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Analisi del successo formativo

5.5. Vite riuscite

Diamo per assodato che l’autentico “prodotto” della Formazione Professionale è una persona matura nella sua integralità, umana e professionale. Don Bosco di- rebbe “buon cristiano e onesto cittadino”, oggi si parlerebbe di pieno sviluppo. Non cadiamo, ovvero, nel riduttivismo professionalizzante, non è e non può essere suffi- ciente inserire il giovane nel lavoro, anche se è un aspetto importante portarlo al- l’indipendenza economica, ma non è tutto, come anche gli obiettivi delle politiche sulla cittadinanza attiva ci ricordano. Dalla diretta voce narrante di alcuni ex-allievi risaliamo a quanto nella esperienza formativa in un CFP Salesiano è stato determi- nante per la scelta e la riuscita nella propria biografia. Tali ex-allievi si sono distinti in ambito lavorativo, sociale o salesiano. Quest’ultimo ambito catalizzerà le nostre attenzioni come specificheremo meglio più avanti.

Nella memoria di ogni allievo si cristallizzano insegnamenti di un proprio

Maestro. Nel recente romanzo di Alessandro D’Avenia17 si vede e intravede l’in-

contro con un testimone di vita autentica e di dedizione all’insegnamento: Padre Pino Puglisi, sacerdote e martire della mafia, che “tanto ha influito sulla mia scelta di di-

ventare insegnante”18. Interessante è vedere nel libro di Matthew Crawford19un intero

capitolo dedicato ad un suo insegnante di area tecnica che invia felici storie di ex-al- lievi ai novelli ex-allievi attraverso una newsletter. La diffusione di uomini soddi- sfatti, che si sentono utili al mondo manifesta un profondo e integrale umanesimo anche nell’arido insegnamento delle saldature meccaniche, colmo della gioia di aver saputo “non soltanto indicare ai suoi studenti un mezzo per guadagnarsi il pane, ma

anche fermare il loro sguardo su quel che è giusto e buono nella vita”20.

5.5.1. Premesse metodologiche

Dopo aver analizzato i dati relativi alle realtà salesiane, abbiamo potuto con- statare come diversi ex-allievi, successivamente agli studi nella Formazione Profes-

17D’AVENIAA., Bianca come il latte, rossa come il sangue, Mondadori, Milano, 2010. 18D’AVENIAA, Incontro al Forum Movimento Giovanile Salesiano, Parma, 10 Aprile 2011. 19CRAWFORDM., The Case for Working with Your Hands: Or Why Office Work is Bad for Us

and Fixing Things Feels Good, Penguin Adult, 2010.

sionale, avevano scelto di vivere la consacrazione nella Congregazione salesiana. Non essendo attualmente disponibile alcuno studio in merito, il presidente nazio- nale del CNOS FAP, Mario Tonini, mi ha gentilmente inoltrato le sbobinature di 20 delle interviste che ha commissionato per una ricerca a tutto campo. Ad esse, si sono aggiunte dieci interviste realizzate a confratelli salesiani ex-allievi della For- mazione Professionale nell’Ispettoria Lombardo-Emiliana. Alcune linee comune sono state assolutamente sorprendenti e dotate di una evidenza inizialmente nep- pure sperata. In Appendice riporto lo schema delle domande.

5.5.2. Motivazioni di ingresso

Tra le motivazioni della scelta di questo percorso si presentano quelle che ci si aspetta per il buon senso e per gli studi che abbiamo presentato: la praticità del corso, la poca voglia di studiare, i reiterati insuccessi formativi, la possibilità di lavorare presto.

Altre sono risultate inaspettate e poco inquadrabili in un questionario a scelta multipla.

La prima è l’indecisione che apprezza la peculiare flessibilità di corsi: “da ra- gazzo ero indeciso sugli studi e non volevo impegnarmi per troppi anni”; “mi pia- ceva l’ambito tecnico e, andando dai salesiani, mi sentivo libero di scegliere anno per anno”, è apprezzata la possibilità di essere nel mondo del lavoro attraverso la stage già nel primo anno, di qualificarsi il successivo e di poter agevolmente pas- sare all’istituto professionale o al tecnico senza doverlo decidere subito dopo la terza media. “Tra lavorare subito o continuare fino a diventare ingegnere mecca- nico, stava una scelta spalmata nel tempo. Questo piaceva a me e ai miei genitori. Ormai sono iscritto ingegnere da 5 anni”!

Il secondo è economico: “In casa la scelta di una scuola cattolica è stabile, ma è stata fortemente condizionata dal fattore economico, anche perché siamo quattro fratelli. Scegliendo la Formazione Professionale ho potuto formarmi come grafico in un ambiente cristiano con un costo molto ridotto”.

5.5.3. Riconoscimento di uno stile

Gli ex allievi riconoscono uno “stile”, una modalità peculiare dell’ambiente salesiano che distingue l’esperienza al CFP (e in alcuni casi il proseguimento nel- l’Istituto Salesiano) dalle altre esperienze scolastiche e anche da quelle universi- tarie.

“Fin dall’inizio della mattinata con il Buongiorno, il responsabile ci acco- glieva con una frase, con un pensiero, già quello era l’avvio di una giornata, come potrebbe essere in famiglia, dove i genitori ti accolgono con la colazione pronta”.

Il cortile è realmente ricordato come luogo per incontrarsi tra amici. “Si finiva a pranzo di mangiare e poi per mezz’ora si giocava la partita, eravamo tutti amici, poi quando si tornava a scuola lui (il formatore, ndr.) riprendeva a fare il profes-

sore”. Questo è riconosciuto in modo particolare nelle case dove alcuni allievi si in- serivano anche nelle attività dell’oratorio e vi restavano legati.

Anche le modalità disciplinari hanno segnato in modo profondo e restano come stile di famiglia per chi resta nel centro come formatore: “come mi ha inse- gnato don Bosco, a distanza di qualche giorno prendo il ragazzo a parte e chiac- chieriamo insieme, non lo umilio mai in pubblico, la parolina all’orecchio […] se- condo me è la cosa che salva di più i rapporti”.

Queste relazioni significative erano rafforzate dalla continuità: “ogni giorno era lì in laboratorio con noi per ore, poi in cortile e così per tutti i giorni dell’anno” e dal viverle nel gruppo dei coetanei in un ambiente ricco di proposte “il pome- riggio si fermavano in molti a fare cose che piacevano, non c’era obbligo, ma lì ci si trovava bene. Chi faceva teatro, chi il giornalino…”

Viene quindi riconosciuta una originale modalità educativa, specialmente nel pensiero dato al mattino detto “Buongiorno”, nella cura della ricreazione in cortile e nella disciplina ottenuta con relazioni paterne. Molte volte chiedendo agli ex-al- lievi intervistati riguardo il loro contatto con formatori, li definiscono dei “secondi

papà”, che hanno accompagnato scelte importanti della vita come matrimoni, bat-

tesimi di figli, scelte imprenditoriali coraggiose, etc. 5.5.4. Apprezzamento per competenze acquisite

L’orientamento al “fare” e alla praticità sono tra gli aspetti considerati più si- gnificativi ed utili dagli ex-allievi: “mi è rimasta anche oggi che sono dirigente e mi permette di avere la stima degli operai e dei capi linea”. È considerata un valore aggiunto più prezioso delle conoscenze che “si possono più facilmente recuperare con internet, ma risolvere un problema non lo impari sui libri”. È considerato un vantaggio competitivo sul mondo del lavoro “ero ingegnere come loro che arriva- vano dal liceo, ma sapevo già programmare il plc, realizzare circuiti elettrici e se c’era un guasto o un errore di progettazione ero spesso il primo a trovarlo, perché in quelle cose ci avevo già messo le mani”.

Ma la competenza che viene maggiormente riconosciuta con gratitudine è quella relazionale: l’imparare a stare con tutti, a lavorare in gruppo, a mantenere un buon clima. Quanti hanno intrapreso una avventura imprenditoriale general- mente la definiscono come la cosa più utile imparata a scuola, anche oltre la prati- cità, il problem solving o l’aspetto tecnico in senso stretto: “Oggi assumo inge- gneri, qualcuno avrà anche fatto gli studi alti, ma deve ancora imparare ad allac- ciarsi le stringhe”.

5.5.5. Orientamento: una simpatia, una appartenenza, una vocazione totalizzante Lo stile educativo salesiano ha particolare attenzione all’orientamento delle scelte professionali e di vita dei suoi allievi. È considerato il cuore della personaliz- zazione dei cammini. “A quattordici anni uno non è ben sicuro di ciò che vuole, ma

quando ho finito questa esperienza, avevo le idee un po’ più chiare di quello che poteva essere il mio percorso. Qui dai salesiani ho capito”. Anche la varietà delle scelte è segno di questa attenzione: ricercatori in multinazionali, collaboratori di ONG per lo sviluppo (p.e. Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), formatori in CFP, imprenditori in ambiti coerenti con il settore della formazione e anche ri- conversioni, salesiani consacrati, etc.

Esperienza particolarmente feconda su questo piano è l’essere coinvolti come assistenti. In modo più diffuso, alcuni tra gli allievi che decidevano di continuare dentro la casa salesiana dopo la qualifica professionale affrontando l’ITI serale, ri- cevevano la proposta di aiutare in laboratorio, in particolare a livello di sostegno individuale i ragazzi delle classi prime del CFP. Questa proposta è presente anche in modalità differenziate, ha come linea comune il coinvolgimento dei giovani nella missione salesiana per i giovani e ha portato a molte scelte forti.

Tra questi “giovani per i giovani” resta a tutti una simpatia per l’ambiente e il metodo educativo salesiano che portano in famiglia e nei loro ambiti di vita. Spesso sono i “motori” delle associazioni di ex-allievi che si ritrovano periodicamente, che sostengono i compagni che hanno fatto scelte di impregno in terre di missione, etc. Un cerchio più ristretto fa una scelta di appartenenza esplicita: insegnando e ri- comprendo ruoli di responsabilità come quello del consigliere con una dedizione peculiare e spesso esplicitando questa appartenenza facendo la promessa come Salesiani Cooperatori

Ultimi che approfondiamo sono gli ex-allievi che hanno scelto di diventare sa- lesiani. Tale scelta totalizzante ci sembra come la punta dell’iceberg, dando per in- negabili le forti motivazioni intrinseche di questo tipo di scelta. Punta dell’iceberg in particolare della ritrovata motivazione allo studio e all’impegno. Nel solo centro di Sesto San Giovanni ne abbiamo contati dieci negli ultimi 15 anni, ma anche da Brescia e Milano ritroviamo questo particolare percorso vocazionale. Ultimo pro- veniente da Sesto è ex-allievo dell’OTP, salesiano coadiutore e brillante laureando in ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico di Milano.

“Dopo qualche mese che avevo iniziato l’ITI e aiutavo i ragazzi di prima, sen- tivo che stavo facendo il salesiano, imitando quanto avevo apprezzato nei miei for- matori”. “Con il tempo ho ritrovato la voglia di studiare e quando, diventato sale- siano, l’Ispettore mi ha chiesto di laurearmi in ingegneria ne ero contento”.

Interessante come quel riconoscimento di uno stile educativo e relazionale ha generato un senso di appartenenza così forte: “vedendo i salesiani stare bene in- sieme anche quando i ragazzi erano usciti da scuola, tagliare un salame e scherzare

a cena, mi sentivo a casa e uno di loro”21.

Particolare come alcune competenze siano state valorizzate in modo diversis- simo da quanto ci si possa attendere in un corso professionalizzante. Quelle rela-

21Altro ex-allievo di Sesto San Giovanni attualmente prete salesiano e direttore di un centro CNOS-FAP.

zionali è facile immaginare quanto siano apprezzate in chi è diventato salesiano (e anche in tutti quelli che lavorano in ambito educativo). La praticità di un grafico è diventata utile nell’odierno teologo: “forse ne saprò meno di altri, ma rendo al cento per cento: dalla cura nelle dispense all’organizzazione dei tempi. Non mi è mai capitato di dover tagliare il programma o di inserire divagazioni”.

Le considerazioni relative alla prassi di don Bosco (cfr. §1.4.1 - Reciprocità e Felicità) e le spiegazioni di Caviglia relative a Orientamento e Vocazioni (cfr. §3.2) credo confermino che la capacità di orientare è visibile anche da questi frutti che lascia negli ex-allievi salesiani: simpatia, impegno-appartenenza e scelte vocazio- nali totalizzanti.

5.6. Conclusioni

Nella sezione storica avevamo seguito l’evolversi dell’amplificatore del suc- cesso salesiano; esso trovava nella capacità di intessere relazioni significative, in un ambiente capace di accogliere, caratterizzato da un metodo educativo in grado di personalizzare le proposte in modo da rilanciare le motivazioni e di orientare a scelte professionali, di impegno e di vita. Quanto affrontato nella parte teorica, ha avuto una conferma quantitativa dagli studi presenti e uno ulteriore dallo studio comparativo sui dati dell’accreditamento regionale in Emilia-Romagna. Questo no- stro studio comparativo vede una buona efficacia e un bassissimo tasso di abban- dono, a sostegno che i ragazzi si trovano bene, imparano e trovano lavoro. Ma il basso tasso di abbandono in un settore fortemente implicato nel recupero e nell’in- tegrazione sociale è davvero significativo. Sarebbe assai interessante ripetere lo studio comparativo in una Regione (come la Lombardia) dove i CFP formano i ra- gazzi per 4 o addirittura 5 anni, permettendo un benefico effetto delle relazioni educative in modo più profondo nella personalità dei giovani allievi. La seconda conferma è sul piano qualitativo, attraverso una presentazione sintetica del lavoro svolto attraverso le interviste, che mostrano il riconoscere uno specifico stile e me- todo educativo capace di trasmettere competenze tecniche e relazionali e soprat- tutto di orientare. Tale successo si manifesta nel permanere di una simpatia, in scelte di impegno e di appartenenza vocazionale, anche totalizzanti.

Nel prossimo ed ultimo capitolo presenteremo una sintesi sintetica del carisma, una sorta di carta d’identità della Formazione Professionale Salesiana, in grado di mostrare come l’identità carismatica cresce in coerenza con la sua origine storica.