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I due modelli di adozione in Italia: adozione piena e adozione in casi particolar

L’ ADOZIONE DEL FIGLIO DEL PARTNER NELLE COPPIE OMOSESSUALI ( O ADOZIONE OMOPARENTALE ):

2.1 I due modelli di adozione in Italia: adozione piena e adozione in casi particolar

L‟adozione viene definita come “lo strumento rivolto a dare al minore una famiglia quando la sua famiglia di sangue manchi o si riveli totalmente e definitivamente incapace a svolgere la sua funzione educativa”116

.

La disciplina dell‟adozione, attualmente contenuta nella l. 4 maggio 1983 n. 184, si propone di attuare il “diritto del minore ad una famiglia”117.

La normativa relativa a tale ambito del diritto di famiglia è stata nel tempo più volte riformata con lo scopo di adeguarla al contesto sociale e culturale in continua evoluzione118: se, in origine, la funzione dell‟adozione era quella di

115

Lenti L., Op. Cit., p. 87 ss. e Lenti L., L‟interesse del minore della giurisprudenza della Corte Edu: espansione e trasformismo, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 1, 2016, p. 148. Si fa riferimento, in particolare, ai casi giurisprudenziali in cui decidere in base all‟interesse del minore ha voluto dire consolidare situazioni di fatto formatesi in conseguenza di una condotta illecita di un adulto: ad esempio casi di trascrizione del certificato di nascita di bambini nati da maternità surrogata o il riconoscimento di sentenze di adozione estere nei confronti di coppie omosessuali, entrambe vietate nell‟ordinamento italiano.

116

Breccia U., e altri, Diritto privato, II ediz., tomo terzo, Utet, Milano, 2013, p. 1170 ss.

117

Questo diventa anche il titolo della legge in seguito alla riforma operata con la l. 149/2001, sostituendo la dizione precedente (ovvero “Disciplina dell‟adozione e dell‟affidamento del minore).

118

Dogliotti M., L‟adozione di minori, in Fam. Dir., 11, 2015, p. 1024 elenca le varie riforme che hanno inciso sulla l. 184/1983: in primo luogo la riforma del capo della legge riservato all‟adozione dei minori stranieri (Capo I, Titolo III) operata con la l. 31 dicembre 1998 n. 476, che ratifica e rende esecutiva la Convenzione dell‟Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale del 1993. Successivamente la l. 149/2001 introduce delle innovazioni tra cui la modifica del titolo della legge e l‟obbligo di sentire il minore che abbia compiuto 12 anni, o anche di età inferiore ove capace di discernimento, nei procedimenti che lo riguardano. Le ultime modifiche che hanno colpito la l. adoz. sono state quelle

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assicurare una discendenza a chi non aveva figli, oggi la finalità è quella di dare una famiglia a chi ne è privo e riconoscere rapporti affettivi che di fatto si creano nella realtà sociale. Tutto nell‟ottica del preminente interesse del minore.

L‟adozione ha comunque una funzione residuale, costituisce l‟extrema ratio: infatti, come si evince dall‟art. 1 comma 1 della l. 184/1983, “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell‟ambito della propria famiglia”. Dunque la legge disciplina, in primis, gli strumenti pubblici di sostegno alle famiglie in situazione di difficoltà temporanea (in particolare lo strumento dell‟affidamento familiare), e solo ove la famiglia d‟origine manchi o non si dimostri in grado di provvedere alla crescita e all‟educazione del minore in modo definitivo, si apre la via dell‟adozione.

Il nostro ordinamento non riconosce dunque un diritto “ad adottare”119

, il che svilirebbe la posizione del figlio riducendolo ad oggetto di un diritto altrui; è configurabile, al massimo, un “interesse ad adottare”, ma questo potrà essere soddisfatto solo se sia adeguatamente realizzato il diritto del minore ad essere adottato.

Nell‟ordinamento italiano possiamo distinguere diversi tipi di adozione: accanto a quella cd. “piena”120

(la cui procedura varia nel caso in cui

operate in seguito alla riforma della filiazione (l. 219/2012 e d.lgs. 154/2013) e alla riforma sul diritto alla continuità affettiva dei minori in affidamento familiare (l. 19 ottobre 2015 n. 173).

119

Pinelli A. M., Per una riforma dell‟adozione, in Fam. Dir., 7, 2016, p. 720-721.

120

Prima della riforma della filiazione del 2012-2013 veniva anche detta “adozione legittimante”, per indicare l‟inserimento dell‟adottando nella famiglia adottiva alla stregua di figlio legittimo, al pari di quelli nati all‟interno del matrimonio. In seguito alla suddetta riforma, è stato unificato lo status di figlio e si è disposto che non si debba più distinguere tra figli legittimi, ovvero nati all‟interno del matrimonio, e naturali, ovvero al di fuori dello stesso; di conseguenza quella che prima veniva chiamata “adozione legittimante”, oggi viene più correttamento detta “adozione piena”.

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concerna minori stranieri121) troviamo l‟adozione “in casi particolari” e l‟adozione di maggiorenni.

Quando si parla di adozione “piena” si vuole far riferimento al modello tradizionale riguardante il minore che si trova in stato di abbandono.

Si trova in stato di abbandono “il minore che sia privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché siffatta mancanza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”122.

La competenza per accertare questa situazione, e l‟eventuale dichiarazione di adottabilità nel caso in cui sia verificata, spetta al Tribunale per i Minorenni che provvede su richiesta del Pm123.

Il Legislatore regolamenta l‟istituto dell‟adozione piena per la prima volta nel 1967124, dimostrando la volontà di emanare una disciplina che abbia come

scopo quello di tutelare gli interessi del minore ponendoli al di sopra di ogni altro interesse e di attuare i principi costituzionali125.

121

In tal caso si parlerà di adozione internazionale.

122

Art. 8 comma 1 l. 184/1983.

123

Ovviamente il procedimento di adottabilità sarà più o meno complesso a seconda dei casi: sarà più snello quando entrambi i genitori sono deceduti e non vi siano parenti stretti che si possono occupare del minore e quando nessuno dei due genitori naturali abbia riconosciuto il minore. Sarà invece più complesso quando vi siano i genitori o i parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il bambino: il giudice dovrà accertare la volontà di questi di prendersi cura del minore e la loro capacità di essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere il fanciullo.

124

L. 5 giugno 1967 n. 431. Ferrando G., Diritto di famiglia, II ediz., Zanichelli, Bologna, 2015, p. 304 evidenzia come tale legge sia stata rivoluzionaria per l‟epoca in quanto prevede che, per attuare il diritto del minore ad una famiglia, si possa anche rescindere il vincolo tra i figli e la famiglia d‟origine, vincolo che fino ad allora era considerato “sacro e inviolabile”.

125

In particolare viene attuato l‟art. 30, 2 comma Cost. e l‟art. 31, 2 comma Cost.: il primo afferma infatti che “in caso di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” e il secondo fa riferimento al fatto che la Repubblica “protegge la maternità, l‟infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

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Tale legge per la prima volta mostra di voler valorizzare la “famiglia degli affetti” rispetto a quella di sangue che sia venuta meno ai propri compiti educativi126.

Questo tipo di adozione si dice “piena” perchè produce l‟effetto di estinguere i rapporti con la famiglia di origine e di far acquisire all‟adottato lo stato di “figlio nato nel matrimonio” degli adottanti127

, dei quali assume e trasmette il cognome.

La legge disciplina analiticamente i requisiti formali e sostanziali che gli aspiranti adottanti devono possedere per poter procedere all‟adozione di un fanciullo.

Innanzitutto devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e non deve sussistere separazione personale, neppure di fatto (e nemmeno deve esserci stata negli ultimi tre anni precedenti alla richiesta)128.

Si chiede, dunque, che vi sia un certo grado di stabilità della coppia, in modo da garantire al minore un ambiente coeso, sereno e privo di conflittualità in cui crescere129.

Inoltre, l‟età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e non più di quarantacinque anni l‟età dell‟adottando130

, e soprattutto essi devono risultare

126

Dogliotti M., op. cit. p. 1024.

127

Si tratta dell‟art. 27, 1 comma l. 184/1983. La dizione “figlio nato nel matrimonio” è stata inserita a seguito della creazione dello “stato unico di figlio” operata con la l. 219/2012 e con il successivo decreto di attuazione n. 154/2013. In precedenza infatti si parlava di far acquistare all‟adottato lo status di figlio “legittimo”.

128

Art. 6 comma 1 l. 184/1983.

129

L‟art. 6, comma 1 l. 184/1983 dispone che il requisito della stabilità può considerarsi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in maniera stabile e continuativa per un periodo di tre anni prima del matrimonio.

130

L‟art. 6, comma 5 l. 184/1983 dispone che tale limite di età non è comunque tassativo in quanto il Tribunale potrebbe disporre ugualmente l‟adozione se dovesse risultare che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

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affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.

Accanto alla forma di adozione appena descritta, la quale costituisce il modello generale e tradizionale, troviamo la cd. adozione in “casi particolari” (o adozione “semplice”).

Quest‟ultima è stata introdotta per la prima volta nell‟ordinamento italiano dalla l. 184/1983131 per tutelare il diritto del minore ad una famiglia in situazioni che non avrebbero consentito di giungere all‟adozione piena ma nelle quali, tuttavia, l„adozione rappresentava una soluzione opportuna e necessaria132. Si differenzia dall‟adozione piena sotto diversi aspetti: non

presuppone lo stato di abbandono133, è ammissibile anche a favore di persone

non coniugate134 e non produce l‟effetto di estinguere i rapporti tra il minore

e la famiglia di origine. Infatti, il fanciullo adottato secondo questa modalità, aggiunge lo status di figlio adottivo al suo status originario di figlio: non interrompe, infatti, i rapporti con la propria famiglia di origine (nei cui confronti continua a godere di tutti i diritti, anche successori) e mantiene il proprio cognome, anche se come primo cognome assume quello dell‟adottante.

Per quanto riguarda gli effetti dell‟adozione in casi particolari, tale istituto ha subito delle modifiche in seguito alla riforma della filiazione del 2012, la

131

Titolo IV, artt. 44-57.

132

Ferrando G., Diritto di famiglia, op. cit., p. 316.

133

L‟art. 44 l. Adoz. si apre con l‟affermazione per cui “i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell‟art. 7”, cioè la dichiarazione dello stato di adottabilità conseguente all‟accertamento dello stato di abbandono.

134

L‟art. 44, 3 comma l. Adoz. stabilisce, invero, che l‟adozione è consentita oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato, nei casi di cui alle lett. a), c), d). Vedi Collura G., L‟adozione in casi particolari, in Tratt. Dir. Famiglia, diretto da Zatti, II ediz., Filiazione, Milano, 2002, p. 734 secondo cui concedendo la possibilità di procedere all‟adozione anche a chi non è coniugato, il Legislatore ha voluto garantire al minore che ne è privo, l‟effettività di una vita familiare in un luogo degli affetti, ancorché non rispondente al modello dell‟imitatio naturae.

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quale ha modificato l‟art. 74 del Codice Civile che disciplina i rapporti di parentela. Se, prima della legge 219/2012, al minore adottato in casi particolari veniva negato lo status di parente, e di conseguenza egli acquisiva solo lo status di figlio adottivo degli adottanti (privandolo quindi, per esempio, anche della posizione di erede legittimo nei confronti dei parenti degli adottanti), oggi l‟articolo 74 c.c. parifica la posizione di tutti i figli, siano essi nati all‟interno o fuori dal matrimonio, o adottivi, per quanto riguarda il sorgere dei rapporti di parentela135. Di conseguenza anche il figlio

adottato tramite l‟adozione in casi particolari si inserisce a pieno titolo nel contesto parentale dei genitori136.

Alcuni ritengono, a tal proposito, che il nuovo testo dell‟art. 74 c.c. abbia implicitamente abrogato l‟art. 55 della l. 184/1983 nella parte in cui, in tema di adozioni in casi particolari, richiama l‟art. 300 II comma c.c., il quale prevede che l‟adozione non crea alcun rapporto civile tra l‟adottato e i parenti dell‟adottante137

.

135

L‟art. 74 c.c., infatti, oggi dispone che “la parentela è il vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all‟interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”.

136

In tal senso Lenti L., La sedicente riforma della filiazione, in Nuova Giur. Civ.

Comm. 2013, II, 4, p. 202-203. L‟A. sottolinea il fatto che l‟inclusione dell‟adottato

“in casi particolari” nella rete parentale dell‟adottante è una conseguenza logica e inevitabile dell‟unificazione dello stato di figlio: infatti se la qualifica di “figlio legittimo” viene cancellata e sostituita con quella di “figlio” senza ulteriori aggettivi, non si vede perché egli debba restare escluso dal rapporto parentale solo perché la legge non gli attribuisce espressamente la qualifica di figlio legittimo. Nello stesso senso Morozzo della Rocca P., Il nuovo status di figlio e le adozioni in casi particolari, in Fam. Dir., 8-9, 2013, p. 838.

Di opinione contraria è invece Bianca C. M., La legge italiana conosce solo figli, in

Riv. Dir. Civ., 1, 2013, p. 2 secondo cui il vincolo di parentela con le famiglie degli

adottanti deve escludersi quando si tratti di adozione in casi particolari.

137

Iorio G., Il disegno di legge sulle “unioni civili” e sulle “convivenze di fatto”: appunti e proposte sui lavori in corso, in Nuove leggi civili comm., 5, 2015, p. 1018.

52

La legge prevede in modo tassativo, all‟art. 44 l. adoz.138, i casi particolari in cui è possibile procedere all‟adozione del bambino che non si trova in stato di abbandono:

a) Adozione del minore, orfano di padre e madre, da parte di persone unite al minore da un vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell‟ambito di un prolungato periodo di affidamento;

b) Adozione, da parte del coniuge, del minore che sia figlio, anche adottivo, dell‟altro coniuge139

;

c) Adozione del minore affetto da handicap ai sensi della legge del 1992 che sia orfano di padre e madre140;

d) Adozione del minore per il quale risulti la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

Con la formulazione generica della lettera d), la scelta del Legislatore è stata quella di prevedere uno strumento di chiusura il quale consentisse di realizzare il diritto del minore ad una famiglia, anche nei casi in cui non sussistano le condizioni per procedere ad una adozione piena: ad esempio perché il minore non è in stato di abbandono, oppure perchè la persistente situazione di abbandono non può portare ad una sentenza di adozione piena o perché gli adottanti non hanno i requisiti richiesti dall‟art. 6 l. 184/1983141

.

138

Così come sostituito dall‟art. 25 della l. 149/2001.

139

Lo scopo del Legislatore è stato quello di permettere di creare uno stabile rapporto giuridico con il figlio dell‟altro coniuge riconoscendo una situazione affettiva già consolidata di fatto. Vedi Collura G., Op. Cit., p. 750.

140

Ipotesi aggiunta dalla l. 149/2001.

141

53

Per siffatto motivo, e per realizzare l‟interesse del minore ad essere accolto in una famiglia, sono stati previsti requisiti oggettivi e soggettivi diversi, effetti più limitati e una procedura più snella rispetto all‟adozione “piena”.

Il Tribunale dei Minorenni dovrà infatti verificare se ricorrono le circostanze di cui all‟art. 44, dovrà acquisire il consenso dell‟adottante, dell‟adottando che abbia compiuto quattordici anni142 e l‟assenso dei genitori e del coniuge dell‟adottante143

; ma soprattutto dovrà attuare un‟indagine per verificare in concreto se quella adozione realizza il preminente interesse del minore. L‟art. 57 l. adoz., così come risulta in seguito alla l. 149/2001, prescrive le indagini che il giudice è chiamato a porre in essere per valutare se l‟adozione risponda effettivamente all‟interesse del minore. L‟indagine dovrà riguardare in particolare: a) l‟idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l‟ambiente familiare degli adottanti; b) i motivi per i quali l‟adottante desidera adottare il minore; c) la personalità del minore; d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell‟adottante e del minore.

Nel corso degli anni, i giudici hanno sempre di più utilizzato la categoria dell‟adozione in casi particolari per dare risposte a problemi diversi da quelli sui quali il Legislatore del 1983 aveva focalizzato la sua attenzione144.

In seguito all‟introduzione del divorzio, per esempio, è sorta la necessità di attribuire titolo giuridico ai rapporti di fatto sempre più frequenti che in passato potevano aversi solo nel caso in cui il coniuge superstite, con un figlio minore a carico, contraesse un nuovo matrimonio (il ruolo del c.d. genitore sociale o terzo genitore). Con l‟introduzione dell‟istituto dello

142 Art. 45 l. 184/1983. 143 Art. 46 l. 184/1983. 144

Ferrando G., L‟adozione in casi particolari nell‟evoluzione normativa e giurisprudenziale, p. 4.

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scioglimento del matrimonio, invece, accade spesso che si costituiscano nuove famiglie e sorge, pertanto, la necessità di disciplinare i rapporti con i figli nati da un precedente matrimonio145.

Alcuni hanno addirittura affermato che l‟art. 44 costituisce “una porta aperta sui cambiamenti che la nostra società ci propone e a cui il Legislatore fa fatica a stare dietro”146

. In particolare si è fatto ricorso a tale istituto, e specificatamente alla lettera d), per dare una veste giuridica a relazioni di fatto instaurate nell‟ambito di un affidamento familiare permettendo la conversione dell‟affidamento in adozione, per concedere la possibilità al convivente more uxorio (etero o omosessuale) di adottare il figlio del partner, per rendere efficaci in Italia sentenze di stepchild adoption ottenute all‟estero.

Per dare risposta, in conclusione, a tutte quelle situazioni in cui risulta preminente l‟interesse del minore ad ottenere certezza e garanzia del suo status147.

145

Cass. Civ., Sez. I, Sent. 19 ottobre 2011 n. 21651, in Nuova Giur. Civ. Comm., I, 4, 2012, p. 280 e Collura G., Op. Cit. p. 750.

146

Trib. Min. Roma, Sent. 30 luglio 2014 n. 299.

147

Ferrando G., L‟adozione in casi particolari nell‟evoluzione normativa e giurisprudenziale, p. 6.

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2.2 L’adozione da parte di omosessuali e il divieto di discriminazione in