• Non ci sono risultati.

L’abuso del processo: definizioni e confini

Il tema dell’abuso del processo è sicuramente uno degli argomenti più diffi- cili del quale trattare, sia perché quest’argomento nel corso degli anni ha cono- sciuto una specie di esplosione che si è manifestata nella pubblicazione di mono- grafie201, articoli di dottrina202, nonché convegni, sia per la partecipazione da parte della giurisprudenza, inclusa la Corte di Cassazione, nel trovare sempre nuove forme di abuso di processo203.

In primo luogo, appare opportuno evidenziare il collegamento tra i concetti di abuso del diritto204 e di abuso del processo, senza, ovviamente, alcuna pretesa di esaustività.

Infatti, non sussiste una contrapposizione tra diritto e processo, ma semmai una continuità, collegata alla proiezione sul versante processuale della tutela del- le situazioni giuridiche soggettive.

                                                                                                               

201  Cfr. in particolare Cordopatri, L’abuso del processo, I e II, Padova, 2000; Ghirga, La merite-

volezza della tutela richiesta. Contributo allo studio dell’abuso dell’azione giudiziale, Milano, 2004; Id., Abuso del processo e sanzioni, Milano, 2012, e da ultimo Tropea, L’abuso del pro- cesso amministrativo. Studio critico, Napoli, 2015 e Asprella, Il frazionamento del credito nel processo, Bari, 2015.

202 Cfr. tra i molti Comoglio, Abuso del processo e garanzie costituzionali, in Riv. dir. proc.

2008, p. 319 ss.; Dondi, Abuso del processo (diritto processuale civile), in Enc. dir., Annali III, Milano, 2010, p. 1 ss.; Ansanelli, Abuso del processo, in Dig. disc. priv., Sez. civ., agg. III, 1, Torino, 2007, p. 1 ss.; Taruffo, Elementi per una definizione di abuso del processo, in Diritto privato, III, Padova, 1997, p. 435 ss.; Id., L’abuso del processo: profili comparatistici, ivi, IV, 1998, p. 496 ss.

203  V. da ultimo l’ampia analisi di Ghirga, Recenti sviluppi giurisprudenziali e normativi in te-

ma di abuso del processo, in Riv. dir. proc., 2015, p. 445 ss.

204 Sottolinea esattamente M.F. Ghirga, Abuso del processo e sanzioni, cit., 5, nota 1, che il te-

ma dell’abuso del diritto «risente della nozione di diritto soggettivo che si adotta». Forse, si po- trebbe superare (o, quanto meno, aggirare) questo problema ipotizzando di allargare il concetto all’abuso di situazioni giuridiche soggettive.

Secondo la definizione tradizionale, il diritto o, più specificatamente, il dirit- to soggettivo, è il potere di agire, per soddisfare un interesse individuale protetto dall’ordinamento giuridico. Al soggetto titolare del diritto l’ordinamento attribui- sce una serie di poteri il cui esercizio è pienamente lecito, ancorché dallo stesso consegua la compressione o la frustrazione d’interessi altrui.

In linea di principio, pertanto, dalla suddetta liceità del comportamento con- segue che chi esercita correttamente un proprio diritto non può commettere un at- to illecito e, quindi, non può essere tenuto a risarcire il danno.

La nozione di abuso, sembra costituire, pur con tutta la prudenza necessaria, un concetto in larga misura unitario e onnicomprensivo, il quale si atteggia e si specifica in modo inevitabilmente differente se riferito e parametrato alla sfera dell’aspetto sostanziale, anziché alla tutela giurisdizionale in quanto tale ed alle singole vicende del processo. Secondo questa ipotesi ricostruttiva, l’elemento dell’abuso diventerebbe il minimo comune denominatore o, se si vuole, il “pon- te” a livello concettuale suscettibile di unire i due tipi di abuso in questione.

Si potrebbe forse sostenere che l’abuso del diritto205 e l’abuso del processo sarebbero inquadrabili come due species dello stesso genus, costituito dalla figu- ra dell’abuso tout court206.

                                                                                                               

205 Dall’ampio studio monografico di F. Cordopatri, L’abuso del processo, II, cit., 85 s., emerge

una grande attenzione per i fermenti dottrinari maturati nell’ambito della dottrina civilistica, in relazione alla quale l’Autore afferma che «l’abuso del diritto mostra inequivoci segni di rinasci- ta» rispetto al passato, caratterizzato da un «più o meno marcato ostracismo». Aggiunge il Cor- dopatri (a p. 89) che «sul piano teorico, si suole eleggere a parametro ricostruttivo della nozione di abuso del diritto il difetto di interesse unito all’intenzione di nuocere, oppure la modalità anomala e scorretta dell’esercizio del diritto, cioè la valutazione della faute o della contrarietà alla buona fede oggettiva, o, ancora, il bilanciamento degli interessi; o, infine, la deviazione del potere dallo scopo istituzionale». E ancora afferma: «dunque, la nozione di abuso del diritto può teoricamente collegarsi con il concetto di esercizio distorsivo del diritto o con il concetto della correttezza e della buona fede in senso oggettivo» (pag. 92). Quale corollario, l’abuso del diritto dovrebbe essere apprezzato non in termini di un atteggiamento soggettivo, ma piuttosto come figura emergente a livello oggettivo. Essa è intimamente correlata al concetto di responsabilità, laddove si afferma, a pag. 90, che «l’abuso del diritto, già sin dalla costruzione della nozione o, se si vuole, sin dal disegno dei profili della fattispecie, non deve né può perder d’occhio il rap- porto che lo lega alla responsabilità. In questo senso, l’elezione del punto di snodo dell’abuso nella distorsione dell’esercizio del diritto o, piuttosto, nell’apprezzamento del conflitto interin- dividuale, meglio, nel bilanciamento degli interessi ha la sua inevitabile ricaduta sulla raccorda- bilità, o meno, dell’abuso con la responsabilità»

206 A diverse conclusioni sembra giungere F. Cordopatri, L’abuso del processo, II, cit., 110, ove

Vi è chi correntemente rinviene la ratio dell’abuso del processo nella distor- sione e scorrettezza dell’utilizzo dello strumento processuale.

Meglio, nell’impiego del processo con modalità tali non solo da arrecare danno alla parte207 senza necessità o anche solo apprezzabile vantaggio per l’agente, ma anche da interferire con il funzionamento dell’apparato giudiziario. In altre parole, l’abuso de processo si renderebbe concreto in una condotta lesiva del canone generale di buona fede oggettiva e di correttezza, in quanto contra- stante con il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e contraria ai principi del giusto processo208.

E vi è pure chi209 rinviene la ratio dell’abuso del processo esclusivamente nella idoneità dell’attività processuale svolta da una parte a recare pregiudizio all’efficace esercizio dell’attività di difesa dell’avversario.

Per provare a spiegare come potrebbe individuarsi un effettivo abuso “atipico del processo210 prenderò il concetto, esposto in maniera chiara ed argomentativa, dall’esposizione di un articolo di Taruffo211.

Egli afferma che se definiamo il processo come “un procedimento dialettico

le cui mosse sono specificamente disciplinate dalla legge processuale, la quale definisce in modo analitico quali sono le conseguenze di atti e comportamenti non conformi a questa disciplina, ossia quali sono e come vengono sanzionati gli atti e i comportamenti che in questo modo si configurano come illeciti o invali- di”, a questo punto si incontra un qualcosa di quasi paradossale, ossia: “poiché un atto processuale illecito o invalido è sanzionato in quanto tale, proprio per

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

quanto al diritto processuale e «la nozione impiegata nel primo può trovare, mutatis mutandis, correttamente e fondatamente impiego e applicazione nel secondo».

207 In particolare, la giurisprudenza pratica è portata a ponderare gli effetti prodotti sulla ammi-

nistrazione della giustizia nel suo complesso.

208 In argomento, v. le ponderate e acute riflessioni di L. P. Comoglio, Abuso del processo e ga-

ranzie costituzionali, 2008, 319 ss.

209 In argomento, spunti in M. Montanari, Note minime sull’abuso del processo civile, in Corrie-

re giur. 2011, 556.

210 Sulla categoria degli illeciti atipici v. Atienza-Ruiz Manero, Illeciti atipici: l’abuso del dirit-

to, la frode alla legge, lo sviamento di potere, tr. it., Bologna, 2004.

questa ragione esso non può essere considerato, se non a costo di una mera so- vrapposizione verbale, anche come abusivo”. Allora l’alternativa è la seguente: “si esclude che vi sia una sorta di abuso atipico non previsto espressamente dal- la legge, e allora quando si parla di atti che non corrispondono al rispettivo mo- dello normativo si parla solo di atti illeciti o invalidi, oppure si ritiene che sia possibile configurare l’abuso come qualcosa di diverso dalla illiceità dell’atto”.

Ma la conseguenza di questa seconda opzione è che potrebbero essere propria- mente qualificati come abusivi solo atti e comportamenti che sono leciti dal pun- to di vista della disciplina del processo, e che quindi dovrebbero essere qualifica- ti come abusivi soltanto sulla base di qualche principio o regola che si suppone esistente al di fuori di tale disciplina.

Dunque bisogna chiedersi quando è possibile che un atto o un comportamen- to in sé leciti siano anche abusivi. Intuitivamente pare che ciò possa accadere in un solo tipo di situazione, ossia quando la legge processuale attribuisce ad un soggetto un potere discrezionale, ossia la possibilità di scegliere tra diverse alter- native che la stessa legge prevede come tutte valide e lecite. Se si fosse di fronte ad un solo comportamento configurato come possibile, e quindi come obbligato- rio, il soggetto non avrebbe alcuna scelta e l’omissione di quell’atto, o il compi- mento di un atto diverso, sarebbe, ancora una volta, un illecito, con conseguenze rilevanti in termini di responsabilità del soggetto212, ma senza che in proposito si

possa parlare di un abuso. Peraltro, l’intero processo potrebbe essere interpretato come una complessa sequenza di situazioni in cui un soggetto, una parte, l’altra parte, il giudice, dispone della discrezionalità in base alla quale opta per una o per un’altra alternativa, tra quelle che di volta in volta la legge configura come possibili e legittime, determinando con la sua scelta la situazione successiva, sic- ché l’intero svolgersi del procedimento risulterebbe dalla concatenazione delle scelte compiute dai vari soggetti.

È importante sottolineare, però, che non sempre una scelta discrezionale im- plica necessariamente un abuso. Ecco che allora, non essendo sufficiente il rife-                                                                                                                

rimento alla discrezionalità, il discorso si complica, poiché da molte parti viene detto che si verifica un abuso quando un atto viene compito per conseguire uno scopo diverso da quello al quale l’atto dovrebbe essere propriamente finalizza- to213.

Si potrebbe allora individuare qualche fattispecie di abuso non in tutti i casi nei quali un atto viene compiuto per uno scopo che non gli è proprio, ma solo nei casi nei quali questo scopo è illecito o è comunque vietato dall’ordinamento214.

Un’altra riflessione sul significato di abuso del processo può essere ripresa dall’articolo di Scarselli215 che astrattamente ipotizza quattro diverse ipotesi in cui si configurerebbe l’abuso del processo.

In primo luogo, si avrebbe, nel “c.d. frazionamento del credito”216.

Sostanzialmente, questa prima ipotesi di abuso del processo si configurereb- be in ciò, che ogni volta in cui una parte può ottenere un certo risultato giudiziale con un processo, non può, per ottenere quel medesimo risultato, se la fonte del diritto trova origine in un unico rapporto giuridico, attivare due o più processi, anziché l’unico processo necessario per il conseguimento di quel risultato utile.

Attivare più processi con scissione del contenuto dell’obbligazione aggrave- rebbe ingiustificatamente la posizione del debitore, e quindi si porrebbe in con- trasto tanto con il principio di correttezza e buona fede, quanto con il principio costituzionale del giusto processo.

Dal che l’idea che la parcellizzazione della domanda giudiziale per la soddi- sfazione di un’unica pretesa creditoria realizzi un abuso degli strumenti proces- suali.

                                                                                                               

213 Cfr. Cordopatri, L’abuso del processo nel diritto positivo italiano, cit., p. 50 ss. In argomento

v. da ultimo Tropea, op. cit., p. 351 ss.; Asprella, op. cit., p. 104 ss.

214 In proposito v. più ampiamente Taruffo, L’abuso del processo: profili generali, cit., p. 39, 45. 215 Scarselli G., sul “c.d abuso del processo”, in rivista di diritto processuale, 2012

216 E ‘quanto ha statuito Cass., sez. un., 15 novembre 2007 n. 23726, sopra citata. In senso so-

stanzialmente conforme v. anche Cass. 27 maggio 2008 n. 13791; Cass. 11 giugno 2008 n. 15476; Cass. 3 dicembre 2008 n. 28719. Per la giurisprudenza di merito conforme v. Trib. Tori- no, 7 marzo 2011, Corriere del merito 2011, 699, con nota di D’Auria; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 10 settembre 2010; Trib. Perugia, 8 giugno 2010; Trib. Milano, 8 marzo 2010; Trib. Mantova, 3 novembre 2009, in www.ilcaso.it 2009.

Una seconda ipotesi di abuso del processo si avrebbe in casi del tutto diversi, ovvero quando una parte utilizzi uno strumento processuale non per ottenere l’effetto naturale proprio dello strumento, bensì` per raggiungere un effetto de- viato, che comunque con l’utilizzazione di quello strumento processuale si riesce a perseguire.

Così, per esemplificare, è abusivo il comportamento di chi proponga un rego- lamento preventivo di giurisdizione non per consentire alla cassazione di statuire sulla giurisdizione ma per ottenere l’effetto dilatorio della sospensione del pro- cesso di merito ex art. 367 c.p.c.217; è abusivo il comportamento di chi proponga una causa contro un magistrato o contro un terzo non perché´ ritenga fondata- mente di vantare dei diritti da questi soggetti, ma per poter, ad esempio, ricusare detto giudice in altro giudizio ex art. 51 c.p.c.218 o rendere incapace la contropar- te alla testimonianza in altro processo ex art. 246 c.p.c.219; ed ancora è abusivo il comportamento di chi, a fronte di una convalida di sfratto, eccepisca la compe- tenza delle sezioni specializzate agrarie al solo fine di trasferire dinanzi a tale giudice specializzato, con evidente dispendio di tempo, l’intera controversia220; o di chi, di fronte ad un diritto fatto valere in giudizio, ne contrapponga altro con- nesso per pregiudizialità chiedendo su esso l’accertamento con autorità di cosa giudicata ex art. 34 c.p.c. al solo fine di spostare l’intera controversia ad altro giudice rispetto al primo adito221; ed ulteriormente è abusivo il comportamento di

                                                                                                               

217 Si ricorda sul punto Cass., sez. un., 3 novembre 1986 n. 6420, in Foro it. 1987, I, 57, con no-

ta di Barone, Proto Pisani, Cipriani, Pizzorusso, la quale ritenne il comportamento di chi si ri- volga alla suprema corte con regolamento di giurisdizione palesemente infondato e al solo fine di ottenere la sospensione del processo di merito riconducibile alla lite temeraria ex art. 96 c.p.c. con obbligo della Corte di riferire all’autorita` che esercita il potere disciplinare a norma del comma 2º dell’art. 88 c.p.c.

218 Su questo aspetto v. Trib. Roma, 19 luglio 2000, in Foro it. 2000, I, 3628. 219 V. sul punto Cass. 16 giugno 2003 n. 9652

220 V., in tema, Cass. 21 maggio 1999 n. 4957, per la quale, in ipotesi di abuso dell’eccezione, il

primo giudice resta competente se l’eccezione circa l’esistenza del contratto agrario appare, ad un esame sommario e in modo manifesto e certo, palesemente infondata e pretestuosa. In senso conforme v. anche Cass. 11 gennaio 2006 n. 250; Cass. 2 aprile 2001 n. 4786; Cass. 4 aprile 2001 n. 4969; Cass. 11 febbraio 1999 n. 1169; Cass. 16 aprile 1997 n. 3281; Cass. 24 luglio 1987 n. 6450.

221 V. infatti su questo aspetto Cass. 16 gennaio 1993 n. 530, per la quale «Il giudice cui sia ri-

volta la domanda di accertamento con efficacia di giudicato di una questione pregiudiziale deve appurare se sussista un interesse effettivo in capo all’attore, tale da travalicare l’interesse relati- vo al giudizio in corso, nel senso che la questione pregiudiziale sia idonea ad influire anche su

chi, al fine di deviare la competenza del giudice dal suo luogo naturale, si inventa un convenuto fittizio e propone contro tutti ex art. 33 c.p.c. la controversia pro- prio nel luogo di residenza di detto convenuto fittizio222; ecc.

In tutti questi casi, appunto, il comportamento andrebbe considerato abusivo poiché´ dovere della parte non sarebbe solo quello del rispetto della legge e della deontologia, ma anche quello di utilizzare gli strumenti processuali per gli scopi per i quali detti strumenti sono stati posti dal legislatore, e non per il raggiungi- mento di altri e diversi obiettivi; il tutto con regole analoghe a quelle che nel di- ritto amministrativo regolano il fenomeno c.d. “di eccesso di potere”.

Una terza ipotesi di abuso del processo scaturirebbe, ancora, dal mero com- portamento non corretto della parte, ovvero dinanzi ad ogni attività menzognera, reticente, dilatoria, superflua, o comunque in contrasto allo standard di diligenza proprio del professionista223.

Sotto questo profilo la giurisprudenza ha creato una massima con la quale, in presenza di comportamenti dilatori o manifestamente infondati della parte, il giudice può evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità super- flue224, interpretando la legge oltre il suo tenore letterale.

Cosı`, ad esempio, è avvenuto che non si sia concesso un termine per                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

liti diverse, pendenti o di prevedibile insorgenza, fra le stesse parti, o anche su altri rapporti ed altri soggetti». Conformi v. Cass. 12 luglio 2005 n. 14578; Cass. 8 maggio 2004 n. 8781; Cass. sez. un., 14 novembre 2003 n. 17208; Cass. 10 luglio 2002 n. 10039; Cass. 6 marzo 2001 n. 3248; Cass. 5 agosto 1998 n. 7691.

222 V. infatti Cass. 10 maggio 2010 n. 11314, per la quale «La deroga alla competenza territoria-

le determinata dal cumulo di cause connesse, proposte contro più persone e radicate presso il giudice del foro generale di uno dei convenuti, non trova applicazione allorche´ l’evocazione in giudizio di uno di essi appaia prima facie artificiosa e preordinata allo spostamento della com- petenza». V. anche in senso conforme Cass. 15 marzo 2004 n. 5243; Cass. 25 giugno 2002 n. 9277; Cass. 12 dicembre 1001 n. 13445.

223 Cosı`, espressamente, Dondi, Giussani, Appunti sul problema dell’abuso del processo civile

nella prospettiva de iure condendo, cit., 195.

224 La massima suona: «Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del pro-

cesso impone al giudice di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una solle- cita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché´ non giustificate dalla struttura dia- lettica del processo». La massima è stata usata in numerosi casi, tra i quali ricordo Cass. sez. un. 23 febbraio 2010 n. 4309, in Foro it. 2010, I, 1794; Cass. 18 febbraio 2010 n. 3830, id.; Cass. 3 novembre 2008 n. 26373, in Foro it. Rep. 2009, voce Procedimento civile, 88; Cass. 19 agosto 2009 n. 18410, in Foro it. Rep. 2009, voce Diritti politici e civili n. 154; Cass. 8 luglio 2009 n. 15985 (massima non pervenuta).

l’omessa notifica di un ricorso per cassazione ad una parte del giudizio225, oppure non si sia concesso un termine per l’integrazione del contraddittorio al litiscon- sorte necessario pretermesso226, in quanto i ricorsi erano da ritenere inammissibi- li.

La dottrina, poi, ha sostenuto che in questi casi, maggiormente che in altri, l’abuso andrebbe ascritto al difensore più che alla parte, e il sistema, in una pro- spettiva di riforma dell’art. 88 c.p.c.227, dovrebbe provvedere a sanzionare diret- tamente l’avvocato per l’esercizio di difese abusive, anche con riguardo alla di- sciplina dell’etica professionale228, poiché´ solo in questo modo si inserirebbe nel sistema un deterrente adeguato, che al momento non esiste.

Infine, sussisterebbe un’ulteriore, quarta ipotesi di abuso del processo, in tutti quei casi, diversi dai precedenti, nei quali il giudice, discrezionalmente, ravvisi un comportamento da considerare tale.

Si tratterebbe di un’ipotesi di chiusura, o di una categoria residuale, in grado di consentire al giudice, in ipotesi non predeterminate, di ritenere, per ulteriori ragioni, abusivo il comportamento della parte.

Ed è questa, d’altronde, la tendenza interpretativa dell’art. 96, comma 3º c.p.c., in forza del quale è da considerare abusivo anche l’esercizio dell’azione promossa senza sensibilità per la cosa pubblica, oppure senza rispetto per il so- vraccarico del ruolo del giudice, o ancora senza tener conto del funzionamento generale della giustizia, ecc.229. Ed è questo, inoltre, quanto avviene con riguardo                                                                                                                

225 Cosı` ancora Cass. 3 novembre 2008 n. 26373, in Foro it. Rep. 2009, voce Procedimento ci-

vile, 88.

226 Cosı` Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723.

227 Al momento, infatti, ricondotti questi comportamenti nella violazione del dovere di lealtà e

probità di cui all’art. 88 c.p.c., essi hanno come conseguenza o la possibile apertura di procedi- mento disciplinare per il difensore a seguito di segnalazione del comportamento da parte del giudice ex comma 2º art. 88 c.p.c., oppure, hanno una incidenza sulle spese del giudizio, fino al risarcimento dei danni nei casi di espressioni sconveniente od offensive. Va in ogni caso ricor- dato che «il comportamento processuale delle parti contrario ai doveri di lealtà e probità non è integrato dalla semplice prospettazione di tesi giuridiche o da ricostruzioni di fatti riconosciute errate dal giudice, ne´ da comportamenti che possono conseguire effetti vantaggiosi solo in con- seguenza di un concorrente difetto di normale diligenza della controparte» (cosı` Cass. 16 otto- bre 1998 n. 10247).

228 Dondi, Manifestazione della nozione di abuso del processo civile, Diritto privato 1997, 482. 229 V. fra le tante Trib. Varese, 21 gennaio 2011, in www.ilcaso.it 2011; Trib. Rovigo, 7 dicem-