• Non ci sono risultati.

L’ermeneutica risolutiva

Nel documento il destino dell'uomo (pagine 137-142)

5. L’esistenza del Destino

5.4 L’ermeneutica risolutiva

Secondo Ines Testoni il discorso di Severino addirittura “rivoluziona” il modo di pensarsi dell’uomo. Anche in ordine al fare. Autopsia filosofica è il tentativo di mostrare le «necessarie implicazioni etiche e psicologiche di questo pensiero»148. Lo sviluppo della sua argomentazione ha luogo proprio nel linguaggio e “sfrutta” il carattere di indicalità del linguaggio, ovvero la sua capacità di rimandare ad altro, per comprendere la dicotomia che si crea, all’interno del linguaggio stesso, quando esso incomincia a testimoniare il destino. Percorriamo del saggio, per sommi capi, le tappe pertinenti all’economia del nostro discorso.

Nella tradizione filosofica, sin dagli albori, eccheggiano le parole del Sileno, che Nietzsche riporta in questo celebre passo de La nascita della

tragedia

«L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: ‘Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto»149.

Queste parole sembrano rimanere all’oggi, di fatto, il miglior consiglio possibile in un orizzonte dove il divenire è considerato l’unica evidenza ed ogni tentativo di porre rimedio al tumulto e alla precarietà dell’esistenza è fallito, gli immutabili sono stati destituiti e la metafisica ha ceduto il passo alla fisica materialistica e al dominio tecnico-scientifico, per cui il presente abbandona l’esistenza alla propria contraddittorietà insanabile.150

148 Testoni I., Autopsia filosofica, cit., Premessa. 149

Cfr. Nietzsche F., La nascita della tragedia, tit. orig. Die Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik (1872), ed. Adelphi, Milano 2008.

150 Rimandiamo al testo Testoni I., Autopsia filosofica, tutta l’interessante lettura della storia attraverso le “due vie del sapere” - «la prima strategica e funzionale all’adattamento, la seconda relativa al

Tanto per inscrivere il presente discorso all’interno della strutturazione e delle tematiche della nostra argomentazione, al termine della parabola occidentale, la fenomenologia è il testimone nonché uno dei promotori della critica alla metafisica, ed eredita essa stessa quella contraddizione in cui consiste l’esistenza sottesa dalla volontà di potenza. Di fronte alla consapevolezza di tale contraddittorietà, «non sapendo ripristinare alcuna metafisica capace di circoscrivere l’emorragia di senso dell’esserci»151la fenomenologia lascia spazio all’innesto esistenzialista: li dove Heidegger comincia a fare i conti con la morte facendone la cifra stessa dell’esistenza, Sartre comincia ad intendere la vita stessa come “menzogna”152 ed il significato del vivere si impoverisce al punto tale da non aver altro senso che il trascinare la propria esistenza assecondandone la contraddizione. Inoltre, a poco serve la decisione di Derrida che, a partire proprio dall’analitica esistenziale heideggeriana tenta di costruire un’antropotanatologia, perché questa, lungi dal migliorare la situazione,

apre il baratro del sapere più temibile e quindi il meno auspicabile dal punto di vista psicologico perché richiede di sostituire, in nome del valore dell’autenticità, l’indifferenza con l’eroismo della consapevolezza di essere destinati al niente153

In questo modo non toglie forza al consiglio del Sileno, ma ne esegue una parafrasi. La filosofia di Severino, secondo Testoni, permette di dare un senso nuovo alla storia della filosofia tutta perché riconosce l’anima più profonda dell’Occidente nella folle fede nel divenire, circoscrivendone in questo modo il limite, mostrando che l’uomo è eterno e non figlio del caso e della pena.

Il limite della follia si costituisce proprio lì dove il linguaggio comincia a testimoniare il destino. Per cui Testoni propone di considerare la storia non soltanto come quel processo in cui gli eterni sopraggiungono e si dipartono dal cerchio eterno dell’apparire, ma anche come

significare di ciò che oltrepassa la vita» – e la necessità di una “terza via” che si offre qui ed ora con il Discorso di Severino.

151

Ivi, p.176.

152 Cfr. Sartre J.P., Il muro, tit. orig. Le mur (1939), tr. it. E. Giolitti, ed. Mondadori, Milano 1961. 153 Testoni I., Autopsia filosofica, cit., p.193.

[..] il contenuto linguistico della stessa Ermeneutica che considera ciò che Severino definisce “storia ideale eterna” ( in Essenza del nichilismo), ovvero l’apparire nel linguaggio delle idee che annunciano la Verità154

L’assunto di partenza è proprio il fatto che il pensiero della verità accade, si manifesta, come linguaggio. Il linguaggio testimonia “Adesso!”155 la verità del destino, ed ogni linguaggio a contatto con il linguaggio “asservito” alla verità viene irreversibilmente modificato e orientato alla verità, fino all’istante che ne La Gloria viene annunciato come “Venerdì Santo” e “Pasqua”. Questo processo viene chiamato “Redenzione” del linguaggio. La meta possibile (nel senso che non è autocontraddittorio ammetterla) di questo processo ermeneutico è la risoluzione della totalità delle parole nel linguaggio riflettente.156

Sfruttare l’indicalità del linguaggio, significa considerare l’ambivalenza simbolica che caratterizza il linguaggio, ovvero la sua capacità di significare un’ulteriorità, il contenuto cui si riferisce. Alcune parole assumono nel linguaggio questa caratteristica più di altre, ed alcuni linguaggi, ad esempio quello pre-ontologico, sottraendosi alla dittatura della logica dicotomica occidentale, fondano sul simbolo ogni sapienza. Il lavoro della Testoni vuol mostrare come anche quel linguaggio sapienziale sia inscrivibile all’interno del processo di asservimento alla verità (Redenzione), così come tutti i linguaggi che a quella simbolicità si appellano (richiamando significati inauditi o imperscrutabili): l’apparire in forma simbolica di certi significati non li rende inutili od immuni al processo di asservimento alla verità, bensì ne costituiscono il luogo privilegiato grazie al loro carattere rinviante (potremmo dire “evocativo”), questo essendo il senso “formale” di ciò che la verità è in quanto ulteriorità. In quanto al loro contenuto poi, possono rivelarsi Parole-Traccia-

154 Ivi, p.197.

155 Così nel testo in questione ci si riferisce all’attualità, al “qui ed ora”. Aggiungiamo inoltre che tutte le parole con l’iniziale maiuscola compaiono così nel testo da cui sono tratte.

156

In quanto inscritto nella processualità storica e proprio in quanto indicalità il linguaggio non è la verità ma ne è il “riflesso”, in questo senso l’asservimento delle “parole-traccia” che il destino lascia di sé nel linguaggio (Redenzione) appare in senso processuale, come Risultato (dialettica del Risultato), dove si deve tener fermo però che la verità autentica è già da sempre il toglimento di ogni errore (dialettica dell’Originario), e la processualità appartiene soltanto alla verità in quanto si lascia testimoniare dal linguaggio. (Testoni I., Autopsia filosofica, cit., p.201).

Positive se ciò cui alludono si manifesta, in seguito all’asservimento, come contenuto vero.

L’indicazione di Severino è l’apparire dell’inizio del limite dell’Errore, in cui del “Simbolo” si può cominciare a riconoscere, in quanto origine del linguaggio, l’essere insieme Annuncio dell’Errore e del suo Toglimento.157

In questo consiste l’ambivalenza del simbolo, ovvero il luogo dove originariamente appaiono sia la verità che vuole l’errore (la volontà di potenza) sia quella verità che non lo vuole e che si serve di esso.158

Allora, ad esempio, l’ambivalenza del Mit-sein heideggeriano, che risulta come incomprensibile nel linguaggio logico-dicotomico occidentale, è risolta nel linguaggio che testimonia il destino come «l’esperienza del sapere che ciò che accade all’Altro mi appartiene radicalmente e intimamente»159, ovvero è l’esperienza soltanto formale di ciò che è destinato a presentarsi concretamente. In altri termini, è possibile che, saputa la necessità della coappartenenza di ogni essente ad ogni altro essente all’avvento della Gloria, il “con-esserci” ne rappresenti la testimonianza simbolica attuale, indicante un’ulteriorità. Lo stesso concetto di “ulteriorità” rappresenta attualmente, all’interno dell’ambivalenza del simbolo, una “traccia” della verità, perché indica formalmente un contenuto vero: l’Autentica Ulteriorità del destino, la sua concretezza.

Per estensione allora, ci è lecito affermare lo stesso di significati apparsi in corso d’opera e messi tra virgolette quali “alienazione”, “alterità”, “in sé”. Ma si può continuare fino all’affermare che tutto il discorso inaugurato dalla fenomenologia, che fa leva sull’intenzionalità della coscienza, intesa come l’intrinseco rimando all’altro da sé (all’ulteriorità appunto), presenta quel carattere di simbolicità che, una volta asservito alla verità, può indicarne formalmente dei tratti. Così molte parole del linguaggio fenomenologico-

157 Ivi, p.208.

158 L’ambivalenza del simbolo perde in questo contesto la funzione che gli riconosceva Nietzsche, il quale vedeva in essa l’unica indicazione adeguata della realtà, in quanto egli intendeva la realtà come contraddittoria.

159 Testoni I., Autopsia filosofica, cit., p.204.

esistenziale possono rivelarsi “Parole-Traccia-Positive”. E il presente lavoro come una piccola riflessione rivolta in questa direzione.

Tutta questa disamina sul linguaggio e la sua Redenzione (chiamata anche Cura del linguaggio) prende senso comunque in ordine al fare. Infatti, se le parole sono i perimetri del mondo, il linguaggio che testimonia il destino disvela un “Mondo Nuovo”; e di conseguenza un nuovo modo di abitare il mondo. Dice Testoni che il nuovo linguaggio del destino «definisce ultimativamente l’Etica [..] come risoluzione del senso dell’Abitare come Sapere dove ci si trovi»160, nel senso che l’uomo abitando da sempre l’eternità sa di esser già da sempre salvo. E sapere questo non è come non saperlo.

La Redenzione del linguaggio è il disvelamento di un mondo nuovo, che quindi appare come processo di cui questo sapere è Risultato. Per questo motivo l’Etica stessa si pone come processo e Testoni la identifica nell’“Etica del viandante” proposta da Galimberti, che inserita in questo contesto coincide con l’identificazione delle parole caricate della volontà di potenza per poter loro porre i limiti rispetto alla verità. Quest’Etica pertanto ha il compito di orientare il processo ermeneutico e controllarne la correttezza. Secondo Testoni, questo processo in cui il destino si impone “limitando” la volontà di potenza del linguaggio, “offre alla storia la possibilità (in quanto non contraddizione) di non voler essere ancora tutto ciò che è stata”. Allora il compito di un’etica siffatta è quello di

[..] ritornare a tutto il passato per redimerlo e riconoscere in lui i simboli che sono testimonianza dell’essere già da sempre della salvezza, dinanzi allo Sguardo della Gioia che restituisce attraverso tali tracce da interpretare ogni valore alla Provvidenza, imponendosi come dialogo tra finito e infinito.161

E di riconoscere inoltre che il rinnovo della volontà di vita si fonda sull’essere a conoscenza della propria eternità. Una tale consapevolezza permette infatti, una volta incontrato il Sileno, di non chieder consiglio

160 Ivi, p.209. 161 Ibidem.

sull’esistenza, ma di discutere di tutto, poiché nella testimonianza del destino niente si nasconde, in quanto niente rimane incomprensibile o temibile.

Potremo allora rileggere l’intero orientamento della nostra ricerca nell’ottica proposta da Testoni. Così intesi, il ripercorrimento del movimento fenomenologico atto alla delineazione della figura dell’umano e le implicazioni di carattere etico; il rapporto tra quei risultati e l’ontologia dell’eternità di Severino; la constatazione dei limiti della fenomenologia all’interno dell’ontologia e della rispettiva risemantizzazione dell’esistenza, sarebbero il tentativo di rileggere un certo tipo di linguaggio della follia, quello fenomenologico – inteso da noi come la più coerente lettura dell’umano all’interno della follia – per vedere che cosa tale linguaggio potesse lasciare di sé in senso positivo al linguaggio che testimonia il destino, in quel processo in cui consiste l’ermeneutica risolutiva.

Nel documento il destino dell'uomo (pagine 137-142)