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L’AGOPUNTURA QUALE DISPOSITIVO URBANO: ECO-BOULEVARD

Antonella Milano (Ecostistema Urbano)

L’AGOPUNTURA QUALE DISPOSITIVO URBANO: ECO-BOULEVARD

IL PROGETTO URBANO CONTEMPORANEO DEL BOULVARD

LA COMPLESSITà URBANA COME FATTORE DETERMINANTE DEL PROGETTO URBANO LA FLESSIBILITà DEL PROGETTO APERTO ECOLOGIA URBANA

L’AGOPUNTURA QUALE DISPOSITIVO URBANO: ECO-BOULEVARD

G.Z.: Nell’ambito della ricerca ho selezionato il vostro noto progetto Eco- boulevard a Vallecas come caso studio all’interno dei Dispositivi formanti lo spazio aperto classificandolo sotto a categoria Densificazione. Un significato questo che parte proprio dal simbolo del progetto, ovvero i tre Air-tree, che in quanto alberi si piantano nel luogo e quindi sottolineano le intensioni progettuali di un effetto di agopuntura rispetto al contesto. Sei d’accordo con questa prima classificazione ed interpretazione del tuo progetto?

A.M.M.: Credo sia abbastanza pertinente come prima classificazione, anche se le intenzioni di agopuntura che il progetto ha inteso mettere in gioco poi si scontra con tutta una serie di scelte politico-sociali a monte rispetto al quale il progetto urbano non può incidere più di tanto. é un meccanismo complesso che ha bisogno di tempo.

Nello specifico di Eco-Boulevard il modello appunto è quello dell’albero, un elemento di forte valore simbolico ed ambientale che reinterpretiamo in chiave architettonica definendo delle strutture urbane che si configurano come veri e propri catalizzatori in un luogo di estrema periferia in cui non c’è praticamente nulla.

L’idea parte dalla scelta di piantare degli alberi lungo il boulevard come elementi di costruzione dello spazio urbano attraverso l’elemento naturale. Era però poco plausibile pensare che tali alberi potessero svolgere da subito tale compito, in quanto necessitano del tempo per crescere e acquisire una consistenza urbana ed ecologica rilevante, così si è scelto di costruire i tre Air tree, elementi artificiali, con qualità ecologiche, sociali ed urbane che possono svolgere il loro compito fino a quando gli alberi naturali crescono e quindi possono essere smontati.

La struttura è molto semplice, con elementi metallici a vista, quasi un’architettura di tipo industriale, che manifesta anche alla vista la possibilità che possano essere smontati e rimontanti altrove in maniera molto semplice e veloce.

Essendo il budget limitato abbiamo concentrato le risorse nei tre alberi, mentre nel resto del boulevard si è previsto un intervento più soft, con alberi e arredo urbano standard.

Nel programma abbiamo pensato a caratterizzare questi tre oggetti con funzioni specifiche differenti in modo da definire uno spazio con usi vari e complessi.

Abbiamo differenziato per questo l’Air tree, il Media tree e il Ludic Tre. Il primo, l’albero propriamente con caratteristiche ecologiche, prende a riferimento le torri del vento di Badgir, una trazione millenaria dell’architettura araba, riproponendone il funzionamento in chiave contemporanea.

L’Air tree è difatti costituito sul perimetro da cilindri entro cui l’arie calda e secca, del clima madrileno, entra e viene raffreddata e umidificata con acqua nebulizzata, per poi scendere verso il basso con l’aiuto di piccoli ventilatori che immettono l’aria fresca e umidificata nel centro dello spazio dell’Air-tree. Anche la topografia del suolo aiuta allo scopo, sagomato in modo da definire un recinto che entro cui la qualità dell’aria è differente dall’esterno. L’aspetto ecologico è curato attraverso l’uso di materiali come gomma riciclata e soprattutto l’uso di fotovoltaico in sommità che permette di garantire un’autosufficienza alle strutture e soprattutto di ricavare circa 8000.00 €, rimettendo l’energia nella rete pubblica, che possono essere utilizzati per la manutenzione.

Il Ludic tree, non presenta le torri del vento, ma semplicemente un sistema con vegetazione lungo il perimetro, che in maniera naturale umidifica l’aria ed è l’unico con una copertura in tela.

é dedicato al gioco e quindi in suolo è costituito da sabbia e ospitava altalene per i bambini, che oggi sembrano scomparse.

Il Media Tree invece è pensato come un›arena, un luogo per la comunicazione e la messa in scena di rappresentazioni sociali. Il suolo infatti degrada a gradoni verso il centro definendo così uno spazio sottoposto al piano di calpestio adatto ad ospitare rappresentazioni pubbliche.

Il valore comunicativo e digitale è sottolineato anche con la collocazioni di elementi al led con scritte scorrevoli che mostrano informazioni sul clima. G.Z.: A distanza di circa dieci anni quanto credi che questo progetto abbia portato benefici al contesto a cui è stata applicata?

A.M.M.: Credo che tutto sommato la reazione sia stata positiva, nel tempo questo spazio ha assunto usi differenti e accolto sempre nuove modalità di socialità. Va comunque letto in un ottica di estrema periferia con tutti i problemi socio-politici che questa condizione urbana si porta dietro. Come ho già detto, le scelte progettuali si devono sempre confrontare con le dinamiche socio-politiche che si sviluppano nell’intorno, che esulano dal progetto in se e che possono mutare enormemente gli scenari tracciati dal programma.

L’agopuntura urbana funziona se ci sono una serie di meccanismi simultanei, in questo caso tante cose non sono avvenute e non si sa se si attueranno mai, ci sono edifici recintati, lotti non costruiti edifici vuoti e scelte socio-politiche sbagliate.

Diciamo che nei limiti del possibile si può intervenire con il progetto urbano, speso si lavora su quartieri già progettati e costruiti con enormi problemi e si cerca per questo di porre rimedio col progetto ma non può di certo essere l’unico strumento.

Come diciamo sempre non è il progetto in se che ci interessa ma bensì il processo che c’è dietro e che lo struttura.

Vallecas ad esempio è l’area più vasta in cui si è concentrato il bum speculativo che ha investito Madrid a fine anni ‘90 e che ne ha fortemente cambiato il paesaggio periferico, attraverso grandi programmi urbanistici che concentrano l’attenzione sulla quasi esclusiva costruzione di residenza e strade a scorrimento veloce, a scapito della qualità dello spazio pubblico. Quindi il progetto va visto in quest’ottica.

G.Z.: Lo fareste nello stesso modo?

A.M.M.: Bella domanda. Credo che cambierebbero alcuni aspetti certamente, anche se l’idea di base sarebbe presso a poco questa. Oggi continuiamo a pensare che talvolta sia meglio concentrare le risorse in alcuni punti definendo quelle che all’inizio abbiamo chiamato “agopunture”, ma rispetto a prima ci concentriamo maggiormente su una partecipazione attiva della cittadinanza nella fase progettuale, quindi certamente il processo del programma e magari anche la forma sarebbero potuti essere differenti.

Sarebbe stato sicuramente un processo molto più aperto e condiviso. IL PROGETTO URBANO CONTEMPORANEO DEL BOULVARD G.Z.: La periferia di Vallecas è un enorme territorio di espansione della città Madrid, in cui il Pau (Programa de Actuación Urbanística) dispone una griglia quadrata ed isotropa quale dispositivo elementare di appropriazione e controllo di un territorio vuoto e privo di emergenze identitarie. Avendo chiamato il progetto Eco-Boulevard, intendete dare allo spazio urbano il significato di Boulevard, una tipologia urbana specifica della città ottocentesca e per questo distante nell’idea a quella che è la realtà di estrema periferia di Vallecas.

Credete che il vostro progetto abbia una tale forza da conferire a un anonimo spazio urbano di periferia il significato urbano di boulevard? A.M.M.: Il Boluvard è per definizione un viale alberato, ed ecco la matrice verde del progetto, si é cercata un’interpretazione contemporanea del tema che ha portato a ripensare ad una forma urbana consolidata in uno spazio vuoto periferico.

G.Z.: Nella sua accezione storica, la forma del boulevard alberato è definita in maniera netta dalla cortina edilizia degli edifici a blocco che costeggiano la strada, definendo così un rapporto di dipendenza formale del vuoto rispetto la pieno che qui in invece sembra ribaltata. Pensare allo spazio pubblico come ad un interno, climatizzandolo, definendo luoghi alla

Seci Conversazioni sul vuoto

maniera dello spazio chiuso secondo me palesa il vero significato di questo spazio urbano che formalmente potrebbe esistere anche senza il pieno. Un progetto sullo spazio urbano morfologicamente indipendente dal contesto costruito e che da solo riesce a dare forma e significato allo spazio della città.

Si può dire che in questo caso il progetto parta dal vuoto?

A.M.M.: Si, potrebbe essere come dici, anche se secondo me le due cose partono in simultanea, è un processo complesso e quando abbiamo progettato il boulevard c’erano già alcune manzane costruite, ed altre se ne sono costruite nel tempo definendo i limiti del boulevard. Ma come ho detto ad oggi il piano non ha completato ancora gli isolati e forse non lo farà mai per la crisi che è sopraggiunta. Lo scenario quindi si mostra ancora in una veste di non finitezza che non riesce ancora a dare a questo spazio l’immagine urbana sperata.

Si può comunque dire che il processo sia stato un po’ opposto a quello canonico nella costruzione del boulevard storico. Qui ci siamo trovati di fronte ad un vuoto abbastanza grande dato dalla sezione stradale eccessiva e poi successivamente si è deciso per la costruzione di un boulevard. Abbiamo infatti dovuto trasformare una strada a scorrimento larga 50 metri in un boulevard pedonale alberato attraverso un disegno del suolo e una serie di attività previste dal programma.

LA COMPLESSITÀ URBANA COME FATTORE DETERMINANTE