4.4 Soluzione per il problema di Dirichlet nel cerchio in R 2 tramite l’analisi di Fourier.113
5.1.2 L’equazione per la membrana oscillante per piccole deformazioni
Consideriamo una membrana orizzontale a riposo, descritta da z = z(x, y) in generale, rispetto
ad un sistema di coordinate x, y, z solidale con un sistema di riferimento inerziale, con z verticale.
Le coordinate x e y variano su tutto il piano R
2oppure in un certo dominio dato un insieme
Ω dove Ω ⊂ R
2`e un aperto (non necessariamente limitato) e ∂Ω `e una curva sufficientemente
regolare. Nel caso di ∂Ω 6= ∅, si impongono su di esso opportune condizioni al bordo, tipicamente
l’annullarsi della deformazione verticale z|
∂Ω= 0, come accade per le membrane dei tamburi.
Sia µ > 0, costante (nel tempo e nel punto della membrana) la densit`a superficiale di massa della
membrana e sia τ = ||T|| il valore costante (nel tempo e nel punto della membrana) del modulo
della tensione T della membrana assunta essere isotropa
2. Supponiamo che la membrana, al
tempo t = 0, venga deformata in una funzione z = z(x, y) con |z(x)| “molto piccolo” nel senso
che vedremo poi, e che poi venga lasciata libera (sempre soddisfacendo le eventuali condizioni
al bordo su ∂Ω). A causa dell’elasticit`a del mezzo, accade che la configurazione della membrana
varier`a nel tempo e sar`a descritta da una funzione z = z(t, x, y). Vogliamo ricavare, dalle leggi
della dinamica, l’equazione a cui deve soddisfare questa funzione assumendo che il modulo della
tensione τ e la densit`a µ rimangano costanti e che le deformazioni trasversali siano piccole.
Consideriamo un punto p
0di membrana individuato da (x
0, y
0) e quindi un pezzo di membrana
rettangolare, di lati 2h e 2k, centrato in p
0, con proiezioni dei lati sul piano z = 0 che risultano
essere parallele agli assi x e y (il tutto approssimativamente con approssimazione tanto migliore
quanto h e k sono presi piccoli). Su tale porzione di membrana agisce la tensione sui 4 lati.
Approssimativamente, su ciascun lato possiamo pensare la tensione costante, pari al valore che
assume nel punto medio del lato: T(x
0− h, y
0), T(x
0+ h, y
0), T(x
0, y
0+ k). T(x
0, y
0− k).
Questi vettori saranno uscenti dalla porzione di membrana perpendicolarmente ai lati e saranno
in ogni punto tangenti alla membrana stessa. In prima approssimazione l’accelerazione nella
direzione e
zdella porzione di corda `e
∂∂t2z2, mentre la massa della porzione di corda `e 4hkµ. La
seconda equazione della dinamica afferma allora che deve valere, in prima approssimazione:
4hkµ∂
2
z
∂t
2= 2k(T(x
0+ h, y
0) + T(x
0− h.y
0)) · e
z+ 2h(T(x
0, y
0+ k) + T(x
0, y
0− k)) · e
z, (5.8)
Il primo addendo secondo membro si pu`o riscrivere come:
2k(T(x
0+ h, y
0) + T(x
0− h, y
0)) · e
y= 2kτ (sin α(x
0+ h, y
0) − k sin α(x
0− h, y
0)) ,
dove α(x
0+ h, y
0) e α(x
0− h, y
0) sono gli angoli che T(x
0+ h, y
0) e −T(x
0− h, y
0) individuano
rispetto a e
xe quindi, approssimando sin α con tan α tenendo conto che lavoriamo con piccoli
|z| e tenendo conto che: tan α(x
0+ h, y
0) =
∂z∂x|
(x0+h,y0)e tan α(x
0− h, y
0) =
∂z∂x|
(x0−h,y0), e
procedendo nello stesso modo per le due tensioni valutate sui lati paralleli all’asse y, la (5.8)
pu`o essere riscritta come:
µ
τ
∂
2z
∂t
2=
∂z ∂x|
(x0+h,y0)−
∂z ∂y|
(x0−h,y0)2h +
∂z ∂y|
(x0,y0+k)−
∂z ∂x|
(x0,y0−k)2k .
2Ricordiamo che la tensione T in un punto p della membrana attraversato dalla curva γ viene definita, a meno del segno, come densit`a lineare di forza che, tagliando idealmente la membrana lungo γ `e esercitata nel punto p dall’altro lembo della membrana. L’ipotesi di mezzo isotropo, per quanto riguarda la tensione, corrisponde alla richiesta che la tensione in p abbia modulo indipendente dalla scelta della curva γ che passa per p e sia sempre perpedicolare ad essa.
In realt`a l’identit`a trovata `e solo approssimata. Tuttavia, nel limite per (h, k) → (0, 0) ci si
aspetta che diventi rigorosamente valida. In tal caso, si trova l’equazione:
µ
τ
∂
2z
∂t
2= ∂
2z
∂x
2+∂
2z
∂y
2.
Questa `e l’equazione di D’Alembert in R
3per le perturbazioni ondose trasversali della membrana:
−1
v
2∂
2z
∂t
2+ ∆
(x,y)z = 0 ,
in cui la velocit`a di propagazione delle perturbazioni c `e data da:
v =
…τ
µ . (5.9)
Osservazioni 5.2.
(1) Si noti che, a differenza del caso della corda, ora le dimensioni di τ sono pari ad una forza
diviso una lunghezza e quelle di µ sono pari ad una massa diviso una superficie, per cui v definita
sopra ha correttamente le dimensioni di una velocit`a.
(2) Nel caso in cui sulla membrana agisca anche la forza di gravit`a , sulla porzione di corda usata
per ottenere l’equazione di D’Alembert agisce anche la forza verticale −λ4hkge
z. In questo caso,
ripetendo il ragionamento fatto sopra, l’equazione finale che si ottiene `e quella di D’Alembert
con sorgente:
−1
v
2∂
2z
∂t
2+ ∆z = µ
τg .
Si osservi che −µg `e la forza di gravit`a per unit`a di superficie che agisce sulla membrana in
direzione verticale. In generale, si vede facilmente che, se sulla membrana agisce qualche
den-sit`a superficiale di forza normale alla superficie individuata dalla funzione f = f (t, x) nella
direzione verticale, l’equazione che si ottiene alla fine `e :
− 1
v
2∂
2z
∂t
2+ ∆z = −f (t, x)
τ . (5.10)
5.1.3 *L’equazione per la vibrazione di un tamburo ideale di topologia
arbi-traria.
In questa sezione useremo alcuni concetti elementari di geometria differenziale riemanniana ed
analisi globale, tuttavia l’argomento e le nozioni matematiche che saranno richieste sono
larga-mente al di fuori delle competenze usuali di uno studente del secondo anno di matematica. Di
conseguenza il contenuto di questa sezione `e completamente indipendente dalla parte rimanente
delle dispense che si occupa degli argomenti standard.
Consideriamo un tamburo descritto da una variet`a differenziabile M bidimensionale di classe
C
∞, connessa, compatta, orientabile, embedded nello spazio tridimensionale R
3. Indicheremo
con g la metrica riemanniana indotta su M dalla metrica standard di R
3. Possiamo pensare ad
una superficie sferica, una superficie torica o una superficie bidimensionale di genere arbitrario.
Assumiamo che questa superficie sia costituita da un materiale elastico che, rispetto ad una
certa configurazione di riposo fissata, possa deformarsi leggermente nella direzione normale alla
superficie stessa.
Se p ∈ M rappresenta un punto in situazione non deformata e p∗ la posizione dello stesso punto
dopo la deformazione avvenuta al tempo t, u(t, p)n
pindica il vettore posizione di p∗, valutato a
partire da p, dove n
p`e il versore normale uscente da M in p. In generale, se A ⊂ M , allora A∗
indica l’insieme dei punti q∗ individuati da u(q)n
qcon q ∈ A.
Assumeremo al solito che il materiale sia omogeneo ed isotropo con una densit`a superficiale di
massa µ ed una tensione τ entrambe costanti. L’ipotesi di omogeneit`a ed isotropia `e in realt`a
estremamente poco fisica, perch´e appare fiscamente improbabile per configurazioni di riposo
dif-ferenti da quella di una superficie sferica ed in assenza di forze esterne.
Consideriamo ora una piccola regione C attorno a p ∈ M individuata, in coordinate polari
geo-detiche
3r, θ centrate in p, dal cerchio di raggio r
0> 0. Su ogni punto q∗ di ∂C∗ agisce una
densit`a lineare di forza τ m
qdiretta perpendicolarmente a ∂C∗ e tangente a C∗ in q∗.
Appros-simativamente la componete totale nella direzione n
pdi tutte le forze che agiscono sui punti
q∗ ∈ ∂C∗ se q ha coordinate (r
0, θ) `e:
T '
Z
π−π
τ sin α(θ)r
0dθ ,
dove α(θ) `e l’angolo tra la densit`a di forza e la normale a ∂C nel punto q in cui `e applicata
(abbiamo tenuto in particolare conto del fatto che n
q→ n
pquando r
0→ 0). Per piccole
deformazioni:
sin α ' tan α ' ∂u
∂r .
Quindi approssimativamente e tanto pi`u correttamente quanto r
0`e piccolo:
T ' τ
I
∂C∂u
∂rd` ' τ
I
∂C∇
(M,g)u · td` ,
dove ∇
(M,g)`e la derivata covariante rispetto alla connessione di Levi-Civita della metrica g
indotta da quella euclidea su M , t `e il versore in T
qM normale a ∂C ⊂ M e d` `e la misura
naturale della lunghezza d’arco in M (che coincide con quella valutata in R
3per costruzione).
Applicando il teorema della divergenza rispetto alla metrica g, concludiamo che
T ' τ
Z
C
∆
(M,g)u dν
(M,g),
dove ∆
(M,g)`e l’operatore di Laplace-Beltrami associato alla metrica g su M e ν
(M,g)la misura
di Borel su M associata a g.
3Se x, y indica un sistema di coordinate locali riemanniane con origine p e definite in un intorno di p, allora x = r cos θ e y = r sin θ dove θ ∈ (−π, π) e r ∈ (0, R) per qualche R > 0 sufficientemente piccolo.
L’equazione del moto in R
3per la porzione C di tessuto, nella direzione normale a p `e, tanto
pi`u precisamente quanto r
0`e piccolo:
µ
ÅZ
Cdν
(M,g)ã ∂
2u
∂t
2' τ
Z
C∆
(M,g)u dν
(M,g).
Di conseguenza:
µ
τ
∂
2u
∂t
2' R 1
Cdν
(M,g)Z
C∆
(M,g)u dν
(M,g).
Prendendo il limite per r
0→ 0 troviamo l’equazione di D’Alembert per piccole deformazioni
normali a M descritte dalla funzione u = u(t, p):
− 1
v
2∂
2u
∂t
2+ ∆
(M,g)u = 0 , (5.11)
dove v `e ancora data dalla (5.9). La differenza, importante, rispetto al caso della membrana
piatta `e che ora l’equazione di D’Alembert `e scritta “sopra” una variet`a differenziabile
rieman-niana e l’operatore di Laplace(-Beltrami) `e quello riferito alla metrica di cui la variet`a `e dotata.
Nel caso sia presente una forzante esterna, l’equazione ottenuta prende, al solito una sorgente:
− 1
v
2∂
2u(t, p)
∂t
2+ ∆
(M,g)u(t, p) = −f (t, p)
τ , (5.12)
dove f `e la componente normale a M di una densit`a superficiale di forza agente su M che ha
direzione normale in ogni punto (componenti tangenti provocherebbero deformazioni
longitudi-nali che non trattiamo nel modello considerato).
Osservazione importante. L’equazione (5.11) ammette soluzioni palesemente non fisiche,
come quella del tipo u(t, p) = U
0con U
06= 0 costante. Anche soluzioni che si ottengono
da questa aggiungendo (dato che l’equazione `e lineare) soluzioni apparentemente pi`u fisiche
sono similmente inaccettabili, perch´e ci si aspetta che il sistema deformato leggermente tenda
a tornare nella sua configurazione iniziale indeformata, dato che `e questo il meccanismo fisico
che, nella pratica, assicura che le deformazioni rimangano piccole. In generale se φ : M → R
`
e una funzione armonica su M , cio`e soddisfa ∆
(M,g)φ = 0 (e le funzioni costanti sono un caso
particolare di questo), allora:
u(t, p) := φ(p) per ogni p ∈ M e ogni t ∈ R,
soddisfa (5.11), ma non ha evidentemente senso fisico per gli stessi motivi esposti sopra. Per
dare un significato fisicamente sensato alle soluzioni dell’equazione (5.11) una scelta possibile `e
quella di restringersi a lavorare nell’ortogonale (rispetto al prodotto scalare di L
2(M, dν
(M,g)))
al sottospazio delle funzioni armoniche, dove ν
(M,g)`e la misura di Borel associata alla metrica
g di M .
5.2 Condizioni iniziali ed al contorno.
I problemi tipici che si incontrano lavorando con equazioni iperboliche come (5.3) e (5.4) sono
generalmente del seguente tipo.
Si cerca ϕ ∈ C
2((α, β) × D) che soddisfi (5.3) oppure (5.4) in (α, β) × D per qualche ρ ∈
C
0((α, β) × D) assegnata, dove:
(a) (α, β) 3 0
(b) D ⊂ R
n`e un aperto, non vuoto, (non necessariamente connesso) con D compatto e ∂D
regolare orientabile.
Il fatto di lavorare in D con D compatto si dice problema interno. Si pu`o anche considerare il
caso del problema esterno in cui si lavora in (α, β) × (R
n\ D).
Riferendosi al solo problema interno, vengono quindi assegnate condizioni iniziali e condizioni
al bordo sulla funzione ϕ.
Le condizioni iniziali corrispondono alla coppia di richieste:
ϕ(0, x) = ϕ
0(x) , ∂ϕ
∂t
(0,x)= ϕ
1(x) , ∀x ∈ D, con ϕ
0∈ C
2(D) e ϕ
1∈ C
1(D) assegnate. (5.13)
Le condizioni al bordo, riferite all’insieme S := (α, β) × ∂D con vettore normale uscente n,
possono essere di tre tipi distinti:
(i) (condizioni di Dirichlet) ϕ
S= ψ con ψ ∈ C
2(S) funzione assegnata tale che ψ(0, x) =
ϕ
0(x);
(ii) (condizioni di Neumann) n · ∇ϕ
S= ψ con ψ ∈ C
1(S) funzione assegnata tale che
ψ(0, x) = n · ∇ϕ
0S(x);
(iii) (condizioni di Robin) aϕ
S+bn · ∇ϕ
S= ψ con a, b ∈ R costanti assegnate tali che
ab 6= 0 e ψ ∈ C
1(S) funzione assegnata tale che ψ(0, x) = aϕ
0S+bn · ∇ϕ
0S.
Osservazioni 5.3.
(1) Le condizioni dette si possono notevolmente indebolire per esempio assumendo pi`u debolmente
che ϕ ∈ C
2((0, β) × D) ∩ C
1([0, β) × D) (e che soddisfi in tale insieme (5.3) oppure (5.4) per
qualche ρ ∈ C
0((0, β) × D)), con ϕ
0∈ C
1(D) e ϕ
1∈ C
0(D), e ψ ∈ C
1(S) in (ii) e C
0(S) in (i)
e (iii). In questo caso bisogna assumere pi`u precise ipotesi di regolarit`a sul dominio D al fine di
avere teoremi di esistenza ed unicit`a .
(2) Si possono considerare casi in cui D non `e limitato e sono assegnate condizioni iniziali. In
questo caso le condizioni al contorno, che sono importanti per i teoremi di esistenza ed
uni-cit`a sono, in generale, rimpiazzate da condizioni sull’andamento all’infinito spaziale (cio`e per
|x| → +∞ a t fissato) per il campo ϕ incognito. Nel caso in cui D = R e (α, β) = R, per
l’equa-zione di D’Alembert non `e necessario fissare alcun dato al contorno, come vedremo pi`u avanti,
per avere un teorema di esistenza ed unicit`a .
(3) Esaminando il significato delle condizioni al contorno nel caso di una corda orizzontale, di
lunghezza fissata, vibrante trasversalmente (dove quindi ϕ(t, x) = y(t, x)) si traggono le seguenti
conclusioni. Nel caso di condizioni al contorno di tipo (i) la funzione ψ (che in tal caso misura
la deformazione trasversale della corda) definita sul bordo S si riduce ad una coppia di funzioni
u = u(t) e v = v(t), definite sui due estremi della corda, che stabiliscono come oscilla la corda
ai suoi estremi al variare del tempo. Le condizioni al contorno di tipo (ii), per la corda vibrante
corrispondono a fissare l’andamento temporale della componente verticale della forza che agisce
sulla corda agli estremi. Infatti, se τ `e il modulo costante della tensione della corda e si lavora
in regime di piccole deformazioni trasversali come abbiamo fatto nella sezione 5.1.1, allora τ
∂ϕ∂xvalutata agli estremi, non `e altro che la componente trasversale (cio`e verticale se la corda `e tesa
in orizzontale lungo l’asse x) della tensione che agisce sulla corda. Pi`u precisamente, τ
∂ϕ∂xvalu-tata all’estremo destro `e la componente verticale della forza che agisce su tale estremo applicata
dall’esterno, mentre τ
∂ϕ∂xvalutata all’estremo sinistro `e, con il segno cambiato, la componente
verticale della forza che agisce su tale estremo applicata dall’esterno.
Le condizioni al contorno di tipo (iii) corrispondono a fissare una relazione (che dipende dal
tempo) tra ciascuna forza che agisce ad ogni estremo e la deformazione della corda nello stesso
estremo.
Nel documento
Fondamenti di FISICA MATEMATICA II: Introduzione alla Teoria delle Equazioni alle Derivate Parziali del Secondo Ordine
(pagine 123-129)