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Magia e malocchio

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Filosofia

Corso di laurea specialistica in Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA

MAGIA E MALOCCHIO

TEORIE ANTROPOLOGICHE SU MAGIA E STREGONERIA NELL’OPERA DI FAVREET SAADA, ERNESTO DE MARTINO E CLARA GALLINI.

RELATORI

Prof. Fabio DEI

Dr.A. Caterina DI PASQUALE

Candidato

Filippo CARIGNANI

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3 Indice

Introduzione ... 1

1 - Introduzione agli studi classici. ... 3

1.1- James Frazer e l’evoluzionismo. ... 5

1.2 - Il funzionalismo tra Malinowski ed Evans Pritchard ... 8

1.3 - Freud, Jung e il pensiero psicoanalitico ... 11

1.4 - Strauss e lo strutturalismo ... 14

1.5 - De Martino e lo storicismo ... 16

2 - Ernesto De Martino ... 19

2.1 - l’incontro dello studioso con il mondo magico ... 22

2.2 - L’accettazione della magia ... 25

2.3 - Storia e natura del malocchio ... 32

2.4 - Fascinazione e malocchio ... 34

2.5 - Fattucchiere e fattucchieri ... 37

2.6 - I Sabbah dei maciari ... 44

2.7 - Onirismo e magia ... 47

2.8 - La sopravvivenza del mondo magico nella realtà moderna ... 49

2.9 - La magia “lucana” ... 52

2.10 - Il caso napoletano: La Jettatura ... 56

2.11 - L’azione imitativa e il “così-come” De Martiniano ... 59

2.12 - Considerazioni sul malocchio nell’analisi di De Martino ... 61

3 – Clara Gallini ... 64

3.1 - Dono e Malocchio ... 65

3.2 - La Sardegna magica ... 67

3.3 - Il furto della fortuna ... 68

3.4 - S’inpinzu nella voce dei contadini ... 73

3.5 - Contrattaccare... 76

3.6 - L’occhio ... 79

3.7 – La mala lingua ... 83

3.8 - Precarietà e terrore ... 86

3.9 - La malattia del malocchio ... 88

3.10 - Proteggersi dal male ... 92

3.11 - Il male in noi... 94

3.12 - La Medicina... 98

3.13 - Sociologia della magia ... 100

4 - Le parole mortali di Favreet Saada ... 102

4.1 - Deadly words, le parole che uccidono ... 103

4.2 - La presenza dello studioso ... 105

4.3 - Solo parole ... 110

4.4 - Il difficile studio della magia ... 112

4.5 - Catturare e essere presi ... 117

4.6 - La strega venuta dall’accademia ... 119

(4)

4

4.8 - Religione e psichiatria ... 123

4.9 - L’incontro con in Babin e la trasformazione di Favreet Saada ... 126

4.10 - Male per male ... 131

4.11 - Le origini del male nella famiglia Babin ... 136

4.12 - Segreti taciuti ... 139

4.13 - Verso una nuova teoria della magia ... 148

Conclusioni ... 157

(5)
(6)

1

Introduzione

Il lavoro qui presentato ha l’obiettivo di analizzare il fenomeno della magia e

delle credenze magiche, in particolare soffermandosi sulla tematica del

maleficio identificata nel nostro caso come malocchio.

Partiremo quindi dagli studi storici sulla magia, andando successivamente a

confrontare e illustrare le credenze comuni individuabili nella visione del malocchio presente nel sud dell’Italia (attraverso i testi “Sud e Magia” di Ernesto De Martino, e “Dono e Malocchio” di Clara Gallini) e la credenza nel

malocchio presente nella regione francese del Bocage, attraverso lo studio del

testo: “Deadly Words”, “Parole Mortali”, cronaca elaborata dalla studiosa Favret

Saada durante la sua ricerca sul campo, relativa alla stregoneria e al malocchio

in Francia. Opera quest’ultima, estremamente drammatica che mostra al meglio il lento sprofondare della studiosa all’interno del sistema psicologico e delle pratiche della magia assieme all’emergere di una vera e propria crisi della presenza, a quanto pare capace di ripresentarsi anche all’interno dello studioso

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2

moderno, dell’osservatore.

Si cercherà quindi di capire fin dove lo studio di queste pratiche sia possibile e quale possa essere l’approccio capace di analizzare un mondo che appartiene, come sostenuto da De Martino, a una diversa età storica rispetto alla nostra. Un

mondo che sembra offrirci solo due possibilità, osservarlo da lontano,

allontanandoci dalle sue fascinazioni o finire inevitabilmente coinvolti ed

entrare a nostra volta in un altro sistema di pensiero e concezione della realtà, l’età storica del mondo magico.

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3

1 - Introduzione agli studi classici.

La magia, la stregoneria, i riti di passaggio sono temi con i quali antropologi ed

etnologi si sono confrontati dalla nascita stessa delle loro discipline. La credenza

magica, il rituale sono parte integrante delle culture primitive ed elementi che hanno accompagnato l’umanità fino al presente.

Attraverso lo studio sul campo, l’antropologo ha potuto osservare e cercare di

affrontare la tematica della credenza magica e della magia applicata, a volte

allontanandosene e tacciandola come superstizione tribale, altre volte

cercandone un significato sociale e catartico, una struttura collante o una forma

di potere e di esercizio del potere, altre volte ancora l’antropologo si è lasciato

invece affascinare, legare dalle arti magiche fino a finire per fare ipotesi, per cercare spiegazioni, fino a sentirne l’influsso e rimanerne coinvolto.

Le principali correnti classiche che hanno analizzato le arti magiche e la

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4 suddivideremo in: • evoluzionistico • funzionalistico • psicoanalitico • strutturalista • storicistico • strutturalismo

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5

1.1- Ja es Frazer e l’evoluzio is o.

A seguito della teoria evoluzionistica di Charles Darwin sviluppatasi con l’uscita nel 1959 del testo “Origine della specie secondo i principi della selezione naturale”, prese piede il concetto di una evoluzione lineare biologica e culturale, un pensiero che divideva i passi dell’umanità in vari livelli diretti ad una forma sempre più perfetta di cultura.

L’applicazione del pensiero positivo alla nascente antropologia dette vita così a un nuovo interesse così come alla possibilità di strutturare e analizzare le

tradizioni e le culture così dette primitive.

Esponente di spicco di questa corrente fu James Frazer (1854-1941), uno dei

principali studiosi legati alla corrente antropologica britannica di fine ottocento,

Frazer contribuì col suo pensiero e col suo testo più noto “Il ramo d’oro” (1890-1935) a generare e rafforzare la corrente dell’evoluzionismo analizzando le varie culture e le loro tradizioni come stadi evolutivi della specie umana, finendo

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6

più rudimentale di cultura, un punto di partenza per l’evoluzione che avrebbe portato alla moderna scienza, unica realtà in grado di spiegare e modificare

attivamente il mondo che ci circonda.

Frazer concepiva la magia come un meccanismo attraverso il quale l’uomo cerca di controllare la natura, una struttura che veniva assimilata e concepita come una

rudimentale forma scientifica.

Il mago, detentore di un particolare potere capace di metterlo in contatto con le forze naturali, diventa quindi l’antesignano del moderno scienziato. Nel tentativo di controllo della natura attraverso somiglianze e associazioni di idee,

le società tribali inizierebbero secondo Frazer a sviluppare un concetto di causa

ed effetto contenente in potenza I germi del pensiero scientifico.

In Frazer la magia si oppone alla religione, suo stadio successivo, le arti

magiche basate su un sistema influenzabile attraverso particolari rituali, contrastano con l’idea di entità sovrannaturali in grado di modificare gli eventi e il mondo circostante in maniera irrazionale e legata al loro volere influenzabile

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7

con sacrifici a preghiere.

Attraverso il passaggio da magia a religione, da un sistema puramente naturale a

forme sempre più ordinate di credenza si giunge, secondo Frazer, alla scienza: la

forma più pura dello sviluppo e il completamento del processo psicologico che

ci pone in rapporto con il mondo.

Le forme di pensiero analizzate nelle popolazioni primitive, le arti magiche e le

credenze legate al sovrannaturale diventano così forme rudimentali, stadi evolutivi in attesa di uno sviluppo e rimasugli di un’era passata come quelle malformazioni genetiche che fanno riemergere stadi passati dell’evoluzione di una forma di vita.

Il pensiero di Frazer e l’evoluzionismo nelle scienze etnoantropologiche in

generale sembrano soffrire di un forte eurocentrismo e di una visione ancora

primitiva degli studi antropologici, una concezione che non ha ancora affrontato

il relativismo e le correnti successive che animeranno il dibattito sulla magia. Paradossalmente nonostante l’immenso lavoro di ricerca e studio Frazer finisce

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8

per cadere lui stesso in un problema evoluzionistico, la sua corrente e il suo

pensiero necessiteranno numerose fasi evolutive per raggiungere una visione più

complessa e illuminata della magia e delle sue sfaccettature.

1.2 - Il funzionalismo tra Malinowski ed Evans Pritchard

La teoria di base del funzionalismo è quella di un approccio alle culture basato

sulla concezione della società simile a quella di un organismo biologico all’interno del quale ogni singola struttura ha una sua precisa funzione.

Gli appartenenti alla scuola funzionalista analizzano quindi le società e le loro

tradizioni cercando una precisa funzione in relazione agli elementi sociali,

psicologici e biologici del gruppo analizzato.

Il principale esponente della corrente funzionalistica è Bronislaw Malinowski

(1881-1955), noto anche come fautore dell’inizio della vera e propria ricerca sul

campo da parte degli etnologi, non è lui il primo antropologo a recarsi di persona nei luoghi di ricerca ma la sua metodologia e l’empatia con cui si lega alle società studiate lo rendono il primo vero e proprio ricercatore su campo.

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9

Attraverso un’analisi di stimolo-risposta di derivazione comportamentista Malinowski studia le società cercandone un sistema armonico in grado di

collegare ogni elemento ad una funzione precisa, la sua visione della cultura è

quella di un insieme di elementi correlati dettati da una precisa necessità

psicologica e biologica.

Alle necessità primarie come: cibo, lavoro, riproduzione, Malinowski affianca

bisogni sociali come: famiglia, istruzione, economia e bisogni integrativi nei

quali include: magia, mitologia, arte.

La teoria di Malinowski si ricollega quindi all’utilitarismo e all’organicismo e viene criticata per l’incapacità di spiegare determinate varietà e complessità riscontrabili nelle società e nelle differenti culture, l’altra critica che viene mossa contro il funzionalismo è la mancata integrazione della storia all’interno degli

studi.

Ad arricchire e a muovere un passo successivo nel funzionalismo partecipa

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10

1937 “Oracoli, stregoneria e magia tra gli Azande”, propone una visione alternativa del pensiero magico mantenendo comunque la struttura funzionalista.

Scritto tra il 1926 e il 1930, il testo analizza il popolo degli Azande tra il Sudan e

il Congo e la loro peculiare concezione della magia e della stregoneria. Il testo è

uno dei fondamenti dello studio della magia e ha dato vita negli anni a numerosi

dibattiti.

La concezione che emerge dalle ricerche di Pritchard è quella di un sistema

magico analizzabile solamente nel contesto più ampio e globale della società

studiata, un complesso di riti e credenze che acquistano la loro funzione

specifica solo come un insieme.

Il problema che viene maggiormente analizzato si pone il quesito di come un

popolo razionale quali gli Azande, potesse vivere in un sistema di credenze

magiche funzionale sì, a se stesso, ma completamente al di fuori della

razionalità.

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11

analisi della coerenza interna al sistema e alle sue funzioni capace di portare alla

fine del binomio logico-non logico e di abbracciare una nuova concezione basata sull’apertura ad un sistema di pensiero differente la cui validità è data dalla sua funzionalità e coerenza interna.

1.3 - Freud, Jung e il pensiero psicoanalitico

Altro attore degli studi sul pensiero magico è Sigmund Freud.

Il padre della psicanalisi, si confronta anche lui con il problema della magia e la concezione di quest’ultima, in particolare nella stesura del suo lavoro “Totem e Tabù” del 1912.

L’opera subisce una fortissima influenza da parte del “Ramo d’oro” di Franzen e sposa la sua concezione.

Per Freud la magia, arte che permette agli animisti di “controllare il mondo”, altro non è che un particolare tipo di nevrosi ossessiva, che si va ad unire a una

sopravvalutazione dei poteri della mente. Quella che si vive nelle società

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12

L’argomento viene ripresentato da Freud nel suo lavoro “Introduzione alla psicanalisi”, qua vengono ribaditi i concetti già espressi nel testo “Totem e Tabù”.

È proprio qua che Freud definisce la magia "la prima arma nella lotta contro le

forze del mondo circostante, prima precorritrice della tecnica dei giorni nostri". Spiegando come l’uomo preistorico non facesse “affidamento semplicemente sulla forza dei propri desideri: si aspettava piuttosto il successo dall'esecuzione

di un atto che avrebbe dovuto indurre la natura ad imitarlo, se voleva la pioggia,

versava egli stesso dell'acqua; se voleva incitare il terreno alla fecondità, gli

dava lo spettacolo di un rapporto sessuale fra i campi"1.

L’analisi di Freud tende quindi a mostrare la forza simbolica e l’impatto delle immagini e dei collegamenti sulla mente “primitiva”. La magia viene relegata a una semplice mania, una forma ossessiva, simile al pensiero dell’ossessivo

compulsivo che crede di modificare il mondo attraverso la ritualistica delle sue

azioni. Un pensiero che si ripresenterà poi nelle arti magiche e nello studio di

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13

malocchi e fascinazioni.

Il pensiero che Freud ribadisce, è che il sistema logico a cui l’uomo primitivo appartiene non sia affatto differente dal nostro, c’è semplicemente una

differenza di concezione del mondo.

L’uomo moderno parte da un presupposto più empirico e reale, l’uomo primitivo crede ancora nella magia del mondo. Il sovrannaturale, per il primitivo non è

affatto tale, è anzi una quotidianità, dettata dalla mancanza di informazioni e di

un substrato culturale che si rifaccia alla scienza.

Differente è il pensiero di Gustav Jung, discepolo di Freud. Noto per i suoi

interessi nei confronti del mondo magico-alchemico.

Jung vedeva nell’alchimia una vera e propria forma di psicoanalisi proveniente dall’antichità. È in questo modo che seguendo i suoi studi finisce per interpretare le arti magiche sotto la loro forma simbolica. Per Jung le arti

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elementi che risultano inspiegabili.

Nella concezione di Jung, le arti magiche, siano queste quelle alchemiche o

quelle della magia primitiva o altre forme di divinazione; agiscono a livello

inconscio e simbolico, subito sotto la soglia della percezione. I miti, il pensiero

magico e la sua ritualistica non vengono così prodotti da una società o da una

cultura, ma riscoperti, come archetipi insiti nella natura umana. Elemento che va

a spiegare per Jung il ripetersi di determinati simbolismi e la somiglianza tra

tutte le discipline magiche del mondo.

È così che Jung rivaluta la magia e l’intero pensiero magico, mostrandone uno scopo più sottile rispetto a quello puramente psicologico, ovvero quello di

parlare per simboli e di agire a un livello profondo, trascurato dalla scienza

moderna.

1.4 - Strauss e lo strutturalismo

Altra corrente importante che affronta la tematica della magia è quella di Claude

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15

Durante i suoi viaggi in Amazzonia, Strauss, incontra numerose tribù locali, vive

a contatto con loro e cerca di interpretare il loro pensiero.

La sua analisi si concentra nello specifico sul modo nel quale il pensiero tribale

mette ordine nel mondo e quale sia il modo di difendersi dal caos. Strauss non

distingue tra scienze naturali e scienze dello spirito, tende invece a studiare ogni

cosa attraverso un solo metodo valido per ogni tipo di studio.

La sua analisi parte affrontando le strutture della società tribale, un tentativo di

comprensione della composizione della loro società e della loro cultura per poi finire nell’inevitabile analisi delle credenze magiche.

È proprio all’interno di questa analisi che emergono i dualismi affrontati da Strauss. La complessità dell’idea di Strauss sta nel suddividere per prima cosa il pensiero umano in un sistema binario, ovvero contrapposizioni fatte di

bene-male, sole-luna, maschio-femmina ecc.

Di fronte a questo meccanismo il selvaggio si muove attraverso un sistema

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del mondo, generando così l’inizio alla storia.

Il pensiero selvaggio crea un numero finito di immagini e con queste continua a

vivere e interpretare la realtà che lo circonda. Di conseguenza nonostante

ambedue i pensieri si muovano attraverso procedimenti logici simili, quello del

selvaggio rimane intrappolato in un mondo senza tempo, dove mito e magia convivono con la realtà quotidiana, senza lasciare spazio a un’evoluzione del pensiero.

1.5 - De Martino e lo storicismo

In opposizione allo storicismo di Benedetto Croce, definito da De Martino “storicismo Pigro”, l’antropologo sviluppa un pensiero che vede nello storicismo una “possibilità di porre problemi la cui soluzione conduca all’allargamento dell’autocoscienza della nostra civiltà”2; il problema fondamentale imputato allo

storicismo classico è quello di essere totalmente incapace di modificare il suo

punto di vista e di allontanarsi dalla concezione occidentale che finisce per

2 E. de Martino, Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Bollati Boringhieri, Torino 1997, p. 4.

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17

imprigionarlo. L’idea De Martiniana è quella di uno storicismo capace di rivalutarsi e di crescere confrontandosi con le tematiche più complesse e

apparentemente incomprensibili.

È così che, nel confronto con il mondo magico, De Martino mette in mostra la

limitatezza del pensiero occidentale, inevitabilmente etnocentrico, che spesso parte direttamente da assunti come l’impossibilità e il primitivismo a priori della magia.

Per De Martino il pensiero classico tende a analizzare le differenze come stadi

embrionali di un pensiero moderno, scientifico e assoluto.

In particolare De Martino individua la problematica della presenza: “L’uomo

magico è esposto al rischio della labilità nelle sue solitarie peregrinazioni,

allorché la solitudine, la stanchezza connessa al lungo peregrinare, la fame e la sete, l’apparizione improvvisa di animali pericolosi, il prodursi di eventi inaspettati ecc., possono mettere a dura prova la resistenza del ‘ci sono’. L’anima andrebbe facilmente ‘perduta’ se attraverso una creazione culturale e

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18

utilizzando una tradizione accreditata non fosse possibile risalire la china che si inabissa nell’annientamento della presenza”.

Il problema della concezione occidentale del mondo magico, è proprio quello di

dare per scontata la concezione del “ci sono”, intesa dal mondo occidentale e

cristiano, è in questo modo il confronto con una realtà differente diventa

impossibile e viziato.

Il mondo magico è perciò in De Martino una vera e propria realtà storica che il mondo occidentale ha superato nel momento in cui il “ci sono” è stato consolidato. La crisi della presenza trova quindi sfogo nel mondo magico per

superare il suo dramma. Per De Martino la magia diventa un elemento

appartenente a una diversa realtà storica, impossibile quindi da affrontare

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19

2 - Ernesto De Martino

Ernesto De Martino nasce a Napoli nel 1908. La sua carriera accademica ha

inizio dopo la laurea in lettere ottenuta presso l’Università di Napoli nel 1932. In

particolare ottiene il riconoscimento lavorando su una tesi di storia delle

religioni che verte sui gephyrismi eleusini. Il suo relatore è il professor Adolfo

Omedeo, storico italiano.

Il primo libro da lui pubblicato è “Naturalismo e storicismo nell'etnologia”,

uscito nel 1941, è qui che viene espressa in maniera germinale l’idea che percorrerà poi l’intera opera di De Martino: quella del riscatto dell’etnologia dal naturalismo che la affligge attraverso un approccio storicistico, vicino a quello

di Benedetto Croce.

Il testo, ancora acerbo e germinale, nasconde già le tematiche e le idee che verranno espresse con più forza nell’eccezionale “Il mondo Magico” del 1948, opera nella quale l’analisi De Martiniana del magismo e dei suoi fenomeni, raggiunge una maturità e un sistema di idee che lo seguirà per il resto della sua

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20

All’interno de “Il mondo magico”, De Martino esprime la sua personale interpretazione del magismo e dei suoi rituali come una precisa età storica dell’umanità. Un momento in cui è messa in discussione la presenza stessa dell’individuo che reagisce attraverso la magia in un meccanismo di crisi e riscatto del sé.

Nello stesso testo De Martino assume una posizione ambigua sulla realtà dei

poteri magici, e di alcuni eventi inspiegabili, andando a richiamare la

parapsicologia e, in maniera non dissimile da Jung, gli esperimenti statistici

compiuti in ambito magico e precognitivo.

È il 1945 quando De Martino inizia la sua carriera nel mondo della politica,

prima militando nei partiti della sinistra, poi arrivando al ruolo di segretario di

federazione del Partito Socialista pugliese. Nel 1950 entra a far parte del Partito

Comunista, in particolare influenzato dalla figura di Gramsci, è qui che cresce il

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21

In questo clima nascono opere che segneranno la storia dell’etnologia italiana tea cui: “Morte e pianto rituale”, “Sud e magia”, “La terra del rimorso”.

Il suo assiduo lavoro sul mondo folkloristico e magico del sud, lo porta anche

alla stesura di “Furore Simbolo Valore”, testo influenzato ampliamente dai suoi

studi sul tarantismo rituale.

De Martino prosegue così la sua carriera uiversitaria, lavora a Roma, all’università La Sapienza, come collaboratore di Raffaele Pettazzoni.

Fino alla morte lavora invece presso l’università di Cagliari, nel ruolo di ordinario di storia delle religioni e di etnologia.

Il suo ultimo libro, pubblicato postumo è “La fine del mondo”, edito nel 1977, dopo la morte dell’autore.

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2.1 - l’i o tro dello studioso o il o do agi o

Il problema dei poteri magici è un elemento che da sempre ha diviso il mondo

degli studiosi, in particolare andando a creare una piccola nicchia di etnologi

tendenti ad ammettere la realtà della magia, contro una maggioranza convinta

della totale falsità degli eventi straordinari descritti nei resoconti.

Nel suo testo “Il mondo magico” del 1973, Ernesto De Martino affronta la

questione dei poteri magici attraverso una accurata analisi delle varie correnti e

delle conclusioni degli attori di questo dibattito.

Il testo affronta la magia in un’ottica storica andando a toccare il problema della presenza fino alla concezione stessa della realtà da parte di chi vive nel mondo magico e da chi invece lo vede dall’esterno.

Quello di De Martino è un particolare approccio mentale che non si schiera né

con i sostenitori della realtà delle arti magiche, né con i detrattori totali, che

sembrano peccare di un certo eurocentrismo e di una visione influenzata da

convinzioni etnocentriche.

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23

un viaggio tra resoconti e sperimentazioni capace di offrire uno spaccato sulla

realtà della magia tribale, senza dimenticare la sperimentazione parapsicologica

dei primi anni del 900.

L’elemento evidenziato è il rischio dell’uomo di essere annullato da forze naturali che non riesce a concepire, un vero e proprio problema dell’esserci, il

cui riscatto arriva attraverso le pratiche magiche.

Il problema secondo De Martino, non verte quindi su razionalismo o

irrazionalismo, quanto sul carattere storico del dramma della magia. Il soggetto

umano che si muove all’interno del mondo magico non è quindi analizzabile secondo una concezione moderna e scientista, bisogna entrare all’interno del sistema e della mente la cui genesi si trova proprio nell’età magica.

Agli albori dell’antropologia e degli studi etnologici il resoconto di episodi straordinari, precognizioni e cure miracolose portò la comunità scientifica a

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24

Le spiegazioni date sono le più svariate, alcuni autori si limitarono a girare

attorno al problema, cercando di concentrarsi sugli aspetti culturali dei fatti

descritti, altri autori si spinsero invece verso teorie più complesse, teorie che

aprono al mondo della parapsicologia, considerando quindi possibili e credibili,

una serie di eventi straordinari che non seguono le normali regole della “realtà”

a cui siamo abituati e quindi non ascrivibili al mondo della verifica scientifica. La corrente maggioritaria del mondo dell’etnologia finì invece per demonizzare e considerare cialtronerie e mistificazioni le arti magiche osservate durante le

varie spedizioni, andando così a segnare una rottura definitiva che sarebbe poi

stata sancita dalla visione del mondo scientifico.

Va tenuto presente come la questione della magia all’interno degli studi etnologici prenda piede proprio nel periodo in cui il mondo occidentale è

travolto dai movimenti dello spiritismo e della teosofia, vere e proprie forme di “magia occidentale”; queste ultime scatenano a loro volta una lotta tra

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25

sostenitori (tra cui molti personaggi illustri) e detrattori.

Lo scontro tra sostenitori della realtà dei poteri magici e i suoi avversari, prende

quindi la forma di uno scontro più grande che va a coinvolgere determinati

equilibri e tutto il mondo dello spiritismo, capace di coinvolgere e affascinare

anche alcuni degli autori che analizzeremo.

2.2 -

L’a ettazio e della agia

Alcuni studiosi messi di fronte a eventi straordinari, finiscono per accettare gli

eventi magici, riportandoli nei loro resoconti come episodi reali e senza alcun

filtro. Questi studiosi, appartenenti ai primi anni del 900, finirono per essere

considerati poco attendibili o vittime di qualche trucco molto ben congeniato, in

altri casi la considerazione dei loro resoconti si fa più opaca, con alcuni

commenti che lasciano pensare a una parziale accettazione della realtà dei fatti

narrati. De Martino riporta nel testo “Il Mondo Magico”, alcuni di questi testi

proponendo la sua originale visione e non chiudendo totalmente alla possibilità

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26

parapsicologia e della sperimentazione statistica sugli eventi straordinari.

Nel suo the “Psychomental Complex of the Tungus”, S.M Shirokogoroff riporta: “In stato di grande concentrazione gli sciamani (tungusi), come altre persone, possono entrare in comunicazione con altri sciamani e con individui comuni.

Presso tutti i gruppi di tungusi, questo si fa del tutto intenzionalmente per necessità di carattere pratico, specialmente in casi urgenti”. Lo Shirokogoroff prosegue spiegando come sia possibile chiamare un individuo da qualsiasi

luogo, semplicemente pensandolo assiduamente ed effettuando una richiesta, ad esempio: “Per favore vieni qui [luogo x]”3. “Ciò”, spiega ancora, “deve essere

ripetuto fino a che non si vede la persona chiamata o finché non si apprende che

la persona abbia percepito il messaggio”.

“Si può vedere la persona fisicamente, nel suo ambiente naturale. Più tardi, quando si incontra la persona chiamata, si può chiedere conferma dell’ambiente

3 S.M. Shirokogoroff, The Psychomental complex of the Tungus, Trench, Trubner and Co. Londra 1935, p.117

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27

e del luogo al momento della chiamata”4.

Lo Shirokogoroff non mette in alcun modo in dubbio l’effettiva realtà dei poteri magici, spiegando poi i modi in cui la persona potrebbe dare conferma dell’avvenuta ricezione del massaggio, ad esempio sotto forma di animale. Viene spiegato poi come gli sciamani abbiano delle tecniche di comunicazione

che non sono concesse a tutti gli uomini; capita infatti che: “talora essi non

sanno rendersi ragione del motivo per cui lasciano un luogo e vanno in un altro

dove incontrano la persona che li ha chiamati: essi vanno perché ‘sentono che debbono andare’”5.

La stessa tematica viene affrontata dal missionario Henri Trilles che riporta l’episodio dello specchio magico, spiegando la meraviglia di scoprire un ladro grazie all’utilizzo dell’oggetto magico: “senza dir parola (il negrillo), andò a cercare il suo specchio magico, poi dopo qualche incantesimo mi dichiarò in

4 Ibid.

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modo deciso: -vedo il tuo ladro, è il tale – e mi designò uno dei giovani che mi avevano accompagnato. -D’altronde guarda tu stesso- e con mio grande stupore vidi riflessi nello specchio i tratti del mio ladro. L’uomo subito interrogato, confessò di essere effettivamente il colpevole.”6

Episodi di questo genere sono estremamente diffusi all’interno della letteratura etnologica, tra questi spiccano spesso elementi comuni, usanze ascrivibili a

gruppi totalmente distanti e appartenenti a diverse culture.

Il problema dei poteri magici sembra prendere più forza di fronte alla

drammaticità di determinati eventi che coinvolgono gli etnologi sul campo; è qui che si manifesta la difficile posizione dell’antropologo di fronte alla magia che tende spesso a lasciarsi coinvolgere e divenire a sua volta parte del mondo

magico che sta cercando di decifrare.

Riporta con stupore, D.Leslie un evento che coinvolge la popolazione degli

Zulu; trovatosi ad attraversare un vasto territorio, Leslie non riesce a trovare i

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29

suoi cacciatori Kafiri, si rivolge allora a uno stregone che compie uno strano

rituale rivelando cosa è accaduto:

“Lo stregone accese otto piccoli fuochi, quanti erano i miei cacciatori, in ciascuno di tali fuochi gettò delle radici, che emettevano un odore nauseante e

fumo denso, e vi gettò anche una pietruzza, gridando contemporaneamente il nome al quale la pietra era dedicata”7. Viene riferito come successivamente lo

stregone ingerisca una speciale medicina e cada poi in una specie di trance; una volta sveglio lo stregone si muove verso le varie pietruzze, descrive l’uomo a cui esse corrispondono e inizia a parlare: “Quest’uomo è morto di febbre e il vostro fucile è andato perduto”8, dice, “Quest’uomo ha ucciso quattro elefanti”,

prosegue spostandosi di pietra in pietra fino a dare un quadro completo della

sorte dei cacciatori.

Ecco che arriva l’incredibile meraviglia di D. Leslie quando scopre che tutto ciò che lo sciamano ha affermato si è verificato in maniera esatta: “Queste

7 D. Leslie, among the Zulu and Amatongos, edimburgo, 1875, citato da A.Lang,

Lang, Andrew, The Making of Religion, Longmans, Londra,1909, pp 68

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30

informazioni, di cui presi allora diligentemente nota, con mio grande stupore si palesarono più tardi esatte in ogni particolare. Che quest’uomo potesse aver avuto le informazioni dai cacciatori per via normale era poco probabile: essi erano sparpagliati in una regione lontana 200 miglia”9.

Messo di fronte a eventi del genere, lo stupore del testimone lo rende partecipe dell’evento stesso. Siano questi complicati trucchi o tecniche che richiamano al mondo della telepatia e della para-psicologia, il mondo dei poteri magici finisce

sempre per trascinare lo studioso in un dramma da cui è difficile uscire.

Bisognerebbe forse analizzare come la crisi della presenza, risolta attraverso la magia da parte di chi appartiene all’età storica del mondo magico, si presenti invece in una forma diversa di fronte a chi, proveniente dall’età storica delle scienze, vede messa in discussione la sua concezione del reale da eventi che non

riesce a spiegare logicamente.

La magia si manifesta sempre in maniera estremamente drammatica, ne sono un

9 Ibid.

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31

esempio le varie forme di iniziazione sciamanica che avvengono sia sotto forma ritualistica (quindi per mano “umana”) che sotto forma di evento sovrannaturale e per mano di spiriti maligni e entità di vario genere.

Nella cultura eschimese la magia ha un ruolo estremamente importante ed estremamente importante è anche colui che “amministra” il mondo magico, Ramussen, racconta così l’iniziazione di una sciamana: “Uvavnuk era diventata sciamana nel modo seguente: in una sera particolarmente buia, illune, Uvavnuk era uscita dalla capanna per soddisfare un bisogno. D’improvviso apparve dal cielo una palla incandescente di fuoco e prima che ella potesse fuggire, la colpì

ed entrò in lei. Nello stesso momento sentì che in lei tutto si illuminava, e perse

conoscenza. Ma da quel momento essa diventò una grande sciamana. Lo spirito

della meteora era entrato in lei trasformandola in una grande sciamana. Questo

spirito essa lo aveva visto appena prima di perdere i sensi. Aveva due specie di

ci corpi che fendevano fiammeggiando lo spazio: da un lato era un orso, dall’altro un essere simile all’uomo: la testa era quella di un uomo con i denti di

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32

orso”10.

Questo tipo di episodio viene accettato dalla comunità e considerato all’unisono veritiero. Nessun individuo che appartenga al così detto mondo magico negherà mai o metterà in discussione l’evento e lo status di sciamano raggiunto dal soggetto in questione. L’episodio, come ogni iniziazione si caratterizza per una fortissima drammaticità; caratteristica comune nelle più svariate culture che

vede lo sciamano, colui che amministra la magia e che media tra le forze ignote

e la popolazione, scoprire la sua identità e la sua persona completamente

stravolte in meccaniche che richiamano sempre a una morte rituale, seguita da

una rinascita entro una nuova forma, verrebbe da dire in una nuova storia.

2.3 - Storia e natura del malocchio

L’idea di malocchio, intesa in maniera pura (una forma di maleficio che si passa attraverso lo sguardo) o nelle sue derivazioni (altre tecniche di magia volte a danneggiare l’altro) si trova in ogni credenza magica e mantiene regole simili

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all’interno di ogni cultura studiata.

La credenza nel mondo magico, implica donare anche gli altri, o specifici

individui della comunità, del potere di sanare o arrecare danno.

Il caso del malocchio può essere facilmente accostato a tutti gli altri malefici che si attuano attraverso l’operazione su oggetti di proprietà, la visualizzazione, l’utilizzo di segni e feticci.

Il malocchio rientra quindi nella branca della magia offensiva, una magia capace

di muovere forze che vanno ad arrecare danno al malcapitato portandolo a una

situazione di malessere, depressione e addirittura alla morte.

Questa idea si evidenzia con forza nel testo “Stregoneria oracoli e magia tra gli

Azande”, di Evans Pritchard. Nel testo in questione viene mostrata la società

degli Azande e il suo modo di dare spiegazione a ogni evento nefasto della

collettività attraverso una lettura magica che vede l’attuazione di un maleficio da

parte di un elemento appartenente a una tribù rivale.

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credenza nel malocchio. Una forma di giustificazione del male attraverso l’atto, volontario o involontario dell’uomo (in alcuni casi anche di forze paranormali come demoni e altre creature), del movimento di energie e forze della natura

capaci di influenzare lo scorrere degli eventi e di colpire in maniera fisica il

bersaglio di questa magia.

Il maleficio, assieme al pensiero magico, è presente in tutte le società, un grande

contributo allo studio di questa tematica viene dal testo “Sud e Magia”, di

Ernesto De Martino. Qua la ricerca si intensifica sullo studio del maleficio, sui

suoi attori e sulle sue conseguenze; attraverso un occhio analitico, De Martino ci

mostra uno spaccato sulle credenze magiche e sulle sue pratiche che ci permette

di fare luce sul tema del Malocchio e sulla sua natura più profonda.

2.4 - Fascinazione e malocchio

Nella sua opera Sud e Magia, Ernesto De Martino ci introduce al mondo della magia Lucana, andando a trattare la tematica magica generale che si restringe però rapidamente al tema della fascinazione e del malocchio.

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35

“Il tema fondamentale della bassa magia cerimoniale lucana”, spiega l’autore, “è la fascinazione”11. Definita anche fascinatura o affascino è questa la forza che

attraversa il mondo magico lucano, andando a rievocare i concetti di legamento, attaccatura, attaccamento al sangue. Quando questa forza magica è mossa da un individuo umano, allora possiamo parlare di malocchio. È infatti l’occhio, lo sguardo la prima via attraverso la quale questo maleficio si muove. Vengono evidenziate due possibilità: la prima prevede un malocchio più o meno volontario prodotto da persone invidiose o cattive, sempre però ignoranti per quanto riguarda le pratiche magiche, la seconda invece è una fattura vera e propria, un malocchio potentissimo messo in atto da un personaggio potente e capace di muovere le energie “definito in alcuni casi fattura a morte”12, capace

di portare il malcapitato al decesso.

Questa arte e questo influsso terribile vengono accettati dalle comunità analizzate e vissuti come una quotidianità.

Interessante è come questa credenza non escluda a priori la scienza e non sia di fatto una credenza magica e primitiva. Quando una persona sospetta di essere

11 E. De Martino, Sud e Magia, Feltrinelli, Milano, 1982 (ed. orig. 1959) 12 Ibid.

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colta da malocchio si rivolge infatti a uno specialista, quest’ultimo si prodiga di risolvere il problema magico dopo un attento esame.

È proprio questo il punto da evidenziare, l’operazione di rimozione del malocchio premette una presa di coscienza della presenza o meno del maleficio. In caso questo venga appurato, allora si procede alla soluzione magica, in caso contrario si consiglia la visita di un medico o qualsiasi altra soluzione al problema in termini prettamente empirici.

“Il trattamento della fascinatura si fonda sulla esecuzione di un particolare cerimoniale da parte di operatori magici specializzati”13, ecco che emergono le

principali figure protagoniste del mondo magico, del malocchio e della fascinazione. Mentre l’agente maligno: colui che lancia la magia negativa può essere un semplice attore involontario, l’operatore destinato e rimuoverla è un vero e proprio professionista della magia, un conoscitore del malocchio e di tutti i rituali per identificarlo ed eliminarlo.

13 Ivi. Pp.9

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2.5 - Fattucchiere e fattucchieri

“Zio giuseppe è diventato mago così: è andato al cimitero, ha messo i soldi su un tavolo e i diavoli gli hanno detto molte parole”14

In presenza di segni di malocchio (strani mal di testa, problemi di latte in maternità, strane malattie, perdita di peso ecc.), ci spiega De Martino, l’operatore esegue per prima cosa una analisi del paziente per verificare la presenza o meno della malattia magica. In alcuni casi per valutare il paziente si esegue direttamente la cura magica, attraverso la recita di parole segrete e varie azioni rituali che implicano simbolismi della croce misti a pratiche magiche primordiali.

Ecco che l’operatore, dopo aver tracciato una croce sulla fronte del paziente “recita una preghiera particolare e si immerge nel corso della recitazione in una condizione psichica oniroide controllata, e in tale condizione si immedesima nello stato di fascinazione del cliente, e lo patisce”. 15A questo punto se la

fattucchiera sbadiglia e lacrima, significa che il malocchio è presente e

14 Ivi. pp 77

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38

l’operazione in corso. Se non ci sono sbadigli significa che il paziente soffre di un normale malanno e non c’è stata fattura magica su di lui.

Ci viene detto però che capita in alcuni casi che la fattura sia così ben fatta e mossa da mani così potenti da non essere vista dal fattucchiere, rimanendo di fatto incurata.

Le formule recitate nelle operazioni della rimozione del malocchio si rifanno spesso alle tematiche cristiane, andando a mischiare credenze pagane con liturgie simili a quelle di una preghiera in un mix che dà vita a storielle e miti simbolici.

A volte le parole vengono tenute segrete. Emerge in questo caso la natura misteriosa ed ermetica del mondo della magia, natura nella quale difficilmente lo studioso riesce a immergersi del tutto se non facendosene coinvolgere. Di questa tematica parleremo più avanti analizzando proprio la difficoltà di analizzare un mondo segreto dall’esterno e le conseguenze dell’immersione dello studioso nell’oscurità del mondo magico.

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ritenuti dotati di poteri straordinari.

De Martino nelle sue interviste ci riporta numerosissimi esempi, spesso si parla di donne, fattucchiere con esperienza nella magia dell’occhio, donne anziane che si tramandano antiche tradizioni esoteriche e capaci, secondo la popolazione locale, di rompere la fascinazione o dare il malocchio.

Un esempio interessante ci viene riportato nel capitolo 7 di Sud e Magia, il caso che analizzeremo è quello di “Zio Giuseppe”.

“Zio Giuseppe, è il mago contadino della zona, colui da cui la gente si reca per le questioni di magia, l’amico della povera gente, come abbiamo sentito qualche volta chiamarlo dai suoi clienti”16. Questo personaggio torna più volte nelle

varie vicende raccontate relative all’area di Albano. A Zio Giuseppe sono attribuiti poteri straordinari e conoscenze che si rifanno ad un’era mitica dell’umanità, si dice infatti “che conosce la scienza antica, e forse ricorda qualche cosa, e adesso la dice a noi”17. Le conoscenze di Zio Giuseppe

proverrebbero quindi a una antica sapienza oramai dimenticata, sono personaggi come lui che, tramandandosi per via orale o attraverso libri segreti le antiche

16 Ivi. pp.61

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40

arti, posseggono ancora il potere di manipolare la magia, di farsi tramite tra l’uomo comune e il mondo dello sconosciuto.

Questa tematica ci permette di identificare numerose similitudini con l’altra grande branca della teoria magica, stiamo parlando dell’alchimia, non poche sono infatti le analogie con il concetto di antica scienza e di segreti nascosti nei libri codificati dei fattucchieri che ritroveremo successivamente anche nelle credenze del Bocage di Favreet Saada.

Tornando a Zio Giuseppe, questo personaggio gode di altissimo prestigio e viene considerato uno dei massimi operatori magici della zona, in una delle prime narrazioni una donna ha la figlia malata, non riesce a trovare alcuna cura e nemmeno a capire che tipo di malattia abbia, le viene consigliata una fattucchiera, la donna le fa visita ma questa le chiede dei soldi in cambio, la donna rifiuta, non si chiede denaro per questo genere di cose.

Ecco che la donna decide di andare da zio Giuseppe, una volta entrata dice “Mi dovete indovinare perché tengo il fidanzato in America e non mi scrive più”, lui si mette a ridere e le risponde “non sei una zitellona, sei madre di 6 figli”.

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potenza. Questo personaggio pare capace di leggere nella mente, prevedere il futuro o comunque di attingere ad una conoscenza superiore che ne garantisce la veridicità dei poteri.

Importantissimo è il commento della donna, sorpresa dalla risposta spiega come abbia pensato che qualcuno del paese possa aver riferito all’uomo la sua situazione, ecco però che commenta: “poi mi è stato spiegato che no, ci sono questi magiari, sono gente nata prima di Gesù Cristo”18. Torniamo così a una

credenza antichissima trasposta dal folklore nella figura dei magiari, potremmo citare il mito dell’ebreo errante o la storia dei 9 saggi presente nelle credenze induiste così come il più recente e immortale (o estremamente longevo ) alchimista Fulcanelli, Nicolas Flamel, ma troveremmo centinaia di esempi che ci raccontano la storia di personaggi che vivono vite lunghissime dotati di poteri straordinari e provenienti, in alcune di queste storie, da lontane età dell’oro dove l’umanità era dotata di un sapere superiore.

A proposito dello Zio Giuseppe, De Martino riporta un interessante episodio. Si dice che si vada allo Zio per disfare le fatture, in alcuni casi però il magiaro

18 Ivi P.62

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42

può anche fare delle magie su commissione diventando di fatti un fattucchiere, ecco che in questi casi emerge l’imbrarazzo dell’operatore magico che si ritrova a disfare una sua malia.

L’episodio viene raccontato con la vicenda dell’artigiano Vito Dragonetti che ci narra come fin da bambino “venivano sempre a trovarmi di notte quella gente che dalle nostre parti chiamiamo maciare”19, i maghi, in una forma totalmente

onirica entrano dalla serratura e si siedono sul letto della vittima. Lui vorrebbe chiedere aiuto ma non riesce a parlare (questo elemento torna prepotentemente nei racconti legati al fenomeno delle così dette “paralisi notturne”, trattato in ambito psichiatrico, neurologico e psicologico). Il ragazzo non vuole essere toccato e cerca di allontanarsi dalle oscure figure. Quando finalmente riesce a parlare, i maghi se ne vanno via. A 22 anni il soggetto inizia a sentire un forte dolore allo stomaco, nessun dottore però pare trovare una spiegazione, ecco che gli viene suggerito di recarsi da Zio Giuseppe (come accade in ogni caso dove la medicina non riesce a dare una soluzione, torna di nuovo il dualismo tra medicina e magia che, in qualche modo convivono).

19 Ivi. p. 62

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Una volta recatosi dal maciaro, Zio Giuseppe dice che la causa dei mali non è una fattura, al ché il soggetto torna sulla pista della classica malattia.

Una volta all’ospedale di Napoli il giovane incontra un vecchio che leggendogli la mano gli dice: “Tu sei affatturato! Però appena si vede, è cosa leggera perché otto stanno facendo la fattura e otto la stanno disfacendo”20. Il protagonista della

storia finisce con l’avere a che fare con vari maciari fino a che non trova una indovinatrice di Genzano che finalmente individua e cura la sua fattura.

Tornato dallo Zio Giuseppe, il giovane chiede speigazione, il racconto non riporta la risposta dello Zio, quello che il giovane pensa però è che: “da Zio Giuseppe, prima di me, c’era andata una ragazza per farmi fare la fattura, ed io ero capitato proprio da chi non dovevo andare”21.

Ecco che la figura del fattucchiere cambia forma prendendo connotazioni più ambigue. L’immagine del benefattore magico, viene sostituita da quella di una figura che agisce secondo leggi poco chiare, qualcosa che lo avvicina più a uno spirito o a un essere non umano che a quell’aura salvifica data in principio da alcuni resoconti. Pare quasi che colui che ha il compito di fare da interprete tra il

20 Ibid.

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mondo della natura e dello sconosciuto e la fragile figura dell’uomo comune, diventi lui stesso parte di quel mondo, incomprensibile e imprevedibile come un’immensa forza cosmica che minaccia la presenza degli affatturati.

È proprio questa la natura del mondo magico, una natura dove si viene dominati, dove ci ritroviamo a subire l’influsso di “una forza estranea a maligna”22.

Gli stessi maciari da cui ci andiamo a curare dalle fatture diventano di colpo una minaccia.

Il trsto di De Martino, riporta molti episodi di attacchi notturni da parte dei maciari, famiglie da sempre perseguitate da queste figure e vere e proprie lotte tra l’affatturato e il maciaro (con molte analogie con alcuni elementi riportati dal testo di Favreet Saada che analizzeremo successivamente). Gli espisodi raccontati vengono considerati come reali, non si fa riferimento a eventi accaduti nel sogno ma a figure presenti nella stanza o nel letto proprio nella realtà della vittima.

2.6 - I Sabbah dei maciari

Il testo di De Martino ci mostra un mondo che ritroviamo in buona parte delle

22 Ibid.

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culture primitive, così nelle credenze del folklore mondiale, i rimandi a mitologie e sistemi di credenze magiche vanno dal voodoo africano ai miti dei nativi americani, passando per le credenze legate alle streghe e alla stregoneria medioevali.

Similmente alle creature mitiche e magiche di cui si narrano le gesta nella vasta letteratura folkloristica, i maciari, come si racconta ad Albano, hanno un loro luogo di incontro dove si riuniscono nella notte arrivando a cavallo di cani. “Canio de Grazia, contandino, di 38 anni, fu rapito una notte dal letto da una maciara a cavallo di un cane bianco, e trasportato al luogo del convegno, una montagna nei pressi del bosco di S. Chirico. Alcune maciare volevano precipitarlo giù dal monte, ma altre lo sottrassero a questa violenza e lo riportarono a casa”23.

Interessante è questa visione duale del maciaro, in eventi che sembrano appartenere al mondo onirico, il maciaro, spesso identificato come una persona fisica e reale, parte integrante del paese, diventa una creatura magica, capace di cose straordinarie. Sembra emergere inoltre come alcuni di questi siano

23 Ivi, p.66

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profondamente maligni, mentre altri (in questo caso le maciare che si oppongono alla violenza), abbiano a cuore la salvezza delle persone.

L’operatore magico prende a questo punto una nuova forma che lo avvicina profondamente a quel mondo di spiriti e creature misteriose con cui egli stesso opera. In una concezione inconscia, pare quasi che i “cittadini maciari”, altro non siano che uno specchio fisico di una potenza occulta e sottile nascosta in un altro mondo che confina col nostro.

Queste creature duali possono essere estremamente pericolose, in alcuni casi per esempio, ci viene riportato come un affronto fatto nel “mondo diurno” a una maciara possa portare a terribili conseguenze durante la notte.

Le maciare “si fanno chiamare così da prima della nascita di nostro signore”24

quando si avvicinano alla morte passano la loro natura magica ad un bambino, se trovano però un’anima pura possono venire distrutte.

La figura delle maciare prende connotazioni che fanno pensare a quella del vampiro, della succube o di altre creature che tormentano la vita degli uomini. Difficile è capire come simili poteri vengano attribuiti a persone fisiche, persone

24 Ivi, p. 67

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con cui il soggetto affatturato comunica e dalle quali riceve servizi e cure. In qualche modo la minaccia della presenza descritta da De Martino, sembra portare ogni elemento estraneo e parte di quella realtà che non si riesce a comprendere, ad uno stato di potenza e magia, come se tutto ciò che ruota intorno al mondo magico e che ci permette di interfacciarci con esso fosse capace di dominarci e distruggerci.

2.7 - Onirismo e magia

Gli episodi di fascinazione, i combattimenti notturni con le forze maligne che tentano di danneggiare la vittima hanno una realtà doppia, la prima ha una forma mistica e visiva e avviene sotto forma di sogno/visione, la seconda ha un riscontro nella realtà, legata quindi a movimenti involontari, gesti inconsulti e autolesionismo, assieme a vere e proprie problematiche fisiche che seguono all’episodio.

“Sono tratti”, ricorda De Martino, “che hanno forti affinità con l’isterismo” 25.

Le vittime di fascinazione e di attacchi notturni si ritrovano lividi e graffi, strani

25 Ivi, p. 68

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48

nodi nei capelli, elementi del mondo magico che si manifestano nella vita reale delle persone colpite.

A volte capita che le manifestazioni fisiche si manifestino senza il ricordo diretto dell’attacco subito. In questo caso i segni vengono presi come prove di una vessazione notturna da parte di maciare e maciari, poi dimenticata al risveglio ma di cui rimangono evidenti segni sul corpo.

Particolarissimo è il caso delle funi dove la vittima, al risveglio si ritrova inspiegabilmente legata. In questo caso si pone la possibilità che la vicenda oniroide venga a dirittura “mimata” da più individui, tutti coinvolti in maniera inconsapevole nella realizzazione del pensiero magico. Il legamento per mezzo di fune poi, va a manifestare in forma simbolica e fisica il concetto stesso della fascinazione, l’individuo viene di fatto legato e totalmente dominato dalla forza maligna, la cura arriverà attraverso lo “slegamento” operato dal maciaro positivo.

Interessante in questi episodi è l’idea proposta da De Martino che gli eventi in questione, autolegamento e legamento da parte di terzi, facciamo parte di una realtà a sé che si verifica in una forma allucinatoria e di cui nessuno dei

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partecipanti ha memoria.

La fascinazione prende così una forma ancora più potente e quella minaccia alla presenza stessa dell’individuo appartenente al mondo magico si manifesta in tutta la sua carica distruttiva trasformando l’uomo in un burattino nelle mani delle forze cosmiche.

2.8 - La sopravvivenza del mondo magico nella realtà moderna

I testi qui analizzati e i relativi autori, appartengono a realtà che diventano per noi a loro volta arcaiche.

Quello che per De Martino o per la Saada è un retaggio del passato che si manifesta nel presente, a noi appare come un retaggio ancora più antico in una realtà che percepiamo come lontana e carica di magia.

Di certo le società analizzate non vivono lo stesso legame con la magia del momento in cui queste ricerche sono state svolte, come ci fa notare la Gallini, nel testo “dono e malocchio”, il mondo “moderno” stava già al tempo entrando di prepotenza in quello magico.

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la credenza nel malocchio permane in tutte le fasce della popolazione, sia come semplice superstizione che come credenza assoluta. Va fatto poi notare come il mondo magico si sia limitato ad adattarsi ai tempi, vivendo nuove forme e nuove iterazioni che vanno dalla new age, ai “ritorni magici” che possiamo vedere all’interno della società comune e delle società iniziatiche, dove la magia continua a estendere il suo dominio e il pensiero magico si trasmette e rinnova nei decenni e nei secoli.

Dopo questo necessario preambolo, andiamo però ad analizzare l’idea De Martiniana delle capacità di sopravvivenza di questo mondo anche all’interno del mondo “della ragione” e della scienza.

Per De Martino il permanere di simili credenze arcaiche nella società Lucana da lui analizzata deriva semplicemente dal fatto che la società in questione vive ancora di realtà arcaiche e antiche, fatte di larghi strati sociali.

La lucania soffre ancora “la precarietà dei beni elementari della vita, l’incertezza delle prospettive concernenti il futuro, la pressione esercitata sugli individui da parte di forze naturali e sociali non controllabili”26.

26Ivi, p. 78

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È in questa struttura che la fascinazione e la magia si mettono tra l’individuo e quella immensa negatività che lo circonda e che determina la sua quotidianità. È la minaccia stessa della presenza, secondo De Martino, a dar vita a eventi oniroidi di dominazione, impulsi crepuscolari che traboccano nello stato di veglia.

Questo insorgere entra di prepotenza nella vita quotidiana attraverso stati allucinatori capaci di irrompere anche nello stato di veglia e di rendere l’individuo “incosciente” per alcuni minuti, per vederlo poi riprendersi e trovarsi di fronte a ferite autoinferte, capelli tagliati e tanti altri episodi di questo genere che vengono riportati dall’autore.

In questo frangente, De Martino si allontana dalle spiegazioni parapsicologiche che troviamo accennate in testi come “Mondo Magico”.

L’idea di fondo che viene proposta è come l’esperienza oniroide della fascinazione si muova secondo una reazione alla minaccia della presenza data dall’incomprensibile e da forze soverchianti. L’elemento guida di questi episodi è un forte trauma emotivo, sia questo l’elaborazione di un lutto o una semplice paura inconscia di un individuo o di un espisodio. È in questo stato che la magia

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sembra prendere una forma salvifica. La minaccia della presenza, viene attenuata dalla possibilità di una cura magica, di disfare la fattura, di trovare conforto nei rituali e nelle magie.

Il pensiero magico sopravvive proprio dove la minaccia è più forte. La magia diventa una spiegazione all’inspiegabilità delle sventure, a danni e problematiche che minacciano l’esistenza stessa dell’individuo. Questo si può facilmente applicare a tutto il mondo moderno fino alla contemporaneità. Va ammesso però, come questa spiegazione, legata a una struttura psicologica riesca solo in parte a giustificare le credenze magiche e soprattutto trovi non poche difficoltà a districarsi tra le varianti di episodi e i supposti prodigi che si ritrovano nei resoconti antropologici e negli studi sulla magia.

2.9 -

La agia lu a a

Nella nostra analisi del malocchio abbiamo preso in esame quella che De Martino definisce “magia lucana”, perché in essa, universalizzandola, possiamo ritrovare gli elementi fondamentali della concezione generale del malocchio. È vero che, a seconda della culture e del luogo di appartenenza queste credenze si

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mostrano attraverso sistemi differenti, mostrando di fatto caratteristiche, tecniche di esorcismo e ovviamente formule e preghiere completamente diverse. L’elemento portante però, il cuore di questa forza oscura, si presenta costantemente quasi in ogni cultura, sia questa quella aborigena, quella degli indiani d’america, o il Voodoo Haitiano.

Nel nostro lavoro troveremo elementi simili e ripetuti anche nell’analisi del testo “Dono e Malocchio” e di “Deadly Words”.

A confermare la nostra tesi di “universalità del malocchio” ci giunge in aiuto di nuovo De Martino.

Ecco che ci viene riportato un parallelismo con i resoconti di Strehlow per quanto riguarda il popolo Aranda dell’Australia centrale:

“L’arte dello stregone consiste specialmente nel rendere innocua l’influenza di uomini ostili o di esseri maligni. Egli è chiamato in casi gravi, o che la malattia sia causata da persone ostili, o che invece la causa sia una entità demoniaca… tutte le malattie sono riconducibili dagli indigeni a influenze esterne, e cioè ad uomini che con l’aiuto della magia nera asseriscono di poter causare la morte di

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un altro individuo, ovvero a demoni che in forma animale o nei fenomeni naturali si avvicinano all’uomo e gli recano danno”27

Si ritrovano in questo caso elementi condivisi nelle credenze della lucania e in

quelle che ritroviamo in svariati popoli, di cui molti esempi ritroviamo nel testo “Il mondo Magico” sempre di De Martino.

Il male si manifesta attraverso forze maligne e energie mosse da fascinatori

capaci di fare del male o di toglierlo. C’è l’essere agiti e il subire, c’è il vento maligno e c’è una credenza generale condivisa.

De Martino ci fa notare come la fascinazione lucana, altro non sia che la

Baskania dei Greci e il Fascinuum dei Romani, citando poi il Malleus

Maleficarum, testo attraverso il quale la chiesa romana mise su carta le credenze

nelle streghe e nei malefici.

La realtà particolare del malocchio in lucania apre la strada a una teoria generale

della magia e, in particolare, del maleficio magico.

Emerge infatti come l’uomo comune non si immischi con la componente

(60)

55

iniziatica e ascetica della magia, quest’ultimo se ne tiene anzi alla larga, delegando nelle mani del “mago” tutte le operazioni con energie altre. Il

maleficio e i suoi effetti diventano un elemento segreto, un’arte utilizzata solo da

pochi uomini (di cui in alcuni casi si mette in discussione anche la stessa

umanità, come nelle storie sui magiari di cui abbiamo parlato in precedenza), o

iniziati attraverso rapimenti magici, eventi straordinari o segrete procedure di

iniziazione.

L’uomo comune è quindi totalmente in balia di forze straordinarie capaci di

influire sulla sua esistenza, di mettere a rischio la sua stessa presenza e di

danneggiare lui e ciò che possiede.

L’enorme energia naturale prende un’altra faccia, nel mondo magico, la minaccia è più vasta e l’unico sollievo arriva dal liberarsi di questo peso chiedendo aiuto a “operatori magici”, signori delle forze segrete che minacciano, come e più della stessa natura, la vita umana.

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2.10 - Il caso napoletano: La Jettatura

Merita di essere preso in particolare considerazione il caso della concezione del malocchio nell’area napoletana. Qua il termine con cui il maleficio viene considerato prende il nome di Jettatura.

Quello che viene solitamente percepito come un male mosso da forze occulte e

da stregoni, prende, nella realtà napoletana, una forma differente, una forma che

potremmo paragonare per certi frangenti a quella che ritroviamo nel Bocage

della Saada, anche se, in questo caso la meccanica è così diffusa e così vasta da

sembrarne una estremizzazione unica.

La Jettatura napoletana infatti ha i tratti di una vera e propria guerra magica che

coinvolge tutti in maniera quasi quotidiana. La credenza nella jettatura e il

tentativo di evitarla si fonde con forza alla vita quotidiana portando a credenze,

monili e ritualistiche che distinguono, pur con le sue somiglianze, il sistema

napoletano. O meglio, possiamo ipotizzare di poter analizzare questa potenza

totale del magico per tentare di capire le altre credenze e per iniziare a creare

(62)

57

combattuta con simbolismi diversi ma che affonda le sue radici nello stesso

sistema di pensiero.

Analizzando la Jettatura ritroviamo anche un tema che ci è caro, ovvero la

fascinazione dello studioso e dello scettico di fronte a forze e sistemi di credenze

così potenti e radicati da essere quasi impossibili da avvicinare senza finirne

coinvolti.

Il caso che vedremo nei prossimi capitoli per quanto riguarda la Saada potrebbe

ascriversi nei vari esempi che vengono citati in questo particolare capitolo del

libro de martiniano.

Ma andiamo per ordine: il primo elemento da considerare nel sistema

napoletano è proprio quello dello jettatore.

La figura mistica del magiaro viene qua sostituita da un individuo ben definito,

capace di muovere energie negative, sia volutamente che contro la sua stessa

volontà. Lo iettatore viene descritto spesso come un uomo pallido, dagli occhi

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58

crepuscolari, figure che spaventano già nell’aspetto e che nascondono quindi una oscurità interiore.

Tema interessante dello jettatore è proprio il fatto di muovere queste energie

negative, spesso in modo inconsapevole. Un elemento che si può ritrovare anche

in numerose civiltà primitive, dove il colpevole di un maleficio non viene

punito, ma gli viene semplicemente richiesto di ritirare la sua maledizione.

La Jettatura è profondamente radicata nel mondo napoletano e coinvolge

personaggi di ogni genere, allo stesso tempo questa credenza finisce per

attecchire anche sui visitatori, riporta De Martino citando il Meyer:

“Quando un forestiero arriva a Napoli, comincia col ridere della Jettatura, poi a poco a poco se ne preoccupa e, infine dopo tre mesi di soggiorno, lo vedete

coperto di corni dalla testa ai piedi e con la mano destra eternamente contratta”28.

Vediamo in questo modo la vera potenza del pensiero magico, capace, nella

giusta situazione di attecchire su tutte le fasce di popolazione, da quelle più

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