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Era la prima metà degli anni Ottanta quando, da studente iscritto alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Ca’ Foscari, seguivo le lezioni del prof. Giovanni Freddi in un’aula del Seminario di Linguistica e Didattica delle Lingue a Ca’ Garzoni e Moro, sul Canal Grande.

In quegli anni il Seminario era un’officina di idee, di progetti e di realiz-zazioni, con le due sue anime, la Linguistica e la Glottodidattica, fortemente attive nei loro campi e all’avanguardia scientifica in campo italiano e non solo. Studiosi italiani e stranieri venivano costantemente invitati a fare con-ferenze e lezioni. Noi studenti avevamo quindi la fortuna di poter attingere da saperi diversi ma fortemente complementari riuscendo così ad avere un quadro esauriente delle due discipline e delle loro rispettive interconnessioni e relazioni. Inoltre, il Seminario ospitava anche il Centro Linguistico Interfa-coltà, uno dei primi nati in Italia, e sicuramente all’avanguardia per compe-tenze, ricerche e attrezzature.

Insomma, il Seminario era un vero e proprio laboratorio di ricerca in cui teorie, metodi e pratiche potevano essere costantemente elaborati e messi al-la prova. Una condizione ideale. E il merito di tutto questo va in gran parte a Giovanni Freddi e a Guglielmo Cinque, che si alternavano alla direzione del Seminario.

Le lezioni di Freddi erano sempre sovraffollate e ricordo ancora distinta-mente il tono della sua voce potente che ci introduceva nel mondo della Glottodidattica attraverso una esposizione dei concetti chiara e solo apparen-temente semplice. Questa è stata una caratteristica che ha percorso tutta la produzione scientifica e la carriera di docente di Freddi: anche i concetti più complessi possono e devono essere espressi in forma chiara e comprensibile a tutti. Su questo punto emerge tutta la figura del “maestro”: l’oscurità di e-sposizione non significa necessariamente profondità di pensiero, anzi, molte volte essa nasconde carenza di ragionamento. Al centro c’è la figura dello studente. Il rispetto per l’apprendente è il primo comandamento per il

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te. In questo senso ho sempre inteso la didattica umanistica professata da Freddi.

Nel corso degli anni, il mio interesse scientifico e di ricerca si è indirizza-to verso l’uso delle tecnologie nella didattica delle lingue seguendo gli e-normi e velocissimi sviluppi tecnici e cercando di inserirli in una cornice te-orica coerente e in un quadro metodologico ed applicativo adeguato.

Anche su questo aspetto la riflessione e l’impulso dati da Giovanni Fred-di sono stati pioneristici. Testimonianza concreta ne è il Centro Linguistico con i suoi laboratori linguistici audio-attivi comparativi, all’avanguardia in Italia in quel periodo. Per Freddi anche la riflessione sulla tecnologia deve essere posta sotto la lente di ingrandimento dell’approccio umanistico, deve essere scevra da inutili complicazioni e tecnicalità.

Ricordo in particolare una lezione in cui il Prof. Freddi ci parlava dei la-boratori linguistici e delle sue applicazioni glottodidattiche. Ci raccontò di un suo incontro con un rappresentante di un’azienda di laboratori linguistici che gli proponeva un nuovo modello. Conteneva, a suo dire, una straordina-ria innovazione: la possibilità per due studenti di parlare tra loro attraverso l’uso del microfono e delle cuffie. Con la sua voce tonante Freddi ci raccon-tò di come scoppiò a ridere di fronte al rappresentante e di come gli spiegò che quella che lui riteneva essere una evoluzione, fosse in realtà una grossa sciocchezza. Usò una sola frase che ripeté, scandendo le parole, a noi studen-ti: Ricordate sempre: la tecnologia deve essere al servizio dello studente e

dell’insegnante, cioè dell’uomo, mai il contrario.

Come spesso accade, ci sono alcuni episodi ed alcune frasi che si fissano nella mente e che rappresentano una specie di spartiacque, che ti accompa-gnano nella propria vita – in questo caso professionale – e che precisano in modo determinante il tuo approccio alla disciplina.

Questa frase è stata per me uno di quei momenti. Costruire o proporre una tecnologia che si arroghi il diritto di imporre le sue leggi, che si focalizzi solo sugli aspetti specificatamente ed aridamente tecnici, vuol dire contrad-dire tutti i principi di un approccio umanistico ed affettivo, e non solo nella didattica delle lingue.1

In tutti questi anni di ricerca e di realizzazione di progetti in cui l’uso del-le tecnologie era un fattore importante, ho sempre cercato di tenere in mente quella frase e di attenermi ad essa.

Purtroppo, l’evoluzione dell’uso delle tecnologie nella didattica delle lin-1 Giovanni Freddi ha avuto poi modo di esplicitare meglio tale concetto in uno dei suoi testi fondamentali e ormai classici: “Didattica delle Lingue Moderne”, dove, già nella sua prima edizione, del 1979, c’era un capitolo dedicato alle tecnologie. Sulla sua scia, e di altri nomi storici, quale quello di Gianfranco Porcelli – “Computer e glottodidattica del 1988” rappre-senta un punto di svolta-, la glottodidattica italiana ha sempre dedicato una attenzione partico-lare a tale argomento.

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gue e nella formazione non è stata ugualmente attenta a questo principio, per varie ragioni. Sicuramente, una inadeguatezza tecnologica, ma molto più spesso una inadeguatezza dei modelli teorici e metodologici, quando c’erano, alla base di tale integrazione nella didattica in generale e in quella delle lingue nello specifico.

Dal punto di vista prettamente tecnico possiamo distinguere l’evoluzione tecnologica in due grandi momenti: le tecnologie analogiche e le tecnologie digitali. Le prime sono rappresentate da oggetti diventati ormai “da museo”: le audio e le videocassette sono state lo strumento principale fino a metà de-gli anni 90. Allo stato attuale nessun corso viene offerto su questi supporti. Certo, non si può affermare che l’audio ed il video-registratore sono scom-parsi dalle nostre aule, ma gli insegnanti hanno sempre più difficoltà ad usar-li, sia per la loro degradata qualità, sia per l’obsolescenza dei contenuti, sia per la difficoltà di mantenere ad un adeguato livello di efficienza l’hardware. La rivoluzione è stata quella di passare dall’analogico al digitale. E quindi al PC. A parte alcuni esperimenti pioneristici, che possiamo far risalire addirit-tura agli anni 60-70, il boom si è verificato a partire dagli anni 90 e da allora è proceduto inarrestabile. Durante l’era digitale, a sua volta, abbiamo assisti-to a diversi aspetti assisti-topici. I più importanti sono stati quello della crescita quasi esponenziale della potenza e velocità di elaborazione, della miniaturiz-zazione e della portabilità in termini fisici, che continua e che proseguirà an-cora per molto. Il secondo quello della interconnessione e della comunica-zione, e cioè la Rete e le telecomunicazioni digitali. Il primo aspetto, permet-te di gestire i conpermet-tenuti multimediali in forme inpermet-tegrapermet-te a un tale livello che si parla di rappresentazione virtuale della realtà, il secondo permette di con-dividerli con gli altri e di partecipare a tali mondi virtuali.

Forse adesso per un ragazzo/a fino a 20-30 anni questo è naturale, ma tut-ti coloro, insegnantut-ti e non, che “hanno una certa età”, cioè intorno ai 40-50 anni, hanno potuto sperimentare sulla propria pelle che cosa ha voluto dire questa rivoluzione tecnologica. Io stesso, rientrando in questa fascia d’età, ho avuto la fortuna/sfortuna di seguire passo dopo passo questa evoluzione e di sperimentare come sia difficile seguirne gli sviluppi. Anche adesso, basta un attimo di “distrazione” e si rimane, sembra quasi irrimediabilmente, in-dietro.

In tutti questi anni ho avuto anche l’onere e l’onore di essere una di quel-le figure professionali che avevano il compito di rifquel-lettere sulquel-le loro poten-zialità e di formare gli insegnanti al loro uso. Anche in questo senso l’intuizione di Freddi è stata precorritrice. È anche grazie a lui e al Centro Linguistico Interfacoltà dell’Università di Venezia che è nato il primo corso in Italia di “Didattica delle lingue con tecnologie avanzate” nel quale ho ini-ziato la mia attività di formatore e che poi ho avuto l’onore di dirigere fino al 1999.

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Riflettere sulle tecnologie e formare gli insegnanti è un compito appas-sionante e non facile, ma che ho cercato di svolgere, come ho detto, tenendo sempre in mente l’affermazione di Freddi: “Qualunque tecnologia deve esse-re al servizio dell’uomo, insegnante e studente”.

A questo proposito, avevo l’abitudine di iniziare la mia prima lezione con due frasi – che avevo trovato, guarda caso, in Rete – che esprimevano in maniera diversa lo stesso concetto elaborato da Freddi: le aveva messe in-sieme Donald Norman, uno studioso di scienze cognitive e dell’impatto delle tecnologie sull’apprendimento: una era presa da uno slogan della fiera mon-diale di Chicago del 1933: La scienza scopre, l’industria applica, l’uomo si

adegua, l’altra l’aveva elaborata lui stesso: L’uomo propone, la scienza stu-dia,la tecnologia si adegua. Le aveva concatenate proprio per descrivere il salto di prospettiva che si è verificato, nel corso degli anni, nell’affrontare teoricamente e metodologicamente l’impatto delle tecnologie sulla società umana, o che si dovrebbe verificare.

E qual è stato invece l’impatto dell’evoluzione tecnologica nelle teorie dell’insegnamento e apprendimento linguistico? Da questo punto di vista, credo che ci siano stati molti fraintendimenti e che sia in questo momento quanto mai necessaria una riflessione adeguata che metta ordine e che so-prattutto metta nel giusto rapporto l’evoluzione tecnologica e l’evoluzione teorica nel nostro campo specifico.

Infatti, possiamo dire che nel lasso di tempo che va dagli anni 40 agli an-ni 80 il rapporto tra tecnologia e teorie dell’insegnamento e apprendimento linguistico era fondamentalmente basato sull’affermazione di Norman, e cioè le tecnologie erano al servizio dell’uomo e le teorie scientifiche ne studiava-no le implicazioni e ne fornivastudiava-no modalità di applicazione all’interstudiava-no di un quadro teorico di riferimento.

È infatti usanza comune, per descrivere quegli anni, identificare una tec-nologia con un approccio. Se ad esempio all’approccio audio-orale vengono associati principalmente il registratore audio e il laboratorio linguistico audio attivo-comparativo, all’approccio comunicativo vengono accostati in modo particolare il video e le tecnologie multimediali. Ma in entrambi i casi le tec-nologie sono considerate come strumenti al servizio del docente e del discen-te. Il loro uso è definito dal forte impianto teorico che è la cornice essenziale in cui vanno ad inserirsi e che ne spiega e ne chiarisce l’uso.

Tale rapporto entra in crisi con il boom tecnologico e con le velocissime trasformazioni degli anni successivi, tanto che anche in questo ambito si può parlare di una vera e propria “bolla tecnologica”, destinata a scoppiare, con l’affermazione, in tempi recenti, del social networking.

L’avvento della tecnologia digitale e della prima fase di Internet, che si dimostravano capaci di gestire enormi flussi di informazioni e di media di-versi, sembravano poter essere facilmente gestibili dentro la cornice

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proccio comunicativo, ed anzi rappresentare uno strumento potentissimo per la sua applicazione. Di fatto, le prime realizzazioni informatiche di corsi e materiali linguistici ci facevano fare, dal punto di vista teorico, un lungo pas-so indietro e tornare a molti anni prima. Se infatti riprendiamo in mano i primi Corsi di Lingue su CD-ROM, ci rendiamo conto di quanto fossero in realtà trasposizioni di vecchi metodi audio-orali di tipo strutturalistico e fos-sero praticamente ingestibili in un contesto di classe. Nonostante tutto, furo-no presentati come la soluzione ideale per apprendere le lingue e ci trovam-mo anche noi studiosi, in trovam-molti casi, a magnificarne le prestazioni. Solo al-cune, poche, voci, misero in guardia dai facili entusiasmi. E non a caso veni-vano proprio dalla “vecchia guardia” (pensiamo, in Italia a Freddi e Porcel-li). La maggior parte degli insegnanti assistette frastornata a questa invasione tecnologica. Molti la vissero addirittura come nemica, non riuscendo e non potendo gestirla e piegarla alle proprie esigenze. Molto difficili furono gli sforzi dei ricercatori per cercare di inserire tali strumenti nel quadro teorico da cui deriva l’approccio comunicativo e dei formatori che dovevano adde-strare gli insegnanti ad un uso metodologicamente corretto di tali strumenti. Non a caso in quegli anni si fa molta ricerca sulle tematiche dell’autoap-prendimento linguistico che, in fin dei conti, sembra essere l’unica modalità possibile per usare i corsi su CD. Anche se poi, come si vedrà, si riveleranno meno determinanti di quanto si pensasse inizialmente. Eppure per qualche anno i corsi di lingua su CD sembrarono diventare uno strumento indispen-sabile. C’era la corsa da parte delle case editrici a pubblicarne sempre di nuovi, con risultati, come dicevamo sopra, a volte imbarazzanti: molti, mol-tissimi, erano una semplice trasposizione su diverso supporto dei corsi tradi-zionali, con libro, audiocassetta e videocassetta.

Parallelamente, c’è stata una corsa, da parte di aziende e scuole, all’alle-stimento di aule multimediali. L’esito, anche in questo caso, è stato molto contraddittorio con risultati sicuramente inferiori alle attese. Oltretutto, con esborsi finanziari notevoli che forse, se si fossero ascoltati di più gli esperti, avrebbero potuto essere usati meglio. Anche per questo caso possiamo dire che la bolla tecnologica non era sostenuta da un valido progetto teorico e metodologico, né da una adeguata formazione degli utilizzatori. A questo si debbono aggiungere problemi logistici, quali la manutenzione e la difficoltà di accesso e problemi intrinseci. Se infatti il laboratorio linguistico audio-attivo comparativo era poco flessibile e pratico, con le sue postazioni fisse e tutte quelle funzioni, ci si immagini come doveva sembrare un’aula piena di computer con enormi video che coprivano praticamente le teste dei ragazzi e con l’insegnante costretto a girare tra le postazioni per controllare che tutto funzionasse – cosa che non sempre succedeva – e per evitare che gli studenti facessero altre cose. Conseguenza, è che molti insegnanti di lingue non si trovarono a proprio agio nell’usarle. Le trovavano difficili da gestire, com-plicate, dispersive, fondamentalmente inutili. E le usarono poco.

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Intanto comincia ad affacciarsi anche Internet, che si impone velocemen-te nel giro di pochissimo velocemen-tempo. Dobbiamo dire però che nei primi anni, an-che la rete viene usata senza una necessaria riflessione, ma ha comunque un grosso e meritato successo tra gli insegnanti, più che tra gli studenti. Infatti, tutti ne riconoscono immediatamente il valore come risorsa inesauribile di materiale “autentico”. In questo senso diventa uno strumento essenziale so-prattutto per gli insegnanti di lingua straniera che si trovano a disposizione materiali, all’inizio quasi esclusivamente scritti, aggiornati e reali, come mai era successo prima. Comunque, gli insegnanti, normalmente, preferiscono stamparli, fotocopiarli e distribuirli in classe agli studenti; quindi usandoli in modo tradizionale.

C’è però un prodotto che si afferma in quegli anni e che gode da subito di un notevole favore da parte dei ricercatori in campo educativo e da parte de-gli insegnanti: l’ipertesto. L’ipertesto è fortemente legato al concetto di rete, e viene teorizzato addirittura prima dell’era informatica. Ha la sua piena rea-lizzazione con le tecnologie digitali e Internet, ma può essere realizzato an-che senza di esse. In campo educativo ci si rende subito conto an-che l’aspetto fortemente innovativo dell’ipertesto non è rappresentato tanto dal prodotto in sé, quanto piuttosto dal processo necessario per la sua realizzazione. Proces-so che si basa teoricamente su alcuni forti presupposti: la cooperazione e la collaborazione attraverso l’interazione tra individui, la realizzazione di com-piti autentici e motivanti, la partecipazione ed il coinvolgimento di tutte le competenze, meglio se diverse, la condivisione di conoscenze.

Il quadro teorico a cui si fa riferimento è quindi quello del paradigma co-struttivista e delle sue successive elaborazioni. Tale paradigma non è certo nato con la rete, ma nella rete e nell’ipertesto trova la sua naturale applica-zione, anzi, possiamo dire che proprio il costruttivismo è alla base degli iper-testi e del Web.

Con il costruttivismo finalmente si avvia la fase descritta da Norman con la sua seconda affermazione: L’uomo propone, la scienza studia, la

tecnolo-gia si adegua e si torna a porre al centro l’uomo con la tecnolotecnolo-gia al suo

ser-vizio, come propugnato anche da Freddi. L’impianto teorico del costruttivi-smo sembra poter fornire le chiavi di lettura e gli strumenti adeguati per edu-care e formare le persone ad affrontare la globalizzazione e la glocalizzazio-ne, in cui è fondamentale scambiare conoscenze e saperi ma al tempo stesso valorizzare le diversità. Dalla metà degli anni 90 in poi la realizzazione di un ipertesto diventa una delle attività più comuni nelle scuole, e non solo per l’apprendimento linguistico, che gli insegnanti adoperano proprio per incen-tivare la collaborazione tra gli studenti, la condivisione dei saperi, la valoriz-zazione delle individualità, in definitiva, per facilitare il processo di appren-dimento. L’ipertesto suscita anche un dibattito e una riflessione sulla figura dell’insegnante, sulle sue competenze e sul suo ruolo, non più guida

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scussa, ma tutor, primus inter pares, consigliere, anche lui un partecipante della comunità di apprendimento.

La metafora ipertestuale della rete si afferma anche nell’editoria, con l’uscita di numerosi corsi di lingua su CD, ipermediali e non più multimedia-li, e anche nella più tradizionale editoria cartacea, con la strutturazione dei contenuti in forma ipertestuale.

Non a caso è nella seconda metà degli anni 90, in Italia verso la fine del decennio, che si inizia anche a parlare di e-learning, cioè di uso della rete per la formazione, in modalità completamente nuove rispetto a quelle della tra-dizionale formazione a distanza. Potremmo dire che l’e-learning è l’applicazione “virtuale” del costruttivismo. I tool digitali di comunicazione, quali la mail e i forum vengono usati per gli stessi principi, ma questa volta non richiedono più la presenza fisica, permettendo la partecipazione a perso-ne da ogni angolo del mondo.

Insomma, gli anni 90 sono stati anni difficili. C’è voluto un po’ prima che ad una iniziale visione tecno-centrica, dovuta forse al troppo incondizionato entusiasmo nei confronti delle tecnologie, si tornasse ad una prospettiva uo-mo-centrica in cui la ricerca teorica e metodologica riprendesse il suo giusto ruolo di guida.

Dalla fine degli anni 90 la strada sembra segnata. Nella didattica delle lingue l’approccio comunicativo e il paradigma costruttivista si integrano perfettamente, anche al fuori del rapporto con le tecnologie. Ad esempio, an-che il Quadro Comune Europeo di Riferimento contiene in sé, anan-che diret-tamente esplicitati, molti degli assunti di base del costruttivismo. In Italia, si studiano ed elaborano nuovi modelli di apprendimento, ad esempio l’Unità di Acquisizione, naturale evoluzione, in ottica costruttivista, dell’Unità Di-dattica introdotta da Freddi.

In campo tecnologico la rete prende nettamente il sopravvento e soprat-tutto si sviluppano sempre più strumenti che permettono di essere sempre e facilmente connessi, e soprattutto in comunicazione con gli altri, cioè attivi e partecipativi.

È infatti della prima metà degli anni 2000 l’esplosione dei social ne-tworks sistemi che permettono di essere parte attiva di una comunità virtuale fatta di individui che condividono gli stessi interessi. E ognuno di noi si tro-va ad essere partecipe di numerose e diverse comunità.

Il fenomeno è tanto evidente che viene coniato il termine di Web 2.0 pro-prio per distinguere questa fase da quella precedente, in cui si era solo fruito-ri delle informazioni contenute nella rete. Nella seconda fase, si diventa an-che produttori e distributori di informazioni. Si partecipa attivamente alla co-struzione di conoscenza.

Blogs, Wiki, Podcast, Facebook, di fatto tutti gli ambienti virtuali diven-tano luoghi di incontro e di condivisione di idee, informazioni e conoscenze.

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Studenti di lingue e culture diverse, ognuno apprendente la lingua del-l’altro, si incontrano on-line, con la presenza più o meno incisiva degli inse-gnanti, insieme lavorano a progetti comuni, si aiutano a vicenda, imparano a comunicare in maniera linguisticamente e culturalmente appropriata con per-sone reali, che condividono gli stessi interessi.

Tutti i siti dedicati all’apprendimento linguistico presenti in rete