Il M5S nasce in Italia in un periodo storico particolare, in cui i partiti e il loro modo di gestire il potere a livello sia nazionale che locale viene percepito dagli elettori in maniera negativa [ Biorcio, Natale, 2013, 9] ; il rischio palpabile è quello di un distacco sempre più netto tra i governanti e i governati o, peggio, andando anche ad esaminare situazioni simili in altri paesi europei, una deriva verso l’estrema destra. Ecco che il Movimento si presenta allora come l’elemento innovativo, l’alternativa per gli elettori sfiduciati e arrabbiati che hanno visto susseguirsi al governo Berlusconi il governo tecnico di Mario Monti in un contesto caratterizzato dalla crisi economica, dai licenziamenti, dalla cassa integrazione e dalle tasse sempre in aumento. Dal Web alle piazze e da lì ai banchi istituzionali il passo è breve, eppure l'escalation del Movimento 5 Stelle non può non essere sintomatica di una disagio politico diffuso e non rappresentare un monito per le altre forze politiche, poiché il gruppo fondato da Beppe Grillo ha trovato la base per la costruzione di una solidità elettorale proprio nel configurarsi come “diverso”, come “altro”, come insomma qualcosa di nuovo rispetto al panorama fino a quel momento presente. Il successo crescente del M5S non può perciò essere considerato separatamente rispetto ai demeriti dei partiti italiani tradizionali, “rei” di aver “tradito” l'elettorato e di non risponderne più alle esigenze e ai desideri di partecipazione. Dopo il successo riscosso nel 2007 con il V-Day, capace di raccogliere in tutta Italia circa 350 mila firme in favore della campagna “Parlamento pulito”, il Movimento 5 Stelle vero e proprio, nato nel 2009, si presenta per la prima volta alle elezioni amministrative nel 2012, più o meno nell'indifferenza generale, soprattutto dal parte del mondo politico, per il quale questi non era che un fenomeno passeggero, basato sul populismo e sulla propaganda antisistema, destinato a sgonfiarsi in breve tempo, ma con il ricordo del grande consenso di pubblico riscosso inaspettatamente dal V-Day organizzato cinque anni prima. Pur se in un contesto di scetticismo e sottovalutazione, i risultati sono sorprendenti: analizzando i dati forniti dal Ministero dell'Interno
36 [http://elezionistorico.interno.it] sono quattro le città italiane dove il 5 Stelle si impone sugli altri avversari: a Comacchio, in provincia di Ferrara, dove il candidato sindaco Fabbri si impone al secondo turno con un netto 69,24% ; a Mira, Venezia, dove, sempre dopo il ballottaggio, il candidato pentastellato Maniero ha la meglio sull’avversario del PD Carpinetti guadagnando il 52,49% delle preferenze; sempre nel Veneto, ma stavolta a Sarego, Vicenza, il M5S mette a segno un’altra vittoria, con Castiglion che viene eletto sindaco in turno unico con il 35,21% di voti.
Ma è senza subbio a Parma che il Movimento ottiene la prima, vera vittoria elettorale importante: scardinando la pluriennale tradizione di sinistra della città emiliana, un giovane candidato senza nessuna precedente esperienza politica di rilievo, Federico Pizzarotti, viene eletto sindaco al secondo turno. Dalle elezioni di Parma emergono elementi utili a formulare importanti considerazioni soprattutto circa il quadro politico , in qualche misura adattabile a livello generale. Il PDL e la Lega Nord subiscono in questa circostanza una battuta d’arresto piuttosto preoccupante, non riuscendo a superare, rispettivamente, la soglia del 5%, - Buzzi riesce infatti a raggiungere solo il 4,79%, contro il 26% delle regionali del 2010 [Biorcio e Natale, 118, 2013], e il 3% - il candidato leghista Zorandi si ferma infatti al 2,70%, contro il 15% e oltre registrato solo due anni prima [
ibidem]. L’ex sindaco Ubaldi , eletto con maggioranza assoluta nelle elezioni del 2002, si ferma
appena sopra il 16%, mentre il PD guadagna consensi, almeno al primo turno, quando il gruppo guidato da Vincenzo Bernazzoli conquista più del 39% dei voti, tuttavia non sufficienti a garantire l’elezione in prima battuta. Il vero rovesciamento di fronte si ha quindici giorni dopo, quando, durante il ballottaggio, forse grazie al confluire dei voti di Lega e PDL, forse per un desiderio di novità da parte dell’elettorato parmense, Pizzarotti, a sorpresa, supera il 60% diventando il primo sindaco 5 Stelle della storia della città emiliana, mentre la lista PD, pur se formata da tre “big” della politica italiana come PD, Comunisti Italiani e Italia dei Valori, più quattro liste civiche locali, si ferma al 39,77%, praticamente incrementando di poco quanto ottenuto al primo turno.
Ma, se dalle amministrative del maggio 2012 sono arrivate le prime avvisaglie di un desiderio di cambiamento da parte dell’elettorato, pronto a rivolgersi ad un movimento del tutto nuovo e ben lontano dagli schemi politici tradizionali perché stanco di vedere le proprie richieste puntualmente inevase da parte dei partiti di lungo corso, l’evento che più di tutti sancisce definitivamente il fondamentale ruolo assunto dal Movimento 5 Stelle, obbligando anche gli avversari a ricercare un confronto e un dialogo piuttosto che proseguire in un’opera di mero scherno e sottovalutazione, è quello delle elezioni nazionali del febbraio 2013; in meno di un anno infatti il M5S supera il limite regionale ed estende il proprio raggio d’azione a tutto il paese, affermandosi come primo partito alla Camera dei Deputati, a discapito del PD ma, soprattutto , del PDL, ormai in caduta libera. Con il 25,56% dei voti, corrispondenti a 8.691.406, il 5 Stelle si impone infatti rispetto al Partito
37 Democratico guidato da Pierluigi Bersani, che raccoglie il 25,43% dei consensi, ossia 8.646.034. Ben più distaccato il PDL che, colpito anche dallo scisma interno del dicembre 2012, con il quale un gruppo condotto da Meloni, Crosetto e La Russa ha fondato Fratelli d’Italia [www.corriere.it, 18 dicembre 2012], si ferma al 21,56%, ben lontano quindi dal 37,38% e dagli oltre 13 milioni di voti dell’aprile 2008. Al Senato invece il PD mantiene ancora ben salda la maggioranza, con il 27,44%, ma il Movimento dimostra comunque di tenere bene il passo, superando anche qui il PDL, fermo al 22,30, con più di un punto percentuale (23,80%), affermandosi perciò come più concreto rivale del partito guidato da Bersani. A livello di coalizioni invece, quella di centro-sinistra mantiene anche dopo le consultazioni del febbraio 2103 la maggioranza dei seggi in Parlamento: Italia Bene Comune, gruppo che comprende, oltre al PD, anche SEL, Centro Democratico ed SVP, infatti, guadagna 345 seggi su 630, ottenendo complessivamente il 29,55% , corrispondente a più di 10 milioni di voti, ma i risultati del Movimento 5 Stelle sono comunque sorprendenti ed incoraggianti, soprattutto considerando di trovarsi di fronte ad un gruppo che per la prima volta si presenta ad una elezione nazionale e, per di più, correndo totalmente da solo: i 109 deputati guadagnati rappresentano in concreto il desiderio di novità dell’elettorato italiano, che ha confermato la fiducia espressa dai cittadini di Comacchio, Mira, Sarego e soprattutto Parma un anno prima; se addirittura si pensa che in Senato la coalizione di centro sinistra non è riuscita a raggiungere la quota dei 158 seggi necessari per avere la maggioranza a Palazzo Madama, per “colpa” anche dei 54 seggi strappati dal M5S, è necessario sottolineare il fatto che a questo punto il movimento, nato come naturale prolungamento del blog di Beppe Grillo, non possa più essere guardato con indifferenza, tanto dall’elettorato quanto, ancor di più, dai partiti.
Infatti proprio in seguito ai risultati del febbraio 2013 scattano le prime prove tecniche di dialogo da parte del PD che, per formare un governo, chiede appoggio appunto al Movimento; Grillo tuttavia rifiuta qualsiasi operazione di alleanza, e il mondo pentastellato sembra appoggiarlo, dichiarandosi disposto al dialogo esclusivamente sui punti del programma 5 Stelle, quali il reddito di cittadinanza e il taglio dei vitalizi degli onorevoli, forti di quei 163 seggi complessivi conquistati fra Camera e Senato.
A questo punto l’escalation del Movimento 5 Stelle sembra completa, e dalle elezioni europee del maggio 2014 ci si aspetta solo che sanciscano il trionfo definitivo della “creatura” di Grillo; tanto che anche la posizione dei due fondatori del 5 Stelle, lo stesso Grillo e Casaleggio, rispetto ai media italiani, da sempre ripudiati in maniera decisa, sembra ammorbidirsi, e tendere ad una inaspettata rappacificazione: le interviste rilasciate a Bruno Vespa e a “Il Fatto Quotidiano” rappresentano forse la presa di coscienza da parte dei due del ruolo fondamentale assunto dal Movimento nella scena politica del paese, ruolo che a questo punto non può più prescindere dalla visibilità sui media
38 tradizionali
Sorprendentemente, invece, la strategia adottata non produce i frutti sperati, anzi le europee del 25 maggio registrano addirittura un regresso rispetto al 2013: il Movimento supera di poco il 21% dei voti (21,16), venendo praticamente doppiato dal PD, nel frattempo passato alla guida di Matteo Renzi, che si afferma con il 40,82% delle preferenze e più di 11 milioni di voti. Il passo indietro rispetto all’anno precedente non può essere ignorato neppure alla luce della forte astensione dal voto registrata nel paese – solo il 58,68% dell’elettorato si è infatti recato alle urne [http://elezioni.interno.it/europee/scrutini/2014]. Pur restando secondo schieramento in Italia, staccato di 5 punti percentuali da Forza Italia, (16,83% alle europee), per il Movimento la battuta d’arresto induce a riflettere, e riporta alla luce quei conflitti intestini che già erano emersi dopo Parma 2012 ma opportunamente erano passati in secondo piano proprio alla luce della vittoria. I sostenitori si confrontano, sul Web e nei meet-up, sul ruolo di Grillo e di Casaleggio, ci si domanda se l’atteggiamento troppo intransigente del primo alla lunga non abbia nuociuto all’andamento complessivo del Movimento (anche la campagna elettorale pre-europee, come del resto tutte le precedenti, è stata segnata da un acceso dibattito a distanza fra Grillo e Renzi), e ci si interroga anche sull’opportunità, a questo punto, e sugli effetti dell’apertura ai media: è stata tardiva, o più che altro lesiva per l’immagine che il 5 Stelle aveva costruito di sé? Soprattutto considerando che la partecipazione di Grillo ad un talk show del calibro di “Porta a Porta” è stata da molti giudicata più una sorta di trovata pubblicitaria, il cui clamore è stato dato dal ritorno in Rai dello stesso Grillo a quasi trent’anni di distanza.
La successiva decisione di Grillo di ignorare l’alleanza, considerata naturale, con i Verdi in sede europea, per virare verso una sorprendente e discutibile coalizione con l’Ukip di Nigel Farage, produrranno un’ulteriore frattura interna al Movimento, fra chi ancora vede in Grillo il leader indispensabile per proseguire nel processo di crescita e chi invece ne vorrebbe l’allontanamento per lasciare spazio ai giovani del 5 Stelle.