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della Formazione Professionale Salesiana

3. Istituto d’arti e mestier

annesso all’Oratorio di Valdocco

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(1904)

Alcune ragioni per le quali si crede che l’Istituto d’arti e mestieri annesso al- l’Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino – Via Cottolengo N. 32, abbia la qua- lità e meriti il nome di Scuola Professionale e non di opificio industriale.

1. Articolo fondamentale del nostro Regolamento è il seguente: i nostri labora-

tori non abbiano scopo di lucro, ma siano vere scuole d’arti e mestieri.

2. Abbiamo due programmi: a) uno per l’istruzione da darsi a tutti gli allievi operai fuori di laboratorio; b) ed uno per guidare i giovani all’apprendimento di ciascun’arte.

Il primo comprende un corso di lingua nazionale, di geografia, di storia, di aritmetica, di geometria, di disegno, di fisica, chimica e storia naturale, di so- ciologia, di buona creanza, d’igiene, di computisteria, di lingua francese e di religione. Questo programma, come si vede, forma un corredo di cultura gene- rale da fornirsi a tutti gli allievi senza distinzione di arte o mestiere.

Il secondo, vario secondo il numero delle arti e dei mestieri, è diviso in cinque anni o corsi di tirocinio ed ogni corso in due periodi o semestri. In questo pro- gramma sono indicate progressivamente le cognizioni che ogni allievo deve apprendere ed i lavori a cui deve applicarsi per riuscire operaio perfetto. Il programma si svolge nel laboratorio ed è oggetto dell’insegnamento di cia- scun maestro d’arte e de’ suoi assistenti, il cui incarico, dice il Regolamento, è

di ammaestrare i giovani della casa nell’arte cui sono destinati dai superiori2.

Esso abbraccia non solo l’esecuzione dei lavori, ma l’insegnamento orale e scritto:

a) delle norme pratiche, secondo le quali ogni lavoro deve essere eseguito; b) della conoscenza degli strumenti e del modo più conveniente di usarli, pre-

pararli e conservarli;

c) della materia usata nei lavori, delle sue varie specie, qualità e prezzi; d) della rappresentazione figurata dei vari lavori nell’insieme, nelle parti e

nelle sezioni; delle misure, degli ingrandimenti e riduzioni, delle varie ma-

1ASC B513 Consiglio Generale Cons. Professionale Bertello ms. allog. con corr aut. 2 f. [1904]. Il titolo è tratto dalle prime righe dello scritto.

niere di commettere le parti ecc., richiamando le cognizioni apprese nel corso di coltura generale, ampliandole al bisogno e riducendole alla pratica; e) delle varie forme e stili antichi e moderni nei quali si è manifestata quel-

l’arte;

f) delle macchine, che possono essere di aiuto all’uomo nell’esercizio della sua arte e del loro uso;

g) del modo di fare il preventivo e stabilire il prezzo dei lavori;

h) delle piazze, dove si acquistano i materiali e si smerciano i lavori e dei modi da usare coi fornitori e coi clienti;

i) dei punti principali della legislazione e delle buone consuetudini commer- ciali.

3. Il maestro d’arte (che presta l’opera sua gratuitamente, oppure è pagato con onorario fisso e non percepisce alcun lucro sui lavori de’ suoi allievi), ora dà l’insegnamento a tutti gli allievi insieme riuniti, ora a ciascun corso o sezione, ed ora a ciascun allievo in particolare.

All’istruzione poi tien dietro la continua sorveglianza nell’esecuzione dei la- vori assegnati, la correzione dei medesimi, e la ripetizione degli insegnamenti e delle prove, come suol farsi in tutte le scuole.

Il maestro deve seguire passo passo i progressi de’ suoi allievi, concretarli in un voto settimanale, voto che avrà il suo controllo nell’esame che ogni allievo deve subire davanti ad un’apposita Commissione al fine di ogni semestre. 4. Poste le quali cose, ognun vede che il tempo che i nostri allievi passano nei lo-

cali dei laboratori (cioè le circa otto ore segnate nell’orario) non è di lavoro, ma tempo convenientemente distribuito tra l’insegnamento teorico e l’eser- cizio pratico dell’arte, e che perciò questo tempo non è un motivo, per cui si

neghi alle nostre il titolo e la qualità di Scuole professionali, poiché non pare che debba essere il luogo quello che dà la qualità, ma l’esercizio e l’opera che

in esso si compie.

Se poi ci si domanda perché si diano in laboratorio e si alternino in esso l’in-

segnamento teorico e l’esercizio pratico, diremo chiaramente che a noi pare

questo il modo più adatto e più efficace per formare degli operai abili e labo- riosi e riteniamo che il dividere in modo assoluto due insegnamenti, sia quanto

al tempo, sia quanto al luogo, mentre darà forse all’operaio un’idea esagerata

del suo sapere, non gli darà né l’amore all’officina, né l’abitudine e la co-

stanza necessaria per rimanervi tutta la giornata.

5. Che poi nei nostri istituti si miri sul serio all’istruzione degli allievi e non al

lucro potrebbe agevolmente certificarsene chi volesse osservare che le nostre

Scuole professionali, nonostante il sacrifizio personale di quelli che vi sono addetti, nonostante la piccola quota, che pagano taluni dei parenti degli allievi, sono ogni anno finanziarmente passive e ci tocca ricorrere alla carità delle per- sone benefiche per colmarne il deficit.

6. Né si tolga motivo ad affermare il contrario dal fatto che noi diamo ai nostri al- lievi una mancia proporzionata al loro grado di abilità ed alla loro applicazione perché, se si osserva il modo che da noi si tiene nel computare questa mancia, si vedrà che essa non corrisponde ad un lavoro fatto e ad un guadagno procu- rato alla casa: ma alla diligenza e al buon contegno tenuto nell’officina. Essa è perciò un mezzo di incoraggiare gli allievi e procurar loro un vantaggio mate- riale per il tempo che dovranno uscire; ma, quanto alla casa, viene a convertirsi in una vera passività da colmarsi anch’essa nel modo sopra detto. Il che appa- rirà più evidente se si considera che, posta l’applicazione nel compiere il pro- prio dovere, la mancia rimane la stessa, sia che abbondi il lavoro sia che scar- seggi, sia che si dia la prevalenza all’insegnamento teorico, sia che si lasci il suo posto all’esercizio pratico.