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2.2 L’a ettazio e della agia

Nel documento Magia e malocchio (pagine 30-37)

Alcuni studiosi messi di fronte a eventi straordinari, finiscono per accettare gli

eventi magici, riportandoli nei loro resoconti come episodi reali e senza alcun

filtro. Questi studiosi, appartenenti ai primi anni del 900, finirono per essere

considerati poco attendibili o vittime di qualche trucco molto ben congeniato, in

altri casi la considerazione dei loro resoconti si fa più opaca, con alcuni

commenti che lasciano pensare a una parziale accettazione della realtà dei fatti

narrati. De Martino riporta nel testo “Il Mondo Magico”, alcuni di questi testi

proponendo la sua originale visione e non chiudendo totalmente alla possibilità

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parapsicologia e della sperimentazione statistica sugli eventi straordinari.

Nel suo the “Psychomental Complex of the Tungus”, S.M Shirokogoroff riporta:

“In stato di grande concentrazione gli sciamani (tungusi), come altre persone, possono entrare in comunicazione con altri sciamani e con individui comuni.

Presso tutti i gruppi di tungusi, questo si fa del tutto intenzionalmente per necessità di carattere pratico, specialmente in casi urgenti”. Lo Shirokogoroff prosegue spiegando come sia possibile chiamare un individuo da qualsiasi

luogo, semplicemente pensandolo assiduamente ed effettuando una richiesta, ad esempio: “Per favore vieni qui [luogo x]”3. “Ciò”, spiega ancora, “deve essere

ripetuto fino a che non si vede la persona chiamata o finché non si apprende che

la persona abbia percepito il messaggio”.

“Si può vedere la persona fisicamente, nel suo ambiente naturale. Più tardi, quando si incontra la persona chiamata, si può chiedere conferma dell’ambiente

3 S.M. Shirokogoroff, The Psychomental complex of the Tungus, Trench, Trubner and Co.

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e del luogo al momento della chiamata”4.

Lo Shirokogoroff non mette in alcun modo in dubbio l’effettiva realtà dei poteri magici, spiegando poi i modi in cui la persona potrebbe dare conferma dell’avvenuta ricezione del massaggio, ad esempio sotto forma di animale. Viene spiegato poi come gli sciamani abbiano delle tecniche di comunicazione

che non sono concesse a tutti gli uomini; capita infatti che: “talora essi non

sanno rendersi ragione del motivo per cui lasciano un luogo e vanno in un altro

dove incontrano la persona che li ha chiamati: essi vanno perché ‘sentono che debbono andare’”5.

La stessa tematica viene affrontata dal missionario Henri Trilles che riporta l’episodio dello specchio magico, spiegando la meraviglia di scoprire un ladro grazie all’utilizzo dell’oggetto magico: “senza dir parola (il negrillo), andò a cercare il suo specchio magico, poi dopo qualche incantesimo mi dichiarò in

4 Ibid. 5 Ibid.

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modo deciso: -vedo il tuo ladro, è il tale – e mi designò uno dei giovani che mi avevano accompagnato. -D’altronde guarda tu stesso- e con mio grande stupore vidi riflessi nello specchio i tratti del mio ladro. L’uomo subito interrogato, confessò di essere effettivamente il colpevole.”6

Episodi di questo genere sono estremamente diffusi all’interno della letteratura etnologica, tra questi spiccano spesso elementi comuni, usanze ascrivibili a

gruppi totalmente distanti e appartenenti a diverse culture.

Il problema dei poteri magici sembra prendere più forza di fronte alla

drammaticità di determinati eventi che coinvolgono gli etnologi sul campo; è qui che si manifesta la difficile posizione dell’antropologo di fronte alla magia che tende spesso a lasciarsi coinvolgere e divenire a sua volta parte del mondo

magico che sta cercando di decifrare.

Riporta con stupore, D.Leslie un evento che coinvolge la popolazione degli

Zulu; trovatosi ad attraversare un vasto territorio, Leslie non riesce a trovare i

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suoi cacciatori Kafiri, si rivolge allora a uno stregone che compie uno strano

rituale rivelando cosa è accaduto:

“Lo stregone accese otto piccoli fuochi, quanti erano i miei cacciatori, in ciascuno di tali fuochi gettò delle radici, che emettevano un odore nauseante e

fumo denso, e vi gettò anche una pietruzza, gridando contemporaneamente il nome al quale la pietra era dedicata”7. Viene riferito come successivamente lo

stregone ingerisca una speciale medicina e cada poi in una specie di trance; una volta sveglio lo stregone si muove verso le varie pietruzze, descrive l’uomo a cui esse corrispondono e inizia a parlare: “Quest’uomo è morto di febbre e il vostro fucile è andato perduto”8, dice, “Quest’uomo ha ucciso quattro elefanti”,

prosegue spostandosi di pietra in pietra fino a dare un quadro completo della

sorte dei cacciatori.

Ecco che arriva l’incredibile meraviglia di D. Leslie quando scopre che tutto ciò che lo sciamano ha affermato si è verificato in maniera esatta: “Queste

7 D. Leslie, among the Zulu and Amatongos, edimburgo, 1875, citato da A.Lang,

Lang, Andrew, The Making of Religion, Longmans, Londra,1909, pp 68

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informazioni, di cui presi allora diligentemente nota, con mio grande stupore si palesarono più tardi esatte in ogni particolare. Che quest’uomo potesse aver avuto le informazioni dai cacciatori per via normale era poco probabile: essi erano sparpagliati in una regione lontana 200 miglia”9.

Messo di fronte a eventi del genere, lo stupore del testimone lo rende partecipe dell’evento stesso. Siano questi complicati trucchi o tecniche che richiamano al mondo della telepatia e della para-psicologia, il mondo dei poteri magici finisce

sempre per trascinare lo studioso in un dramma da cui è difficile uscire.

Bisognerebbe forse analizzare come la crisi della presenza, risolta attraverso la magia da parte di chi appartiene all’età storica del mondo magico, si presenti invece in una forma diversa di fronte a chi, proveniente dall’età storica delle scienze, vede messa in discussione la sua concezione del reale da eventi che non

riesce a spiegare logicamente.

La magia si manifesta sempre in maniera estremamente drammatica, ne sono un

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esempio le varie forme di iniziazione sciamanica che avvengono sia sotto forma ritualistica (quindi per mano “umana”) che sotto forma di evento sovrannaturale e per mano di spiriti maligni e entità di vario genere.

Nella cultura eschimese la magia ha un ruolo estremamente importante ed estremamente importante è anche colui che “amministra” il mondo magico, Ramussen, racconta così l’iniziazione di una sciamana: “Uvavnuk era diventata sciamana nel modo seguente: in una sera particolarmente buia, illune, Uvavnuk era uscita dalla capanna per soddisfare un bisogno. D’improvviso apparve dal cielo una palla incandescente di fuoco e prima che ella potesse fuggire, la colpì

ed entrò in lei. Nello stesso momento sentì che in lei tutto si illuminava, e perse

conoscenza. Ma da quel momento essa diventò una grande sciamana. Lo spirito

della meteora era entrato in lei trasformandola in una grande sciamana. Questo

spirito essa lo aveva visto appena prima di perdere i sensi. Aveva due specie di

ci corpi che fendevano fiammeggiando lo spazio: da un lato era un orso, dall’altro un essere simile all’uomo: la testa era quella di un uomo con i denti di

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orso”10.

Questo tipo di episodio viene accettato dalla comunità e considerato all’unisono veritiero. Nessun individuo che appartenga al così detto mondo magico negherà mai o metterà in discussione l’evento e lo status di sciamano raggiunto dal soggetto in questione. L’episodio, come ogni iniziazione si caratterizza per una fortissima drammaticità; caratteristica comune nelle più svariate culture che

vede lo sciamano, colui che amministra la magia e che media tra le forze ignote

e la popolazione, scoprire la sua identità e la sua persona completamente

stravolte in meccaniche che richiamano sempre a una morte rituale, seguita da

una rinascita entro una nuova forma, verrebbe da dire in una nuova storia.

Nel documento Magia e malocchio (pagine 30-37)