in croce
pur da color che le dovrian dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce.
Ma ella s’è beata e ciò non ode, tra l’altre prime creature lieta,
volve sua sphera e beata si gode.
Pues vuestro saber tal contraste no tiene que aquesta provee y lo juzga
y prosigue
su reyno govierna, su mando se sigue,
según le es mandado su cargo mantiene
su permutación no aver tregua conviene ninguno se quexe de su caso
atroce
la necesidad ser la haze veloce, que espesso consigue su vez
al que viene, a esta desean poner en
tormento aquellos que d’ella loarse
devrían,
uvieron los bienes que no merecían
y dan la blasphemia por agradecimiento. Mas ella no cura su torpe
lamento,
ni entiende en oýrlo, ni lloros acata,
con otras primeras criaturas beata
bolviendo su rueda prosigue su intento.
Pues vuestro saber tal contraste no tiene,
que aquesta provey y lo juzga y prosigue,
su reyno govierna, su mando le sigue,
segund le es mandado su cargo mantiene;
su permutación no aver tregua conviene,
ninguno se quexe de su caso atroce,
la necessidad ser la faze veloce, que espresso consigue su vez al
que viene. A esta desean poner en
tormento aquellos que della loarse
debrían,
ovieron los bienes que no merescían y dan la blasfemia por
gradescimiento; mas ella no cura su torpe
lamento
ni entiende en oyrlo ni lloros acata
con otras primeras creaturas beata
volviendo su rueda prosigue su intento.45
117 Le Horas
de recreación
di Vicente de Millis
che il suo agire debba risultare comprensibile all’intelletto umano, come si leggeva nei versi del Purgatorio citati sopra, e per questo gli uomini la bestemmiano, mentre dovrebbero benedirla come «gli altri dei», intesi nel senso delle leggi di natura che obbediscono ai più alti comandamenti divini. Certamente la complessità del passo spinse Millis a cercare il supporto del Villegas; si noti che, se Millis cercava di tra- durre in endecasillabi, questo passo è invece composto da strofe di otto dodecasillabi, ossia coplas de arte mayor, diffuse in Spagna prima dell’avvento della poesia italianizzante di stampo petrarchista.
Il fatto che Millis conoscesse la Comedia di Villegas lo qua- lifica già come esperto bibliofilo, ma il suo orizzonte interte- stuale è invero assai ampio. Il caso più interessante di tutta l’opera è quello di Ariosto. In tutti i luoghi in cui Guicciardi- ni cita il Furioso, Millis si serve della traduzione castigliana di Jerónimo de Urrea. Come accadeva per Boiardo, Alamanni e Dante, Guicciardini non identifica mai il luogo preciso da cui provengono le sue citazioni, indicandone sempre solo l’autore, e in rari casi l’opera. Lo stesso accade con Ario- sto; ciò nonostante, Millis riesce a rintracciare nell’immen- so Urrea tutti i luoghi menzionati dalla sua fonte. Questa straordinaria competenza di Vicente non deve sorprendere, giacché, quando traduceva Guicciardini, aveva appena pub- blicato un’edizione del Furioso castigliano per i tipi di Mathias Mares, lo stesso editore delle Horas e di Bandello. Uscì nel 1583, ma Vicente aveva ottenuto la licenza nell’estate del 1581; è un’edizione di primo livello, con carta e qualità di stampa eccellenti; è corredata di un commento in castigliano che Vicente compilò a partire da quelli che circolavano in Italia. Le caratteristiche dell’opera sono descritte nella prima pagina del volume:
Lo que de nuevo se ha puesto en este Orlando Furioso que nunca hoy en ninguna impresión en la lengua española se ha puesto es lo siguiente.
Primeramente, la vida de Ludovico Ariosto, que escribió en lengua toscana Juan Baptista Pinna.
Unas advertencias necesarias para el entendimiento de- ste libro que compuso en toscano Geronymo Ruselli.
Una declaración para entender mejor este libro, que compuso Fausto de Longiani.
Iole Scamuzzi
118
los lugares que tienen dudas, y se resuelven contradiciones y argumentos, escriben historias, u fábulas sumariamente, traduzidas de los authores siguientes, y asimismo se ponen y señalan los authores a quien el Ariosto imitó y siguió: Ge- ronymo Ruselli, Lodovico Dolce, Thomás Porcachi, Nicoló Eugenico.
Van todas las estancias numeradas.
En todos los cantos, quando se va prosiguiendo una hi- storia. O contando de alguna persona, y se dexa, va señalado en la margen en qué canto, estancia o parte se volverá a hallar.
[…]
Todas las vezes que en la margen se viere algún nombre con letras versales, es señal que allí se trata del la primera vez.
[…]
Una tabla en que se verá como comienza cada canto. En la margen van puestos los autores a quien el Ariosto imitó, siguió, o los sacó.
De manera que con lo que de nuevo se ha añadido y emendado, se puede decir que esta obra sale agora de nue- vo a luz, pues todo ello son curiosidades y trabajo que nunca en nuestra lengua se hizieron, y algunas dellas tampoco en la toscana, como todo ello por ella se verá.
Tutti gli interventi sul testo elencati furono cura di Vicente de Millis, che acquisí in questo modo la sua competenza sull’opera: tradusse la vita di Ariosto, le annotazioni genera- li e quelle a ogni canto, e soprattutto curò il lungo lavoro di indicizzazione del contenuto. Era lui a sapere se un perso- naggio veniva nominato per la prima volta o se era stato già menzionato, e dove: lui sapeva a memoria gli incipit di tutti i canti (e la maggior parte delle citazioni ariostee di Guicciar- dini erano ottave incipitarie). Se teniamo conto delle date in cui vennero ottenute le licenze per stampare le traduzioni dal latino, italiano e francese di Vicente, vedremo che tutte lo vedono impegnato nella prima metà degli anni ottanta e che quindi tutte queste conoscenze gli erano ben presenti nel tradurre Guicciardini. Per facilitare la comparazione fra i dati, propongo nella pagina a fronte una tabella che ordini tutte queste opere cronologicamente, in base alla data di ottenimento della licenza.
119 Le Horas
de recreación
di Vicente de Millis
Le parole con cui Millis conclude la dedica dell’Urrea a Juan Fernández de Espinosa confermano che, quando stava terminando questo lavoro, ne aveva già altri iniziati:
Y también porque entiendo v.m. me hará merced de ace- tar mi servicio, tomando lo que yo he trabajado en ella deba- xo de su amparo, y a mi poniéndome en el número y cuenta de sus servidores. Lo qual tendré por bastante remuneración del tiempo que en ello emplee, y será darme ánimo para que prosiga y acabe otras cosas que tengo començadas.
Quindi, le traduzioni di Guicciardini e Bandello, che videro la luce rispettivamente nel 1586 e 1589, ma che avevano già ottenuto la licenza nell’estate del 1584, con ogni probabilità erano già state cominciate nel 1581, e furono realizzate co- munque nella prima metà degli anni ottanta. Vicente a quel punto doveva essere riuscito a liquidare gran parte dei suoi debiti e poteva dedicarsi ai suoi studi in autonomia, probabil- mente ancora grazie alla tutela dei Junta: all’inizio degli anni ottanta si stava specializzando come traduttore dal latino, dal francese e dall’italiano, e poteva chiedere personalmente li- cenza per le sue opere, oppure farla richiedere al figlio Juan. Dalla licenza dell’Urrea si deduce anche che Vicente, Ana e Juan nel 1584 erano riusciti a tornare a vivere a Salamanca: «Por quanto por parte de vos Vicente de Millis Godinez estan- te en nuestra corte y vezino de la ciudad de Salamanca…».
È difficile ricostruire come migliorarono le condizioni della famiglia Millis, perché non compaiono più nei docu- menti di Medina del Campo, ma Vicente riesce ad affermarsi come intellettuale di più e meglio che come libraio o stampa-
Opera Data e beneficiario della licencia Data di pubbli- cazione Stampatore Editore Urrea,
Orlando Furioso Vicente de Millis,9 agosto 1581 1583 Matías Mares Vicente de Millis
Guicciardini, Horas de recreación Juan de Millis, 7 luglio 1584 1586 Matías Mares Juan de Millis Polidoro Vergilio, Los ocho libros de los inventores de las
cosas Juan de Millis, 16 agosto 1584 1599 Cristóbal Lasso Vaca Juan Boyer Bandello, Historias trágicas ejemplares Juan de Millis, 8 settembre 1584 1589 Pedro Lasso Juan de Millis
Iole
Scamuzzi tore. La sua cultura si manifesta nelle sue opere, negli angusti spazi di autonomia concessi dalla traduzione. Si è visto quali furono le sue capacità poetiche, che riescono a manifestarsi anche nei luoghi ariostei, quando questi hanno bisogno di essere adattati al contesto dell’apologo nel quale si trovano. È il caso del racconto Anv.431 - Millis.419:
Anversa 1568, p. 286 Millis, p. 164r. Urrea, O.F. ix, v, 5-8.
E l’Ariosto dice:
L’amante per haver quel ch’ei desia,
senza guardar che Dio tutto ode e vede,
avviluppa promesse e giuramenti,
che tutti spargon poi per l’aria i venti
Y el Ariosto dixo:
Él que ama, por aver lo que dessea,
sin más pensar que Dios está delante,
haze promessas, haze juramento,
que se tornan después en poco viento.
Después que su dureza aquí se vea
contra quien tanto bien le dio bastante,
dama alguna de hoy más, si cree, no crea
en palabras ni fe de moço amante;
que por aver aquello qu’él dessea,
sin más pensar que Dios está delante,
haze promesas, y haze juramento
Que se torna después un (sic) poco viento.
[Ariosto O.F. x, v, 5-8].
La sintassi del testo di Urrea non permetteva di tagliarlo co- me proponeva Guicciardini, quindi Millis modifica il primo verso della citazione perché si agganci al racconto, oltre a migliorare la concordanza fra «tornan» e il relativo soggetto: «promesas» e «juramento». Nonostante questi piccoli inter- venti, Millis segue fedelmente Urrea anche nei luoghi in cui si allontana dal testo di Ariosto, e quindi dalla citazione di Guicciardini, come nel caso che segue (Anv.410 - Millis.397):
Anversa 1568, p. 270 Millis, p. 154r. Urrea46, O.F., xliv, i-ii
[…] Al cui proposito l’eccellen-
te Ariosto dice così: […] Y a este propósito dixo muy bien el excelente poeta Ludovico Ariosto:
46
46. Le indicazioni di canto, ottava e versi in Ariosto e Urrea si devono intendere così: Ariosto (OF x, v, 5-8) = Ariosto, Orlando Furioso, canto x, ottava v, versi 5-8. Se non si indicano numeri arabi, significa che l’ottava è citata per intero. Citerò sem-
121
Il testo di Urrea, con uno sforzo di adattamento culturale, sostituiva l’omaggio a Luigi xII di Ariosto con la menzione di due personaggi appartenenti alle gesta germaniche dell’im- peratore Carlo V: si tratta del duca di Sassonia Giovanni Fede- rico e di suo cugino Filippo II di Hesse, chiamato Landgrave dal nome delle sue terre. Essi difesero il luteranesimo e di- ressero le azioni della lega di Smalcalda nella guerra contro Carlo V. La Lega fu sconfitta grazie all’intervento di un terzo pre Urrea a partire dall’edizione curata da Vicente de Millis: Orlando Furioso de M. Ludovico
Ariosto, traduzido de la lengua toscana en la española por Don Gerónimo de Urrea, impresso en
Bilbao por Mathías Mares, año de 1583». Quanto più su l’instabil ruota
vedi,
di fortuna ire in alto il miser huomo,
tanto più tosto hai da vedergli i piedi,
ove ora ha ’l capo, e far cadendo il tomo.
Di questo esempio è Policrate e il re di
Lidia e Dionigi e altri ch’io non nomo,
che ruinati son dalla suprema gloria in un dì nella miseria estrema.
Così all’incontro quanto più depresso,
quanto è più l’uom di questa ruota al fondo,
tanto a quel punto più si truova appresso,
ch’ha da salir, se de’ girarsi il tondo.
Alcun sul ceppo quasi il capo ha messo,
che l’altro giorno ha dato legge al mondo:
Servio, Mario e Ventidio l’hanno mostro,
al tempo antico, e il re Luigi al nostro.
Quanto en la inquieta rueda ves muy alto
subir al mísero hombre confiado
tanto d’el pié más presto en fiero salto,
do la cabeça tuvo, ves colgado. Ejemplo es Polícrato, y el Rey alto
de Lydia, y Dionís, tan encumbrado,
sin otros, que cayeron de suprema
gloria en un día, a la miseria estrema.
Assí al contrario, quánto más caýdo
el hombre en esta rueda va al profundo,
tanto está en punto más de ser subido
(pues rueda siempre) y verse más jocundo.
Alguno se ve baxo mal metido
Que el otro día leyes dio en el mundo:
Servio, Mario, y Ventido cual se sabe
vieron, y ahora el de Saxa con Lantzgrave.
Quanto en la inquieta rueda ves muy alto
subir al mísero hombre confiado
tanto del pié más presto en fiero salto,
do la cabeza tuvo, vees colgado. Ejemplo es Polícrato, y el Rey alto
de Lydia, y Dyonís, tan encumbrado,
sin otros, que cayeron de suprema
gloria en un día, a la miseria estrema.
Assí al contrario, quánto más caýdo
el hombre en esta rueda va al profundo,
tanto está en punto más de ser subido,
pues rueda siempre, y verse más jocundo.
Alguno se vee baxo mal metido que el otro día leyes dio en el mundo:
Servio, Mario, y Ventidió cual se sabe
vieron, y ahora el de Saxa con Lantzgrave
Iole Scamuzzi
122
cugino, il duca di Danimarca Maurizio (che era anche gene- ro del Landgrave), che aveva sostenuto la parte cattolica e riuscí a fare prigionieri cugino e suocero nella battaglia del 24 aprile 1547. Giovanni Federico e il Landgrave non furono giustiziati, ma Giovanni Federico dovette cedere a Maurizio la Sassonia, e il Landgrave fu condannato all’esilio perpetuo. Se il messaggio di Guicciardini era che la fortuna affossa i grandi e innalza gli umili senza alcuna considerazione del- la loro condizione precedente, la variante che Millis trova nell’Urrea sta a pennello. Esistono, tuttavia, altre varianti di questo verso, tramandate da edizioni diverse da quella di Millis e più vicine al testo italiano: l’edizione di Francisco José Alcántara47 ne sceglie una più vicina alla lettera di Ariosto «Alguno se ve bajo mal metido / que el otro día leyes dio en el mundo: / Servio, Mario, y Ventidío antaño / lo muestran, y el rey Luis lo ha visto hogaño»; mentre l’edizione bilingue a cura di María Nieves Muñiz Muñiz e Cesare Segre48 preferisce la variante dell’edizione Millis.
Restano da analizzare ancora due autori, che Millis poteva leggere in traduzione, e che possono aggiungere qualcosa al ritratto di lui che stiamo disegnando. Il primo, che non poteva mancare, è la seconda delle corone italiane, ossia Francesco Petrarca. La maggior parte delle citazioni petrar- chesche di Guicciardini provengono dai Trionfi e solo in al- cuni casi l’autore indica di quale trionfo si tratta. All’epoca di Vicente de Millis, esistevano solo due traduzioni castiglia- ne di quest’opera. La prima fu pubblicata agli albori della stampa spagnola, a Logroño, nel 1512. Era opera di Antonio de Obregón, ed era corredata di una vita dell’autore e di un ampio commento, derivante dai commentari italiani di Bernardo Lapini; l’opera era in quintillas, ossia versi tradizio- nali di otto sillabe, organizzati in strofe di cinque versi con due rime consonanti. L’edizione era di altissima qualità e riproduceva le illustrazioni che adornavano la celebre edi- zione italiana dei Trionfi pubblicata a Venezia da Gregorio de Gregoriis nel 1508. Questa traduzione vide tre edizioni ulteriori: a Siviglia, Juan Varela di Salamanca la editava due
47. L. Ariosto, J. de Urrea, Orlando furioso, a cura di F.J. Alcántara, Planeta, Barcelona 1988.