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Quale grammatica per l’insegnamento?

3. Principi e parametri

Sapere che molta parte di ciò che si va ad apprendere è già stato acquisito con la lingua madre, non solo porta ad evitare fenomeni di ipercorrettismo ma mette chi studia in una condizione affettiva positiva (“So già molto e quindi ce la posso fare”) all’opposto di quanto percepisce di solito chi è principiante (“Non ci capisco niente, non so nemmeno da che parte comin-ciare”). Quindi è fondamentale enfatizzare i principi comuni a tutte le lingue anche dal punto di vista della motivazione. Facciamo un esempio di principi e di scelte parametriche associate. Possiamo formulare in forma divulgativa come quella data in (4) alcuni possibili principi della grammatica mentale: (4) a. Tutte le frasi si compongono di soggetto e predicato.

b. Il predicato è una struttura complessa che combina il verbo con i tratti di Tempo

c. I tratti di tempo finito si combinano con i tratti di Persona del soggetto. d. Alcuni elementi possono essere nulli (non realizzati fonologicamente) se

la loro interpretazione è possibile in altro modo.

e. Per combinare due elementi linguistici diversi possiamo spostare l’uno nella posizione dell’altro formando un unico elemento.

Se il soggetto è un pronome in italiano deve essere assente a meno che non porti una particolare enfasi. Pur non essendo udibile in italiano, spagno-lo o latino (5), è pur sempre presente nella struttura, come spagno-lo è in veneto, francese, e inglese (6):

(5) a. it. Ø Vede Cinzia, b. sp. Ø Mira Cinthia c. lat. Ø Cynthiam videt (6) a. ven. El vede Cinsia,

b. fr. Il voit Cynthia c. ing. He sees Cynthia.

Chi è di madrelingua veneta sarà affettivamente interessato/a a considera-re la propria lingua simile al francese o all’inglese ma non allo spagnolo (che spesso invece è associato al veneto per somiglianza lessicale) o al latino. Chi non parla veneto ma vive nella regione vede che certi elementi del dialetto che lo circonda non sono “stranezze” ma proprietà presenti in altre varietà romanze. Dunque italiano e spagnolo sono lingue cosiddette a soggetto nullo come lo era la progenitrice latina, mentre il francese non lo è più, come non lo è più l’inglese (si può aggiungere che l’antico inglese invece lo era, pro-prio come il latino). Il veneto è in una situazione intermedia, dato che ha il

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soggetto clitico è obbligatorio solo alla terza persona singolare e plurale, e le altre proprietà di lingua a soggetto nullo che vedremo tra un attimo sono pre-senti.

Le lingue a soggetto nullo non hanno pronomi espletivi realizzati, dato che i pronomi espletivi non sono mai enfatizzati. Dunque il soggetto dei ver-bi metereologici (7-8a) o l’espletivo che marca la posizione di soggetto quando è presente una frase soggettiva postverbale (7-8b) non sono mai rea-lizzati in italiano ma si suppone siano presenti nella rappresentazione menta-le dato che il verbo ha la terza persona singolare e non potrebbe essere co-niugato altrimenti. Il veneto in questo aspetto si comporta come l’italiano. (7) a. It is raining,

b. It is clear that English is difficult. (8) a. Ø Piove,

b. Ø È chiaro che l’inglese è difficile.

Le lingue a soggetto nullo, compreso il veneto, oltre a non avere soggetti espletivi hanno maggiore libertà di posizionare il soggetto nominale. Così

possiamo prevedere che il soggetto si trovi dopo il verbo, soprattutto se è portatore di nuova informazione. Questo non può accadere in inglese o in francese dove il soggetto nominale è sempre alla sinistra del verbo (9), a meno che non sia presente, in circostanze ben precise, un segnaposto specia-le, come l’espletivo inglese there in (10a) che corrisponde in italiano ad una frase in cui si può pensare che l’espletivo sia presente ma non realizzato (10b):7

(9) a. Ieri a Venezia hanno protestato tutti gli studenti. b. Yesterday, in Venice, all students protested. c. Hier, à Venise, tous les étudiants ont protesté. (9) a. There arrived three people at the station.

b. Ø Sono arrivate tre persone alla stazione.

Si tratta, come abbiamo visto di un nuovo tipo di grammatica comparati-va che mette in luce i cosiddetti parametri, le aree di differenza tra le lingue, non sempre macroscopica ma spesso sottile e difficilmente formulabile nei termini della grammatica tradizionale. Questa grammatica rifondata si sof-ferma su famiglie di fenomeni invece che su costruzioni specifiche.

7 Si noti che come in italiano il predicato accorda con il soggetto postverbale, anche in inglese il predicato accorda con il soggetto postverbale e non con l’espletivo there, come si osserva in

There comes a man. Un’altra sorprendente somiglianza e la scoperta di pronomi espletivi di

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La possibilità di un pronome non realizzato dipende, anche se non in mo-do del tutto biunivoco, dalla ricchezza della morfologia flessiva della lingua. Il francese nel corso del suo sviluppo ha perso parte della coniugazione ver-bale, che esprime in un morfema complesso informazioni riguardanti il tem-po, il modo e i tratti di persona. L’inglese si può dire che l’abbia persa quasi del tutto, soprattutto per quanto riguarda l’accordo con i tratti di persona. Il soggetto nullo economizza i tratti di persona del pronome sostituendolo con un pronome non esplicito in combinazione con una coniugazione verbale che permette di ricostruire questi tratti senza ambiguità. D’altro canto l’inglese e il francese sono più economici per quanto riguarda la flessione verbale (mol-to più semplice) e devono quindi essere meno economici sul versante della realizzazione esplicita del soggetto i cui tratti di persona non sarebbero al-trimenti recuperabili.

La ricchezza nella coniugazione verbale è anche correlata alla relazione tra verbo o complemento oggetto.8 Sappiamo che in inglese il verbo non si trova mai separato dal complemento oggetto, mentre in italiano questo costi-tuisce spesso l’ordine naturale della frase. In (10a) osserviamo l’ordine ita-liano non marcato di Soggetto, Verbo, Avverbio di frequenza, Oggetto. Se l’avverbio di frequenza precede il verbo, come accade in (10b), la frase è a-grammaticale (non fa parte della competenza nativa di un italiano; per il momento non consideriamo la possibilità di pause intonative che introduco-no interpretazioni discorsive complesse salvando la grammaticalità di (10b)). In inglese si verifica esattamente l’opposto. L’avverbio non si può frapporre tra verbo e oggetto (10c) ma si trova tra soggetto e verbo (10d):

(10) a. Maria guarda sempre la televisione. b. *Maria sempre guarda la televisione. c. *Mary watches always television. d. Mary always watched television.

Se ci limitiamo a questo contrasto, l’inglese sembra alquanto diverso dall’italiano, quasi come se la coesione tra soggetto e verbo fosse privilegia-ta in iprivilegia-taliano e secondaria in inglese, mentre la coesione tra verbo e oggetto sarebbe primaria in inglese e secondaria in italiano. Ma in italiano il soggetto sembra molto meno coeso con il verbo in un tempo composto. Qui italiano e inglese possono essere rappresentati come molto più simili tra loro, soprat-8 Gli esempi dati qui sono discussi nel mio volume Giusti (2003) dove cerco di dare strumenti di analisi per la lingua inglese a parlanti dell’italiano, soprattutto a studenti universitari del corso in Lingue e Scienze del Linguaggio. In quel volume il livello di divulgazione, pur alto, tiene però conto che si tratta di studenti che hanno basi di linguistica teorica e di grammatica generativa. Ovviamente la mia proposta qui è di operare un’ulteriore livello di semplificazio-ne per potersi rivolgere ad un pubblico molto più ampio.

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tutto per quanto riguarda il totale parallelismo tra (11b) e (11d) in cui vedia-mo che l’avverbio di frequenza si trova tra l’ausiliare e il verbo:

(11) a. Maria ha guardato sempre la televisione. b. Maria ha sempre guardato la televisione. c. *Mary has watched always television. d. Mary has always watched television.

Potremmo andare avanti a considerare frasi con forme verbali composte da più ausiliari e vedremmo sempre lo stesso fenomeno, vale a dire che in inglese l’avverbio di frequenza si situa tra il un ausiliare e il verbo, mentre in italiano raggiunge un’ulteriore posizione: quella dopo il verbo., 12) e (13) non sono coppie minime, ma sono esempi di tempi composti complessi nelle due lingue:

(12) a. La televisione era sempre stata guardata da tutti. b. La televisione era stata sempre guardata da tutti. c. La televisione era stata guardata sempre da tutti. (13) a. Mary will always have been watching television.

b. Mary will have always been watching television. c. Mary will have been always watching television. d. *Mary will have been watching always television.

I dati in (10)-(13) descrivono in modo adeguato la differenza tra italiano e inglese, ma possiamo fare di più: possiamo spiegare perché questo accade e metterlo in relazione con un altro fenomeno ben conosciuto all’inglese e i-gnoto all’italiano, vale a dire l’uso dell’ausiliare do nei tempi semplici.

Ammettiamo che in tutte le lingue la flessione e il verbo siano due entità linguistiche distinte (una nozione abbastanza diversa da quanto si insegna di solito nella grammatica italiana tradizionale, ma abbastanza ovvia dal punto di vista della grammatica tradizionale inglese), con una posizione autonoma nella struttura della frase, tanto è vero che le due entità nelle frasi in (10)-(13) possono essere in entrambe le lingue separate da un avverbio di fre-quenza. Se questo è vero, quando abbiamo un’unica parola che le contiene entrambe, dobbiamo chiederci che posizione occupi (se quella della flessione o quella del verbo). La risposta è: “Dipende dalla scelta parametrica operata dalla lingua”. In inglese, un verbo al presente rimane nella posizione del verbo che è adiacente al soggetto; ma in italiano un verbo al presente si spo-sta nella posizione della flessione alla sinistra dell’avverbio di frequenza e dunque in apparente discontinuità dal complemento oggetto, come viene e-semplificato in (14):

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(14) a. Mary FLESS always watches TV. b. Maria guarda spesso ______ la TV.

Si noti che in inglese la flessione, anche se al presente, deve essere e-spressa da una parola autonoma (l’ausiliare), se la frase è negativa o se si vuole enfatizzare la sua verità (15):

(15) a. Mary does not (always) watch TV. b. Mary DOES (always) watch TV.

Va notato poi che quando è presente un ausiliare, la flessione di terza per-sona singolare –s non si trova sul verbo. Ne consegue che dobbiamo ammet-tere che il verbo flesso sia in un rapporto astratto con la flessione non espres-sa, proprio allo stesso modo in cui lo è in italiano, con l’unica differenza che in italiano la flessione morfologicamente ricca attira il verbo che essa domi-na e lo costringe al movimento indicato dalla freccia verso sinistra (14b), mentre in inglese se la flessione non si realizza autonomamente perché il verbo ha una coniugazione molto debole. Questo comporta che il nodo FLESS non attiva il verbo anche se lo domina come indicato dalla freccia orientata verso destra in (14a).