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L’Italia si adegua alle prescrizioni della Corte EDU: l’entrata in vigore della legge n 76/

A fronte delle indicazioni provenienti dal lungo dialogo tra le Corti nazionali e sovranazionali, il Parlamento Italiano l‟11 maggio 2016 ha finalmente approvato la nuova legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze75. Si tratta di

una normativa che recepisce gli orientamenti formatesi nella giurisprudenza, che adegua il dato normativo al mutato contesto culturale e sociale e che, soprattutto, ha fatto uscire l‟Italia da quella situazione di arretratezza in cui si trovava rispetto agli altri paesi dell‟Unione Europea.

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Ibid. Par. 180.

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Il riferimento è a Corte Cost. 138/2010, Cass. Civ. 4184/2012, Corte Cost. 170/2014, Cass. Civ. 2400/2015.

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Anche detta “legge Cirinnà” per via del nome della sua promotrice. Secondo alcuni, come Casaburi G., Il nome della rosa (la disciplina italiana delle unioni civili) in www.articolo29.it sarebbe più corretto parlare di ex Cirinnà, visto che l‟iter parlamentare che ha portato all‟approvazione della suddetta legge è stato molto frastagliato: il testo di legge originario (n. 2081) è stato presentato per la discussione in Senato il 6 ottobre 2015. In seguito è confluito, con diverse modifiche, nel maxiemendamento presentato dal Governo e interamente sostitutivo del disegno di legge di iniziativa parlamentare, composto da un articolo (regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e 69 commi. Tale emendamento è stato votato e approvato il 25 febbraio 2016 in Senato e l‟11 maggio 2016 alla Camera con il meccanismo della fiducia. La nuova legge è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 maggio 2016, ed è entrata in vigore il 4 giugno 2016.

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Tale legge era ritenuta da molti un atto imposto dall‟Europa76 e

costituzionalmente dovuto77, ma sia la Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo,

che le Corti nazionali, non avevano obbligato l‟Italia ad estendere l‟istituto matrimoniale alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ma avevano messo in luce la necessità di una regolamentazione che consentisse di tutelare tali situazioni (che fino ad allora erano sprovviste di qualsiasi copertura normativa). Il Parlamento, quindi, avrebbe potuto decidere di estendere l‟istituto del matrimonio anche alle persone omosessuali78

. Ha preferito, invece, ispirarsi al modello tedesco introducendo il nuovo istituto delle “unioni civili tra persone delle stesso sesso” (il quale si affianca al matrimonio, riservato solo a persone di sesso opposto)79 e disciplinando le

convivenze di fatto (sia eterosessuali che omosessuali)80.

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E ciò emerge a chiare lettere dalle varie risoluzioni del Parlamento Europeo, come la risoluzione n. 0028, approvata l‟8 febbraio 1994, sulla parità di diritti per gli omosessuali nella comunità. In tale risoluzione si ribadisce la convinzione che tutti i cittadini debbano ricevere lo stesso trattamento indipendentemente dal loro orientamento sessuale e si invitano gli Stati membri ad aprire alle coppie omosessuali tutti gli istituti giuridici a disposizione di quelle eterosessuali, ovvero a creare per le prime istituti sostitutivi equivalenti. Anche nella Risoluzione del Parlamento Europeo sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea, del 16 marzo 2000, si chiede agli Stati membri di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali.

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Mazzotta V., Cit. fa riferimento soprattutto agli inviti della Corte Costituzionale diretti al Legislatore e contenuti nelle sentenze 138/2010 e 174/2012. Casaburi G., Op. Cit., la riconduce tra le leggi “costituzionalmente necessarie”. Ambrosi A., Unioni civili e Costituzione, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 12, 2016 p. 1676 sostiene che la l. 76/2016 rappresenta l‟adempimento di un preciso dovere costituzionale.

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Come del resto hanno fatto tali paesi Europei: Belgio (nel 2003), Danimarca (ha autorizzato le unioni civili tra persone omosessuali nel 1989, ma ha permesso il matrimonio solo nel 2012), Francia (2013), Islanda(2010), Lussemburgo (2015), Norvegia (2009), Paesi Bassi (è stato il primo paese ad aprire il matrimonio alle persone dello stesso sesso nell‟aprile 2001), Portogallo ( nel 2010 una legge ha abolito il riferimento alla diversità di sesso nella definizione di matrimonio), Regno Unito( più precisamente Inghilterra e Galles nel 2013 e la Scozia nel 2014), Spagna (2005), Svezia (2009), Finlandia (2014), Irlanda (è stato il primo paese ad approvare le nozze gay tramite referendum nel 2015).

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Patti S., Le unioni civili in Germania, in Fam. Dir., 10, 2015 descrive l‟evoluzione dell‟ordinamento tedesco. Il 1° agosto 2001 è entrato in vigore l‟istituto della

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In questo modo viene colmato quel vuoto normativo che impediva alle coppie omosessuali di formalizzare la loro unione.

Il comma 1 dell‟articolo 1 della l. 76/2016, con riferimento alle unioni civili, ha messo per iscritto ciò che fino a quel momento era stato affermato solo dalla giurisprudenza, ovvero che le unioni civili vengono regolamentate in quanto formazioni sociali ex art. 2 e art. 3 della Costituzione.81 Tale

riferimento costituzionale viene espressamente enunciato solo con riferimento alle unioni civili82, ma si deve ritenere che tra le formazioni

sociali ex art. 2 Cost. vi rientrino anche le convivenze di fatto (come più volte affermato dalla giurisprudenza precedente alla legge)83.

convivenza registrata per le persone dello stesso sesso (Lebenspartnerschaftgesetz), regolata sostanzialmente come il matrimonio (pur mantenendo qualche differenza). Nel corso degli anni tale materia è stata più volte modificata grazie all‟opera della Corte Costituzionale tedesca (per esempio nel 2002 ha chiarito che la convivenza registrata non potesse considerarsi matrimonio a che era fonte di diritti equivalenti ad esso per le coppie dello stesso sesso) e del Legislatore. Infatti nel 2005 il Parlamento tedesco riforma la precedente legge del 2001 equiparando la posizione dei conviventi dello stesso sesso a quella dei coniugi (ad esempio si ammette l‟adozione del figlio del partner in modo corrispondente a quanto consentito al coniuge).

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Qui il Parlamento italiano sembra richiamarsi alla disciplina francese dei Pacs: il Legislatore parigino definisce il Pacte come “un contratto concluso tra due persone fisiche maggiorenni di sesso differente o dello stesso sesso per organizzare la propria vita in comune”.

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Il comma 1 art.1 l. 76/2016 dispone appunto che “la presente legge istituisce l‟unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto”. Nella versione originaria, contenuta nel testo unificato adottato il 17 marzo 2015 dalla Commissione Giustizia del Senato, non vi era il riferimento alle formazioni sociali ma ci si era limitati ad affermare, nell‟art. 1 (Costituzione dell‟unione civile tra persone dello stesso sesso), che “due persone dello stesso sesso costituiscono un‟unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni”.

82

Rossi S., La “legge Cirinnà” tra love rights e politica del diritto, in Studium Iuris, 9, 2016, p.985 spiega tale decisione con la volontà del Parlamento di distinguere l‟unione civile, definita dalla legge “specifica formazione sociale”, dalla famiglia fondata sul matrimonio, che è la “formazione sociale primaria”. In realtà si tratta di un artificio poiché entrambe sono species che fanno parte del medesimo genus.

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Corte Cost., Sent. 18 novembre 1986 n. 237, ha affermato la rilevanza costituzionale della convivenza di fatto ma l‟ha distinta dal rapporto coniugale in quanto l‟ha fatta rientrare nell‟articolo 2 Cost. e non nell‟articolo 29 Cost. Nel caso di specie la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata in relazione agli articoli 384 e 307 c.p. nella parte in cui non prevedevano tra i prossimi congiunti il convivente more uxorio.

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Nel disciplinare questo nuovo istituto, il Legislatore ha usato diverse tecniche normative: in alcuni casi ha riproposto le prescrizioni dettate in materia matrimoniale84, in altri, ha ripreso la disciplina dettata nel Codice Civile ma

con alcune modifiche85, e in altri ancora ha fatto espresso rinvio a norme

codicistiche che disciplinano il matrimonio86.

Da ciò emerge come, pur essendo diversa dal matrimonio, la fisionomia dell‟unione civile è ricalcata su quella di tale istituto.

Il Legislatore del 2016 ha anche tenuto conto del diritto vivente e delle indicazioni provenienti dalle Corti e ha, pertanto, introdotto anche delle disposizioni più evolute, una su tutte quella riguardante la disciplina del cognome delle parti dell‟unione civile (contenuta nell‟art. 1, comma 10 l. 76/2016). Infatti, considerando le ultime pronunce in materia87, è stato

previsto che le parti dell‟unione possono decidere di assumere, per tutta la

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Ad esempio per quanto riguarda il regime patrimoniale dell‟unione (comma 13) si ripete ciò che viene previsto all‟interno dell‟art. 159 c.c. in materia di regime patrimoniale legale tra i coniugi, ovvero che in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, il regime patrimoniale dell‟unione civile è costituito dalla comunione dei beni.

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Ad esempio per quanto riguarda la disciplina dei diritti e doveri nascenti dall‟unione (comma 11) si ripete l‟equivalente articolo art. 143 del Codice Civile in materia di diritti e doveri nascenti dal matrimonio, seppur con qualche modifica: in particolare si omette l‟obbligo di fedeltà nelle unioni civili. Per una disamina su tale obbligo Ferrando G., La disciplina dell‟atto. Gli effetti: diritti e doveri, in Fam. Dir., 10, 2016, p. 898 ss. secondo cui questa omissione non ha avuto il significato di riservare il monopolio della fedeltà al matrimonio, ma è il frutto dell‟interpretazione evolutiva che è stata data al suddetto obbligo: non si ritiene più che questo consti solo nell‟obbligo di astenersi da relazioni sessuali con soggetti diversi dal proprio partner, ma si ritiene che esso imponga una dedizione fisica e spirituale di un coniuge all‟altro. Di conseguenza non ha più bisogno di essere richiamato espressamente perché può essere fatto rientrare all‟interno del generico obbligo di assistenza morale e materiale (che viene previsto anche per le unioni civili). Inoltre Cass. Civ., Sez. I, Sent. 1 giugno 2012 n. 8862, ha affermato che “l‟obbligo di fedeltà costituisce un impegno globale di devozione che presuppone una comunione spirituale tra i coniugi ed è volto a garantire e consolidare l‟armonia interna tra di loro”.

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Ad esempio l‟art. 1 comma 5 fa un rinvio espresso agli artt. 65 e 68 c.c. e agli artt. 119, 120, 123, 125, 126, 127, 128, 129, 129 bis.

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Si fa riferimento a pronunce sovranazionali come Corte Eur. Dir. Uomo, 16 novembre 2004, Ric. 29865/96, Caso Ünal Tekeli c. Turchia, in cui è stato riconosciuto che entrambi i coniugi hanno il potere di rappresentare la famiglia e quindi è stata affermata la portata discriminatoria di norme che impongono alla moglie di usare il cognome del marito.

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durata della stessa, un cognome comune scelto tra i propri. Le parti potranno anche scegliere di mantenere ciascuna il proprio cognome oppure di anteporre o posporre il proprio cognome al cognome comune88. Si tratta di

una vera e propria novità in quanto si rimette ad una libera decisione delle parti la scelta circa il cognome da assumere per la durata dell‟unione.

Mostrandosi recettivo delle indicazioni provenienti dagli organi giurisdizionali89, il Legislatore italiano ha introdotto la fattispecie dell‟automatica instaurazione dell‟unione civile per le coppie sposate in cui uno dei due coniugi abbia ottenuto sentenza passata in giudicato di rettificazione dell‟attribuzione di sesso e in cui entrambi manifestino la volontà di non sciogliere il matrimonio90.

Inoltre, sempre per quanto riguarda la disciplina del nuovo istituto, il Parlamento ha introdotto una “clausola di effettività della tutela”91, contenuta

nel comma 20, che consiste nell‟estendere, alle parti dell‟unione civile, tutte le disposizioni contenute nelle leggi e negli atti aventi forza di legge che contengono il riferimento al matrimonio o ai coniugi (o altre equivalenti). Tale clausola, tuttavia, non si estende alle norme del Codice Civile non richiamate espressamente e alle disposizioni contenute nella l. 4 maggio 1983 n.184 (Diritto del minore ad una famiglia)92. Subito dopo, però, si afferma

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Bugetti, Il cognome comune delle persone unite civilmente, in Fam. Dir., 10, 2016, p. 911 ss.

89

Corte Cost., Sent. 11 giugno 2014 n. 170.

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Art. 1 comma 27 l. 76/2016.

91

Campione, L’unione civile tra disciplina dell’atto e regolamentazione dei rapporti

di carattere personale, in AA.VV., La nuova regolamentazione delle unioni civili e

delle convivenze, Torino, 2016, p. 6.

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È stata specificamente esclusa l‟applicabilità di tale legge alle unioni civili in seguito ad un acceso dibattito parlamentare, riguardante soprattutto la possibilità per il partner di adottare il figlio, anche minore, del genitore biologico (cd. stepchild

adoption). Infatti nell‟originario art. 5 del disegno di legge n. 2081 (rubricato

“Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184”) si disponeva che all'articolo 44, comma 1, lettera b), della legge 4 maggio 1983, n. 184, dopo la parola: «coniuge» sono inserite le seguenti: «o dalla parte dell'unione civile tra persone dello stesso

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che “resta fermo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti”: si tratta di quella che alcuni hanno definito la “clausola di salvezza”, la quale consente di non impedire il consolidamento dell‟orientamento giurisprudenziale in materia93.

Sia per la costituzione, sia per lo scioglimento dell‟unione civile, il Legislatore ha previsto una disciplina più snella rispetto a quella prevista in materia matrimoniale.

L‟unione, precisamente, si costituisce “mediante dichiarazione di fronte all‟ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni”94

e perciò non si prevede l‟istituto delle pubblicazioni.

Lo scioglimento viene invece disciplinato dai commi 22 ss. che, oltre a riprodurre le cause di scioglimento per morte o dichiarazione di morte presunta previste dal Codice Civile e alcune delle cause previste dalla l. 1 dicembre 1970 n. 89895, prevedono una procedura di scioglimento più snella

che consegue alla manifestazione di volontà (anche disgiunta) delle parti davanti all‟ufficiale di stato civile96

.

sesso» e dopo le parole: «e dell‟altro coniuge» sono aggiunte le seguenti: «o dell‟altra parte dell‟unione civile tra persone dello stesso sesso». Proprio tale disposizione è una di quelle che ha suscitato forti contrasti sia all‟interno del mondo politico, che all‟interno della società, essendo, quella della filiazione e dell‟interesse del minore, una di quelle materie dove più tutte si scontrano diverse ideologie. In seguito alla presentazione di molti emendamenti, che rischiavano di affossare l‟intero progetto di legge, si decise di eliminare l‟art. 5.

93

Casaburi G., Op. Cit., fa riferimento, in particolare, all‟orientamento giurisprudenziale che tende ad applicare l‟art. 44 comma 1 lett. d) l. 184/1983 che fa riferimento ai casi di impossibilità di affidamento preadottivo al posto della lett. b).

94

Art. 1 comma 2 l. 76/2016.

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In particolare nei casi previsti dall‟art. 3, num. 1) e num. 2), lett. a) c) d) e) l. 898/1970.

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Senza bisogno di dare alcuna motivazione come l‟intollerabilità della convivenza o il mancato adempimento dei doveri nascenti dal matrimonio. Nel disciplinare le unioni il Legislatore ha quindi omesso l‟istituto della separazione legale e ha introdotto il c.d. “divorzio immediato”. Decorsi 3 mesi, la domanda di scioglimento è proposta davanti al Tribunale competente che si deve limitare al mero accertamento della volontà di una o entrambe le parti e dichiarare lo scioglimento dell‟unione.

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La legge contiene poi una delega al Governo, il quale viene incaricato di adottare uno o più decreti legislativi in modo da adeguare le disposizioni dell‟ordinamento dello stato civile in materia di trascrizioni, iscrizioni e annotazioni alla legge e in modo da rendere applicabile la disciplina delle unioni civili alle coppie dello stesso sesso che abbiano contratto matrimonio, unione civile o istituto analogo all‟estero97

.

Il secondo obbiettivo della legge è stato quello di regolamentare giuridicamente anche il fenomeno delle convivenze di fatto tra due persone “maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile”98

.

Con riferimento alle convivenze di fatto si procede a mettere per iscritto ciò che era già previsto dalla giurisprudenza99, ma si prevedono anche delle

innovazioni in materia100.

Il tema della regolamentazione delle convivenze è passato in secondo piano rispetto a quello delle unioni civili e questo si riflette sulla normativa che appare esaustiva nel secondo caso e lacunosa nel primo.

97

Art. 1 comma 28 l. 76/2016. Questo ha avuto l‟obbiettivo di risolvere la questione, portata in molti casi all‟attenzione dei giudici, della trascrizione del matrimonio

same-sex contratto all‟estero. Casaburi G., Op. Cit., mette in luce come, in realtà,

questa soluzione ponga la questione della violazione del diritto di non subire discriminazioni in ragione della propria nazionalità e del diritto di soggiornare e circolare liberamente (previsti negli art. 18 e 21 TFUE) per quanto riguarda quei matrimoni contratti in paesi che riconoscono la loro piena equiparabilità.

98

Art. 1 comma 36 l.76/2016.

99

Come il diritto di abitazione del convivente superstite (commi 42 e 43), il diritto di succedere nel contratto di locazione della casa di comune residenza in caso di morte del convivente che è anche conduttore (comma 44).

100

Come il comma 46 che introduce nel c.c. l‟art. 230 ter sulla partecipazione del convivente all‟impresa familiare oppure come il comma 65 che prevede che in caso di cessazione della convivenza il convivente che si trovi in stato di bisogno ha il diritto a ricevere gli alimenti dall‟altro convivente per un periodo proporzionato alla durata della convivenza (a differenza del matrimonio si prevede pertanto che questi siano limitati temporalmente).

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La regolamentazione contenuta nei commi 36 ss., infatti, non contiene nessuna indicazione per quanto riguarda i rapporti con i terzi, la sorte dei conferimenti di ciascuno alla vita comune, gli effetti patrimoniali della crisi della convivenza. I rapporti patrimoniali sono stati regolati semplicemente prevedendo al comma 50 la possibilità dei conviventi di “disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza”.

La disciplina della convivenza, oltre ad essere insufficiente, si rivela a tratti incoerente: per esempio si richiede la libertà di stato dei partner per potersi parlare di convivenza rilevante ai sensi della l. 76/2016. In questo modo, tuttavia, non si considera la posizione della persona separata che dà inizio ad una nuova convivenza, finendo per applicare “un requisito del matrimonio- atto (la libertà di stato) ad un fenomeno che non scaturisce dall‟atto ma dal fatto”101

.

Si pone dunque anche il delicato problema del coordinamento tra le nuove norme e le precedenti disposizioni legislative e regole giurisprudenziali dettate in materia, visto che il Legislatore ha omesso di disciplinare codesto aspetto. L‟unica soluzione possibile per evitare di creare contrasti è quella secondo cui i nuovi diritti attribuiti dalla l. 76/2016 si applicano solo a conviventi che hanno i requisiti richiesti dal comma 36 (tra cui lo stato libero), mentre gli altri diritti già precedentemente riconosciuti dalla legge restano attribuiti a tutti (a prescindere dallo stato libero).

Concludendo la disamina sull‟evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali, ci rendiamo conto di come, in un arco temporale relativamente piccolo (dal 2010 al 2016), sono

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Balestra L., La famiglia di fatto tra autonomia ed eteroregolamentazione, in

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stati fatti molti cambiamenti e di come, il Legislatore, sia finalmente arrivato a prendere atto delle proprie responsabilità in una materia così delicata che coinvolge i diritti fondamentali dell‟uomo.

Purtroppo, però, il Parlamento italiano non è riuscito a disciplinare tutti gli aspetti rilevanti della questione, rimettendo perciò all‟opera dell‟interprete e degli organi giudiziari il compito di completare tale regolamentazione102.

È anche probabile che la Corte di Strasburgo verrà chiamata nuovamente a pronunciarsi sulle disparità di trattamento rimanenti tra coppie eterosessuali, le quali possono contrarre matrimonio, e coppie omosessuali, che possono stipulare solo l‟unione civile103

.

Se si lancia uno sguardo al panorama europeo e al cammino che i vari stati hanno percorso per arrivare ad una completa regolamentazione delle unioni in parola, si può notare come, in molti paesi europei che oggi riconoscono il matrimonio same-sex, si sia arrivati ad una tale conclusione gradualmente: prima facendo venir meno il divieto (punito anche penalmente) di relazioni omosessuali, poi riconoscendo la tutela di tali unioni prevedendo forme alternative al matrimonio e in seguito estendendo l‟istituto matrimoniale anche alle unioni tra persone dello stesso sesso104.

102

Più precisamente in materia di adozione del figlio del partner, trascrizione della sentenza di adozione ottenuta da un tribunale straniero, in materia di convivenza ecc.

103

Come per esempio sulla differenza di disciplina riguardante lo scioglimento o il cognome: Autorino G., Le unioni civili in Europa, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 12, 2016, p. 1675 parla di discriminazione al contrario.

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Ad esempio in Inghilterra e Galles, fino al 1967, le relazioni tra persone dello stesso sesso sono state considerate un reato. Lo stesso in Scozia (fino al 1981) e Irlanda del Nord (fino al 1982). In seguito sono state riconosciute le unioni civili (nel 2005) e il matrimonio ugualitario (in Scozia, Inghilterra e Galles nel 2014 e in Irlanda tramite referendum nel 2015). La stessa progressione la possiamo rintracciare nell‟ordinamento spagnolo: l‟omosessualità è divenuta legale nel 1979, nel 1998 vengono previste le unioni civili e nel 2005 è stato previsto l‟accesso al matrimonio