UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
Tesi di laurea
LA GENITORIALITA’ NELLE COPPIE
DELLO STESSO SESSO
Il Candidato Il Relatore
Giulia Giacobbe Chiar.ma Prof. Chiara Favilli
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INDICE
Introduzione………6
CAPITOLO I
EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA ITALIANA E SOVRANAZIONALE IN MATERIA DI RICONOSCIMENTO DELLE UNIONI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO…………...9
1.1 Dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010 alla condanna dell’Italia da parte della Corte EDU nel caso Oliari e Altri c. Italia...9
1.1.1 Un primo passo verso il riconoscimento delle coppie omosessuali: la sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010………12 1.1.2 Il matrimonio tra persone dello stesso sesso nella giurisprudenza della Corte EDU: la sentenza Schalk e Kopf c. Austria del 2010……...18 1.1.3 Il “dialogo delle corti” per una uniformità di disciplina delle coppie same-sex………..20 1.1.4 La legittimità del “divorzio imposto” e l‟ennesimo invito a
regolamentare giuridicamente le coppie omosessuali……….24 1.1.5 L‟inerzia del legislatore italiano viene condannata nel caso Oliari e Altri c. Italia………28 1.2 L’Italia si adegua alle prescrizioni della Corte EDU: l’entrata in vigore della legge n. 76/2016………32
CAPITOLO II
L’ADOZIONE DEL FIGLIO DEL PARTNER NELLE COPPIE OMOSESSUALI (O ADOZIONE OMOPARENTALE)………..42
2.1 I due modelli di adozione in Italia: adozione piena e adozione in casi particolari………..46
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2.2 L’adozione da parte di omosessuali e il divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale nella recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo……….55
2.2.1 L‟adozione monoparentale all‟esame della Corte Europea……...56 2.2.2 La prima pronuncia della Corte EDU sulla richiesta di adozione coparentale da parte di una coppia omosessuale: il caso Gas e Dubois contro Francia e il caso X e Altri contro Austria………60 2.3 L’art. 44 l. adoz. e la valorizzazione dei rapporti genitoriali di fatto tra il partner del genitore biologico e il bambino………..66
2.3.1 L‟impossibilità di affidamento preadottivo tra interpretazione restrittiva ed estensiva………68 2.3.2 Ammissibilità dell‟adozione coparentale a favore del partner omosessuale. La Cassazione conferma l‟orientamento del Tribunale dei Minorenni di Roma nella sentenza 299/2014………..75 2.3.3 La valorizzazione dei rapporti di fatto esistenti tra il minore e il “terzo genitore” nella legislazione più recente………..87 2.4 Una riforma a metà: la mancata regolamentazione dell’adozione del figlio del partner nella nuova legge sulle unioni civili………...94
CAPITOLO III
LA CONTINUITA’ TRANSFRONTALIERA DEGLI STATUS FILIATIONIS……….102
3.1 L’ordine pubblico come principio cardine per il riconoscimento di status filiationis costituiti all’estero………...108 3.2 La trascrizione del certificato di nascita, formato all’estero, del figlio di coniugi same-sex……….115
3.2.1 Il riconoscimento di status legittimamente formati all‟estero nella giurisprudenza della Corte EDU tra margine di apprezzamento degli stati e best interest of the child……….116 3.2.2 I giudici italiani e il problema della compatibilità con
l‟ordinamento italiano dell‟atto di nascita straniero indicante genitori omosessuali………...120 3.3 Il riconoscimento di sentenze di adozione pronunciate all’estero…135
5
3.3.1 Normativa italiana in tema di riconoscimento di provvedimenti
stranieri di adozione………..137
3.3.2 Il riconoscimento delle pronunce di adozione emanate all‟estero nell‟ambito delle coppie omosessuali………...148
CONCLUSIONI………..156
BIBLIOGRAFIA………165
6
INTRODUZIONE
L‟approvazione della legge 20 maggio 2016 n. 76, recante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze, costituisce sicuramente un passaggio rivoluzionario per l‟ordinamento italiano, rimasto, fino ad allora, uno dei pochi a trascurare le coppie omosessuali. Sin dalla sua entrata in vigore, tuttavia, questa normativa è stata investita da critiche per il contenuto e per le lacune di disciplina.
In un simile quadro, il presente lavoro si propone di analizzare, in particolare, uno dei temi più dibattuti, ovverosia la genitorialità nelle coppie omosessuali dopo che la norma presente nel disegno di legge e che prevedeva la possibilità di adottare il figlio della partner, è stata sostituita dal comma 20. Quest‟ultimo non estende l‟applicabilità delle norme del Codice Civile e della l. 184/1983 contenenti il riferimento al matrimonio o ai coniugi alle parti dell‟unione civile ma, allo stesso tempo, dispone che “resta fermo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti”. Si tratta di una previsione che pone numerosi problemi interpretativi e che sollecita un‟analisi da sviluppare su due livelli, confrontando le aspirazioni delle coppie con quelle dei minori eventualmente coinvolti in un progetto di genitorialità condiviso. Viene posta l‟attenzione non tanto sull‟esistenza di un presunto “diritto ad adottare”, non riconosciuto né a livello nazionale né a livello sovranazionale, ma sul principio del superiore interesse del minore, da valutare nel caso concreto, che deve guidare tutte le decisioni che coinvolgono i fanciulli. Nella prima parte, muovendo dal “dialogo” tra le corti nazionali e sovranazionali, vengono ripercorse tutte le tappe fondamentali che hanno
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portato all‟approvazione della legge sulle unioni civili e dunque alla prima regolamentazione delle coppie same-sex in Italia.
Nella seconda parte si affronta, invece, il problema dell‟adozione del figlio del partner, questione che rimane ancora oggi senza una esplicita regolamentazione anche in seguito all‟approvazione della cd. legge Cirinnà. Proprio su questo punto si sono concentrate le maggiori opposizioni al momento della discussione sull‟approvazione della legge. Il disegno di legge originario, che prevedeva tale possibilità anche per le coppie unite civilmente, è stato infatti stralciato e sostituito dal maxi-emendamento formato da un articolo e 69 commi. È stata espressamente esclusa l‟applicabilità della l. 184/1983 alle parti dell‟unione civile, ma è stata anche inserita una norma che ha lo scopo implicito di consolidare l‟orientamento giurisprudenziale pregresso. Sulla base di tale orientamento l‟impossibilità di affidamento preadottivo viene intesa come un‟impossibilità di diritto e non solo di fatto, al fine di permettere la stepchild adoption anche all‟interno di coppie formate da persone dello stesso sesso. Il fulcro di tutte queste decisioni rimane il best interest of the child, che comprende il diritto alla continuità affettività, il diritto all‟identità personale e alla certezza dello status di figlio.
È proprio facendo leva su tali principi che le Corti hanno anche ammesso la trascrizione, e il conseguente riconoscimento nell‟ordinamento italiano, degli atti di nascita legittimamente formati all‟estero indicanti come genitori due soggetti dello stesso sesso e delle pronunce straniere di adozione del figlio del partner o adozione congiunta a favore di coppie same-sex. Il terzo capitolo analizza proprio lo spazio problematico creato dalla omessa disciplina dello stato giuridico del figlio nato all‟estero in seguito a tecniche
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vietate in Italia ma permesse nel paese dove sono state effettuate. Può accadere, infatti, che il minore cresca e affronti le prime fasi della sua vita con un soggetto che, pur facendo parte sin dall‟inizio del progetto genitoriale che ha dato alla luce il bambino, se non legato biologicamento ad egli, non viene considerato giuridicamente genitore. In assenza di un‟apposita disciplina in materia, il bambino non potrà vantare alcun diritto nei confronti del genitore “intenzionale” e quest‟ultimo non potrà essere chiamato ad adempiere ad alcun dovere nei suoi confronti nel caso in cui il rapporto di coppia dovesse sciogliersi. In questo modo, infatti, tale aspetto estremamente delicato resta affidato all‟interpretazione giudiziale e, dunque, si crea una situazione di incertezza giuridica in una materia, quella riguardante gli status personali, che invece necessita di una disciplina organica in modo da garantire un trattamento omogeneo su tutto il territorio nazionale.
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CAPITOLO 1
EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA ITALIANA E
SOVRANAZIONALE IN MATERIA DI RICONOSCIMENTO DELLE UNIONI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO
1.1 Dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010 alla condanna dell’Italia da parte della Corte EDU nel caso Oliari e Altri c. Italia
Il diritto di famiglia è, forse, uno dei settori più sensibili ai mutamenti sociali e culturali. Ha subito, nel corso degli anni, molte modifiche tese ad adeguare il diritto positivo alla coscienza collettiva.
Infatti, se noi guardiamo la disciplina dedicata alla famiglia e contenuta nel Codice Civile, ci rendiamo subito conto di come questa sia stata più volte ritoccata.
Basti pensare all‟originario impianto del Codice Civile del 1942 e, in particolare, ad articoli come il 144 c.c. il quale, nella sua versione originaria, affermava che “il marito è il capo della famiglia” e che “la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno fissare la propria dimora”. In seguito all‟entrata in vigore della Costituzione del 1948 è emersa l‟esigenza di superare l‟impianto gerarchizzato della famiglia basato sulla potestà maritale, per rendere tutta la regolamentazione conforme ai nuovi
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principi dettati nella suprema fonte del nostro ordinamento1. La Carta
Costituzionale pone al centro dell‟attenzione l‟individuo e i suoi diritti e, di conseguenza, prevede una concezione nuova di famiglia, non più intesa come istituzione pubblica, bensì come formazione sociale all‟interno della quale si esplica la personalità del singolo.
I principi indicati non sono subito recepiti nella legislazione del tempo ma rimangono inattuati fino agli anni 70, quando inizia seriamente ad emergere una necessità di cambiamento data dall‟avvento della società industriale di massa2.
Ecco allora che si procedette, con la riforma del diritto di famiglia3, a rendere
le disposizioni del Codice Civile riguardanti la materia familiare conformi al nuovo sentimento sociale guidato dal principio dell‟uguaglianza dei sessi4
. All‟epoca della riforma del 1975 l‟unico parametro che il Legislatore era obbligato a rispettare e attuare era la Costituzione, mentre oggi, in seguito alla riforma dell‟art. 117 Cost.5
, si aggiungono anche i vincoli derivanti dall‟ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali6
. E sono proprio
1
Come per esempio il principio di uguaglianza di tutti davanti alla legge (art. 3 Cost.), l‟uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29, comma 2, Cost.), il divieto di diversità di trattamento tra figli legittimi e naturali (art. 30 Cost.).
2
Per una ricostruzione dell‟evoluzione della famiglia vedi Scalisi V., Le stagioni della famiglia nel diritto dall‟unità d‟Italia a oggi (parte prima), in Riv. Dir. Civ., I, 5, 2013, p. 1043 ss. e Scalisi V., Le stagioni della famiglia nel diritto dall‟unità d‟Italia a oggi (parte seconda), in Riv. Dir. Civ., I, 6, 2013, p. 1287 ss.
3
Attuata con la l. 19 maggio 1975 n. 151, Riforma del diritto di famiglia.
4
In seguito alla l. 151/1975 vennero modificati diversi articoli del Codice Civile, tra cui il sopracitato art. 144 c.c.: oggi, al comma 1, dispone che “i coniugi concordano tra loro l‟indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa” e, al comma 2, che “a ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l‟indirizzo concordato”.
5
Operata tramite la l. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione (art. 3).
6
L‟art. 117 Cost. permette quindi il richiamo, quali norme interposte, a fonti sovranazionali come la Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea (proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza) e la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali (firmata il 4 novembre 1950 a Roma dai 12 stati che al tempo erano membri del Consiglio d‟Europa). Tali
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i principi contenuti in tutte queste fonti che ispirano le più recenti riforme riguardanti il diritto di famiglia, come quella riguardante la filiazione, operata con la l. 17 dicembre 2012 n. 219 (e con il successivo D.lgs. n. 154/2013), e quella relativa alle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, posta in essere con la l. 20 maggio 2016 n. 76.
Da ciò deriva che, nella società contemporanea, alla famiglia tradizionale contemplata dall‟art. 29 Cost. (ovvero quella formata da due persone di sesso opposto legate dal vincolo coniugale), si affiancano una varietà di relazioni affettive non matrimoniali (convivenze omosessuali, eterosessuali, famiglie monogenitoriali, ricostituite) che trovano una copertura costituzionale nel concetto di formazione sociale ove si svolge la personalità dell‟individuo ex art. 2 della Costituzione7.
Le due riforme sopra citate, tra le tante, sono una dimostrazione del fatto che, spesso, il Legislatore si trova a consolidare in una legge le affermazioni pregresse e ormai consolidate nella giurisprudenza. È quest‟ultima, infatti, che riesce meglio a stare al passo con l‟evoluzione dei tempi e a dare protezione immediata ai nuovi bisogni di tutela che sorgono nella società. Uno dei casi più emblematici dell‟inerzia del potere legislativo di fronte a tematiche che coinvolgono nuove esigenze di tutela dei soggetti è quello del riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso.
L‟Italia si trovava infatti, prima dell‟approvazione della l. 76/2016 (cd. Legge Cirinnà), in una situazione di grave arretratezza rispetto alla maggior parte
fonti acquisiscono pertanto una collocazione superiore a quella delle leggi nella gerarchia delle fonti, ma comunque in un gradino inferiore alla Costituzione.
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In Scalisi V., op. cit., p. 1292 ss., si elencano una serie di modelli familiari che sorgono nel nuovo contesto sociale: le “unioni miste”, le “famiglie ricomposte” (cioè formate da soggetti, di cui almeno uno in precedenza costituiva un nucleo familiare con un soggetto diverso da quello con cui lo forma attualmente), le “famiglie artificiali” (in quanto costituite tramite adozione o procreazione medicalmente assistita), le “famiglie monoparentali o monogenitoriali”, le unioni omosessuali.
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degli altri paesi Europei, i quali avevano già provveduto a disciplinare la materia tentando di eliminare ogni discriminazione tra coppie eterosessuali e omosessuali8. Tale inerzia ha portato i soggetti in questione a dover ricorrere
ai giudici di merito e di legittimità, fino ad arrivare davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo: si è instaurato un dialogo tra i vari giudici (italiani e sovranazionali) che ha portato poi il Legislatore ad attivarsi per regolamentare le unioni tra persone dello stesso sesso9, dopo quasi trent‟anni di tentativi falliti di legiferare in materia10.
1.1.1 Un primo passo verso il riconoscimento delle coppie omosessuali: la sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010
Una vera e propria svolta in materia di riconoscimento giuridico delle unioni tra persone dello stesso sesso è stata data dalla Corte Costituzionale con la sentenza 14 aprile 2010 n. 138, i cui principi hanno poi trovato conferma nel tempo in successive decisioni della Corte stessa11.
8
Mentre alcuni paesi hanno aperto la via della regolamentazione delle unioni tra persone dello stesso sesso già a partire dal 1989 (anno in cui la Danimarca ha autorizzato le unioni civili tra omosessuali per la prima volta nel mondo), l‟Italia rimaneva uno dei pochi paesi nel 2016 a non aver ancora disciplinato il fenomeno (insieme a Polonia, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Romania), in
www.europa.eu.
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Tale regolamentazione è avvenuta in seguito all‟entrata in vigore della l. 20 maggio 2016 n. 76, Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
10
Mazzotta V., in Unioni civili e convivenze guida commentata alla legge n.
76/2016, Lupoi, Cecchella, Cianciolo, Mazzotta (eds.), Santarcangelo di Romagna,
Maggioli editore, 2016, p. 18 ss. ripercorre le tappe fondamentali che hanno preceduto la legge sulle unioni civili del 2016: il primo disegno di legge fu presentato nel 1986 dalla senatrice Ersilia Salvato e dalle deputate Romana Bianchi e Angela Bottari. Negli anni seguenti si susseguirono ulteriori progetti, nessuno andato mai a buon fine, come per esempio il disegno di legge presentato nel 2007 sui cd. DICO (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi) oppure quello presentato nel 2008 conosciuto come DIDORE (Disciplina dei diritti e doveri di reciprocità dei conviventi).
11
13
Tale pronuncia è stata originata da un ricorso incidentale da parte del Tribunale di Venezia e della Corte d‟Appello di Trento12 che avevano
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli del Codice Civile che, letti sistematicamente, non permettono alla persona omosessuale di contrarre matrimonio con una persona dello stesso sesso13 per violazione degli articoli 2, 3, 29, 117, primo
comma della Costituzione.
La svolta operata dalla Corte con la suddetta sentenza è stata quella di far rientrare le unioni omosessuali nelle formazioni sociali ex art. 2 Cost., ovverosia quale “forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico” e riconoscere ad esse “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”14.
Con riferimento all‟articolo 2 Cost., la questione di legittimità costituzionale viene giudicata inammissibile “perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata”, cioè una pronuncia che avrebbe implicato una scelta costruttiva da parte della Corte, non costituendo l‟unica possibile soluzione discendente dai principi costituzionali. Avrebbe dovuto
12
Trib. Min. Venezia, Ord. 3 aprile 2009 e App. Trento, Ord. 29 luglio 2009: la Corte Costituzionale, nella sentenza, afferma che i due giudizi di legittimità costituzionale, avendo ad oggetto la medesima questione, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.
13
Si trattava, in particolare, degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del c.c. Nel caso di specie, una coppia formata da due uomini si era vista opporre il rifiuto alle pubblicazioni da parte dell‟ufficiale di stato civile ex art. 98 c.c., il quale aveva motivato il diniego sostenendo che nel nostro ordinamento costituisce principio di ordine pubblico che il matrimonio sia formato da persone di sesso diverso.
14
14
colmare una lacuna normativa, cosa che invece spetta al Legislatore in virtù del principio di separazione dei poteri15.
Esclude, quindi, che il riconoscimento delle unioni omosessuali possa avvenire con la semplice equiparazione di esse al matrimonio e rimette alla piena discrezionalità del Parlamento la disciplina e il riconoscimento delle suddette unioni.
La Corte, comunque, si riserva di intervenire, tramite controllo di ragionevolezza, a tutela di specifiche situazioni in cui si riscontri la necessità di un trattamento omogeneo tra coppia coniugata e coppia omosessuale16.
Di conseguenza, ogni giudice sarà chiamato ad accertare di volta in volta se quella situazione portata alla sua attenzione meriti un trattamento omogeneo alla coppia coniugata oppure no e potrà sollevare la questione davanti alla Corte Costituzionale solo se la norma da applicare non sia suscettibile di un‟interpretazione costituzionalmente orientata e solo se sussista una violazione del parametro dell‟uguaglianza formale ex art. 3 Cost.17
Dunque si fanno rientrare le coppie dello stesso sesso all‟interno dell‟art. 2 e non all‟interno dell‟art. 29 Cost.
La Corte sostiene infatti che, se è vero che i concetti di famiglia e matrimonio non possono ritenersi cristallizzati con riferimento all‟epoca in cui entrò in vigore la Costituzione, ma che vanno interpretati alla luce dei mutamenti sociali, tale interpretazione (cd. evolutiva), tuttavia, non può andare ad
15
Fortino M., Piccoli passi e cautele interpretative delle corti sui diritti delle unioni omosessuali, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 1, 2016 p.132-133.
16
Nella pronuncia si fa riferimento, per esempio, a Corte Cost., Sent. 7 aprile 1988 n. 404 e Corte Cost., Sent. 20 dicembre 1989 n. 559 con cui la Consulta ha reso omogeneo il trattamento delle convivenze more uxorio a quello delle coppie coniugate in materia di successione nel contratto di locazione e di successione in tema di alloggi di edilizia popolare.
17
Gattuso M., La Corte Costituzionale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, in Fam. Dir., I, 7, 2010, p. 659.
15
intaccare il nucleo della norma, modificandolo e includendo problematiche non considerate all‟epoca in cui fu emanata altrimenti si sfocerebbe in un‟interpretazione creativa18
.
Secondo la Corte, poi, non sussiste un‟irragionevole discriminazione ex art. 3 Cost., in quanto quest‟ultimo autorizza a trattare situazioni diverse in modo diverso e le unioni omosessuali non sono omogenee al matrimonio. L‟ultima questione considerata dai giudici della Consulta è quella riguardante il confronto con l‟art. 117 Cost.: oggi, quando parliamo di tutela dei diritti fondamentali, non possiamo più considerare la Costituzione come unico parametro di riferimento e gli organi giurisdizionali statali come unici organi davanti al quale far valere le eventuali violazioni.
Dal secondo dopoguerra in poi, infatti, si sono susseguite sempre più convenzioni e carte, sottoscritte dai vari Stati, che si pongono come obbiettivo la tutela dei più disparati aspetti della vita dell‟uomo.
Il primo passo verso la cd. “tutela multilivello dei diritti fondamentali”19 risale all‟entrata in vigore della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali20
e alla connessa istituzione di
18
Nell‟intenzione originaria del Costituente, l‟art. 29 Cost. aveva la funzione di riconoscere alla famiglia dei diritti originari e preesistenti allo Stato, che quest‟ultimo doveva limitarsi a tutelare. L‟esigenza era quella di evitare il ripetersi di esperienze, come quella fascista, in cui lo Stato si intrometteva indebitamente all‟interno della famiglia e quindi di affermare l‟autonomia di tale formazione sociale. Si vuole dunque delineare la famiglia come “un‟isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto”, come esprime la similitudine elaborata dallo studioso Jemolo C. A., La famiglia e il diritto, in Ann. Sen. Giur. Università di Catania, III, 1948. Nella sentenza la Corte infatti fa presente che, come si evince dai lavori preparatori, l‟intenzione dei Costituenti era quella di tener conto di istituzioni radicate nella società come il matrimonio eterosessuale e non invece il fenomeno omosessuale.
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Con questa espressione si fa riferimento al fatto che il riconoscimento di tali diritti avviene ormai su più livelli (nazionale, internazionale e comunitario).
20
Firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia dalla L. 4 agosto 1955, n. 848.
16
un organo giurisdizionale ad hoc21. Con la sottoscrizione e la ratifica della
suddetta Convenzione, l‟Italia ha assunto l‟obbligo di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito ad esse dalla Corte specificatamente istituita. La portata e gli effetti della Cedu nel nostro ordinamento furono chiariti dalle cosiddette sentenze “gemelle” della Corte Costituzionale del 200722 vertenti sul richiamo, effettuato dall‟art. 117, primo
comma Cost., ai “vincoli derivanti dall‟ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, quali limiti alla potestà legislativa statale e regionale.
La Corte Costituzionale afferma che le disposizioni della Cedu operano come “norme interposte”: nel caso in cui il giudice comune ritenga che una norma legislativa interna confligga con la Cedu, non può disapplicarla direttamente ma deve sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma per un‟eventuale violazione dell‟art. 117, primo comma Cost.
Sempre nel quadro della “tutela multilivello” dei diritti fondamentali, si inserisce la Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea23, priva di valore vincolante fino all‟entrata in vigore del Trattato di Lisbona (il 1° dicembre 2009)24.
Ecco allora che il Tribunale di Venezia ha reputato fondato il dubbio di legittimità costituzionale alla luce dell‟art. 117 Cost. evocando, come norme
21
La Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo, istituita nel 1959 e avente sede a Strasburgo.
22
Corte Cost., Sent. 24 ottobre 2007 nn. 348 e 349.
23
Approvata a Nizza il 7 dicembre 2000.
24In seguito all‟entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1 dicembre 2009, sono
state introdotte numerose novità in tema di fonti del diritto europeo. Oltre ad aver riconfermato, all‟art. 6, par. 3 TUE, l‟adesione dell‟UE alla Cedu, si riconosce alla Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea il rango di fonte vincolante per le istituzioni europee e gli stati membri. Invero, l‟art. 6, par.1, TUE afferma che “l‟Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, la quale ha lo stesso valore giuridico dei trattati”.
17
interposte, gli artt. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 12 (diritto al matrimonio) e 14 (divieto di discriminazione) della Cedu e gli artt. 7 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), l'art. 9 (diritto a sposarsi ed a costituire una famiglia) e 21 (diritto a non essere discriminati) della Carta di Nizza.
La Corte Costituzionale, visto che la questione sottoposta alla sua attenzione riguardava il diritto per le persone omosessuali di contrarre matrimonio, analizza in particolare gli artt. 12 Cedu e 9 della Carta di Nizza, poiché questi si occupano specificatamente del diritto di sposarsi e costituire una famiglia25: dichiara la questione relativa all‟art. 117 Cost. inammissibile
perché gli articoli della Cedu e della Carta di Nizza citati non vietano né impongono la concessione dello status matrimoniale alle persone dello stesso sesso26 e pertanto riconferma la piena discrezionalità del Parlamento
nazionale in materia.
La vera innovazione di tale pronuncia è stata dunque quella di rilevare che non sussistono ostacoli al riconoscimento delle unioni omosessuali all‟interno del nostro ordinamento, né che la Costituzione imponga di estendere a tali unioni la disciplina del matrimonio tra persone di sesso diverso. Tutto dipende dalla discrezionalità del Legislatore (in linea con quanto affermato nelle carte sovranazionali sopra citate).
25
Mentre gli altri articoli contengono disposizioni a carattere generale in ordine al diritto al rispetto della vita privata e familiare e al divieto di discriminazione.
26
In entrambi gli articoli si afferma che tali diritti sono disciplinati secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto.
18
1.1.2 Il matrimonio tra persone dello stesso sesso nella giurisprudenza della Corte EDU: la sentenza Schalk e Kopf c. Austria del 2010
Pochi mesi dopo la sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale, gli stessi principi sono stati affermati per la prima volta dalla Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo nel caso Schalk e Kopf c. Austria27
. Anche se i Giudici di Strasburgo pervengono allo stesso risultato della Consulta28, dobbiamo
riconoscere alla pronuncia due meriti importanti.
Il primo è quello di aver fatto cadere il paradigma dell‟eterosessualità del matrimonio nella Cedu. Essa infatti procede ad interpretare l‟art. 12 della Convenzione29 alla luce del più recente art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea, all‟interno del quale si elimina il riferimento a uomini e donne e si enuncia il generico “diritto di sposarsi e di costituire una famiglia”, rimettendone la regolamentazione alle leggi nazionali. Questo ha costituito un‟apertura nei confronti delle unioni di fatto e delle unioni omosessuali, pur non avendo riconosciuto un obbligo per gli stati in tal senso30.
27
Corte. Eur. Dir. Uomo, 24 giugno 2010, Ric. 30141/04, Caso Schalk e Kopf c. Austria.
28
Ovvero che la Cedu non impone un obbligo di riconoscimento dei matrimoni tra soggetti dello stesso sesso in capo agli stati e che non è ancora presente un consenso generale europeo in materia di matrimonio omosessuale. Nella sentenza (par. 27 e 28) infatti si opera una ricognizione di quali siano, al momento della pronuncia, gli Stati europei che riconoscono il matrimonio tra persone dello stesso sesso (Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia) e quali invece abbiano previsto forme alternative di regolamentazione, come le unioni registrate (Andorra, Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Lussemburgo, Regno Unito, Slovenia, Svizzera e Ungheria). Per un totale di 19 su 47 stati membri.
29
L‟art. 12 Cedu afferma che “A partire dall‟età maritale, l‟uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia, secondo le leggi nazionali che regolano l‟esercizio di questo diritto”. Tale articolo era sempre stato interpretato dalla Corte come attribuente un diritto al matrimonio a persone di sesso opposto.
30
Pesce F., La tutela europea dei diritti fondamentali in materia familiare: recenti sviluppi, in Diritti umani e diritto internazionale, X, 1, 2016 p. 28.
19
Il secondo merito è quello di aver riconosciuto come, anche la relazione stabile tra due soggetti omosessuali, rientri nel concetto di vita familiare secondo l‟art. 8 della Cedu. La Corte ritiene che sia “artificiale sostenere l‟opinione che, a differenza di una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della “vita familiare” ai fini dell‟articolo 8. Conseguentemente, la relazione dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente con una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di “vita familiare”, proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione”31.
Gli stessi principi sono stati poi ripresi dalla Corte EDU32 per dichiarare l‟illegittimità della legge greca che per la prima volta aveva introdotto la possibilità di contrarre unioni civili33. La legge viene dichiarata illegittima in
quanto riserva la possibilità di contrarre tali unioni solo alle coppie eterosessuali. È proprio in tale punto che la Corte ravvisa una violazione dell‟art. 14 in relazione all‟art. 8 Cedu: le coppie omosessuali rientrano nel concetto di vita familiare ex art. 8 Cedu e perciò, se si introduce nell‟ordinamento uno strumento alternativo al matrimonio, il Legislatore non potrà escludere le coppie omosessuali, altrimenti incorrerà in una violazione del divieto di discriminazione.
31
Corte Eur. Dir. Uomo, 24 giugno 2010, Ric. 30141/04, Caso Schalk e Kopf c. Austria, par. 94.
32
Corte Eur. Dir. Uomo, 7 novembre 2013, Ric. 29381/09 e 32684/09, Caso Vallianatos e Altri c. Grecia.
33
20
1.1.3 Il “dialogo delle corti” per una uniformità di disciplina delle coppie same-sex
I principi espressi nelle due sentenze sopra esaminate sono stati poi ripresi dalla Corte di Cassazione a proposito della trascrivibilità, nei registri dello stato civile italiano, dell‟atto di matrimonio contratto all‟estero da due persone dello stesso sesso34 e dal Tribunale di Reggio Emilia relativamente al
ricongiungimento familiare del partner same-sex extracomunitario, coniugato in un Paese membro dell‟Unione Europea con un cittadino italiano35
.
In particolare, la Corte di Cassazione si è trovata per la prima volta a dover stabilire se due cittadini italiani dello stesso sesso, i quali hanno contratto matrimonio all‟estero, siano titolari o meno del diritto alla trascrizione dell‟atto nel registro dello stato civile italiano36
e se, più a monte, esista un diritto delle persone omosessuali a contrarre matrimonio.
Entrambi gli interrogativi hanno ricevuto una risposta negativa ma la Suprema Corte, ritenendo il ricorso inammissibile, ha motivato la sua decisione introducendo nel nostro ordinamento alcuni principi innovativi: rigetta il ricorso presentato dalla coppia omosessuale affermando che i componenti delle coppie same-sex, conviventi in stabile relazione di fatto, secondo la legislazione italiana, non possono far valere né il diritto a
34
Cass. Civ., Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184 (conferma App. Roma 13 luglio 2006)
35
Trib. Min. Reggio Emilia, Decr. 13 febbraio 2012.
36
Nel caso di specie i due cittadini italiani dello stesso sesso avevano contratto matrimonio all‟Aja (Paesi Bassi) e, in seguito, avevano richiesto la trascrizione dell‟atto di matrimonio all‟ufficiale di stato civile di Latina (paese in cui risiedevano), il quale però aveva rifiutato la trascrizione ai sensi dell‟art. 18 D.P.R 396/2000.
21
contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all‟estero37
.
Il riferimento è innanzitutto all‟art. 115 c.c, il quale dispone che il cittadino è soggetto alle norme del Codice Civile anche quando contrae matrimonio in un paese straniero. Di conseguenza, anche se il soggetto contrae matrimonio all‟estero, perché questo possa produrre effetti all‟interno dell‟ordinamento italiano devono essere presenti tutti i requisiti relativi allo stato e alla capacità delle persone previsti dalla legge italiana, tra cui la diversità di sesso tra i nubendi38.
37
Orientamento confermato poi da Cons. Stato, Sez. III, Sent. 8 - 26 ottobre 2015 n. 4899 che ha riconosciuto l‟insussistenza del diritto alla trascrizione nei registri dello stato civile di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all‟estero, e da Cass. Civ., Sez. I, Sent. 9 febbraio 2015 n. 2400, che, trovandosi a dover valutare se sia stato legittimo o meno il rifiuto dell‟ufficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni richieste da una coppia dello stesso sesso, conferma la legittimità del diniego richiamando le stesse considerazioni già operate in Corte Cost. 138/2010 (in particolare il fatto che rientra nella discrezionalità del Legislatore individuare le forme e i modi del riconoscimento delle unioni omosessuali che rientrano nell‟art. 2 Cost.). Tale orientamento è stato poi modificato in seguito all‟entrata in vigore della l. 76/2016 e dei relativi decreti attuativi: in particolare, il decreto ministeriale del 27 febbraio 2017, contiene indicazioni per la trascrizione delle unioni civili e matrimoni contratti all‟estero tra persone dello stesso sesso all‟interno dei registri delle unioni civili.
38
Il diniego di trascrivere sarebbe confermato anche dalla circolare n. 55 del 18.10.2007 del Ministero dell‟interno, a cui l‟ufficiale di stato civile ha il dovere di conformarsi (in base all‟art. 9 d.p.r. 396/2000), e che ha ad oggetto proprio i matrimoni contratti all‟estero tra persone dello stesso sesso. Con tale atto si vuole specificare che “il nostro ordinamento non ammette il matrimonio omosessuale e la richiesta di trascrizione di un simile atto compiuto all‟estero deve essere rifiutata perché in contrasto con l‟ordine pubblico interno”. Si impone pertanto agli ufficiali di stato civile di verificare che i due sposi che richiedono la trascrizione del matrimonio contratto all‟estero siano di sesso diverso. Inoltre Fortino M., Piccoli passi e cautele interpretative delle corti sui diritti delle unioni omosessuali, Nuova giur. civ. comm, II, 1, 2016, p. 139 ss. mette in luce il contrasto tra le diverse forze politiche e l‟autorità giudiziaria su tale tema: a fronte dei provvedimenti di alcuni sindaci italiani che imponevano agli ufficiali di stato civile la trascrizione dei matrimoni celebrati all‟estero tra cittadini italiani dello stesso sesso, il Ministero dell‟Interno ha emanato la circolare 7 ottobre 2014 che invece vieta tali trascrizioni e obbliga i prefetti ad annullare le trascrizioni già effettuate. Il T.A.R Lazio, con sent. 9 marzo 2015 ha annullato la circolare del ministro e il provvedimento attuativo del prefetto di Roma (che era stato impugnato dal sindaco della capitale) affermando che “spetta in via esclusiva all‟autorità giudiziaria disporre la cancellazione di un atto che si assuma indebitamente iscritto nel registro degli atti di matrimonio”.
22
Nel prosieguo attua quel dialogo tra le corti che consente di stare al passo con il diritto vivente riconoscendo che “i partner dello stesso sesso, in quanto titolari del diritto alla “vita familiare”39 e nell‟esercizio del diritto inviolabile
di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali,40 possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”41.
Un altro passo importante posto in essere dalla Cassazione è stato quello di operare un overruling rispetto alla sua giurisprudenza passata nella quale considerava il matrimonio omosessuale inesistente o invalido perché mancante del requisito della diversità di sesso. Nel fare ciò si richiama alla recente interpretazione dell‟art. 12 Cedu alla luce dell‟art. 9 della Carta di Nizza, la quale induce a prescindere dalla diversità di sesso dei nubendi. Alla luce di tale nuovo orientamento, la Cassazione afferma che la sua precedente giurisprudenza non è più conforme alla realtà giuridica e che pertanto “l‟intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende – non più dalla loro “inesistenza”42
e neppure dalla loro “invalidità”, ma – dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell‟ordinamento italiano”43
.
Anche il Tribunale di Reggio Emilia si richiama alla recente giurisprudenza costituzionale ed europea per riconoscere il diritto al ricongiungimento
39
Principio espresso da Corte Eur. Dir. Uomo, 24 giugno 2010, Ric. 30141/04, Caso Schalk e Kopf c. Austria.
40
Principio espresso da Corte Cost. n. 138/2010.
41
Cass. Civ., Sez. I, Sent. 15 marzo 2012 n. 4184 par. 3.2.
42
Inesistenza che era data dal fatto che si riteneva la diversità di sesso tra i nubendi come un requisito essenziale per la validità del matrimonio.
43
23
familiare in capo al partner same-sex di un cittadino italiano: in tal caso si riprende il concetto di vita familiare, che deve essere riconosciuto anche alle coppie omosessuali conviventi, per permettere il rilascio del permesso di soggiorno in capo al partner dello stesso sesso che aveva contratto all‟estero matrimonio con il cittadino italiano44. Il giudice ha ritenuto di dover interpretare il termine “coniuge” utilizzato nella direttiva e nel decreto di attuazione non ai sensi della normativa dello Stato membro ospitante (in questo caso l‟Italia) ma secondo la normativa dello Stato membro in cui l‟unione è stata registrata (cioè la Spagna, la quale consente i matrimoni alle persone dello stesso sesso). Il Tribunale sostiene, infatti, che una volta che si siano presentati i documenti che dimostrano che è stata formata un‟unione matrimoniale in un Paese dell‟Unione, la libera circolazione del cittadino o del suo familiare debba essere garantita a prescindere dalla legge nazionale dei coniugi. Tale soluzione appare al Tribunale come l‟unica che consenta di dare attuazione al diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, diritto che sarebbe leso se non si permettesse alla coppia di continuare la relazione affettiva dopo il trasferimento in Italia. Infatti, per rendere effettivo il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (diritto che discende dalla cittadinanza dell‟Unione
44
Il ricorso era stato presentato da un cittadino uruguayano, il quale si era visto negare il rilascio del permesso di soggiorno da parte della Questura di Reggio Emilia. Egli infatti aveva fatto presente di aver contratto matrimonio con il cittadino italiano a Palma di Mallorca, in osservanza della normativa spagnola che consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e richiedeva il rilascio di tale permesso per attuare il suo diritto fondamentale al ricongiungimento familiare previsto dal Dlgs. n. 30 del 2007 emanato in applicazione della Direttiva 2004/38/CE sul diritto dei cittadini dell‟Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nei territori degli Stati membri.
24
Europea), bisogna concedere un analogo diritto ai familiari qualunque sia la loro nazionalità45.
1.1.4 La legittimità del “divorzio imposto” e l’ennesimo invito a regolamentare giuridicamente le coppie omosessuali
L‟evoluzione del sentimento sociale porta la Corte Costituzionale, a distanza di 4 anni dalla sentenza 138/2010, a riprendere i principi già enunciati e a richiedere, di nuovo e con insistenza, un intervento del Legislatore in materia di regolamentazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Nel caso di specie si trova a dover valutare se, l‟operatività automatica della causa di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio in seguito al passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione dell‟attribuzione di sesso46
, contrasti o meno con alcuni diritti fondamentali dell‟uomo tutelati dalla Costituzione e dalla Cedu.
Il caso che ha dato origine alla controversia riguardava un soggetto che, in seguito al passaggio in giudicato della pronuncia di rettificazione dell‟attribuzione di sesso, ha visto sciogliere automaticamente il suo matrimonio senza aver avuto neppure la possibilità di manifestare
45
Meli M., Il matrimonio tra persone dello stesso sesso: l‟incidenza sul sistema interno delle fonti sovranazionali, in Nuova giur. Civ. Comm., 7-8, 2012, p. 456.
46
Tale causa di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio è disciplinata oggi dall‟art. 3 della l. 1 dicembre 1970 n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) lett. g), che è stata aggiunta dall‟art. 7 l. 74/1987. Inoltre l‟art. 4 l. 14 aprile 1982 n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso) afferma che “la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso”.
25
un‟opinione contraria al riguardo47
. Le parti arrivano a fare ricorso in Cassazione, lamentando lo scioglimento del matrimonio senza una pronuncia giurisdizionale; giustificano la loro posizione richiamando l‟art. 3 della l. 898/1970, che si apre con la locuzione “la cessazione o lo scioglimento del matrimonio può essere domandato dai coniugi”, e facendo notare che nel caso di specie loro non avevano operato in tal senso.
La Suprema Corte si è trovata, per la prima volta, a doversi pronunciare sulla questione degli effetti della pronuncia di rettificazione di sesso su un matrimonio preesistente nel caso in cui i coniugi non abbiano intenzione di sciogliere il rapporto coniugale. Essa respinge la domanda delle parti operando un‟interpretazione coordinata dell‟art. 4 l. 164/1982 e dell‟art. 3 lettera g) l. 898/1970: con queste norme, il Legislatore ha voluto introdurre nel nostro ordinamento un‟ipotesi di cd. “divorzio imposto” ex lege il quale “non richiede, al fine di produrre i suoi effetti, una pronuncia giudiziale ad hoc, salva la necessità della tutela giurisdizionale limitatamente alle decisioni relative ai figli minori”48
.
La Corte ha ritenuto, tuttavia, di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale della disciplina in esame in considerazione del fatto che il Legislatore avrebbe posto in essere un bilanciamento errato degli interessi in gioco49 e ha richiamato la giurisprudenza costituzionale di altri paesi europei
47
Nel caso di specie, l‟ufficiale di stato civile che era stato chiamato a rettificare l‟atto di nascita del soggetto in questione, aveva annotato anche la sentenza che ha disposto la rettificazione di sesso a margine dell‟atto di matrimonio provocando così l‟automatico scioglimento del matrimonio.
48
Cass. Civ., Sez. I, Ord. 6 giugno 2013 n. 14329 par. 5, in Nuova giur. Civ. Comm., I, 1, 2014, con nota di Schuster A., Quid est matrimonium? Riattribuzione del genere anagrafico e divorzio.
49
Precisamente il Legislatore ha voluto da un lato, riconoscere il diritto all‟identità di genere del soggetto che intende rettificare il sesso che gli è stato attribuito alla nascita con la l. 164/1982, ma dall‟altro non ha voluto modificare il tradizionale
26
i quali si sono trovati a dover affrontare la stessa problematica50. In
particolare, ha reputato di dover considerare la regolamentazione del “divorzio d‟ufficio” in contrasto con gli articoli 2 e 29 della Costituzione e con gli articoli 8 e 12 Cedu51.
La Corte Costituzionale, ritenendo la questione fondata, ha dichiarato, con la sentenza 170/2014, “l‟illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della l. 164/1982 nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell‟attribuzione di sesso di uno dei coniugi, la quale provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal Legislatore”52.
La Consulta ritiene la questione fondata sulla base dell‟art. 2 Cost. e non sulla base dell‟art. 29 Cost.: viene ripresa, infatti, l‟interpretazione originalista adottata dalla Corte Costituzionale nella sentenza 138/2010, per cui il matrimonio, per come previsto da tale articolo, deve essere interpretato
modello familiare basato sulla diversità di sesso dei coniugi non consentendo ad essi di scegliere se sciogliere o meno il vincolo matrimoniale.
50
Nello specifico si richiamano le sentenze della Corte Costituzionale tedesca (Pronuncia BVerfG, 1 BvL 10/051, del 27.10.2008, in www.bverfg.de) e austriaca (pronuncia n. 17849 dell‟8 giugno 2006), che hanno dichiarato incostituzionale il prerequisito della dissoluzione del matrimonio per poter ottenere la sentenza di rettificazione dell‟attribuzione di sesso. Nel primo caso era stata individuata una limitazione del diritto all‟identità personale poiché si obbliga il soggetto a dover scegliere tra due diritti costituzionalmente tutelati e nel secondo caso, invece, si ravvisa una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare prevista dall‟art. 8 Cedu.
51
La disciplina in esame infatti comporterebbe l‟eliminazione automatica di un nucleo familiare che viene tutelato dall‟art. 29 Cost. e, in seguito alla rettificazione di sesso, dall‟articolo 2 Cost. che tutela le formazioni sociali ove si svolge la personalità dell‟individuo (tra cui rientrano le unioni tra persone dello stesso sesso come affermato dalla Corte Cost. Sent. 138/2010).
52
27
alla luce della disciplina del Codice Civile e perciò fondato sulla diversità di sesso dei nubendi53.
Nuovamente, quindi, la Corte Costituzionale si trova a dover richiedere all‟organo delle leggi di intervenire “con la massima sollecitudine”54
a regolamentare giuridicamente le coppie formate da persone dello stesso sesso55.
A pochi mesi di distanza da tale pronuncia della Consulta, anche la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo si trova a dover affrontare la questione del divorzio imposto56. Nel caso di specie ritiene che non vi sia
stata nessuna violazione, poiché in Finlandia è previsto l‟istituto dell‟unione registrata tra le persone dello stesso sesso e quindi in caso di rettificazione di sesso di uno dei due coniugi, i loro pregressi diritti vengono tutelati tramite la conversione del matrimonio in unione registrata57 (e questo viene ritenuto
53
Trova pertanto conferma la scelta dell‟inversione dell‟ordine delle fonti che conduce a costituzionalizzare una fattispecie delineata dal Legislatore ordinario nel Codice Civile. In senso contrario Ferrando G., Il diritto al matrimonio delle coppie dello stesso sesso. Dalla discriminazione alla pari dignità, in Politica del diritto, 3, 2014, p. 359 ss. secondo cui sarebbe, invece, da escludere una visione originalista dell‟art. 29 Cost. in quanto non è la Costituzione a dover essere letta alla luce del codice, ma il contrario. Anche Mazzotta V., Unione tra persone dello stesso sesso art.1 comma 1- finalità, in Unioni civili e convivenze guida commentata alla legge
n.76/2016, Lupoi M., Cecchella C., Cianciolo V, Mazzotta V. (eds.), Santarcangelo
di Romagna, Maggioli editore, 2016, p. 32 ss. sostiene che un dato sia ormai pacifico, ovvero che l‟intenzione dei Costituenti era di concepire un‟idea di famiglia aperta ai cambiamenti sociali e storici e che perciò l‟art. 29 sia una “norma in bianco”.
54
Corte Cost., Sent. 11 giugno 2014 n. 170.
55
Cass. Civ., Sez. I, Sent. 26 gennaio – 21 aprile 2015 n. 8097 ha poi risolto il caso sottoposto alla sua valutazione alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale: ha statuito che i coniugi divenuti dello stesso sesso conservino i diritti e i doveri propri del matrimonio, sottoposti, tuttavia, alla condizione risolutiva temporale costituita dalla futura regolamentazione legislativa delle unioni omosessuali.
56
Corte Eur. Dir. Uomo, Grande Camera, 16.7.2014, ric. 37359/09, Caso Hämäläinen v. Finlandia.
57
Tale soluzione è stata adottata anche in Italia in seguito all‟entrata in vigore della l. 76/2016: l‟art. 27 della suddetta legge afferma che alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l‟automatica instaurazione dell‟unione civile tra persone dello stesso sesso.
28
dalla Corte un bilanciamento proporzionato tra il diritto al rispetto della vita privata e familiare previsto dall‟art. 8 Cedu e la volontà degli stati di riservare il matrimonio a persone di sesso diverso)58.
1.1.5 L’inerzia del legislatore italiano viene condannata nel caso Oliari e Altri c. Italia
Come emerge dalla disamina del panorama giuridico antecedente all‟entrata in vigore della l. 76/2016, l‟ordinamento italiano si caratterizza per la presenza di un vuoto normativo relativamente alle coppie formate da persone dello stesso sesso.
Se questa lacuna, in un momento iniziale, non era percepita come ingiusta in quanto all‟interno della società non era ancora presente un consenso in tema di riconoscimento delle coppie same-sex, con il passare del tempo la coscienza sociale si è evoluta fino a richiedere con gran forza una tutela giuridica di tali unioni, considerando sempre di più tale vuoto normativo come illegittimo59.
In questo quadro si inserisce la condanna, prevista e auspicata da molti60, da
parte della Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo nel caso Oliari e Altri c.
58
Lorenzetti A., Schuster A., Corte Costituzionale e Corte europea dei diritti umani: l‟astratto paradigma eterosessuale del matrimonio può prevalere sulla tutela concreta del matrimonio della persona trans, In Nuova giur. Civ. Comm., I, 12, 2014 p. 1159 ss.
59
In Corte Eur. Dir. Uomo, 21 luglio 2015, Ric. 18766/11 e 36030/11, Caso Oliari e Altri c. Italia si mette in luce anche il fatto che, nel 2015, la maggioranza degli Stati del Consiglio d‟Europa (24 su 47) hanno legiferato in favore di tale riconoscimento (par.178).
60
Fortino M., Piccoli passi e cautele interpretative delle corti sui diritti delle unioni omosessuali, in Nuova giur. Civ. Comm, II, 1 2016, p. 142 sostiene che “la speranza è che questo disegno di legge, per quanto escluda le persone omosessuali dal matrimonio, riesca a superare il passaggio in aula”; Segni M., Unioni civili: non tiriamo in ballo la Costituzione, in Nuova giur. Civ. Comm., II, 12, 2015, p. 707 spera
29
Italia61. Il Giudice di Strasburgo arriva per la prima volta a sanzionare l‟Italia
per la mancata predisposizione di una regolamentazione giuridica delle coppie omosessuali; più precisamente, per non aver previsto, all‟interno dell‟ordinamento, almeno un istituto a cui essi potessero accedere (infatti si prevedeva solo l‟istituto del matrimonio, il quale è riservato ancora oggi alle coppie formate da persone di sesso diverso).
Tale sentenza riprende e sviluppa i principi già enunciati nel caso Schalk e Kopf c. Austria62 e Vallianatos e Altri c. Grecia63, in particolare il fatto che
anche le relazioni stabili tra due soggetti omosessuali rientrino nel concetto di vita familiare secondo l‟art. 8 della Cedu, e che dunque anche queste necessitino di misure atte a rendere effettivo siffatto diritto.
Più precisamente, la Corte condanna l‟Italia per il mancato adempimento dell‟obbligo positivo imposto dall‟art. 8 Cedu: la norma, invero, da un lato ha lo scopo di proteggere i singoli da ingerenze arbitrarie dell‟autorità pubblica nella propria sfera individuale e familiare64 (con le eccezioni indicate)65,
che “l‟Italia abbia tra poco la legge sulle unioni civili”; Ferraro L., Il caso Oliari e la (inevitabile) condanna dell‟Italia da parte della Corte europea dei diritti dell‟uomo, in
DPERonline, 2, 2015; Lenti L., Prime note in margine al caso Oliari c. Italia, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 10, 2015, p. 575 sostiene che tale condanna fosse
prevedibile già dalla sentenza Schalk e Kopf c. Austria del 2010.
61
Corte Eur. Dir. Uomo, 21 luglio 2015, Ric. 18766/11 e 36030/11, Caso Oliari e Altri c. Italia.
62
Ferraro L., op. cit. e Savarese E., In margine al caso Oliari: ovvero di come il limbo italiano delle coppie omosessuali abbia violato gli obblighi positivi dell‟articolo 8 Cedu, in Dir. Umani e dir. Internaz., IX, 3, 2015 p. 663 mettono però in luce che emerge una profonda differenza tra la situazione austriaca e quella italiana, visto che l‟Austria aveva approvato la legge sulle unioni registrate in pendenza di giudizio davanti alla Corte. È evidente che l‟intervento legislativo in questione ha inciso sul giudizio della Corte, la quale si è limitata a valutare se l‟Austria avesse tardato troppo nell‟introdurre una tale disciplina.
63
Corte Eur. Dir. Uomo, Grande Camera, 7 novembre 2013, caso Vallianatos e Altri c. Grecia (ricorsi n. 29381/09 e n. 32684/09).
64
L‟art. 8 Cedu, dopo aver affermato al par.1 che “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare”, al par. 2 dispone che “non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell‟esercizio di tale diritto”.
65
Infatti l‟ingerenza dell‟autorità pubblica nell‟esercizio del diritto alla vita privata e familiare è legittima quando vi siano le condizioni previste dall‟art. 8 par. 1 Cedu:
30
dall‟altro, però, contiene anche un‟obbligazione positiva in capo agli stati, che sono chiamati a predisporre tutte le misure atte a garantire l‟effettivo rispetto della “vita familiare”66
.
I ricorrenti hanno lamentato la violazione dell‟art. 8 Cedu poiché, in Italia, non veniva garantito in modo effettivo il rispetto di tale diritto fondamentale in quanto le coppie omosessuali sono prive di mezzi per tutelare giuridicamente la loro relazione67.
Il Giudice di Strasburgo dispone che, nell‟attuazione di tali obblighi positivi, gli Stati godano di un certo margine di discrezionalità, variabile in base alle circostanze68. Nella sua giurisprudenza relativa al margine di apprezzamento
spettante agli Stati, la Corte, infatti, ha affermato che questo è molto ristretto nel contesto della vita privata “quando sia in gioco un aspetto particolarmente importante dell‟esistenza o dell‟identità di una persona” ma che si amplia qualora “non vi sia accordo tra gli Stati membri del Consiglio d‟Europa
cioè quando questa “sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell‟ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
66
Pesce F., La tutela europea dei diritti fondamentali in materia familiare: recenti sviluppi, in Dir. umani e dir. Internaz., X, 1, 2016, p. 10 ss.
67
Nella fattispecie, con il primo ricorso, n. 18766/11, i ricorrenti hanno lamentato la violazione degli artt. 8 e 12 Cedu da parte dell‟Italia, mentre con il secondo ricorso, n. 36030/11, i ricorrenti hanno lamentato di essere stati oggetto di discriminazione in violazione dell‟articolo 14 in combinato disposto con l‟articolo 8. La Corte, dopo essersi pronunciata sull‟avvenuta violazione dell‟art. 8 Cedu, ha ritenuto non necessario esaminare se, nel caso di specie, vi sia stata anche violazione dell‟articolo 14 in combinato disposto con l‟articolo 8. Con riferimento all‟art. 12 Cedu, ha invece confermato che questo non pone in capo agli stati l‟obbligo di concedere accesso al matrimonio a una coppia omosessuale (caso Schalk e Kopf c. Austria e caso Hamaleinen c. Finlandia). Sulla necessarietà di un intervento della Corte anche sull‟aspetto della violazione del divieto di discriminazione ex art. 14 Cedu: Ferraro L., op. cit.
68
Gli Stati, precisamente, vengono considerati più idonei nel disciplinare determinate materie in quanto meglio possono interpretare i bisogni di tutela provenienti dalla società alla luce del contesto culturale, diverso da Stato a Stato.
31
riguardo all‟importanza degli interessi in gioco o ai mezzi migliori per tutelarli”69
.
Nel caso di specie, ravvisa che l‟Italia abbia ecceduto il suo margine di apprezzamento e che non abbia ottemperato all‟obbligo positivo di garantire che i ricorrenti disponessero di uno specifico quadro giuridico a tutela dei propri diritti e interessi70.
La Corte prende atto del quadro giuridico italiano, mettendo in luce l‟inadeguatezza degli strumenti previsti, cioè i registri comunali delle unioni civili e i contratti di convivenza71.
Inoltre, si osserva che l‟attuale protezione offerta a questi soggetti non sia sufficientemente stabile, dovendo tali coppie rivolgersi di volta in volta ai Tribunali di merito per ottenere delle risposte in termini di tutela (risposte che pertanto dipendono dalla discrezionalità dei giudici, non valendo nel nostro ordinamento il principio del precedente vincolante o stare decisis) e aggravando così il carico di lavoro di un sistema giudiziario già oberato di lavoro come quello italiano72.
69
Corte Eur. Dir. Uomo, IV Sez., Oliari e Altri c. Italia, ricorsi n. 18766/11 e 36030/11, sentenza del 21 luglio 2015 par. 162.
70
Dispone quindi il risarcimento nei confronti dei ricorrenti: si trattava di tre coppie formate da persone dello stesso sesso che si erano viste opporre il rifiuto alle pubblicazioni da parte dell‟ufficiale di stato civile e che avevano esperito tutti i mezzi di tutela interni (in particolare il ricorso di una delle coppie ricorrenti ha portato alla sentenza della Corte Costituzionale 138/2010).
71
La Corte osserva, infatti, che solo il 2% dei comuni esistenti si sono dotati di tali registri e che la trascrizione delle unioni omosessuali in tali registri abbia un valore puramente simbolico, non conferendo ai ricorrenti diritti specifici o uno stato civile ufficiale. Per quanto riguarda invece i contratti di convivenza, dichiara che si tratta di accordi privati che non soddisfano le esigenze fondamentali della coppia (come l‟adempimento dei doveri di assistenza morale e materiale e i diritti ereditari) e che questi sono accessibili a chiunque conviva indipendentemente dall‟essere una coppia (mentre la stessa Corte Europea nel caso Vallianatos e altri c. Grecia ha affermato che la convivenza non sia un elemento essenziale).
72
Corte Eur. Dir. Uomo, 21 luglio 2015, Ric. n. 18766/11 e 36030/11, Caso Oliari e Altri c. Italia par. 169 e 171.
32
Nella sentenza73 si mette in luce anche che il Legislatore italiano non abbia
accolto gli inviti, sempre più pressanti, a legiferare in materia provenienti dalle supreme autorità giudiziarie74.
La sentenza della Cedu rappresenta una svolta nel nostro ordinamento poiché il Parlamento non è più solamente invitato a legiferare in materia, ma è obbligato a farlo, per evitare ulteriori condanne a suo carico.
1.2 L’Italia si adegua alle prescrizioni della Corte EDU: l’entrata in vigore della legge n. 76/2016
A fronte delle indicazioni provenienti dal lungo dialogo tra le Corti nazionali e sovranazionali, il Parlamento Italiano l‟11 maggio 2016 ha finalmente approvato la nuova legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze75. Si tratta di
una normativa che recepisce gli orientamenti formatesi nella giurisprudenza, che adegua il dato normativo al mutato contesto culturale e sociale e che, soprattutto, ha fatto uscire l‟Italia da quella situazione di arretratezza in cui si trovava rispetto agli altri paesi dell‟Unione Europea.
73
Ibid. Par. 180.
74
Il riferimento è a Corte Cost. 138/2010, Cass. Civ. 4184/2012, Corte Cost. 170/2014, Cass. Civ. 2400/2015.
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Anche detta “legge Cirinnà” per via del nome della sua promotrice. Secondo alcuni, come Casaburi G., Il nome della rosa (la disciplina italiana delle unioni civili) in www.articolo29.it sarebbe più corretto parlare di ex Cirinnà, visto che l‟iter parlamentare che ha portato all‟approvazione della suddetta legge è stato molto frastagliato: il testo di legge originario (n. 2081) è stato presentato per la discussione in Senato il 6 ottobre 2015. In seguito è confluito, con diverse modifiche, nel maxiemendamento presentato dal Governo e interamente sostitutivo del disegno di legge di iniziativa parlamentare, composto da un articolo (regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e 69 commi. Tale emendamento è stato votato e approvato il 25 febbraio 2016 in Senato e l‟11 maggio 2016 alla Camera con il meccanismo della fiducia. La nuova legge è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20 maggio 2016, ed è entrata in vigore il 4 giugno 2016.
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Tale legge era ritenuta da molti un atto imposto dall‟Europa76 e
costituzionalmente dovuto77, ma sia la Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo,
che le Corti nazionali, non avevano obbligato l‟Italia ad estendere l‟istituto matrimoniale alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ma avevano messo in luce la necessità di una regolamentazione che consentisse di tutelare tali situazioni (che fino ad allora erano sprovviste di qualsiasi copertura normativa). Il Parlamento, quindi, avrebbe potuto decidere di estendere l‟istituto del matrimonio anche alle persone omosessuali78
. Ha preferito, invece, ispirarsi al modello tedesco introducendo il nuovo istituto delle “unioni civili tra persone delle stesso sesso” (il quale si affianca al matrimonio, riservato solo a persone di sesso opposto)79 e disciplinando le
convivenze di fatto (sia eterosessuali che omosessuali)80.
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E ciò emerge a chiare lettere dalle varie risoluzioni del Parlamento Europeo, come la risoluzione n. 0028, approvata l‟8 febbraio 1994, sulla parità di diritti per gli omosessuali nella comunità. In tale risoluzione si ribadisce la convinzione che tutti i cittadini debbano ricevere lo stesso trattamento indipendentemente dal loro orientamento sessuale e si invitano gli Stati membri ad aprire alle coppie omosessuali tutti gli istituti giuridici a disposizione di quelle eterosessuali, ovvero a creare per le prime istituti sostitutivi equivalenti. Anche nella Risoluzione del Parlamento Europeo sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea, del 16 marzo 2000, si chiede agli Stati membri di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali.
77
Mazzotta V., Cit. fa riferimento soprattutto agli inviti della Corte Costituzionale diretti al Legislatore e contenuti nelle sentenze 138/2010 e 174/2012. Casaburi G., Op. Cit., la riconduce tra le leggi “costituzionalmente necessarie”. Ambrosi A., Unioni civili e Costituzione, in Nuova Giur. Civ. Comm., II, 12, 2016 p. 1676 sostiene che la l. 76/2016 rappresenta l‟adempimento di un preciso dovere costituzionale.
78
Come del resto hanno fatto tali paesi Europei: Belgio (nel 2003), Danimarca (ha autorizzato le unioni civili tra persone omosessuali nel 1989, ma ha permesso il matrimonio solo nel 2012), Francia (2013), Islanda(2010), Lussemburgo (2015), Norvegia (2009), Paesi Bassi (è stato il primo paese ad aprire il matrimonio alle persone dello stesso sesso nell‟aprile 2001), Portogallo ( nel 2010 una legge ha abolito il riferimento alla diversità di sesso nella definizione di matrimonio), Regno Unito( più precisamente Inghilterra e Galles nel 2013 e la Scozia nel 2014), Spagna (2005), Svezia (2009), Finlandia (2014), Irlanda (è stato il primo paese ad approvare le nozze gay tramite referendum nel 2015).
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Patti S., Le unioni civili in Germania, in Fam. Dir., 10, 2015 descrive l‟evoluzione dell‟ordinamento tedesco. Il 1° agosto 2001 è entrato in vigore l‟istituto della