dubbio un ruolo par-ticolare per la pluralità di codici e sottocodici che lo conformano. La ric-chezza del linguaggio pubblicitario consente infatti al docente di predisporre originali percorsi didattici sulla base di input generalmente motivanti e ben accettati dagli allievi. Il testi pubblicitari contengono, inoltre, spunti di carat-tere culturale ed interculturale che favoriscono la riflessione sulla lingua all’interno del contesto sociolinguistico e pragmatico in cui si realizza la comunicazione retorico-persuasiva tipica messaggio pubblicitario. Tuttavia, per un uso proficuo della pubblicità in sede glottodidattica è importante che l’insegnante possegga degli strumenti di analisi che gli consentano di coglie-re appieno la struttura di determinati messaggi pubblicitari al fine di ricavar-ne i percorsi didattici più coerenti agli obiettivi linguistici e culturali prefis-sati. In questo saggio non affronteremo l’analisi del linguaggio pubblicitario inteso come lingua settoriale con uno specifico lessico scientifico-professionale, ma piuttosto verranno definite alcune caratteristiche della lin-gua del testo pubblicitario in quanto complesso fenomeno creativo che nella sua funzione conativa e perlocutiva produce un’articolata dimensione comu-nicativa, certamente funzionale alle mete di una glottodidattica orientata allo studio della lingua come e per la comunicazione. Il testo pubblicitario si pre-sta infatti ad essere utilizzato in ambito glottodidattico sia sfruttandone la complessa struttura comunicativa, nella quale si intrecciano il linguaggio verbale (anche nei suoi aspetti prosodici e sovrasegmentali oltre che morfo-sintattici e semantico-lessicali) il linguaggio iconico, i linguaggi non verbali (cinesici, prossemici ecc.) e gli aspetti culturali ed interculturali che il testo pubblicitario trasmette. La pubblicità, d’altronde, per sua stessa natura riflet-te e amplifica aspetti culturali e sociali presenti all’inriflet-terno della comunità linguistica che la produce e la comprende. Come osserva Lombardi:

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Possiamo distinguere un’industria culturale primaria (dalla scuola e altri gruppi influenti, all’editoria, allo spettacolo) che ha spesso un effetto ideolo-gico di cambiamento nel pubblico; la pubblicità, industria culturale seconda-ria, ha invece sempre un effetto retorico di rafforzamento: ascolta, studia ciò che l’industria primaria ha prodotto nel pubblico e lo lascia parlare. Prende i valori originali del pubblico, li lega – con brillante creatività – al valore dell’emittente e li ritrasmette al pubblico, rafforzando il valore originario e tramutando il valore dell’emittente in valore acquisito da parte del pubblico (2003, 42-43).

Dal canto suo Testa definisce la pubblicità: “uno specchio spudorato, ri-velatore di tutto ciò che si è sedimentato nella coscienza e nell’inconscio col-lettivo” (1988: 23; cfr. anche Benucci, 2004).

Il testo pubblicitario risulta particolarmente adatto, dunque, a mettere in scena l’immaginario collettivo, ad elaborare e restituire alla società l’universo simbolico e i paradigmi culturali che divengono metalinguaggio della realtà quotidiana. L’immaginario collettivo viene categorizzato in un repertorio di configurazioni simboliche e metaforiche su cui la pubblicità a-gisce trasformando “in stereotipi i soggetti e le forme espressive che attinge dal suo repertorio e li rimanda, sotto firma di prodotti comunicativi, all’immaginario stesso da cui si diffondono” (Pittèri, 2002: 84).

Con il testo pubblicitario siamo dunque in presenza di un messaggio co-municativo estremamente complesso e articolato che, sotto il profilo glotto-didattico, può essere sfruttato a vari livelli purché l’insegnante sia il possesso degli strumenti critici e di analisi sufficienti a far sì che esso divenga non so-lo un pretesto per attività motivanti e piacevoli in classe, ma un’occasione di riflessione linguistica e metalinguistica a partire da un evento comunicativo che spesso rinvia al cuore di aspetti culturali ed interculturali, a stereotipi e sociotipi, ad un uso socio-pragmatico della lingua (anche negli aspetti creati-vi, nelle forzature e distorsioni che lo caratterizzano) che rispecchia la realtà quotidiana della comunità linguistica che in tali messaggi si riconosce (anche se a volte con giustificate reazioni di insofferenza e di rifiuto). In questo con-tributo viene proposta una descrizione delle principali caratteristiche della lingua della pubblicità al fine di definire una griglia di analisi di partenza a cui il docente può riferirsi nel momento in cui si appresta a creare dei per-corsi didattici in classe incentrati sull’uso del testo pubblicitario.