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L’amplificatore nascosto: l’educazione integrale orientante e vocazionale

Il cammino delle Scuole Professionali Salesiane (1888-1969)

B) SCUOLE E CORSI PROFESSIONALI PER ALUNNI OLTRE I 14 ANN

3.5. L’amplificatore nascosto: l’educazione integrale orientante e vocazionale

Ritrovando l’effetto amplificatore in dinamiche che andavano perdendosi con il tempo, come la capacità produttiva concorrenziale, le grandi esposizioni nazio- nali e gli internati per accogliere gli studenti, ci siamo chiesti cosa ha mantenuto “amplificata” l’azione salesiana al venir meno di queste dinamiche. Le monografie professionali strutturate dal CNOS-FAP e lodate dal Ministero ci hanno illuminati per l’aspetto educativo, mentre il contributo di Alberto Caviglia circa il proprium salesiano: l’educazione integrale capace di orientare scelte di vita. Il presupposto è la continua stima per il lavoro manuale, che permette di applicare lo stile educa- tivo salesiano oltre agli ambienti ludici dell’oratorio e a quelli “intellettuali” della scuola.

3.5.1. Stima per il lavoro

In un contesto che ha visto una relazione problematica con le dinamiche del la- voro (si pensi alla questione operaia e alla Rerum Novarum di Leone XIII, alla ri- voluzione Marxista e al blocco sovietico), i salesiani hanno così proposto e per- corso una via di salvezza per il lavoro e per il lavoro dei giovani. “Il lavoro è al centro della società attuale; ne condiziona i progressi e gli squilibri e costituisce una delle cause principali delle sue crisi. «Il lavoro – afferma l’enciclica Laborem

Exercens – è, in qualche modo, la chiave di tutta la questione sociale» (LE 3). Urge

dunque l’impegno dì promozione di una vera civiltà del lavoro”63. Don Bosco è cer-

tamente un sognatore profetico, ma non vuol dire copiarne le intuizioni quali ricette pronte all’uso per gli odierni gravi problemi del lavoro come fatto sociale ogget- tivo. Il significativo contributo che scaturisce dalla sua opera riguarda la «dimen- sione soggettiva» del lavoro; “in tale linea la possibilità di una «civiltà del lavoro» comporta il superamento del concetto di formazione artigiana e tecnica intesa come semplice addestramento e richiede il passaggio a una integralità di visione umana: «l’uomo, infatti, è principio, soggetto e fine dell’attività lavorativa». L’originalità del rapporto di don Bosco con il mondo del lavoro è caratterizzata dall’intenziona- lità educativa che cura la totalità della persona nel giovane apprendista, dalla con- cezione promozionale umana che punta all’abilitazione e professionalità, alla di- mensione sociale etica (la formazione dell’«onesto cittadino») che non esiste solo

su diritti da rivendicare, ma anche su doveri da compiere”64. Da questo punto di

vista il ruolo dell’impegno salesiano nella Formazione Professionale è ampiamente riconosciuto per l’apporto allo sviluppo economico determinato dall’impulso della classe tecnica che ha formato negli anni. Ha formato negli anni una sorta di bor- ghesia dei lavoratori manuali, frequentemente in grado di diventare i piccoli im-

63Relazione del Rettor Maggiore don Egidio Viganò a Milano (Teatro La Scala) il 18 aprile 1988.

prenditori che rendono dinamica e vitale la manifattura italiana. Nel caso dei pas- saggi a studi superiori si trattava finanche al dopoguerra di una vera aristocrazia che ha trascinato il miracolo economico italiano. Basti pensare che nel 1871 il 69% della popolazione italiana era analfabeta, il 27% nel 1921, nel 1951 il 30% era in possesso della licenza elementare e solo il 5,9% aveva la licenza media. È facile capire quanto il percorso professionale che, come abbiamo visto dai programmi era equivalente alla cultura di base delle elementari, fosse in certo qual modo un per- corso elitario e fortemente qualificante. Questo ha permesso un inserimento nel pa- norama lavorativo di figure qualificate ed anche in grado di muoversi come im-

prenditori dalle significative capacità tecniche65.

3.5.2. Attenzione educativa integrale

La realizzazione delle monografie professionali ha ricevuto grandi lodi da parte del Ministero, che ha ringraziato i salesiani con generose elargizioni come la prima macchina a controllo numerico della Olivetti alla casa Rebaudengo di Torino

nel 197266. “Nel settore meccanico abbiamo raccolto il meglio da ogni paese, ho

viaggiato in Francia, Germania, America, Spagna per raccogliere ogni buona idea di esercitazione. Abbiamo messo il meglio equilibrando il tutto”, ma il valore ag- giunto non era dato solo dalla raccolta ampia e dalla selezione accurata, ma in pri-

maria parte dalle note educative. Le esercitazioni d’officina67permettono di educare

l’intelletto come “esigenza di una società pluralistica, in cui è sempre più neces-

sario che ognuno sia preparato a scegliere”68attraverso la “visione d’insieme del

lavoro da compiere (per esempio spiegando il disegno del gruppo oltre a quello dei

particolari e facendo notare la posizioni e la funzione di ciascun pezzo)”69. I ragazzi

possono essere educati anche all’ordine e alla pulizia, alla volontà, alle relazioni sociali e anche ai valori dello spirito, ovvero alla dimensione integrale e unitaria della persona, per evitare che un giovane possa dire: “mi sembrava di essere un og- getto che viene preparato con molta cura perché possa servire nel miglior modo possibile ad un certo lavoro. Ma nessuno si preoccupa di me, nessuno cerca di

darmi la possibilità di capire perché lo faccio”70. Tale attenzione passa anche attra-

verso la realizzazione di testi ad hoc. Attenzione che ha avuto don Bosco, hanno i

salesiani del periodo che stiamo seguendo e continuano ad avere ai nostri giorni71.

65 Dati ISTAT, è possibile approfondire il tema dell’inserimento e della significatività in F. GHERGO, op. cit.

66Intervista diretta a MARRACav. Crescentino, Salesiano.

67FRANCIG. - MARRAC., Ricerca di un metodo per fare le esercitazioni di officina meccanica, Torino, SEI, 1976.

68Ibid., p. 10. 69Ibidem. 70Ibid., p. 16.

71MOZZATOL., Scienze integrate, Roma, SEI, 2012. L’a. è segretario dell’area scientifica del CNOS-FAP e formatore a Vigliano Biellese.

3.5.3. Attenzione all’orientamento

La crescente popolazione scolastica “ha reso più urgente, e più delicato, por- tandolo al piano d’una questione sociale, il problema dell’orientamento professio-

nale, che deve avviare ogni alunno verso il suo posto nella vita”72. Definisce questa

attività una necessità sociale per evitare di formare degli “spostati” e pone come premessa la sostanziale unità con il metodo educativo. Parte evidenziando come il clima di famiglia assuma comportamenti spontanei e mai imposti e come la stessa disciplina sia gestita con l’amorevolezza e la diligenza del buon padre di famiglia. Gli educatori vivono in forte unità di intenti e sono costantemente presenti con la loro assistenza che “rende impossibili le mancanze e il male morale, e, per la carat- teristica forma che assume, di paterna e fraterna premura, fa possibile e moltiplica la comunicazione personale con ogni alunno e la comprensione delle sue attitudini

e delle sue qualità”73. Questa confidenza viene conquistata nella vita del cortile du-

rante “la ricreazione, il teatro, le accademie, le passeggiate e le gite e ovunque il giovane nella libertà dell’allegria associato, direi quasi compagnevolmente, coi

suoi fratelli maggiori, pei quali in tali ore il nome di Superiore ci sta a disagio”74.

Sapendo bene che ogni buon educatore è un buon osservatore, la conoscenza che il gruppo dei formatori ha dei giovani in questo contesto è assai profonda, integrale, “totalitaria” dice il Caviglia.

La capacità di orientare da parte dei formatori è definita come “una specie di

dialogo socratico, nel quale il giovane è condotto, nella sua piccola logica, a rico-

noscere la ragionevolezza di quel che si vuole inculcargli” ed è attuata individual- mente nelle “passeggiate salesiane” e comunitariamente attraverso le “buona-

notti”. Le prime sono colloqui fatti di brevi “paroline all’orecchio” durante la vita

del cortile o più ampi dialoghi, ma sempre lontani dalla formalità della cattedra o dell’ufficio e le seconde sono gli interventi di pochi minuti che don Bosco e i suoi figli facevano quasi come un esame di coscienza che correggevano e incoraggia- vano verso il bene.

Così, la conoscenza integrale permette di orientare l’adolescente che incontra un pater et magister. Il contributo specifica poi una metodologia determinata con una parte generale (raccolta di informazioni dalla famiglia e dal parroco di prove- nienza, colloquio col ragazzo, visita medica) e specifica (prove attitudinali e visita ai laboratori per cogliere le propensioni), con elementi molto contingenti alle con- dizioni operative di quegli anni. La radice originale era presente e viva in quella cura per le vocazioni in senso ampio che abbiamo presentato nell’azione di don Bosco come autentico imprenditore civile (§1.4.1.) nel suo aspetto legato alla reci- procità e alla felicità.

72CAVIGLIAA., L’orientamento professionale nella tradizione e nell’opera di don Bosco, origi- nale, 1940, p. 2.

73Ibid., p. 14. 74Ibid., p. 18.

3.6. Conclusioni

Pur nelle differenze di tempi con tendenze proprie (Grande Guerra, ventennio fascista e crisi del ’29, Seconda Guerra Mondiale, miracolo economico), possiamo leggere una linea di continuità dell’opera salesiana. Tale linea è caratterizzata dal criterio “con don Bosco e con i tempi”, applicato talvolta con una certa cecità isti- tuzionale che reiterava le rigidità di don Bosco alle prese con un clima fortemente anticlericale, culminante nei provvedimenti di esproprio delle proprietà ecclesia- stiche. Ha il suo punto di forza nelle dinamiche del collegio o internato che per- metteva alla Formazione Professionale di forgiare la borghesia e l’aristocrazia tec- nica. Valica il mutare dei tempi l’attenzione educativa di stampo integrale capace di

orientare alle scelte di vita attraverso relazioni significative secondo il sistema preventivo salesiano.

Il prossimo capitolo vedrà abbandonare quanto riguarda la Formazione Profes- sionale relativa ai canali degli istituti professionali (inizialmente di responsabilità del Min. della P.I.), che si mischiano in una storia tortuosa con tutto il mondo della scuola, per concentrarci sulla storia dei C.A.P. e poi Centri di Formazione Profes- sionale (CFP), facenti capo al Ministero del Lavoro e coordinati dal CNOS-FAP. Avremo cura di contestualizzare la situazione nazionale, anche a livello di riforme e regionalizzazione, per arrivare a tracciare un quadro completo dell’odierna situa- zione della Formazione Professionale Salesiana Nazionale, aggiungendo una breve panoramica internazionale.