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L’esame dell'imputato connesso in senso stretto.

Nel documento Imputato e Testimone (pagine 84-93)

Il “nuovo” esame di persona imputata in un procedimento connesso

2. L’esame dell'imputato connesso in senso stretto.

Il legislatore ha individuato, nelle ipotesi di cui all’art. 12, co. 1° lett. a) c.p.p.), una connessione di tipo “forte”. Reati commessi da più soggetti in concorso o cooperazione tra loro; pluralità di condotte indipendenti sfociate in un unico evento criminoso: si tratta di casi in cui il legame tra il fatto proprio e il fatto altrui è così stretto da far presumere che sia praticamente impossibile scindere, nelle dichiarazioni rese dall’imputato, ciò che riguarda la propria responsabilità da

108 M. CAIANIELLO, Giusto processo e procedimenti in corso: le conseguenze derivanti dall’omissione dell’avvertimento prescritto dall’art. 64 c.p.p., in Ind. pen., 2001, 1396 osserva che “psicologicamente, il fatto di sapere che, in un certo momento o al verificarsi di determinate condizioni, si sarà costretti a deporre con obbligo di dire la verità, influisce in maniera particolarmente incisiva sulle dichiarazioni che, fin dall’inizio, una persona deve rendere”.

ciò che concerne quella altrui. In virtù del “contributo” reso da ciascuno ha fatto comune, ogni dichiarazione è considerata intrinsecamente suscettibile di compromettere la posizione di chi la rende, investendo direttamente (come nel caso del concorso o della cooperazione nel reato) o indirettamente (come nelle ipotesi di condotte indipendenti che hanno determinato l’evento) il fatto proprio109.

È stata questa la ragione di fondo che ha condotto il Parlamento, in sede di approvazione definitiva della legge di attuazione del giusto processo, a optare per la totale incompatibilità a testimoniare degli imputati che si trovino nelle situazioni suddette110e, conseguentemente, per l'applicazione agli stessi della disciplina dell’esame ex art. 210 c.p.p. Così come si presentava prima della riforma. Va innanzitutto da dire che l’art. 210 co 1°, c.p.p., formalmente, fa riferimento alle “persone imputate in un procedimento connesso […] nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente”. Come si ricorderà, tale inciso era stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 361 del 1998, nella parte in cui impediva l'applicazione del suddetto articolo anche “all'esame dell'imputato nel medesimo procedimento su fatti

109 Cosi D. VIGONI, Ius tacendi e diritto al confronto dopo la l. n. 63 del 2001: ipotesi ricostruttive e spunti critici, in Dir. pen. proc. 2002, 94

110 Incompatibilità che dura fino a che non venga emessa, nei confronti di tali soggetti, sentenza irrevocabile di proscioglimento, condanna o patteggiamento.

concernenti la responsabilità di altri, già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria su delega al pubblico ministero”.

In virtù del mutamento del quadro normativo, secondo l'opinione prevalente, non è ravvisabile, nella successione temporale tra la sentenza costituzionale e la riforma legislativa, un fenomeno di abrogazione “tacita”. Anche se il legislatore non ha trasfuso nel testo normativo il dictum della sentenza n. 361, la disciplina dettata dalla Corte e quella prevista dalla legge n. 63, appaiono perfettamente sovrapponibili. E’ quindi, da ritenere che l'esame degli imputati in procedimenti connessi continui ad operare anche riferimento al processo cumulativo111.

Il novellato comma 5 dell’art. 210 prevede che “all'esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195, 498, 499 e 500”.

Non appare particolarmente significativo il riferimento all’art. 498 c.p.p., contenente le regole relative all'esame incrociato: esso “non aggiunge alcun che alla prassi registrabile sul punto”.

Di maggiore interesse è, senza dubbio, il richiamo all’art.

111 In tal senso M. DANIELE, La testimonianza “assistita” e l’esame degli imputati in procedimenti connessi, cit., 217; A. NAPPI, Guida al codice di procedura penale , Milano, 2001, 394; G. L. FANULI - A. LAURINO, Le mobili frontiere del testimone comune, del testimone assistito e del dichiarante ex art. 210 c.p.p., cit., 402. Non condivide, invece, tale impostazione D. VIGONI, Ius tacendi e diritto al confronto, cit., 94.

500 c.p.p., relativo alle “contestazioni nell'esame testimoniale”. Da tale rinvio si desume chiaramente la volontà del legislatore di sottoporre ad una disciplina unitaria, in merito all'utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, il testimone dell'imputato connesso112.

Evidente è l'influenza esercitata dalla sentenza n. 361 del

112 Il rinvio all’art. 503, inserito, nella previgente versione dell’art. 210, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356, aveva risolto il contrasto di opinioni tra i sostenitori dell’operatività dell’art. 500 ( tra cui cfr., ad esempio , A. NAPPI, Guida al nuovo codice di procedura penale, Milano, 1991, 149), coloro che invece propendevano per l’applicabilità dell’art. 503 (si veda, ad esempio, N. GALANTINI, L’inutilizzabilità della prova nel processo penale, Padova, 1992, 334; V. GREVI, Le “dichiarazioni rese dal coimputato” nel nuovo codice di procedura penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 1160) e, infine, chi riteneva necessario verificare caso per caso le analogie con la figura dell’esame testimoniale o dell’esame delle parti private (cfr. G. UBERTIS, Giudizio di primo grado nel diritto processuale penale, in Dig. disc. pen., V, 1991, 533, nota 56). Ma si era trattato di una soluzione solo apparente: da più parti, infatti, nonostante il richiamo globale all’art. 503, si riproponeva la tesi secondo al quale le dichiarazioni rese precedentemente dai soggetti di cui all’art. 210 c.p.p., ed utilizzate per le contestazioni, andava attribuito solo un valore probatorio indiretto, volto a stabilire la credibilità della persona esaminata. Cfr. al riguardo M. DEGANELLO, Esame di persona imputata in un procedimento connesso, in Dig. disc. pen., Agg., I, Torino, 2000, 214 ss; A. SANNA, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nei procedimenti connessi, Milano, 2000, 175 ss.; contra M. BARGIS, Le dichiarazioni di persone imputate in un procedimento connesso. Ipotesi tipiche e modi di utilizzabilità, Milano, 1994, 26.

La scelta operata dal legislatore, nel senso della soppressione del rinvio all’art. 503 e del contestuale inserimento del richiamo all’art. 500 c.p.p., “appare indubbiamente qualificante , per la simbiosi cosi creata tra la tematica della “nuova” struttura dell’incompatibilità a deporre e la tematica della formazione della prova in contraddittorio cui si rapporta la “nuova” disciplina delle contestazioni nell’esame testimoniale (art. 500 c.p.p., nel testo modificato dall’art. 161 n. 63 del 2001), richiamata anche per le contestazioni nell’esame delle parti private (art. 503 co 4 c.p.p.), nel testo modificato dall’art. 171 n. 63 del 2001”. Cosi M. BARGIS, Attuale ambito applicativo degli artt. 210 e 513 c.p.p., cit., 108.

1998 della Corte Costituzionale: dal momento che tra imputato connesso e testimone sussiste un’analogia - consistente nel fatto che le dichiarazioni di entrambi sono destinate a valere nei confronti di altri. Qualora l'imputato connesso o collegato che abbia reso dichiarazioni in un momento anteriore al dibattimento e che sia successivamente sottoposta ad esame ex art. 210 c.p.p., cambia inversione rispetto al passato o si rifiuti di rispondere, le precedenti dichiarazioni potranno essergli “contestate” ai sensi dell’art. 500 c.p.p.113.

Se, nonostante la contestazione, l'imputato connesso continua a fornire una versione diversa o a tacere, le precedenti dichiarazioni potranno essere utilizzate dal giudice, ma solo per valutare la credibilità del dichiarante (art. 500, co. 2°, c.p.p.). Potranno essere acquisite al fascicolo del dibattimento e costituire prova del fatto narrato, in via eccezionale, soltanto nelle tre ipotesi previste nei commi 4/7 dell’art. 500 c.p.p..

In primo luogo, l'acquisizione è possibile quando si accerti che il soggetto “è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non

113 Ricordiamo che la “contestazione” consiste nel “leggere” la dichiarazione rilasciata prima del dibattimento (art. 500 co 2) e nel “chiedere conto” al deponente dei motivi della diversità. Nel caso di silenzio del dichiarante P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., 543, nota 56 parla di “contestazione fittizia”: sebbene il soggetto non abbia reso dichiarazioni, ci si comporta come se abbia parlato cambiando versione.

deponga o deponga il falso” (art. 500, co. 4°, c.p.p.)114.

In secondo luogo, a richiesta di parte, le dichiarazioni rese in udienza preliminare e utilizzate per le contestazioni nel corso dell'esame dibattimentale, possono formare prova del fatto solo nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione (art. 500, co. 6°, c.p.p.). Infine, l'acquisizione delle precedenti dichiarazioni al fascicolo del dibattimento è consentita quando vi si l’accordo delle parti (art. 500, co. 7°, c.p.p.). Va ricordato che la disciplina in commento è completata dall’art. 513, co. 2°, c.p.p.), che regola la lettura delle precedenti dichiarazioni rese dagli imputati in procedimenti connessi. Al giudice è fatto obbligo di sperimentare, tutte le possibilità di intervento coatto di tali soggetti115. Solo qualora non sia possibile ottenere la presenza del dichiarante ( o comunque procedere all'esame in uno dei modi previsti dalla norma), il giudice può leggere, su richiesta di parte, le precedenti dichiarazioni, ma unicamente se la non ripetibilità dipende da fatte circostanze imprevedibili al momento della dichiarazione116. Infine, l’art. 513 c.p.p. stabilisce che, se il dichiarante rifiuta di

114 Si tratta di un’applicazione dell’art. 111 co 5 Cost. nella parte in cui consente un’eccezione al principio del contraddittorio in caso di “provata condotta illecita”

115 “Il giudice , a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l’accompagnamento coattivo del dichiarante o l’esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l’esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contraddittorio”: art 513 co 2 c.p.p.

116 L’art. 513 co 2 rimanda all’art. 512 c.p.p.: se la non ripetibilità era prevedibile, i soggetti in questione avrebbero dovuto essere sentiti con incidente probatorio, su richiesta di parte.

rispondere, le precedenti dichiarazioni sono utilizzabili solo con l'accordo le parti.

Per il resto, resta inalterata l'equiparazione dell'imputato connesso al testimone per quanto riguarda le modalità della citazione e l'ingresso del processo.

Le persone indicate nell’art. 210 c.p.p. sono esaminate a richiesta di parte; possono tuttavia, essere chiamate a deporre dal giudice, d’ufficio, se taluno si è riferito ad esse rendendo testimonianza indiretta ex art. 195 c.p.p.117 o qualora, terminata l’istruzione, il loro esame appaia come “assolutamente necessario” ai sensi dell’art. 507 c.p.p.

Le parti che intendono chiedere l'esame dei soggetti di cui all’art. 210 c.p.p. devono, a pena di inammissibilità, inserire i loro nominativi, con l'indicazione delle circostanze sulle quali verterà l’esame, in una lista (detta testimoniale), che va depositata in cancelleria almeno sette giorni prima dell'inizio del dibattimento (art 468, co. 1°, c.p.p.).

Ancora, i soggetti de quibus hanno l’obbligo di presentarsi dal giudice, il quale, ove occorra, può disporne l'accompagnamento coattivo (art. 210, co. 2°, c.p.p.).

All'esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195 e 499 c.p.p..

117 L. D’AMBROSIO, sub art. 210 c.p.p., in, Commento al codice di procedura penale, diretto da M. Chiavario, 2° agg., Torino, 1993, 519 avanza il dubbio che il giudice, in tal caso, sia addirittura obbligato a disporne la citazione.

Per tutto il resto, la posizione dell'imputato connesso è assimilata a quella dell'imputato principale. In particolare, il dichiarante gode dell'assistenza difensiva (art. 210, co. 3°, c.p.p.) e, prima che l’atto abbia inizio, deve essere avvertito della facoltà di non rispondere, salvo che la domanda verta sulle proprie generalità (art. 210, co. 4°, c.p.p.).

La facoltà di tacere riguarda tutte le domande: non solo quella relative al fatto di reato addebitato all'imputato concorrente, ma anche quelle concernenti fatti commessi dal soggetto imputato nel procedimento principale. In sostanza, la persona esaminata gode di un diritto al silenzio totale: può tacere anche qualora la domanda verta su fatti dai quali non potrebbe emergere alcuna sua responsabilità penale e, quindi, non sia suscettibile di assumere significato autoincriminante118.

Nel caso in cui l'imputato connesso decida di rispondere, rinunciando così allo ius tacendi, egli, in virtù della sua assoluta incompatibilità con la qualifica di teste, non ha l'obbligo di dire la verità. Può affermare il falso senza andare incontro ad alcuna conseguenza penale, con il solo limite previsto dall’art. 384, co 1, c.p. per l’imputato (sono punibili soltanto la calunnia e la simulazione di reato).

Ne deriva una disciplina totalmente sbilanciata a favore del diritto di difesa dell’imputato connesso119. Lasciando intatti

118 P. TONINI, Manuale di procedura penale , cit., 236. 119 M. DANIELE, La testimonianza “assistita”, cit., 219

il diritto al silenzio e la facoltà di mentire impunemente, non si creano le condizioni per l'attuazione di un reale contraddittorio.

L'imputato nel procedimento principale, infatti, ha solo formalmente il diritto di contro esaminare l'imputato connesso che abbia scagliato accuse nei suoi confronti120. E ciò è tanto più grave se si considera che la disciplina descritta vale, per gli imputati in un procedimento connesso ai sensi dell’art. 12, co 1 lett a), c.p.p., “in ogni caso”, e ciò anche qualora tali soggetti abbiano reso, prima del dibattimento, in sede di indagini preliminari, dichiarazioni a carico di altri relativamente al medesimo reato.

In quest'ultima ipotesi, il pubblico ministero che vuole sentire l'imputato connesso in dibattimento, nella veste di testimone assistito, dovrà procedere alla separazione dei procedimenti - qualora questi abbiano seguito un andamento cumulativo - e , in ogni caso, dovrà attendere che la sentenza nei confronti del dichiarante sia divenuta irrevocabile121.

120 Si pensi ad un imputato che abbia accusato un complice del medesimo reato. “Il diritto al contraddittorio del chiamato in reità/correità viene posposto al diritto al silenzio del dichiarante”. Cosi D. VIGONI, Ius tacendi e diritto al confronto, cit., 94.

121 Cosi S. CORBETTA, Principio del contraddittorio e riduzione del diritto al silenzio, cit., 683.

3. L’esame degli imputati connessi

Nel documento Imputato e Testimone (pagine 84-93)