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2.8 La sopravvivenza del mondo magico nella realtà moderna

Nel documento Magia e malocchio (pagine 54-61)

I testi qui analizzati e i relativi autori, appartengono a realtà che diventano per noi a loro volta arcaiche.

Quello che per De Martino o per la Saada è un retaggio del passato che si manifesta nel presente, a noi appare come un retaggio ancora più antico in una realtà che percepiamo come lontana e carica di magia.

Di certo le società analizzate non vivono lo stesso legame con la magia del momento in cui queste ricerche sono state svolte, come ci fa notare la Gallini, nel testo “dono e malocchio”, il mondo “moderno” stava già al tempo entrando di prepotenza in quello magico.

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la credenza nel malocchio permane in tutte le fasce della popolazione, sia come semplice superstizione che come credenza assoluta. Va fatto poi notare come il mondo magico si sia limitato ad adattarsi ai tempi, vivendo nuove forme e nuove iterazioni che vanno dalla new age, ai “ritorni magici” che possiamo vedere all’interno della società comune e delle società iniziatiche, dove la magia continua a estendere il suo dominio e il pensiero magico si trasmette e rinnova nei decenni e nei secoli.

Dopo questo necessario preambolo, andiamo però ad analizzare l’idea De Martiniana delle capacità di sopravvivenza di questo mondo anche all’interno del mondo “della ragione” e della scienza.

Per De Martino il permanere di simili credenze arcaiche nella società Lucana da lui analizzata deriva semplicemente dal fatto che la società in questione vive ancora di realtà arcaiche e antiche, fatte di larghi strati sociali.

La lucania soffre ancora “la precarietà dei beni elementari della vita, l’incertezza delle prospettive concernenti il futuro, la pressione esercitata sugli individui da parte di forze naturali e sociali non controllabili”26.

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È in questa struttura che la fascinazione e la magia si mettono tra l’individuo e quella immensa negatività che lo circonda e che determina la sua quotidianità. È la minaccia stessa della presenza, secondo De Martino, a dar vita a eventi oniroidi di dominazione, impulsi crepuscolari che traboccano nello stato di veglia.

Questo insorgere entra di prepotenza nella vita quotidiana attraverso stati allucinatori capaci di irrompere anche nello stato di veglia e di rendere l’individuo “incosciente” per alcuni minuti, per vederlo poi riprendersi e trovarsi di fronte a ferite autoinferte, capelli tagliati e tanti altri episodi di questo genere che vengono riportati dall’autore.

In questo frangente, De Martino si allontana dalle spiegazioni parapsicologiche che troviamo accennate in testi come “Mondo Magico”.

L’idea di fondo che viene proposta è come l’esperienza oniroide della fascinazione si muova secondo una reazione alla minaccia della presenza data dall’incomprensibile e da forze soverchianti. L’elemento guida di questi episodi è un forte trauma emotivo, sia questo l’elaborazione di un lutto o una semplice paura inconscia di un individuo o di un espisodio. È in questo stato che la magia

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sembra prendere una forma salvifica. La minaccia della presenza, viene attenuata dalla possibilità di una cura magica, di disfare la fattura, di trovare conforto nei rituali e nelle magie.

Il pensiero magico sopravvive proprio dove la minaccia è più forte. La magia

diventa una spiegazione all’inspiegabilità delle sventure, a danni e

problematiche che minacciano l’esistenza stessa dell’individuo. Questo si può facilmente applicare a tutto il mondo moderno fino alla contemporaneità. Va ammesso però, come questa spiegazione, legata a una struttura psicologica riesca solo in parte a giustificare le credenze magiche e soprattutto trovi non poche difficoltà a districarsi tra le varianti di episodi e i supposti prodigi che si ritrovano nei resoconti antropologici e negli studi sulla magia.

2.9 - La agia lu a a

Nella nostra analisi del malocchio abbiamo preso in esame quella che De Martino definisce “magia lucana”, perché in essa, universalizzandola, possiamo ritrovare gli elementi fondamentali della concezione generale del malocchio. È vero che, a seconda della culture e del luogo di appartenenza queste credenze si

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mostrano attraverso sistemi differenti, mostrando di fatto caratteristiche, tecniche di esorcismo e ovviamente formule e preghiere completamente diverse. L’elemento portante però, il cuore di questa forza oscura, si presenta costantemente quasi in ogni cultura, sia questa quella aborigena, quella degli indiani d’america, o il Voodoo Haitiano.

Nel nostro lavoro troveremo elementi simili e ripetuti anche nell’analisi del testo “Dono e Malocchio” e di “Deadly Words”.

A confermare la nostra tesi di “universalità del malocchio” ci giunge in aiuto di nuovo De Martino.

Ecco che ci viene riportato un parallelismo con i resoconti di Strehlow per quanto riguarda il popolo Aranda dell’Australia centrale:

“L’arte dello stregone consiste specialmente nel rendere innocua l’influenza di uomini ostili o di esseri maligni. Egli è chiamato in casi gravi, o che la malattia sia causata da persone ostili, o che invece la causa sia una entità demoniaca… tutte le malattie sono riconducibili dagli indigeni a influenze esterne, e cioè ad uomini che con l’aiuto della magia nera asseriscono di poter causare la morte di

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un altro individuo, ovvero a demoni che in forma animale o nei fenomeni naturali si avvicinano all’uomo e gli recano danno”27

Si ritrovano in questo caso elementi condivisi nelle credenze della lucania e in

quelle che ritroviamo in svariati popoli, di cui molti esempi ritroviamo nel testo “Il mondo Magico” sempre di De Martino.

Il male si manifesta attraverso forze maligne e energie mosse da fascinatori

capaci di fare del male o di toglierlo. C’è l’essere agiti e il subire, c’è il vento maligno e c’è una credenza generale condivisa.

De Martino ci fa notare come la fascinazione lucana, altro non sia che la

Baskania dei Greci e il Fascinuum dei Romani, citando poi il Malleus

Maleficarum, testo attraverso il quale la chiesa romana mise su carta le credenze

nelle streghe e nei malefici.

La realtà particolare del malocchio in lucania apre la strada a una teoria generale

della magia e, in particolare, del maleficio magico.

Emerge infatti come l’uomo comune non si immischi con la componente

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iniziatica e ascetica della magia, quest’ultimo se ne tiene anzi alla larga, delegando nelle mani del “mago” tutte le operazioni con energie altre. Il

maleficio e i suoi effetti diventano un elemento segreto, un’arte utilizzata solo da

pochi uomini (di cui in alcuni casi si mette in discussione anche la stessa

umanità, come nelle storie sui magiari di cui abbiamo parlato in precedenza), o

iniziati attraverso rapimenti magici, eventi straordinari o segrete procedure di

iniziazione.

L’uomo comune è quindi totalmente in balia di forze straordinarie capaci di

influire sulla sua esistenza, di mettere a rischio la sua stessa presenza e di

danneggiare lui e ciò che possiede.

L’enorme energia naturale prende un’altra faccia, nel mondo magico, la minaccia è più vasta e l’unico sollievo arriva dal liberarsi di questo peso chiedendo aiuto a “operatori magici”, signori delle forze segrete che minacciano, come e più della stessa natura, la vita umana.

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Nel documento Magia e malocchio (pagine 54-61)