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“Le linee guida sono considerate raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione per coadiuvare medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più

144 Rocco Panetta e Federico Sartore, “l’equilibrio legislativo tra protezione e

trasparenza dei dati”, “La responsabilità sanitaria commento alla L.8 marzo 2017, n.24” Sanità Diritto Economia a cura di G. Alpa, 2017 pag158;

145 F.Merusi, A.Fioritto, G.Ciaglia, V.Giomi, A.Bertani “Lezioni sul procedimento

111 appropriate in specifiche circostanze cliniche”. Così si

esprimeva la Cassazione, nella sentenza n.18430 del 2013, in merito alla definizione delle linee guida. Il tema delle linee guida, disciplinato all’articolo 5 della riforma, costituisce il fulcro della responsabilità medica. Tale articolo definisce il sistema di elaborazione e validazione delle “raccomandazioni previste dalle linee guida” cui gli esercenti le professioni sanitarie devono attenersi nell’esercizio della propria attività. La riforma Gelli affronta nuovamente il tema delle linee guida, già precedentemente trattate all’interno del decreto Balduzzi, cercando di “riparare” ad alcune lacune che aveva lasciato quest’ultima146. Come la precedente legge del 2012 anche la recente riforma opta per collegare all’osservanza delle linee guida o delle buone pratiche clinico-assistenziali un processo di depenalizzazione per i professionisti. Tuttavia l’articolo 5 modifica radicalmente l’impostazione del decreto Balduzzi che all’articolo 3, comma 1, prevedeva: “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. Sulla base di tale disposizione, che faceva espressamente riferimento all’esercente la professione sanitaria “nello svolgimento della propria attività”, si contrappone il nuovo testo con una posizione analitica, in quanto si riferisce agli esercenti le professioni sanitarie “nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative,

146 F. Lorenzini “La responsabilità del medico civile- penale- amministrativo”, Pacini

112 riabilitative e di medicina legale”. Al termine “attività” si

sostituisce un’espressione più precisa volta a individuare nel dettaglio le diverse prestazioni sanitarie svolte dall’esercente la professione sanitaria. Tale elencazione normativa, pur non essendo tassativa, sembra essere idonea ad abbracciare qualsiasi prestazione sanitaria dando maggior garanzia in merito all’applicazione delle linee guida. Altra fondamentale distinzione con il decreto Balduzzi riguarda il fatto che la riforma Gelli non si riferisce alle linee guida e buone pratiche genericamente “accreditate dalla comunità scientifica”, bensì alle “raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da altri enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie” e, in mancanza, “alle buone pratiche clinico- assistenziali”. Attraverso questa formulazione il legislatore elude uno dei motivi di incostituzionalità ex articolo 3 della Cost, che potevano essere mossi all’articolo 3 del decreto Balduzzi. Infatti non veniva fornita nessuna indicazione in merito a quali fossero le linee guida che il giudice avrebbe dovuto valutare per stabilire la condotta del sanitario, prevedendo solamente che le linee guida e le buone pratiche fossero accreditate da una “comunità scientifica”147. Tale norma si caratterizzava per l’eccessiva genericità rimettendo completamente al giudice di verificare se la condotta fosse colposa o meno. L’articolo 5 della legge n.24 del 2017 supera questa situazione dando certezza alla materia fissando le

147 Giuseppe Chinè e Nicoletta Fusco “il fulcro della nuova responsabilità del

professionista sanitario: le linee guida”“La responsabilità sanitaria commento alla L.8 marzo 2017, n.24” Sanità Diritto Economia a cura di G. Alpa,2017 pag. 163;

113 modalità per l’elaborazione e l’aggiornamento delle linee

guida. Il primo comma dell’articolo 5 afferma che le linee guida sono solamente quelle elaborate “da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute”. Con tale disposizione il legislatore cerca di fissare in modo più solido possibile la disciplina delle linee guida. Dalla lettura dell’articolo emerge come siano tre i soggetti titolari a partecipare all’elaborazione delle linee guida: le società scientifiche, le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie e gli enti e le istituzioni pubblici e privati. Per quanto riguarda i primi 2 soggetti si prevede l’istituzione di apposito decreto ad hoc da parte del Ministro della Salute per fissare i criteri per l’accertamento e l’identificazione di tali soggetti entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. A questo proposito il Ministro Lorenzin ha firmato il decreto che istituisce e disciplina l’elenco delle società scientifiche che elaboreranno le linee guida per le professioni sanitarie. Il primo comma dell’articolo 2 di tale decreto fissa i requisiti che le società scientifiche e le associazioni dovranno avere per poter essere inserite all’interno di tale elenco, come la rilevanza a carattere nazionale, rappresentatività di almeno il 30% di professionisti e un atto costitutivo redatto per atto pubblico148. Per ciò che riguarda gli altri organi predisposti ad elaborare le linee guida ossia gli enti e istituzioni pubblici

148http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo

114 e privati sono sorti diversi dibattiti. In prima istanza si è

criticato il fatto di aver ampliato i soggetti predisposti ad elaborare le linee guida e, in particolare, ad enti ed istituti privati i cui interessi non siano solo quelli di tutela della salute del paziente, ma anche interessi di altra natura (cause farmaceutiche o compagnie assicurative). In seconda battuta si è rilevato come tali enti e istituzioni non siano né riconosciute ne menzionate all’interno del decreto attuativo firmato dal Ministro della salute. Tuttavia appare preferibile porre in essere un’interpretazione non letterale del termine ma bensì sistematica che consenta di dire come siano titolari dell’elaborazioni delle linee guida solo gli enti e le istituzioni dotati di competenze di natura scientifica e che possano portare un aiuto in materia149. La disposizione prevede come le linee guida siano sottoposte ad un controllo finale dell’Istituto superiore di sanità, che verifichi l’esattezza della metodologia usata dagli organi predisposti all’elaborazione delle linee guida. Altro organo che gioca un ruolo fondamentale nel procedimento di validazione delle linee guida è il SNLG (Sistema nazionale per le linee guida). Il legislatore, predisponendo il riassetto di tale organo, sceglie di non fidarsi dell’attuale sistema nazionale linee guida in quanto “ha progressivamente perso nel tempo incisività e autorevolezza nella governance della produzione e diffusione di nuovi saperi e competenze”150. L’attribuzione di un potere di controllo a tale Istituto ha suscitato le critiche di alcuni

149 Giuseppe Chinè e Nicoletta Fusco “il fulcro della nuova responsabilità del

professionista sanitario: le linee guida” “La responsabilità sanitaria commento alla L.8 marzo 2017, n.24” Sanità Diritto Economia a cura di G. Alpa,2017 pag. 167;

150 Senato della Repubblica, Fascicolo iter ddl S. 1134, Disposizioni in materia di

115 commentatori151. Si è infatti rilevato che, seppur orientata a

soddisfare le istanze di certezza manifestate dai medici nel vigore del decreto Balduzzi, la disciplina rischia di condurre all’affermazione di una “medicina di Stato”, suscettibile di frenare il progresso scientifico e di andare a colpire gli stessi pazienti (si pensi ad esempio al caso in cui un determinato sanitario sia personalmente a conoscenza di una tecnica medica innovativa non ancora recepita dalle linee guida, che il medesimo sarà portato ad osservare una terapia meno efficace152). Ne discende che la finalità perseguita dal legislatore non è quella di introdurre un precetto munito di propria sanzione, e quindi di obbligare in ogni caso il sanitario al rispetto delle linee guida, bensì di introdurre un incentivo per l’esercente la professione sanitaria ad attenersi alle raccomandazioni prescritte, al fine di ridurne il rischio. In ogni caso il medico potrà discostarsi liberamente dalle linee guida e dalle buone pratiche ma ove si verifichi un errore, la sua responsabilità dovrà essere valutata ai sensi del codice penale. Tale disposizione è in linea con l’articolo 13 del codice deontologico medico nel quale si afferma che l’esercizio della professione medica è fondata su principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità.

Può tuttavia sussistere imperizia anche nei casi di osservanza di linee guida adeguate al caso concreto, ma obsolete, per esempio quando, al momento del trattamento non lo sono più perché superate da altre conoscenze. Si parla in questo casi di negligenza perché dovuta alla violazione dell’obbligo di

151 Piras, Poli;

116 aggiornamento. Il problema dell’aggiornamento ha creato

due orientamenti: se è limitato alle linee guida di cui all’art. 5 o se debba continuare anche dopo la loro pubblicazione fino al relativo aggiornamento. Nel primo caso non sussiste negligenza perché il professionista adempirebbe all’obbligo di aggiornamento attraverso le nuove versioni delle sole linee guida scientifico- ministeriali; quindi la responsabilità penale sarebbe esclusa ex art. 6 Se invece l’obbligo di aggiornamento non può essere circoscritto alle linee guida scientifico ministeriali, averle applicate nonostante fossero obsolete costituirebbero negligenza o comunque imprudenza e quindi sussisterebbe colpa. Un’ulteriore casistica di imperizia potrebbe essere individuata nelle ipotesi di linee guida scientifico-ministeriali non rispondenti alle più accreditate evidenze scientifiche, per esempio perché “economicistiche”. L’adesione a tali linee guida potrebbe essere considerata imperita perché porta a tenere condotte la cui efficacia è meno corroborata sul piano scientifico. Diamo una definizione più dettagliata d’imperizia. Essa consiste nell’inosservanza delle regole tecniche necessarie per il corretto svolgimento di determinate attività e si risolve in una negligenza o in una imprudenza qualificate, a seconda che tali regole tecniche violate prescrivano un facere o un non facere. Infatti l’imperizia può concretarsi sia in una condotta attiva che in un’omissione: nel primo caso, consisterà in un’imprudenza, nel secondo in una negligenza. Entrambe però, sono qualificate dal fatto di essere tenute in violazione di norme tecniche, ossia di regole che devono essere conosciute solo da coloro che svolgono l’attività cui esse si

117 riferiscono. Quando invece, la regola di diligenza o di

prudenza appartiene alla generalità dei consociati, per esempio perché notoria o di comune esperienza, non sembra possibile parlare di imperizia, bensì di imprudenza o negligenza153. Un ultimo ambito di possibile sussistenza dell’imperizia nonostante l’osservanza delle linee guida e delle buone pratiche ex art. 5 sembra rappresentato dai casi in cui, nel corso del trattamento, si verifichi una complicanza, nell’affrontare la quale il professionista tenga una condotta imperita. Si può avere limitazione di responsabilità ex art. 6 solo se la gestione di tale complicanza non è trattata da linee guida scientifico-ministeriali, altrimenti l’imperizia consisterebbe in violazione della linea guida e, quindi, sarebbe punibile. Questo vale per le linee guida scientifico- ministeriali, ma non per le buone pratiche perché coprono tutta l’attività medica154.