φ
λ,α(p)f (p) dν
(M,g)(p) . (7.13)
I coefficienti f
λ,αsono i coefficienti di Fourier (generalizzati) di f rispetto alla base
hilber-tiana dei vettori φ
λ,α.
Osservazioni 7.3.
(1) Le autofunzioni φ
λ,αcon λ 6= 0 si annullano al pi`u su sottoinsiemi di M che non contengono
punti interni come nel caso elementare discusso nella sezione precedente (e la prova `e simile se
si lavora in coordinate locali).
(2) Il fatto che {φ
λ,α}
λ∈σp(∆),α=1,...,dλ⊂D
Msia una base hilbertiana di L
2(M, dν
(M,g)) implica
immediatamente che D
Msia denso in L
2(M, dν
(M,g)) nella topologia metrica di quest’ultimo.
Partendo da questo fatto `e possibile provare che ∆
(M,g)definito suD
M, pensato come sottospazio
denso di L
2(M, dν
(M,g)) , goda della propriet`a di essere essenzialmente autoaggiunto [Mo18].
(3) Dalla prima parte di (b) segue che le funzioni armoniche complesse su M , cio`e le funzioni
φ ∈ C
2(M ; C) che soddisfano ∆
(M,g)φ = 0 ovunque su M formano uno spazio vettoriale di
dimensione finita: questo spazio vettoriale coincide con l’autospazio di ∆
(M,g)con autovaleore
nullo.
(4) Si dimostra facilmente, usando il teorema A.2, che ogni autovettore di ∆
(M,g)`e in realt`a
(rappresentabile da) una funzione C
∞(M ; C) nelle nostre ipotesi su M e g.
7.1.3 Soluzione dell’equazione di D’Alembert con condizioni di Dirichlet
tra-mite l’analisi spettrale: un caso semplificato.
Basandoci su quanto ottenuto nella sezione precedente, vogliamo cercare di scrivere la soluzione
della (7.1) per assegnati dati iniziali (7.3) e quando siano soddisfatte le condizioni al bordo (7.2)
partendo da uno sviluppo della forma (7.8). Il punto cruciale `e che lo sviluppo detto assicura
automaticamente – purch`e la serie converga puntualmente – che la soluzione soddisfi le
condi-zioni al bordo di annullamento.
Lavoreremo con le seguenti ipotesi semplificatrici: la funzione sorgente S ∈ C
0(R × D; C) in
(7.1) e le condizioni inziali φ
0∈ C
2(D; C) e φ
1∈ C
1(D; C) in (7.3) sono assunte ammettere
sviluppi (7.8) che contengono solo un numero finito di addendi, indipendente da t nel caso della
funzione sorgente S. Faremo l’ulteriore ipotesi semplificatrice (valida in molti casi noti) che le
autofunzioni di ∆ siano elementi di C
2(D; C).
Teorema 7.1. Nelle ipotesi fatte inizialmente su D e assumendo che le autofunzioni di ∆
siano elementi di C
2(D; C), si consideri l’equazione (7.1) per gli assegnati dati iniziali (7.3) e
quando siano soddisfatte le condizioni al bordo (7.2). Se la funzione sorgente S ∈ C
0(R × D; C)
e le condizioni inziali φ
0∈ C
2(D; C) e φ
1∈ C
1(D; C) ammettono sviluppi di Fourier (7.8) che
contengono solo un numero finito di addendi (indipendente da t per la funzione S), allora la
soluzione esiste in C
2(R × D; C) ed `e unica.
Tale soluzione si esprime come:
u(t, x) =X
λ,α
u
λ,α(t)φ
λ,α(x) , (7.14)
dove le φ
λ,αformano una base hilbertiana di autofunzioni di ∆ suD e le funzioni u
λ,α= u
λ,α(t)
sono le soluzioni dei corrispondenti problemi di Cauchy alle derivate ordinarie:
d
2u
λ,αdt
2− v
2λu
λ,α= −v
2S
λ,α(t) , u
λ,α(0) = u
(0)λ,α, du
λ,αdt (0) = u
(1)
λ,α
. (7.15)
in cui i coefficienti u
(0)λ,α, u
(1)λ,αsono i coefficienti di Fourier, rispetto alla base hilbertiana suddetta,
delle condizioni iniziali u
0e u
1rispettivamente e, analogamente:
S
λ,α(t) =
Z
D
φ
λ,α(x)S(t, x)d
nx . (7.16)
♦
Dimostrazione. Assumendo che il problema ammetta una soluzione, partiamo dallo sviluppo
della soluzione u. Si osservi che dato che u ∈ C
0(D; C) e che D ha misura finita di Lebesgue,
allora u ∈ L
2(D, d
nx) e pertanto ha senso uno sviluppo del tipo (7.8), quindi nel senso della
topologia hilbertiana, per ogni t ∈ R:
u(t, x) =X
λ,α
u
λ,α(t)φ
λ,α(x) . (7.17)
Le condizioni inziali impongono che, per ogni x ∈ D valgano:
u(0, x) = u
0(x) insieme a ∂u
Ne consegue, in particolare:
u
λ,α(0) = u
(0)λ,α,
dove i numeri u
(0)λ,αsono quelli che appaiono nello sviluppo di Fourier, finito per ipotesi, della
condizione iniziale u
0:
u
0(x) =X
λ,α
u
(0)λ,αφ
λ,α(x) . (7.18)
Questa identit`a si deve pensare, in generale, non valida puntualmente, ma nel senso della
topologia di L
2Z
Du
0(x) − X
|λ|<N,α=1,...,dλu
(0)λ,αφ
λ,α(x)
2d
nx → 0 if N → +∞
Tuttavia in realt`a il limite si pu`o omettere scegliendo N abbastanza grande, dato che solo un
numero finito di u
(0)λ,α`e non nullo. Infine, dato che l’integrando `e continuo, si ottiene subito che
l’identit`a (7.18) vale puntualmente per ogni x. In tutti gli sviluppi che seguono si pu`o fare lo
stesso ragionamento che sottointenderemo. Se assumiamo di poter passare la derivata temporale
sotto il segno di serie nello sviluppo di u (7.17), la seconda condizione iniziale ci dice che:
du
λ,αdt (0) = u
(1) λ,α
,
dove i numeri u
(1)λ,αsono quelli che appaiono nello sviluppo di Fourier (finito per ipotesi) della
condizione iniziale u
1:
u
1(x) =X
λ,α
u
(1)λ,αφ
λ,α(x) . (7.19)
Consideriamo ora lo sviluppo di Fourier (per ipotesi finito) della sorgente
S(t, x) =X
λ,α
S
λ,α(t)φ
λ,α(x) . (7.20)
Le funzioni S
λ,α= S
λ,α(t) sono funzioni continue. Ci`o segue facilmente dal teorema della
convergenza dominata, dato che tali funzioni sono ottenute come i coefficienti di Fourier:
S
λ,α(t) =
Z
D
φ
λ,α(x)S(t, x)d
nx ,
in cui S ∈ C
0(R × D; C), D ha misura finita e le funzioni φ
λ,αsono continue.
Se assumiamo di poter passare tutte le derivate fino al secondo ordine sotto il segno di somma
in (7.17), l’equazione (7.1) diventa:
X
λ,αÅ
−1
v
2d
2u
λ.αdt
2+ λu
λ.αã
φ
λ,α=X
λ,αS
λ,αφ
λ,αe cio`e
X
λ,αÇ
−1
v
2d
2u
λ,αdt
2+ λu
λ.α− S
λ,αå
φ
λ,α= 0 .
Consideriamo allora il set infinito di equazioni differenziali:
d
2u
λ,αdt
2− v
2λu
λ,α= −v
2S
λ,α(t) , u
λ,α(0) = u
(0)λ,α, du
λ,αdt (0) = u
(1) λ,α
.
Osserviamo che ognuna di queste equazioni ammette una ed una sola soluzione definita su tutto
l’asse reale, dato che si tratta di un’equazione lineare del secondo ordine, in forma normale, non
omogenea a coefficienti costanti, con termine noto continuo. Inoltre solo un numero finito di
esse ha soluzione differente dalla funzione identicamente nulla, dato che solo un numero finito
di funzioni S
λ,αe dati iniziali sono non nulli.
Se indichiamo con U
λ,α= U
λ,α(t) le soluzioni delle equazioni suddette, la funzione:
U (t, x) :=X
λ,α
U
λ,α(t)φ
λα(x) ,
`
e ben definita, dato che la somma `e finita, soddisfa l’equazione differenziale, le condizioni iniziali
e le condizioni al bordo (in particolare perch´e le ipotesi fatte di poter passare le derivate sotto il
segno di somma sono sempre soddisfatte essendo la somma finita). Essa `e pertanto una soluzione
della (7.1) con gli assegnati dati iniziali (7.3) che rispetta le condizioni al bordo (7.2).
Questa `e anche l’unica soluzione del problema posto come ora proviamo (e il risultato di unicit`a
che segue vale anche nel caso si lascino cadere le ipotesi di numero finito di coefficienti di Fourier
dei dati iniziali e della sorgente dato che non useremo tali ipotesi). Si deve osservare che che le
parti reale ReU ed immaginaria ImU della differenza U = u − u
0di soluzioni complesse del
no-stro problema soddisfano la stessa equazione di D’Alembert con sorgente nulla, stesse ipotesi di
regolarit`a ed al contorno e con dati inziali nulle (perch´e parti reali ed immaginarie della funzione
nulla). Il teorema di unicit`a 5.1 per soluzioni reali implica che ReU e ImU siano separamente
nulle: la funzione zero `e sicuramente una soluzione del problema da loro soddisfatto ed `e anche
l’unica soluzione per il teorema 5.1. Concludiamo che 0 = U = u − u
0, cio`e u = u
0. 2
Osservazioni 7.4.
(1) Il risultato trovato per la forma della soluzione funziona nelle ipotesi di sviluppi di Fourier
contenente un numero finito di termini, per la sorgente e per le condizioni iniziali. Tuttavia, con
opportune ipotesi, la procedura pu`o essere estesa al caso generale, anche quando questi
svilup-pi non sono finiti [Vl84]. Ad ogni modo questa generalizzazione utlizza strumenti matematici
(teoria delle distribuzioni) che escono dalla portata di questo corso elementare.
(2) In realt`a abbiamo gi`a trovato lo sviluppo (7.14) studiando il problema di Dirichlet sul
seg-mento. Infatti, lo sviluppo (6.72) della soluzione dell’equazione di D’Alembert sul segmento con
condizioni di Dirichlet non `e altro che lo sviluppo (7.14) specializzato a tale situazione quando la
sorgente S `e identicamente nulla. Come gi`a osservato le autofunzioni φ
λsono, in quel caso, date
dai sinusoidi sin(nπx/L) moltiplicati per il coefficiente di normalizzazione 1/√2L. In (6.72),
per`o, lo sviluppo di Fourier generalizzato sussiste anche quando il numero di termini nello
svi-luppo `e infinito come abbiamo visto nel capitolo precedente.
La soluzione generale dell’equazione:
d
2u
λ,αdt
2− v
2λu
λ,α= −v
2S
λ,α(t)
`
e come ben noto data dalla somma della soluzione generale dell’equazione omogenea pi`u una
soluzione particolare dell’equazione di sopra. La soluzione generale dell’omogenea che, dal punto
di vista fisico, corrisponde all’assenza di sorgente, o pi`u debolmente all’assenza della funzione
S
λ,α, ha la forma:
u
λ,α(t) = u
(+)λ,αe
i2πνλt+ u
(−)λ,αe
−i2πνλt, (7.21)
dove u
(±)λ,α∈ C sono coefficienti arbitrari e i numeri strettamente positivi:
ν
λ:= v
√
−λ
2π , (7.22)
sono detti frequenze di risonanza o frequenze proprie del sistema descritto dall’equazione di
D’Alembert. Ad ognuna di tali funzioni corrisponde una soluzione dell’equazione di D’Alembert
in R × D, senza sorgente e con condizioni di Dirichlet:
u
λ,α(t, x) =Äu
(+)λ,αe
iv √ −λt+ u
(−)λ,αe
−iv √ −λtä
φ
λ,α(x) , (7.23)
Queste soluzioni sono dette modi normali di oscillazione o onde stazionarie del sistema.
Dato che possiamo sempre scegliere le φ
λ,αcome funzioni reali, nel caso in cui stiamo cercando
funzioni reali della nostra equazione differenziale iniziale, conviene riscrivere (7.23) come
u
λ,α(t, x) =ÄA
λ,αsin(v√−λt) + B
λ,αcos(v√−λt)äφ
λ,α(x) , (7.24)
dove, nel caso si lavori con soluzioni reali, tutte le costanti A
λ,αe B
λ,αsono numeri reali. Con
la procedura gi`a vista nel caso unidimensionale `e possibile riscrivere (sempre nel caso reale) il
risultato ottenuto come
u
λ,α(t, x) = C
λ,αsin(v√−λt + δ
λ,α)φ
λ,α(x) , (7.25)
dove 0 ≤ C
λ,α= »A
2λ,α+ B
λ,α2mentre A
λ,α= C
λ,αcos δ
λ,αe B
λ,α= C
λ,αsin δ
λ,α. Nel caso
unidimensionale quanto visto permette di interpretare in altro modo il contenuto di Osservazione
6.8 per l’equazione di D’Alembert, per esempio descrivente le (piccole) oscillazioni trasversali di
una corda tesa di lunghezza L, cio`e D = (0, L). Una base di Hilbert di L
2([0, L], dx) `e costituita
dalle funzioni
φ
n(x) = √1
2Lsin
πnx
L
, n = 1, 2, . . . .
Figura 7.1: Modi di oscillazione di una faccia della chitarra individuati dalle linee nodali. Le
frequenze in Hz sono le frequenze di risonanza dei modi normali con le linee nodali disegnate.
In questo caso (vedi Osservazione 7.8) l’equazione differenziale che descrive le oscillazioni della
faccia `e quella di D’Alembert in cui il laplaciano ∆ `e sostituito da −∆
2dato che si lavora con
una piastra invece che con una membrana. La trattazione qualitativa delle soluzioni `e per`o
essenzialmente identica: in generale `e sufficiente rimpiazzare λ con −λ
2nelle formule viste.
Queste sono autofunzioni del laplaciano
dxd22con condizioni di annullamento al bordo. I
corri-sponednti autovalori sono:
λ
n= −
nπ
L
2, n = 1, 2, . . .
e le frequenze di risonanza corrispondenti sono
ν
n= cn
2L , n = 1, 2, . . . .
La (7.24), nel caso in esame, si riduce alla gi`a nota espressione per le onde stazionarie della
corda (6.74), dove la velocit`a di propagazione v `e indicata con c.
Nel caso generale, ogni autofunzione φ
λ,αsi annulla su superfici di dimensione n − 1 dette
su-perfici nodali.
Nel caso di una membrana oscillante, tali superfici sono dunque delle curve, le linee nodali.
Nel caso di una corda vibrante si tratta di singoli punti: i nodi che abbiamo gi`a visto. Su questi
sottoinsiemi di D le onde stazionarie sono sempre nulle. `E possibile visualizzare
sperimental-mente queste linee nodali nel caso di membrane vibranti o piastre vibranti (vedi Osservazione
7.8) con una procedura elementare ma molto ingegnosa inventata nel XVIII secolo dal fisico
tedesco E.F.F.Chladni per dimostrare l’esistenza di modi normali di oscillazione in strutture
estese, e si parla di lastre di Chladni. Riferendosi alle linee nodali si riescono a distinguere, nella
pratica sperimentale, i modi di oscillazione di una piastra.
Nel documento
Fondamenti di FISICA MATEMATICA II: Introduzione alla Teoria delle Equazioni alle Derivate Parziali del Secondo Ordine
(pagine 188-193)