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L’evoluzione storica della responsabilità

Nel diritto giustinianeo il sistema della responsabilità risulta fondato sui concetti di dolo e di colpa, e quindi su criteri soggettivi, salvo alcune attribuzioni oggettive di rischio, per lo più eccezionali. Anche nel diritto romano, quando un soggetto vantava nei confronti di un altro una pretesa protetta da azione, tale pretesa, cui corrisponde la responsabilità dell'altro, sorgeva sempre da un fatto che aveva causato un danno sofferto dallo stesso titolare della pretesa. Si parla di responsabilità contrattuale quando il fatto dannoso sottraeva al primo soggetto un vantaggio che gli sarebbe dovuto derivare dall'adempimento di un'obbligazione che già il secondo soggetto aveva nei confronti del primo: responsabilità "contrattuale", poiché nella maggior parte dei casi tale obbligazione derivava da contratto. Quando invece il fatto dannoso di un soggetto violava il diritto di un altro indipendentemente da un rapporto preesistente tra i due, l'obbligazione sorgeva dal fatto dannoso stesso, “o meglio, l'obbligazione nasce come rapporto di responsabilità”: in questi casi si parla di responsabilità extra-contrattuale, o anche di responsabilità aquiliana, con riferimento alle diverse ipotesi di danneggiamento previste nel primo e nel terzo capo della lex Aquilia, come anzidetto. Nel diritto romano le azioni per la responsabilità extra-contrattuale erano azioni penali private, e la sanzione aveva un carattere punitivo, ma tendeva anche ad assumere funzione risarcitoria. Pertanto da un fatto

47 illecito extra-contrattuale nasceva direttamente la

responsabilità del debitore, mentre dal contratto nasceva il dovere del debitore alla prestazione, e tale situazione permaneva, anche in caso di inadempienza, sin tanto che la prestazione rimaneva possibile. Nella responsabilità contrattuale, si è detto, il fatto da cui sorge la responsabilità è il fatto che ha causato l'impossibilità della prestazione: sia in questa ipotesi, sia nell'ipotesi di responsabilità extra- contrattuale, tuttavia, per potersi parlare di responsabilità di un soggetto verso un altro, era necessario che il fatto, da cui sorge la responsabilità, fosse ascrivibile al primo soggetto. Nella responsabilità contrattuale il problema del nesso di causalità non si poneva in modo autonomo, mentre è centrale il problema dell'imputabilità al debitore dell'inadempimento. Anch'esso può essere risolto utilizzando i criteri della colpevolezza (dolo o colpa), ma a questi se ne possono aggiungere altri. Con riferimento ai criteri di imputazione del fatto dannoso la dottrina romanistica fa ricorso a criteri oggettivi e soggettivi di imputazione, di responsabilità oggettiva e di responsabilità soggettiva, nel senso di qualificare oggettiva una responsabilità senza colpa (e - ovviamente - senza dolo). Ma lo stesso criterio della colpa veniva utilizzato valutando il comportamento dell'obbligato sulla base di modelli astratti, per cui la nozione di colpa può essere costruita in senso oggettivo, mentre profili soggettivi ritornano nella nozione di culpae capax. Il criterio della colpa serviva, poi, a valutare il comportamento negligente (colpa commissiva), mentre il criterio della diligenza serve a imputare un pregiudizio causato da una colpa omissiva: in

48 ambedue le ipotesi il comportamento dell'agente viene

valutato sulla base di un modello astratto, la cui configurazione dipende dal tipo di contratto posto in essere tra le parti. Esisteva anche la colpa-imperizia, poi, “si riferisce unicamente alle prestazioni tecniche dovute dal contraente artifex”: anche in questo caso il parametro è rappresentato da un modello astratto, le cui caratteristiche sono determinate dalle regole dell'ars in questione.

Passando a trattare dell'evoluzione storica viene evidenziato il fatto che il punto di partenza dell'elaborazione giurisprudenziale in tema di responsabilità va ricercato nell'interpretazione del termine iniuria, contenuto nella lex Aquilia (metà del II sec. a.C.). Per iniuria si intese il comportamento dannoso illecito attuato mediante culpa, “e cioè individuato come fatto colpevole”: dal concetto di colpa aquiliana (all'origine sostanzialmente colpa commissiva) deriva l'idea della colpa contrattuale, risolta dai veteres per i casi di obbligazione a dare una cosa certa (da stipulatio o da legatum per damnationem) attraverso la costruzione dommatica della perpetuatio obligationis54. Ciò significava che il giudice, qualora l’adempimento del debitore risultasse impossibile per evento a lui imputabile. Doveva considerare la sua obbligazione non estinta, e condannarlo ugualmente: La ricostruzione del pensiero della giurisprudenza romani in materi de responsabilità contrattuale viene affrontata anche in un’altra opera dove, nell’introduzione, dapprima tratteggia: “il progressivo mutamento del significato del

54 C.A Cannata; “sul problema della responsabilità nel diritto privato romano”

49 praestare nella tradizione romanistica: da oggetto

dell'obligatio, accanto al dare e al facere nella giurisprudenza classica, alla 'responsabilità' dei moderni”, per passare poi ad illustrare i contributi più significativi della romanistica moderna, evidenziando come il dibattito sia stato a lungo condizionato da una presunta contrapposizione fra i criteri di valutazione della responsabilità contrattuale elaborati dalla giurisprudenza classica, criteri oggettivi basati sul concetto di custodia, e quelli adottati in età giustinianea, imperniati sul concetto di culpa. La normativa postclassica elevò, infine, la colpa a criterio principe di imputazione, e spazzò via gli antichi motivi di incertezza e di confusione, restituendo così de plano coerenza e organicità al sistema”. Si sarebbe quindi realizzata una “grande svolta”, “caratterizzata dalla riconversione delle causae replicationum (compendiabili nelle nozioni di dolo e di colpa) in criteri diretti di imputazione”. “È il trionfo del momento subbiettivo, con la conseguente relegazione del fatto obbiettivo dell'inadempimento da criterio diretto di imputazione al ruolo secondario di semplice presupposto per l'apertura della questione di responsabilità: tale orientamento trovò il suo assetto definitivo nella grande Compilazione, con la conseguente sostituzione, nei testi classici utilizzati, dei richiami originari alla fides e alla diligentia, con i nuovi (ovviamente emblematici) al dolo e alla colpa55”.

55 R. Cardilli, L’obbligazione di “praestare” e la responsabilità contrattuale in diritto

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