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Scuola interculturale e didattica delle lingue: i metodi

Socializzazione ed educazione linguistica

4. Scuola interculturale e didattica delle lingue: i metodi

Tale attenzione agli aspetti intrapersonali (la dimensione cognitiva legata a quella affettiva ed emotiva) e interpersonali (l’interazione tra pari e il rappor-to di fiducia con il docente) unita alla concezione della lingua come strumen-to fondamentale per la comunicazione, la culturizzazione e l’austrumen-topromozione della persona si rivelano i fondamenti imprescindibili per una didattica delle lingue che abbiamo chiamato “a mediazione sociale” e interculturale. L’economia di questo contributo non ci consente una trattazione ampia di questa concezione e dei metodi che ad essa afferiscono. Ci limitiamo in que-sta sede ad un sintetico accenno rimandando a nostri precedenti studi (2006; 2008) gli eventuali approfondimenti.

Una glottodidattica a “mediazione sociale” procede per costruzione di conoscenze e non per ricezione passiva di informazioni, e

sposta al centro del processo di apprendimento gli allievi, considerati risorse e origine dell’apprendimento, attivamente impegnati nella costruzione della loro conoscenza. L’interazione verticale docente-allievo (…) lascia spazio all’interazione orizzontale e multidirezionale studente-studente, recuperan-done tutto il valore sociale, espressivo e cognitivo, quasi completamente tra-scurato negli approcci tradizionali” (Rutka, 2006: 172).

Quindi una glottodidattica a mediazione sociale mira a sviluppare con-temporaneamente competenze linguistiche, comunicative, disciplinari e in-terdisciplinari ma anche sociali, metacognitive e metaemotive recuperando così, coma abbiamo già detto, l’attenzione alla persona che apprende e alla persona che apprende insieme ad altre persone.

I metodi che realizzano coerentemente questa idea dell’apprendimento linguistico in cui però assumono grande rilevanza gli aspetti relazionali, cul-turali ed interculcul-turali, psicologici e psicomotori dell’apprendente sono: il Cooperative Learning (opportunamente declinato per l’insegnamento lingui-stico, cfr. Rutka, 2006), la glottodidattica ludica, di cui lo stesso Freddi fu illuminante precursore (cfr. Freddi, 1990; Caon, Rutka, 2004) e il peer

tuto-ring (Pellai, Rinaldin, Tamburini, 2002).

Nonostante le differenze epistemologiche dei tre metodi succitati, quel che ci permette di accostarli è il fatto che:

a. si rivolgono alla persona-studente e concepiscono l’apprendimento come un processo complesso che si attiva in modo più significativo quando vi è partecipazione emotiva, sfida cognitiva, relazione interpersonale, inve-stimento affettivo. Ovviamente, a seconda della metodologia, il focus sarà maggiormente centrato per una dimensione piuttosto che per un’altra ma,

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in linea generale, tutte si accordano su questa attenzione per la persona prima ancora che per l’apprendente;

b. concepiscono il ruolo del docente non solo in funzione trasmissiva ma anche e soprattutto progettuale, animativa, organizzativa, gestionale. Il docente diviene un facilitatore dell’apprendimento la cui azione peda-gogica si sviluppa contemporaneamente in tre direzioni:

- retroattiva, riconoscendo e valorizzando conoscenze e competenze pre-gresse, interessi, bisogni ed obiettivi degli studenti;

- attiva, rispondendo ai bisogni, valorizzando gli interessi dando loro spazio nella pratica scolastica e utilizzando metodologie e tecniche glot-todidattiche che sviluppino negli studenti processi cognitivi complessi, spirito di collaborazione e senso di responsabilità;

- proattiva; dando dimensione progettuale ai loro desideri di realiz-zazione contingente (successo scolastico) ed immanente (realizrealiz-zazione personale); cercando di far in modo che il desiderio personale d’ap-prendere continui anche una volta terminato il percorso scolastico o la “collaborazione” tra l’insegnante stesso e suoi studenti;

c. identificano nell’aspetto relazionale lo snodo caratterizzante.

La proposta di tali metodi nella classe di lingua deve essere accom-pagnata, a nostro avviso, da una costante attenzione alla dimensione metaco-gnitiva e metaemotiva (Mariani, Pozzo, 2002; Caon, 2008) necessaria per sviluppare negli apprendenti da un lato la consapevolezza rispetto ai loro singoli stili cognitivi e di apprendimento e, dall’altro, il senso di classe come “gruppo interdipendente” in cui, cioè, la significatività dell’apprendimento linguistico in termini di stabilità e di durata è anche legata alla qualità delle relazioni nella classe.

Le parole di Giovanni Freddi con cui abbiamo aperto questo nostro con-tributo, secondo cui il realizzarsi completo dell’uomo sarebbe impensabile senza la dimensione sociale e culturale che egli si costruisce nella storia me-diante l’apprendimento e l’interazione con i suoi simili, si rivelano, oggi più che mai, basilari per fornire una direzione alla didattica delle lingue in conte-sti di estrema eterogeneità e complessità come le classi multiculturali.

Parole che segnano la continuità nel tempo di quella che Balboni in que-sto volume definisce, anche per questa ragione, la “scuola veneziana di glot-todidattica”.

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C

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