Con l’ultima riforma il legislatore ha inteso ridurre la discrezionalità dei giu- dici nel decidere la compensazione delle spese di lite onde porre definitivamente un freno alle prassi giurisprudenziali troppo lassiste sino ad oggi invalse. Nell’ambito delle misure atte a favorire la funzionalità del processo civile e di- sincentivarne l’abuso, come si legge nella Relazione tecnica al d.l. n. 132/14, il legislatore è dunque intervenuto sul disposto dell’art. 92 c.p.c., eliminando l’inciso normativo che faceva riferimento a motivi la cui giustizia o gravità ed eccezionalità era rimessa all’insindacabile valutazione del giudice e fissando in- vece tre ipotesi al solo ricorrere delle quali sarà oggi consentito disporre la com- pensazione.111 Il giudice può, infatti, compensare le spese di lite, parzialmente o
per intero, “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità
della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.112
111 Si rammenta che già in passato furono elaborati disegni di legge al fine di contenere la di-
screzionalità dei giudici nel compensare le spese, fissando i casi in cui questa potesse essere di- sposta. È d’uopo ricordare il d.d.l. delega redatto dalla Commissione Tarzia (art. 11), che limi- tava la possibilità di disporre la compensazione delle spese ai casi di soccombenza reciproca, di complessità della causa e di novità delle questioni decise. Cfr. Riv. dir. proc., 1996, p. 951.
112 Si ricorda inoltre che, nell’ambito della neo introdotta disciplina sulla c.d. negoziazione assi-
stita, l’art. 4 (rubricato « Non accettazione dell’invito e mancato accordo ») recita che « L’invito a stipulare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli artt. 96 e 642, pri- mo comma, c.p.c. ». A tal riguardo osserva giustamente Santangeli, Commento all’art. 13, in Aa.Vv., La nuova riforma del processo civile degiurisdizionalizzazione, processo e ordinamen- to giudiziario nel D.L. 132/2014 convertito in l. 162/2014, a cura di Santangeli, Roma, 2015, p. 146, all’uopo richiamando quanto già affermato da Zingales, che la norma de qua « allarga, in- vero, l’ambito di operatività, delineato dall’art. 13, della compensazione, consentendo di “puni- re” la parte sostanzialmente vittoriosa che non ha voluto stipulare la convenzione; il che si tra- duce nella creazione di una nuova ipotesi di compensazione ». Un’ipotesi extra ordinem di compensazione delle spese era già contemplata del resto anche nella disciplina sulla c.d. media- zione obbligatoria. L’art. 13 d.lgs. n. 28/10, rubricato « Spese processuali », al comma 1, recita « quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha ri- fiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli artt. 92 e 96 c.p.c. Le disposi- zioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al me- diatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’art. 8, comma 4 »; mentre al comma 2o si
Rispetto al testo previgente permane quale motivo che giustifica la compen- sazione la soccombenza reciproca, che ricorre in ogni ipotesi di accoglimento o rigetto di solo alcune delle plurime domande cumulate proposte ovvero di acco- glimento parziale della domanda giudiziale113 o ancora di rigetto sia della do- manda principale che di quella proposta in via riconvenzionale.
Accanto a questa ipotesi il legislatore ha indicato altre due situazioni in pre- senza delle quali è legittimo disporre la compensazione. La prima ipotesi ha ri- guardo al caso di “novità della questione trattata”, ossia quando il giudice si trova ad affrontare una problematica del tutto inedita, in relazione alla quale non si rin- vengono precedenti da parte della Corte di Cassazione. La novità della questione trattata è una delle situazioni che, ancor prima della recente riforma processuale, la giurisprudenza aveva incluso prima tra i “giusti motivi “e, poi, tra le “gravi ed
eccezionali ragioni “ che giustificano la compensazione delle spese. La suddetta
condizione potrà verificarsi non solo nell’ipotesi in cui sia intervenuta in corso di causa una nuova legge chiamata a regolare la materia del contendere, novità di base normativa, ma anche quando la questione non sia mai stata affrontata in ambito giurisprudenziale, novità di fattispecie.114 Nel concetto di novità, per ve- ro, rientrerà altresì l’ipotesi della sopravvenuta declaratoria d’incostituzionalità di una norma, posto che il venir meno dell’interpretazione invalsa su di una nor-
specifica che « quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al pe- riodo precedente». Peraltro, entro quest’ultima disciplina, la «coercizione» a partecipare al pro- cedimento è affidata ad uno strumento diverso dall’art. 8, comma 4o bis, ove si prevede che «Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giu- dice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha par- tecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».
113 Ossia di accoglimento solo di alcuni capi della domanda. È invece questione controversa se
la compensazione possa essere disposta anche nell’eventualità in cui la domanda, articolata in un unico capo, sia accolta per un quantum ridotto rispetto a ciò che era richiesto. Sul punto v. Carratta e D’Ascola, Nuove riforme per il processo civile: il d.l. n.132/2014, in www.treccani.it.
114 In merito cfr. Santangeli, op. cit., p. 149, che fa rientrare nel concetto di novità anche
l’ipotesi in cui gli elementi di fatto della vicenda dedotta in giudizio differiscano anche solo mi- nimamente, ma pure sempre in maniera rilevante, da quelli delle altre fattispecie già oggetto di decisioni giurisprudenziali.
ma dichiarata incostituzionale ingenera un vuoto.115
In sede di conversione del d.l. n. 132/14, si è previsto che la natura nuova della questione debba essere “assoluta”, ossia che il giudice sia per la prima vol- ta chiamato a decidere una siffatta problematica giuridica116. Il carattere inedito deve concernere la “questione trattata” che funge da oggetto del contendere e che, stante il silenzio della legge sul punto, potrà interessare tanto una questione di diritto che di fatto, da intendersi come applicazione di una determinata regola iuris a una fattispecie concreta nuova, mai affrontata in ambito giurisprudenziale, non avendo rilievo a tal fine la circostanza che la stessa sia invece già stata af- frontata od approfondita in ambito dottrinario117: purché, ovviamente, si tratti di questione centrale per la decisione della causa.
L’ultima ipotesi ha riguardo al “mutamento della giurisprudenza rispetto al-
le questioni dirimenti” e, rispetto ad un orientamento sufficientemente stabile sul
quale la parte soccombente aveva fatto affidamento118: fenomeno questo che si verifica con sempre maggior frequenza negli ultimi anni, sia con riguardo al di- ritto sostanziale che processuale.
Ai fini dell’integrazione della condizione indicata parrebbe necessaria l’adozione da parte della giurisprudenza di una soluzione giuridica del tutto nuo- va, ossia un’interpretazione della norma che prima del nuovo arresto non aveva mai trovato ingresso nel panorama giurisprudenziale o che non veniva propugna-
115 Non crediamo, invece, possa ritenersi inclusa nella condizione in esame l’ipotesi
dell’interpretazione innovativa di una norma, applicabile a una determinata fattispecie non nuo- va, fornita dalla parte (così invece ancora Santangeli, ibidem).
116 Osserva Santangeli, op. cit., p. 144, che in tal modo si mira a comprimere in maniera più de-
cisa i margini di discrezionalità del giudice.
117 Secondo Valerini, Le altre misure per la funzionalità del processo civile di cognizione, in
Processo civile efficiente e riduzione dell’arretrato. Commento al d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014, a cura di Luiso, Torino, 2014, p. 44, l’ipotesi concernente la novità della que- stione trattata non sembrerebbe necessitata come le altre, posto che « sebbene la questione sia nuova, una delle parti ha avuto totalmente ragione da parte del giudice e, quindi, quella parte aveva ben interpretato la norma e si muoveva secundum ius », con il corollario che, ad avviso dell’A., « non condannare la parte soccombente su una questione nuova alla refusione delle spe- se legali di controparte significa legittimare un comportamento (anche extraprocessuale) contra- rio allo spirito del principio di buona fede e correttezza nella risoluzione delle controversie giu- diziarie e, cioè, quello di tentare di risolvere la controversia con altri mezzi quali ad esempio la negoziazione, assistita o no , e la mediazione».
118 Soluzione questa già proposta da Ruffini, in Mutamenti di giurisprudenza
nell’interpretazione delle norme processuali e «giusto processo», in Riv. dir. proc., 2011, p. 1402, con riferimento all’overruling processuale.
ta da tempo pressoché immemore, con ciò superandosi un precedente indirizzo giurisprudenziale della Cassazione o, in assenza di questo, un orientamento paci- fico maturato in seno alla giurisprudenza di merito. Si tratta del fenomeno del c.d. overruling, ossia del mutamento repentino ed improvviso nell’interpretazione di una determinata norma giuridica, sostanziale o processua- le, rispetto ad un orientamento precedente della Corte, ormai granitico e costante: mutamento di indirizzo che deve concernere le “questioni dirimenti” 119, ossia non ogni questione oggetto del contendere, ma solo quelle, sostanziali o proces- suali, preliminari o pregiudiziali che siano, idonee a determinare la fondatezza della domanda proposta e, quindi, in grado di fungere da ago della bilancia.120
La scelta di consentire la compensazione delle spese di lite nell’ipotesi di overruling rinviene la propria ratio nell’intento di salvaguardare il legittimo affi- damento che la parte abbia riposto su un orientamento giurisprudenziale da tem- po ormai consolidato, confidando sulla sua permanenza anche per il futuro: onde la necessità di consentire al giudice, in siffatta ipotesi, di escludere la condanna alle spese del soccombente che, al momento della proposizione della domanda giudiziale, abbia fondato la propria richiesta di tutela sulla scorta di un’interpretazione del testo legislativo elaborata dalla giurisprudenza e del tutto inaspettatamente mutata lite pendente. Va peraltro segnalato che nell’attuale formulazione normativa dell’art. 92 c.p.c., la nozione di “mutamento della giuri-
sprudenza” in esso richiamata trascina con se il dubbio che possano trovare in-
gresso in futuro letture rigorose ed intransigenti della nozione di overruling utile ai fini di giustificare la compensazione, recuperandosi la distinzione già coniata dalle sez. un. con la pronuncia n. 15144/11121 per ben altri contesti, ossia con ri- guardo alla possibilità di invocare, a fronte di un mutamento giurisprudenziale nell’interpretazione di una norma processuale, un affidamento legittimo e incol- pevole e accedere così alla rimessione in termini.122 Sicché potrebbe addirittura
119 Tale locuzione è stata inserita in sede di conversione del d.l. n. 132/14.
120 Secondo Santangeli, op. cit., p. 148, dirimente potrebbe essere anche una questione in tema
di prove risolta in modo innovativo e tale da assumere rilevanza centrale nella controversia.
121 Cfr. Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144, in Corr. giur., 2011, p. 1392 ss., con nota criti-
ca di Cavalla, Consolo e M. De Cristofaro, Le sezioni unite aprono all’errore scusabile: funzio- ne dichiarativa della giurisprudenza, tutela dell’affidamento, tipi di overruling.
addivenirsi a ritenere possibile la compensazione solo nell’ipotesi di overruling inopinato e imprevedibile, a fronte di un legittimo affidamento riposto dalla parte sulla giurisprudenza sino ad oggi invalsa e consolidata, ossia laddove il muta- mento giurisprudenziale concerna l’adozione di una soluzione interpretativa del dettato normativo del tutto nuova o inattesa, e non invece nell’eventualità di overruling comunque “ prevedibile” e che si è concretizzato nell’adozione di un’interpretazione evolutiva del dato normativo, in linea bensì con mutamenti giurisprudenziali o legislativi concernenti istituti connessi e in sintonia con rilievi innovativi da tempo offerti dalla dottrina, ma comunque sfociati in un brusco re- virement, ipotesi, questa, in cui l’affidamento riposto dalla parte non potrebbe ri- tenersi legittimo e incolpevole.
L’intento legislativo volto a circoscrivere l’eccessiva discrezionalità di cui disponevano i giudici di merito ha, in definitiva, prodotto un’eccessiva chiusura del sistema, non congruamente giustificabile alla luce dello scopo avuto di mira, ossia di contenere comportamenti processuali abusivi e scoraggiare cause infon- date.123 A tal riguardo va peraltro osservato che la riduzione delle ipotesi di com- pensazione se, per un verso, può porsi quale deterrente ad agire o resistere per la parte consapevole della non fondatezza o temerarietà delle propria azione o dife- sa, per altro verso, può porsi di contro quale incentivo al contenzioso per la parte consapevole, all’opposto, della fondatezza della propria difesa, non più scorag- giata dal rischio di una possibile compensazione delle spese di lite.
Appare opportuno e necessario, in questa fase, per una visione insiemistica completa, elencare seppur brevemente gli orientamenti giurisprudenziali sulla condanna alle spese di lite, alla luce delle modifiche normative viste poc’anzi.
Secondo l’orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità, la nozio- ne di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali ex art. 92, comma 2, c.p.c., sottende, anche in re-
ss.
123 In merito v. Carratta e D’Ascola, Nuove riforme per il processo civile: il d.l. n. 132/2014,
cit., ove si afferma che « nei confronti del litigante ostinato non è credibile un effetto deterrente della versione finale di questa norma maggiore rispetto alla versione del 2009 », con ciò chio- sando che « più convincente sembra l’idea che si sia voluto stroncare il costume, diffuso nelle commissioni tributarie, di compensare le spese di lite in considerazione della complessità della legislazione fiscale e della opinabilità delle questioni ».
lazione al principio di causalità, una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse par- ti ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo.124
Occorre sottolineare che la pronuncia sopra citata si pone come consapevole superamento dell’opposto principio, per il quale in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., ed in applicazione del cosiddetto principio di causalità, escludere la ripetizione di spese sostenute dalla parte vittoriosa ove le ritenga eccessive o superflue, ma non anche condannare la parte stessa vittoriosa ad un rimborso di spese sostenute dalla controparte, indi- pendentemente dalla soccombenza, poiché tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per la ipotesi eccezionale, e, la cui ricorrenza richiede una specifica ed espressa motivazione, che tali spese siano state causate all’altra parte per via di trasgressione al dovere di cui all’art. 88 c.p.c., da ciò conseguendo che qualora parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamen- te inferiore rispetto all’entità del bene che attraverso il processo ed in forza della pronuncia giurisdizionale si proponeva di conseguire, e la parte convenuta abbia adottato posizioni difensive concilianti o di parziale contestazione degli avversari assunti, possono ravvisarsi i giusti motivi atti a legittimare la compensazione, pro quota o per intero, delle spese tra le parti e non anche un’ipotesi di soccombenza reciproca.125
Secondo l’orientamento maggioritario pur ribadendosi che l’onere delle spe- se giudiziali va regolamentato anche in ragione del c.d. principio di causalità, onde chi è stato costretto ad agire fondatamente in giudizio contro altro soggetto non può essere condannato a rimborsare a quest’ultimo le spese sostenute, nean- che in parte, si precisa che non può comunque negarsi, in caso di parziale acco- glimento dell’unica domanda proposta, così come in caso di accoglimento di solo
124 Cass. 21 ottobre 2009, n. 22381, ord., Cass. 23 gennaio 2012, n. 901; Cass. 23 settembre
2013, n. 21684; Cass. 10 novembre 2015, n. 22871.
alcune delle domande proposte dall’attore, che sussista parziale soccombenza re- ciproca delle parti.
La nozione di soccombenza è unica: dunque deve ammettersi che anche in caso di solo parziale accoglimento dell’unica domanda proposta dall’attore si ve- rifica una situazione di parziale soccombenza reciproca delle parti.
Pare opportuno osservare a questo punto che, a ben vedere, con le decisioni che escludono la soccombenza reciproca in tale situazione o comunque afferma- no che l’attore parzialmente vittorioso non possa essere condannato al pagamento di una parte delle spese di lite, si è inteso probabilmente soprattutto sottolineare che nelle predette ipotesi la regolazione delle spese di lite va effettuata sulla base del principio di causalità.126
Ciò però non implica che non vi possa essere soccombenza parziale dell’attore, né che l’attore parzialmente vittorioso non possa mai, in nessun caso, essere condannato al pagamento di una parte delle spese di lite, ma solo che ciò possa avvenire esclusivamente in presenza di particolari condizioni.
Il principio della soccombenza è previsto dall’art. 91 c.p.c., come criterio di regolazione delle spese di lite per il caso in cui vi sia una parte integralmente soccombente ed una integralmente vincitrice.
In tal caso soccombenza ed imputazione degli oneri processuali coincidono integralmente: all’unico soccombente vanno imputati tutti gli oneri del processo, in quanto di esso egli ha la totale responsabilità. Nel caso in cui invece vi sia una parziale reciproca soccombenza, l’art. 92, comma 2, c.p.c., si limita a prevedere la possibilità, non l’obbligo, di una compensazione integrale o parziale delle spe- se di lite, la stessa possibilità prevista anche, fino al dicembre 2014, per il caso di sussistenza di giusti motivi o eccezionali ragioni; successivamente, invece, solo in caso di questioni nuove o sulle quali vi è stato un mutamento di giurispruden- za, ma non indica il criterio in base al quale operare la scelta.
Tale criterio va individuato nel più generale principio di causalità. Occorre cioè procedere all’individuazione della parte cui siano eventualmente imputabili in prevalenza, per avervi dato causa, agendo o resistendo alle altrui pretese in- fondatamente, gli oneri processuali ricollegabili all’attività svolta per la istruzio-
ne e decisione delle varie domande proposte, o dei vari capi dell’unica domanda, o anche dell’unica domanda che sta risultata solo in parte fondata.
Orbene, sulla base del principio di imputabilità degli oneri processuali deve allora ribadirsi che è di certo possibile la condanna dell’attore parzialmente vinci- tore al pagamento di una parte delle spese di lite, ma solo nel caso in cui, sulla base di una ideale valutazione di carattere sostanziale e, quindi, non fondata sul mero esito formale della lite, il giudice ritenga che il convenuto, per difendersi dalle pretese infondate abbia dovuto affrontare oneri superiori a quelli necessari per difendersi dalle sole pretese fondate, ed il solo maggiore onere differenziale risulti addirittura superiore agli oneri che l’attore complessivamente avrebbe do- vuto sostenere per la proposizione delle sole domande fondate o della sola parte fondata dell’unica domanda proposta. D’altronde, la possibilità che in astratto ognuna delle parti, in caso di compensazione parziale derivante da soccombenza reciproca, possa essere destinataria della pronuncia di condanna al pagamento del residuo, in applicazione del principio di causalità e, salva la corretta individua- zione dei casi in cui ciò possa di fatto avvenire:
a) è l’unica interpretazione coerente con la lettera della disposizione di cui