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tutela della salute e responsabilità medica alla luce della riforma Gelli-Bianco

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1

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in

Giurisprudenza

TUTELA DELLA SALUTE E

RESPONSABILITA’ MEDICA

ALLA LUCE DELLA RIFORMA

GELLI-BIANCO

Relatore

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

Candidato

Francesco Galeazzi

Correlatore

Chiar.mo Prof. Luca Righi

(2)

2

A mia madre e mio padre per il loro continuo sostegno;

Ai miei amici per l’aiuto quotidiano;

(3)

3

INDICE

Introduzione ... 6

CAPITOLO I ... 12

EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEL DIRITTO

ALLA SALUTE IN ITALIA ... 12

1. Tutela della salute prima della Costituzione ... 13

2.Tutela della salute nella Costituzione Italiana ... 17

3. Il Ministero della sanità e la riforma ospedaliera e i successivi sviluppi legislativi ... 23

3.1 La riforma ospedaliera e i successivi sviluppi legislativi ... 26

4. Istituzioni del servizio sanitario nazionale. “Legge di riforma sanitaria” ... 27

5. Processo di regionalizzazione e aziendalizzazione ... 32

6. La Carta dei servizi sanitari ... 37

7. Federalismo fiscale 56/2000 ... 38

8. Modifica del titolo V della Costituzione... 39

9. Lep: Livelli essenziali delle prestazioni relativi ai diritti civili e sociali ... 41

Capitolo II ... 45

“IL CONCETTO DI RESPONSABILITA’ NEL

DIRITTO E LA SUA EVOLUZIONE NEL

CAMPO SANITARIO” ... 45

1. L’evoluzione storica della responsabilità ... 46

2. I Tre diversi tipi di responsabilità ... 50

2.1 Responsabilità civile ... 50

2.2 Responsabilità penale ... 56

(4)

4 3. Responsabilità professionale con particolare attenzione

alla figura del medico ... 64

4. Decreto Balduzzi ... 76

Capitolo III ... 87

“LA RIFORMA SANITARIA L. ... 87

8/03/2017, n.24: RIFORMA GELLI-BIANCO” ... 87

1. Dalla diffusione della medicina difensiva alla Riforma Gelli-Bianco ... 90

2. Le novità di carattere amministrativo: sicurezza delle cure in sanità e introduzione dei nuovi organi di tutela ... 94

2.1 Il Garante del diritto alla salute e il Centro per la gestione del rischio e la sicurezza del paziente... 97

2.2 Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità ... 102

2.3 Obbligo di trasparenza ... 107

3. Art.5: Linee Guida ... 110

4. Buone pratiche cliniche-assistenziali ... 117

5. La responsabilità medica e le novità alla luce della legge Gelli-Bianco: artt.6-7 ... 119

5.1 Responsabilità penale: novità ex art.6 della legge n.24 del 2017 ... 119

5.2 Responsabilità civile: novità ex art.7 della legge n.24 del 2017 ... 126

6.Dall’articolo 8 ai successivi ... 131

6.1 L’azione di rivalsa e di responsabilità amministrativa ... 132

6.1.1 Azione di rivalsa ... 133

6.1.2 Responsabilità amministrativa dell’esercente la professione sanitaria e il ruolo della Corte dei Conti ... 136

6.2 L’obbligo di assicurazione ... 145 6.3 L’azione diretta ... 149 6.4 Il fondo di garanzia ... 151 7.Disposizioni finali ... 155

CAPITOLO IV ... 157

Conclusioni ... 157

(5)

5

BIBLIOGRAFIA ... 161

GIURISPRUDENZA ... 165

Sitografia ... 167

(6)

6

Introduzione

Nell’ambito dell’ordinamento italiano il diritto alla salute viene espressamente sancito dall’art.32 della Costituzione, il quale prevede che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il diritto alla salute, nella concezione costituzionale, rientra nel novero dei diritti fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano essendo un diritto soggettivo “assoluto e perfetto direttamente tutelabile dal giudice1”. Nonostante tale concezione costituzionale del “valore salute”, è necessario precisare come l’idea di salute abbia subito nel corso del tempo una lunga e travagliata evoluzione. Per avere una visione d’insieme su tale tema è necessario prendere in considerazione i vari eventi internazionali che hanno portato tale diritto alla sua odierna configurazione.

Al giorno d’oggi il concetto di diritto alla salute è entrato nel comune sentire dei cittadini appartenenti alle moderne democrazie occidentali. Oggi, tale diritto è concepito “come una regola di civiltà costituzionale quasi ovvia e scontata che in realtà è frutto di un processo lungo e faticoso2”. Nei secoli passati, infatti, non era minimamente concepibile il fatto di poter rivendicare un tale diritto per tutta una serie di questioni

1 Corte Cost., Sezione unica, del 27 ottobre 1988 n.992; Corte Costituzionale -

www.cortecostituzionale.it

2 R. Ferrara,” il diritto alla salute: i principi costituzionali”, in R.Ferrara e C.Sartoretti

( a cura di), Trattato di Biodiritto. Salute e sanità, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag.4;

(7)

7 come: la mancanza di concezione di un sistema sanitario

unico statale che potesse offrire una tutela a tutti i cittadini sia per la scarsa evoluzione in campo medico. Diversa era anche l’idea stessa di salute. Quest’ultima veniva concepita come un atto meramente personale, privato a cui provvedere a proprie spese. L’obiettivo delle politiche statali di allora era quello di contrastare la diffusione delle malattie, cercando non tanto di guarire gli ammalati, quanto piuttosto di non fare ammalare i sani. A partire dal secondo dopo guerra, con la creazione di nuove organizzazioni internazionali in materia, l’approccio e l’idea di salute cambiò radicalmente: non più interesse pubblico per la salute volto a contrastare unicamente le malattie, bensì diritto individuale di ciascuna persona.

Il primo passo verso questa direzione fu l’istituzione dell’O.M.S. (Organizzazione mondiale della sanità) nel 1948. Tale Organizzazione, nata all’interno delle Nazione Unite, si prefiggeva l’obiettivo di offrire e garantire a tutte le popolazioni il più alto livello possibile di salute. All’interno del Preambolo della Costituzione dell’O.M.S. viene affermato che la salute è “uno stato di benessere fisico e psichico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità, e che il godimento del più alto livello possibile di salute è uno dei fondamentali diritti di ogni essere umano senza discriminazioni3”. Da questa definizione recepiamo il tentativo di porre in essere una rivoluzione copernicana sul concetto di salute e della sua

3

(8)

8 tutela. Per la prima volta la salute viene riconosciuta come un

diritto di ogni essere umano4. Viene fornita, dunque, una definizione molto amplia di salute, che ingloba sia la salute fisica che quella mentale, ponendo quali tutori protettivi gli Stati, volendo essere una rottura con la visione precedente di salute. Con questa definizione, infatti, il termine salute non è più legato al solo concetto di non malattia ma anche a quello di “stato di benessere”. Tale stato che “rimanda alle tre dimensioni di cui si compone la vita degli individui; che sono: la dimensione fisica, psichica e quella relazionale. È nell’equilibrio e nella relazione di queste tre dimensioni che il concetto di salute o benessere trova la sua massima espressione5”. Nonostante tutto tale definizione di salute venne aspramente criticata per la sua ampiezza e criticità di determinati punti esposti nel preambolo.

Un ulteriore passo verso l’attuale concezione di salute avvenne con la Dichiarazione di Alma Alta. Nel 1978, infatti, si tenne ad Alma Alta, allora capitale del Kazakistan, la conferenza Internazionale sull’assistenza sanitaria di base promossa dall’O.M.S. in collaborazione con Unicef. L’incontro si poneva l’obiettivo di “fare il punto sullo stato della salute e dei servizi sanitari del mondo6”.

All’interno di tale Dichiarazione venne espresso lo scopo di “dare a tutti i popoli del mondo, da qui all’anno 2000, un

4 World Health Organization, Constitution, in Basic Documents, 36° ed., Ginevra,

1986. Disponibile sul sito internet:

http://www.who.int/governance/eb/who_constitution_en.pdf, ultimo accesso 3 giugno 2009

5R. Zenon “Manuale di etica per l’operatore socio-sanitario”, Maggioli editore pag.

42; 2010;

6 Rapporto 2004. Salute e globalizzazione” a cura di Osservatorio Italiano sulla salute

(9)

9 livello di salute che permettesse loro di condurre una vita

socialmente ed economicamente produttiva7”. Altro riferimento al diritto alla salute, a livello internazionale, è presente al primo comma dell’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. In tale articolo, che si prende cura delle necessità vitali della persona8, viene affermato: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sicurezza per circostanze indipendenti alla sua salute9”. A livello europeo il diritto alla salute è inserito all’articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata il 7 dicembre a Nizza. Il diritto alla salute è contemplato all’articolo 35, il quale, è rubricato “Protezione della salute” e afferma: “Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.” In tal articolo viene espresso un principio di uguaglianza

7

http://www.asl.vt.it/Staff/Formazione/educazione/files/doc_org_mondiale/a%201 978%20ALMA%20ATA.pdf;

8 Commento del professor Antonio Pepisca, Cattedra Unesco “Diritti umani,

democrazia e pace” presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova, sull’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani

(10)

10 sostanziale nella tutela della salute, affermando il diritto di

ogni persona ad ottenere cure sanitarie, rimettendosi, in termini di concreta applicazione, alle legislazioni dei singoli stati. Altri importanti mezzi concreti di difesa dalla salute a livello europeo sono: La Carta sociale europea (CSE) e la Carta Europea dei diritti dell’uomo (CSER). Nonostante tutti questi atti facciano esplicito riferimento al concetto di salute, il suo pieno riconoscimento, come diritto soggettivo, è stato lungo e travagliato per due fattori. Di questi, il primo è legato alla natura stessa degli atti internazionali, i quali, essendo mere dichiarazioni di principi, non possiedono forza giuridica vincolante per gli Stati, non attribuendo agli individui strumenti concreti da attuare nei confronti degli Stati stessi. Il secondo fattore è legato alla visione della salute come diritto soggettivo, teoria che è stata di difficile accettazione10. Da questo excursus storico possiamo rilevare come il diritto alla salute, all’interno del nostro ordinamento, sia qualificato come un diritto fondamentale consacrato all’interno della Costituzione. È naturale, quindi, che una delle professioni più attenzionate, proprio perché maggiormente legate con l’aspetto della salute dell’individuo, sia quella del medico. Tale figura, come quella di tutti gli esercenti le professioni sanitarie, si è inserita in un circuito di responsabilità molto delicata e facilmente soggetta a questioni giurisprudenziali. L’intervento del medico, ai giorni nostri, non si limita, infatti, alla sola diagnosi e cura, ma anche alla prevenzione, provocando un ampliamento della sua responsabilità

10 C. Cappuccini “La dimensione europea della salute” all’interno del manuale “La

responsabilità sanitaria commento alla L.8 marzo 2017, n.24” di G. Alpa, Pacini Giuridica, 2017, Pisa, pag 56;

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11 professionale. Pioniere in questo settore è stata la

giurisprudenza, grazie ai numerosissimi interventi giurisprudenziali, la quale ha cercato di trovare quella “pronuncia madre capace di elaborare il principio cardine da poter usare per ogni fattispecie facendo chiarezza sul tema11”. Su questa ottica, si pone, la recente riforma n.24 del 2017 che introduce importantissime “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e dalla persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. La riforma si presenta come un importante punto di svolta su tale tema, presentando importanti novità e aggiustamenti in ambito civile, penale e amministrativo. La legge Gelli-Bianco, “di stringente rilevanza giuridica e sociale”, ha superato la forte tradizione giurisprudenziale che caratterizzava questo tema, dandone certezza e sicurezza. Alla domanda se il disegno di legge avrebbe messo tutti d’accordo, lo stesso On. Gelli rispose: “Non credo, altrimenti non sarebbe efficace. Ma sicuramente è un Ddl che fa chiarezza e copre uno spazio normativo che era rimasto abbandonato… dato che solo la giurisprudenza era intervenuta nel merito di questa materia”12.

11 F. Lorenzini “La responsabilità del medico civile- penale- amministrativa”, Pacini

Giuridica, Pisa, 2017, pag.16;

12 Intervista all’onorevole Gelli da parte dell0Agenzia Dire in occasione del convegno

‘Medico e paziente, un’alleanza possibile? Proposte per una buona riforma’, in corso presso la sede dell’Ordine dei Medici di Roma. http://www.dire.it/11-02-2016/36886-sanita-gelli-pd-mio-ddl-mette-daccordo-tutti-no/;

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12

CAPITOLO I

EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEL

DIRITTO ALLA SALUTE IN ITALIA

Sommario

1.Tutela della salute prima della Costituzione – 2. Tutela della salute nella Costituzione italiana – 3. Ministero della sanità e la riforma ospedaliera e i suoi successivi sviluppi legislativi – 3.1 Riforma ospedaliera ed i suoi sviluppi legislativi – 4 Istituzione del servizio sanitario nazionale: “legge di riforma sanitaria” – 5 Processo di regionalizzazione e aziendalizzazione – 6 La carta dei servizi sanitari – 7- Federalismo fiscale: 56/2000 – 8 Modifica del titolo V della Costituzione – 9 LEP: livelli essenziali delle prestazioni relativi ai diritti civili e sociali

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1. Tutela della salute prima della

Costituzione

Il sistema e l’assistenza sanitaria italiana affondano le proprie radici nel mondo cristiano nel c.d. fenomeno della hospitalitas cristiana. Le prime forme di assistenza ai soggetti malati risiedono nelle strutture religiose che, dal Medioevo, sorsero in Italia con la missione di assistere e aiutare i pellegrini e gli infermi lungo i cammini di pellegrinaggio. In quel contesto gli ospedali erano spazi caritativo- assistenziali aperti a chiunque ne avesse bisogno13. Nel corso del tempo, tali strutture iniziarono a moltiplicarsi nei vari centri urbani, acquisendo una propria autonomia rispetto all’originario carattere di supporto ai monasteri o conventi. Con il tempo, furono denominati “ospedali”. Queste strutture, che si svilupparono nell’alveo della caritas cristiana, possono essere considerati gli antenati dei moderni ospedali italiani. Un altro ambito che subì una forte evoluzione nel corso della storia è quello riguardante “l’igiene pubblico” o “sanità pubblica”14. Scopo di tale settore era quello di porre in essere una difesa sociale dalla malattia. Iniziarono a svilupparsi diversi e corposi interventi di polizia sanitaria per prevenire e contenere la diffusione delle malattie su vasta scala, quali le epidemie. Con il passare del tempo gli Stati preunitari cominciarono a emanare i primi regolamenti in materia di

13G. Cosmacini “Storia della medicina e della sanità in Italia: Dalla peste nera ai

giorni nostri”. Editori Laterza,2010;

14R. Balduzzi e G. Carpani “Manuale di Diritto Sanitario”. Edizione il Mulino collana

(14)

14 sanità e igiene pubblica, i quali sono considerati il nucleo

originario del diritto sanitario italiano. In tale periodo storico, il concetto di diritto alla salute veniva concepito come una forma di esercizio di poteri autoritativi di limitazione della sfera dei diritti individuali allo scopo di tutelare l’interesse collettivo. Il diritto alla salute era visto come mezzo di difesa della collettività. Con l’unificazione e la creazione del regno d’Italia si iniziarono a produrre e ad emanare le prime normative in tale settore. La prima legge che provvide a dare un’organica disciplina alla materia fu la Legge n.2248 del 20-03-1865 che affidava le competenze, in ambito sanitario, al Ministro dell’interno (in sede centrale) e ai Prefetti e Sindaci (a livello periferico). Successivamente furono istituiti diversi organi, come: il Consiglio superiore di sanità con funzioni tecnico-consultive e una Direzione generale della sanità pubblica nell’ambito del Ministero dell’Interno. In seguito, si emanarono altre disposizioni in materia di sanità pubblica come la legge n. 5849 del 1888 la quale intervenne sul versante igienistico cercando di accentuare il legame dell’apparato sanitario con le funzioni di ordine pubblico. Con tale legge si imponeva una prima organizzazione nei servizi sanitari, nell'esercizio delle professioni ad essi attinenti, nei servizi di profilassi e d'igiene degli abitati e dei generi alimentari. Questa disposizione normativa venne successivamente ripresa e ampliata nel primo testo unico delle leggi sanitarie che coordinava la normativa in materia approvato con R.D. 1-8-907 n.603. Negli primi anni del 900 i governi del regno proseguirono nella direzione di un consolidamento del sistema di sanità pubblica con particolare

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15 attenzione al sistema previdenziale. Tali materie vennero

riprese ed ampliate con la formulazione di un nuovo testo unico in materia di leggi sanitarie tuttora in gran parte in vigore ossia il T.U n.1265 del 27-7-1934 che faceva obbligo alle amministrazioni provinciali d'istituire, nel capoluogo, un laboratorio d'igiene e di profilassi, perché intervenisse a tutela della sanità pubblica nell'ambito della provincia. Altro fenomeno che contribuì all’evoluzione di tale materia fu la mutualità, prima in forma di libera associazione tra i lavoratori, poi in quella di assicurazione obbligatoria a carico dei datori. Tale fenomeno è strettamente collegato con lo sviluppo industriale che aumentò i fattori di rischio per la salute delle persone ed in particolare dei lavoratori. Da tali esigenze nacquero le iniziative tra i lavoratori delle fabbriche volte a dare una tutela in caso di infortunio o malattia. Su questa scia si svilupparono le società di mutuo soccorso, le quali, inizialmente, venivano finanziate dai soci-lavoratori e da benefattori privati. Nonostante ciò le risorse finanziarie per tali società di lavoratori erano molto limitate. In seguito con il rafforzarsi delle organizzazioni sindacali si riuscì ad ottenere l’inserimento, nei contratti collettivi, del finanziamento prima delle mutue volontarie, poi casse aziendali. Con l’avvento del Fascismo la situazione cambiò nuovamente per il mutualismo operaio. Il quale venne sottoposto al controllo statale del regime. Lo scopo del fascismo era quello di creare un unico macro-ente sotto il controllo dello Stato. Nel 1943 si creo l’Ente Mutualità Fascista – Istituto per l’Assistenza di Malattia ai Lavoratori. In tale ente si cercarono di accorpare tutte le casse, istituti ed

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16 enti di assicurazione sanitaria. Gli enti mutualistici, così

strutturati, “divennero così la spina dorsale di un nascente welfare burocratico e corporativo-assicurativo che, anziché promuovere l’estensione dei diritti sociali, cristallizzava le disuguaglianze fornendo a ciascuno una protezione commisurata ai contributi versati e alla posizione ricoperta nel mercato del lavoro15”. Tutto questo comportò per i soggetti più deboli la mancanza di accedere a cure ed assistenza adeguate. Successivamente alla dittatura, nel 1945, venne costituito l’Alto commissariato per l’igiene e la sanità pubblica (ACIS) dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; ad esso furono affidati il compito di tutela della salute pubblica e di coordinamento e di vigilanza tecnica sulle organizzazioni sanitarie quali la Croce Rossa e l’ONMI (Opera Nazionale per la tutela della maternità e dell’Infanzia)16. Come possiamo notare, in questo periodo storico, il concetto di salute in Italia veniva concepito quale mera assenza di uno stato patologico. Era la malattia l’evento di fronte alla quale scattavano le tutele previste dall’ordinamento. Ad ostacolare lo sviluppo di un diritto alla tutela della salute dell’individuo, in quanto persona, erano diversi fattori culturali legati soprattutto al rapporto tra Stato e individuo17.

15 Dott. Alessandro Livi – Medico di Medicina Generale; articolo presente

http://www.alessandrolivistudiomedico.it/ssn/;

16 http://rproject.it/breve-storia-della-sanità-in-Italia;

17 R. Balduzzi e G. Carpani “Manuale di Diritto Sanitario”. R. Balduzzi e G. Carpani,

(17)

17

2.Tutela della salute nella Costituzione

Italiana

Nella nostra carta fondamentale il termine “salute” si trova espresso in più di una disposizione. L’articolo fondamentale dedicato alla tutela della salute è il numero 32 della Costituzione il quale afferma:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”

Tale articolo è interamente dedicato a definire la salute e a specificare i compiti della Repubblica su questo tema. Per diversi studiosi sia il primo che il secondo comma di questo articolo possono essere visti come il risultato di un “processo storico-politico addirittura secolare18”. L’articolo 32 della Costituzione pone in essere un cambio di prospettiva rispetto al passato in tema di tutela alla salute. In quanto, mentre prima nell’Italia post-unitaria e fascista la tutela alla salute era vista in funzione di un interesse pubblico, nella

18 Cfr. Ferrara p. 514 ss.,” il diritto alla salute: i principi costituzionali”, in R. Ferrara e

C. Sartoretti (a cura di), Trattato di Biodiritto. Salute e sanità, Giuffrè Editore, Milano, 2010;

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18 Costituzione è diretta al perseguimento anche dell’interesse

individuale. Andando ad analizzare il primo comma, notiamo come tale norma si sviluppi avendo come soggetto principale non la salute ma bensì la Repubblica. L’articolo 32 esordisce, infatti, stabilendo che sarà compito della Repubblica tutelare la salute intesa come “l’insieme di tutte le attività e funzioni sia dello Stato in quanto tale, sia delle regioni e degli altri enti pubblici19”. Subito dopo lo stesso articolo fornisce una definizione molto pregnante della salute, dichiarando che essa è un diritto fondamentale dell’individuo, il quale è titolare del diritto alla tutela della salute. Da ciò emerge come la salute sia l’unico diritto qualificato espressamente come fondamentale all’interno della Costituzione. Tale qualificazione rappresenta la sua essenza di nucleo fondamentale per tutti gli altri diritti costituzionali e presupposto irrinunciabile per la piena realizzazione della persona umana20. In base a ciò emerge come tale diritto, come qualsiasi diritto fondamentale, sia inalienabile, intrasmissibile e irrinunciabile. Con tale qualifica il costituente ha voluto sottolineare la rilevanza del diritto alla salute quale diritto sociale sui generis, in ragione della sua qualifica in termini di importanza che vale ad assegnargli uno spettro applicativo molto più esteso rispetto a quello di un semplice principio21. Da questo si ricavano due posizioni: la

19 Ruini, seduta 24 marzo del 1947;( In tale articolo però non vengono indicati i

soggetti che al suo interno dovranno dar vita alla tutela della salute);

20 Dibattito in assemblea costituente intorno all’aggettivo “fondamentale” seduta 24

aprile 1947. Chiara Tripodina commento art.32 Costituzione www.academia.edu;

21 Luciani, Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. Soc., 1980, 774. Il quale sottolinea

che “proprio e solo per un diritto sociale, appunto il diritto alla salute, la Costituzione usa l’espressione “diritto fondamentale, che non può dirsi certamente casuale”. Con ciò non si vuole dire che soltanto il diritto alla salute sia un diritto fondamentale, infatti, ad esso si aggiungono tutti gli altri diritti garantiti come tali in Costituzione in

(19)

19 prima è la così detta posizione passiva volta a tutelare che

nessuna attività pubblica o privata offenda il bene, predisponendo diversi rimedi inibitori e risarcitori. Tale posizione coincide con la tutela del diritto all’integrità psicofisica. La seconda posizione è la cd. posizione attiva volta a dare al soggetto tutta una serie di servizi sanitari in grado di proteggere la sua salute22. Che la salute rappresenti un diritto fondamentale lo si può ricavare dal fatto che sono garantite cure anche ai soggetti che non sono in grado di far fronte economicamente ai trattamenti indispensabili. Confermando, così, come la salute rappresenti un interesse della collettività che rientra nel patrimonio sociale comune. Il diritto alla salute si sostanzia nell’integrità fisica e psichica di ogni persona, da intendere sia nel senso di avere trattamenti medici di prevenzione e di cura sia nel senso di poter godere di un ambiente di vita sano e salubre. Il tema dell’integrità fisica dell’individuo non va inteso nella sola dimensione corporea ma anche in quella psichica. La corte costituzionale ha affermato, nella sentenza 2007/21745, come la salute debba intendersi come uno “stato di completo benessere fisico e psichico”. Quindi, da un certo punto di vista, la norma costituzionale conferisce ai singoli il diritto soggettivo primario e assoluto a non subire lesioni dell’integrità psicofisica.

Analizzando il secondo comma dell’articolo 32, si nota come venga affermato il principio per cui, ciascuno, nel proprio

particolare quelli contenuti nei primi dodici articoli e quelli richiamati nell’art. 117 comma terzo Cost.;

22 “Manuale di Diritto Sanitario” R. Balduzzi e G. Carpani, Edizione il Mulino collana

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20 diritto di autodeterminazione (art.2 Cost), è libero di scegliere

se sottoporsi o meno a trattamenti sanitari se non per disposizione di legge: con ciò la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Dalla lettura del secondo comma emerge come l’articolo 32 predisponga dei limiti costituzionali prescritti a trattamenti sanitari imposti per legge, ossia: riserva di legge e il “rispetto della persona umana”. La Corte cost. è intervenuta sul punto in questione affermando che, quando non si debba tutelare l’interesse alla salute della collettività, un trattamento sanitario non può essere imposto23, sancendo in modo definitivo il diritto a rifiutare le cure come risvolto negativo alla tutela della propria vita24. In tale contesto, si inserisce il cd. consenso informato ossia l’obbligo del “medico di fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; il medico nell’informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta25”. Con tale meccanismo

23 Corte Cost. 22-06-1990 n. 307 “la legge impositiva di un trattamento sanitario non

è incompatibile con l’art 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale

24 www.laleggepertutti.it;

(21)

21 si è cercato di creare un’alleanza terapeutica tra medico e

paziente.

L’articolo 32 intrattiene stretti rapporti con altri articoli costituzionali, ossia l’articolo 2 e 3 della Costituzione. Ciò che lega questi articoli è la co-essenzialità tra il diritto dell’individuo e l’interesse della collettività. Il diritto alla salute, come diritto sociale fondamentale, viene tutelato anche dall’art 2 Cost26; inoltre, l’articolo 32 è intimamente connesso al valore della dignità umana (“diritto ad un’esistenza degna”) sancito dall’articolo 3 della Costituzione27. Altro articolo da esaminare è l’articolo 38 della Costituzione:

“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorenni hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organo ed istituti predisposti integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”

26 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo

sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale “;

27 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza

distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;

(22)

22 All’interno di tale articolo vengono espressi diversi principi

relativi alla previdenza e all’assistenza sociale. In questo articolo la Costituzione tutela non solo la salute in sé, ma anche la “non salute”, affermando che i lavoratori hanno diritto ad assicurarsi contro i rischi ai quali va soggetta la loro capacità lavorativa per infortuni e malattie professionali. Nel primo comma, si afferma che è lo Stato, in prima persona, a farsi carico dell’assistenza sociale, ossia ad attuare tutte quelle misure volte a garantire un adeguato tenore di vita a tutte le persone. Nel secondo comma, l’attenzione viene rivolta ai lavoratori e alla loro assistenza. Tale assistenza si sviluppa in una serie di prestazioni economiche e sanitarie per tutelare i lavoratori da infortuni, invalidità, etc. Scopo di tale articolo è dunque quello di consentire a qualsiasi soggetto una vita dignitosa. L’art 38 è la norma generale per la tutela della salute vista come settore della previdenza; è una norma speciale per una tutela della salute di natura universale in quanto è circoscritta alla protezione dei lavoratori dal rischio da infortuni e malattia. Ultimo richiamo Costituzionale è l’articolo 117, terzo comma, dove si stabilisce che la tutela della salute rientra tra le materie affidate alla legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni.

(23)

23

3.Il Ministero della sanità e la riforma

ospedaliera e i successivi sviluppi legislativi

Il ministero della sanità (oggi Ministero della salute28) è l’organo di coordinamento del sistema sanitario nazionale. La prima normativa in materia sanitaria riguardante l’organizzazione della salute fu emanata con il r.d. n. 2248/1865, che affidava la tutela della salute pubblica, a livello centrale, al Ministro dell’interno e, in sede periferica, ai prefetti e ai sindaci. Successivamente si creò all’interno del Ministro dell’interno un’apposita direzione dedicata alla sanità pubblica. Nell’esercizio delle sue funzioni, il ministro poteva avvalersi del Consiglio superiore di sanità come organo tecnico consultivo29. L’istituzione del Ministero risale alla l.n.296/1958, a cui era affidato il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica in tutti i suoi campi. Si affermò che le competenze espletate, in materia di sanità pubblica, dall’Alto commissariato e dal Ministero dell’Interno fossero assorbite dal nuovo ministero. In questo compito, l’apparato ministeriale era coadiuvato da:

 Istituto superiore di sanità (organo tecnico-scientifico)

 Il Consiglio superiore di sanità (funzioni consultive)

28 Grazie alla legge del 2001 n. 317 Recante modificazioni al citato decreto legislativo 30 luglio

1999, n. 300 - questo Dicastero è stato ridenominato " Ministero della Salute ".

29 “Manuale di diritto sanitario”; R. Balduzzi e G. Carpani. Il Mulino collana strumenti

(24)

24 A livello periferico, il ministero era coadiuvato dagli uffici

del medico e dal veterinario provinciale, coordinati dal prefetto, e gli uffici sanitari dei Comuni e dei Consorzi comunali. Con la legge n. 266/1993 si attuò una profonda riforma strutturale del Ministero della Salute creando un modello organizzativo basato sul modello dei dipartimenti, successivamente individuati con il d.p.r. n.164/1994. Nel 1999, con la "Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", il Ministero della Salute venne accorpato al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con lo scopo di favorire una gestione univoca delle politiche sociali. Nel corso del tempo, tale assetto subì diversi cambiamenti fino ad arrivare alla legge n. 172/2009, in cui si è proceduto a istituire di nuovo un autonomo Ministero della Sanità e a disciplinare nuovamente le funzioni e la struttura per garantire il ruolo di raccordo con le amministrazioni regionali. Il Ministro della salute (denominazione assunta nel 2001 con la legge n.317), svolge tutta una serie di funzioni volte alla tutela della salute umana e al monitoraggio della qualità delle attività sanitarie offerte dalle Regioni. Il Ministero è l’organo centrale del SSN, cui sono attribuite funzioni spettanti allo Stato in materia di salute, coordinamento in materia di prevenzione, diagnosi, cura delle malattie umane nel SSN, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di programmazione sanitaria di rilievo nazionale, ferme restando le competenze delle Regioni che sono esercitate tramite le Asl. Esso predispone il piano nazionale sanitario e rappresenta l’elemento di raccordo con l’OMS e con l’EMA. Il Ministero opera nel

(25)

25 contesto della riforma del titolo V della costituzione, il quale

ha introdotto il principio di podestà legislativa concorrente dello Stato con le Regioni, e la competenza regolamentaria delle Regioni in materia di tutela alla salute. La Costituzione assegna competenza esclusiva allo Stato in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” e sulla “profilassi internazionale”; mentre in tema di legislazione concorrente dà allo Stato il potere di determinare i principi fondamentali30. Dal 2001, data della riforma del titolo V, gli accordi e i patti tra Stato e Regioni sono diventati lo strumento con cui viene organizzata la tutela alla salute nel nostro paese31. Da ultimo, la legge n. 172/2009 ha attribuito al Ministro compiti finanziari volti a coordinare la finanza pubblica e a razionalizzare la spesa per la creazione di un nuovo governo della spesa sanitaria. Si tratta di funzioni riguardanti il concorso dello Stato al finanziamento del SSN e l’organizzazione dei servizi sanitari.

30 F. Calamo Specchia “Manuale critico di sanità pubblica”, Maggioli editore pag.337;

2015

31 Accordo del 8 agosto del 2001 con cui, per la prima volta, vengono concesse risorse

economiche per un triennio e vengono definiti i Lea. I Lea sono le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o con una spesa partecipata, grazie alla fiscalità.;

(26)

26

3.1

La riforma ospedaliera e i successivi

sviluppi legislativi

Con la L. 12-2-1968 n.132, la cd “Legge Mariotti”, si attua la Riforma Ospedaliera. Con la nascita dell’ente ospedaliero, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico destinato all’assistenza dei cittadini, infatti, si realizza il passaggio da un’assistenza su base volontaria all’assistenza ospedaliera quale servizio pubblico diretto a tutti i cittadini, secondo il dettato contenuto all’articolo 32 della Costituzione. Degli enti ospedalieri fu disciplinata l’organizzazione, la classificazione in categorie, le funzioni in ambito della programmazione nazionale e regionale ed il finanziamento. Si attribuisce alle Regioni il compito di individuare i bisogni sanitari della popolazione. Tale legge permise, dunque, la regionalizzazione degli enti ospedalieri attribuendo, a ciascuna Regione, il compito di emanare norme legislative nella materia "assistenza sanitaria ed ospedaliera", comunque nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Nel marzo 1969, in base a delega contenuta nella 132, sono emanati tre decreti altrettanto importanti, riguardanti: l’ordinamento interno degli enti ospedalieri, l’ordinamento interno dei servizi di assistenza sanitaria delle cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura e sullo stato giuridico del personale. Negli anni ’70 ci fu un’importante svolta nell’affidamento delle competenze: con il D.P.R 14-1-1972 n. 4 si avviò il processo di “regionalizzazione”, quindi il passaggio alle Regioni ordinarie delle funzioni statali in materia sanitaria, nelle fasi

(27)

27 dell’intervento preventivo, terapeutico e riabilitativo,

realizzando altresì il trasferimento di quegli uffici statali periferici già titolati delle predette competenze32. Con la L.29-6-1977 n. 349 furono soppressi gli enti mutualistici. Le prestazioni di assistenza sanitaria ospedaliera, prima erogate dagli enti suddetti, vengono ora affidate alle regioni, che le fornivano ai soggetti assistiti “in forma diretta e senza limiti di durata avvalendosi degli enti ospedalieri nonché, a seguito di convenzioni, di altre strutture eroganti assistenza ospedaliera”. In tal modo gli ospedali diventano enti strumentali alle Regioni, finanziati dalle stesse, attraverso una ripartizione effettuata dal Ministero della Sanità, con un Fondo nazionale per l’assistenza ospedaliera costituito dai contributi versati dai lavoratori e datori di lavoro ai soppressi enti mutualistici33.

4.Istituzione del servizio sanitario nazionale.

“Legge di riforma sanitaria”

La L. 23-12-1978 n.883 ha fatto un primo passo nella direzione del superamento del sistema ospedaliero-mutualistico con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): l’istituzione di una struttura istituzionale centrale, suddivisa in Unità Sanitarie Locali, deputata alla

32 “Manuale di diritto sanitario”; R. Balduzzi e G. Carpani. Il Mulino collana strumenti

2013;

33 Edizione Simone, Compendio di diritto sanitario, 2013;

(28)

28 produzione ed erogazione di interventi socio-assistenziali

omogenei cui ogni individuo può accedere in base al diritto soggettivo ad usufruire del servizio sanitario sul territorio nazionale. Tale legge introdusse una rappresentazione del diritto alla tutela della salute pienamente aderente alla multidimensionale enunciazione contenuta nell’articolo 32 Cost., entro la quale il fondamentale diritto dell’individuo si legava all’interesse della collettività in chiave egualitaria e solidaristica, improntando il SSN ai principi di universalità dei destinatari ed equità nell’accesso ai servizi. Introducendo, così, anche un sistema di protezione globale della salute da tutti i rischi, ponendosi in antitesi alla vecchia concezione di salute incentrata sulla cura del malato e poco propensa alla prevenzione ed alla preservazione dei sani mediante attività di educazione sanitaria. La legge ha posto in essere anche una decisiva evoluzione sotto il profilo dei rapporti tra la salute della persona e le sue condizioni economiche-sociali, cercando di perseguire l’integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali34. Tale legge riformò l’intera disciplina della sanità italiana e per questo motivo viene considerata la prima riforma sanitaria realmente significativa per tutto il sistema sanitario, sia sotto il profilo istituzionale, con la creazione delle USL (Unità Sanitarie Locali), sia sul versante strutturale e funzionale, con un sistema basato sulla universalità e unitarietà. Lo scopo di tale riforma era quello di dare unitarietà alle attività con l’istituzione di un soggetto unico cui ricondurre le funzioni e i servizi di tutela della salute,

34 “Manuale di diritto sanitario”; R. Balduzzi e G. Carpani. Il Mulino collana strumenti

(29)

29 precedentemente dispersi tra enti e organi, ovvero il SSN.

Leggendo l’articolo 1 della legge n.833 del 1978 possiamo individuare quali siano i principi che regolano tale riforma:  Il principio di universalità: tutela sanitaria garantita a tutti, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e di reddito. Tale principio è basato sulla convezione del diritto alla salute di cui all’articolo 32 Cost., dove si afferma, appunto, il diritto alla tutela della salute all’individuo tout court nella sua qualità di essere umano.

 Il principio di equità nell’accesso: Il SSN predispone la tutela a tutti gli individui a prescindere dalle loro condizioni socioeconomiche e ovunque essi si trovino sul territorio nazionale. Tale principio è strettamente collegato con il principio di uguaglianza ex. articolo 3 della Costituzione. Tutti devono poter accedere al servizio poiché la SSN è uno degli strumenti con il quale la Repubblica rimuove “gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

 Il principio di globalità: La persona nel suo complesso viene presa come soggetto e non più la malattia. Questo comporta un collegamento di tutti i servizi sanitari di prevenzione, cura e riabilitazione. Infatti il SSN è incaricato di un’azione di tutela globale del bene salute che va dalla concezione fisica a quella psichica.35

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30 Universalità dei destinatari, globalità delle prestazioni ed

equità nell’accesso sono i tre principi ispiratori del SSN posto in essere dalla legge n. 833/1978. L’articolo 2 della legge del 197836 espone tutti gli obiettivi del SNN come: il superamento delle ineguaglianze territoriali, la sicurezza sul lavoro, la promozione della salute in età valutativa, ed infine la tutela della salute degli anziani e rimozione delle condizioni della loro emarginazione. Da tali principi e obiettivi si evince il grande mutamento che si andò delineando nella Sanità italiana, soprattutto sul concetto di prevenzione oltre che di cura delle malattie, come cardine di un sistema sanitario nazionale moderno, in grado di preservare il benessere di tutta la popolazione indipendentemente dalle singole condizioni individuali e sociali37. Per ciò che concerne le novità organizzative poste in essere dalla l. n. 833/1978, va sottolineato il ruolo delle Regioni alle quali non venivano assegnati compiti di gestione diretta dei servizi, ma si riservava un ruolo strategico nell’ambito della programmazione, in stretta collaborazione con la podestà legislativa la quale era titolare del potere. La riforma propose un sistema di programmazione a cascata, il cui avvio era affidato al PSN, da approvarsi con legge. Il PSN avrebbe dovuto stabilire “le linee generali di indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionale del Servizio Sanitario Nazionale (art 53)”. Ai contenuti del PSN dovevano uniformarsi i piani sanitari regionali i quali

36 Manuale di diritto sanitario”; R. Balduzzi e G. Carpani. Il Mulino collana strumenti

2013;

37 Manuale di diritto sanitario”; R. Balduzzi e G. Carpani. Il Mulino collana strumenti

(31)

31 avevano la funzione di eliminare “gli squilibri esistenti nei

servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale” (art 53). Al fondo della “cascata programmatoria” vi erano le Usl, le quali rappresentavano le unità base del SSN oltre che essere le strutture operative dei comuni. Tuttavia tale legge, pur introducendo significative novità sull’organizzazione e sul funzionamento del sistema sanitario nazionale, fu un fallimento. Tale crisi si basò sulle difficoltà legate a questioni politiche e problemi finanziari. L’impianto della riforma sanitaria entrò ben presto in collisione con il sistema economico-finanziario soprattutto a causa degli elevati costi del SNN, divenuti incontrollabili anche per la separazione tra chi effettuava la spesa e chi la finanziava, ossia tra Stato e Regioni. Il sistema di finanziamento era basato sul Fondo Sanitario Nazionale come unica fonte centrale, a cui non corrispondeva una significativa attività rilevante di costo e budget che consentisse una responsabilizzazione a livello territoriale sui risultati. Un altro limite della riforma ha riguardato l’insoddisfazione dei cittadini per la qualità delle prestazioni, rilevatesi spesso insoddisfacenti in virtù dell’incremento della domanda e della difficoltà delle regioni a fornire risposte adeguate alle esigenze dei cittadini. Vi fu così la necessità di creare dei meccanismi di controllo in una situazione di spesa in crescita esponenziale, cioè disporre di una pubblica amministrazione moderna ed efficace in un sistema che non prevedeva controlli di qualità e di risultato38. In questa situazione, iniziarono a comparire, sulla fine del

38 Art 1, terzo comma, l. 833/78 Ed. Simone, “legislazione sanitaria e sociale”

(32)

32 decennio, delle proposte di riorganizzazione del SNN. Tra le

iniziative più significative è necessario menzionare i disegni di legge Donat-Cattin e De Lorenzo, entrambe concentrate sul cambiamento del modello gestionale delle Usl. Tuttavia, nessuno dei disegni di legge terminò il proprio iter Parlamentare, soprattutto per la particolare situazione di crisi finanziaria che caratterizzò l’Italia alla fine degli anni’80.

5.Processo di regionalizzazione e

aziendalizzazione

Nel 1992, durante il governo Amato, venne alla luce il D.L 502/92. Questo provvedimento, poi leggermente modificato nel D.L 517/93 varato dal governo Ciampi, diede vita a “una seconda riforma sanitaria, con lo scopo di riorganizzare il sistema sanitario modificandone la natura giuridica-organizzativa e rafforzando il potere delle regioni e l’autonomia delle Usl39”. Si iniziò a sfaldare l’omogeneità delle prestazioni sul territorio nazionale: pur identificando dei “livelli uniformi di assistenza” su base nazionale, venivano devoluti grandi poteri alle Regioni che diventavano economicamente e, in parte, politicamente responsabili dei propri sistemi sanitari; inoltre le Usl diventano Asl, vere e proprie aziende pubbliche dotate di autonomia imprenditoriale e gestite da potenti “manager della salute” principalmente secondo criteri di efficienza economica e

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33 produttiva. Inizia, così, una serie di riforme che portarono alla

riscrittura del Titolo V della Costituzione del 2001. Con tale legge si guardava a razionalizzare la spesa per il SNN e la progressiva responsabilizzazione dei sistemi autonomistici regionali e locali nell’attribuzione delle funzioni amministrative e nell’adozione delle politiche tributarie, dando avvio al primo passo verso l’aziendalizzazione della sanità. Lo scopo principale dell’articolo 13 della legge delega 421/1992 al D.L 502 del 1992 era, quindi, indicare le quote di finanziamento che, partendo dalle risorse messe a disposizione dalla legge finanziaria, potessero quantificare la percentuale di singoli bisogni che si sarebbe riusciti a soddisfare con queste risorse. Lo scopo della legge 421 era quello di introdurre meccanismi di controllo della spesa pubblica al fine di arginare il debito pubblico e dare alla comunità europea garanzie di riduzione della stessa, con conseguente miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi sanitari40. Parallelamente a questa vera e proprio riorganizzazione in senso aziendalistico della sanità pubblica, si spalancavano le porte alle strutture sanitarie private, di fatto equiparate a quelli pubbliche, attraverso il meccanismo dell’accreditamento che le rendeva a tutti gli effetti un pilastro del SNN e non più semplicemente accessorie e supplementari. Veniva delineata, esattamente come accadeva con il sistema delle mutue, una tendenziale separazione tra i soggetti committenti e paganti da un lato (le ASL) e le

40 Legge delega 421/1992, art 13 comma 1,2;

E. Jorio “Attuazione del federalismo fiscale per regioni, enti locali, sanità” Maggioli editore, Ravenna 2007, p.11;

(34)

34 strutture erogatrici delle prestazioni sanitarie dall’altro (le

Aziende Ospedaliere). In questo modo le ASL hanno potuto iniziare a rimborsare parimenti prestazioni sanitarie “acquistate” dagli utenti presso le Aziende Ospedaliere pubbliche o da soggetti privati accreditati, alimentando così la concorrenza e la competizione tra i due poli. Il riassetto organizzativo e istituzionale del Servizio sanitario nazionale si è avuto con il D. Lgs. 30-12-1992 n.502: con questo decreto e quello successivo, accennato anche in precedenza, 517/1993 è stata data un’interpretazione in chiave aziendale dell’organizzazione sanitaria, con l’attribuzione alle U.S.L, delle quali si ridefinisce la modalità economica-finanziaria, della natura di azienda pubblica e con una maggiore responsabilizzazione della dirigenza sanitaria sui risultati conseguiti. Le caratteristiche più importanti di questa riforma sono state la definizione dei livelli di assistenza uniformi sul territorio nazionale (ossia lo standard minimo di prestazioni erogabili a tutti i cittadini nel rispetti degli obiettivi della programmazione socio-sanitaria e in rapporto all’entità del finanziamento garantito al SNN), l’attribuzione di maggiori responsabilità alle regioni ( dando impulso al processo di regionalizzazione della sanità), aziendalizzazione delle strutture di produzione ed erogazione dei servizi sanitari, un nuovo modello di finanziamento ( sia a livello di spesa complessiva, sia a livello delle singole strutture sanitarie finanziate secondo la logica del mercato a remunerazione a tariffa, ossia in base a prestazioni effettivamente erogate41), competitività tra pubblico e privato ( con lo scopo di garantire

(35)

35 il miglioramento qualitativo delle prestazioni erogate e la più

ampia libertà di scelta da parte del provato circa le strutture eroganti). Altro intervento fondamentale del riordino fu la “deparlamentarizzazione” della programmazione sanitaria statale. Con lo snellimento della procedura di adozione del PSN si consentì di ovviare alle resistenze che i precedenti schemi di piano avevano incontrato in Parlamento e ciò permise l’adozione del primo piano sanitario nazionale per il triennio 1994-199642. Con il D. lgs 31-3-1998 n.112 si completa il processo con un generale conferimento di competenze in favore degli enti territoriali, e compiti residuali riservati allo stato. Il conferimento riguardava prevalentemente le regioni, e il principio su cui si fonda questo processo è quello di sussidiarietà. Il primo momento del nuovo riassetto sanitario è rappresentato dalla legge delega 30-10-1998 n. 419, a cui segue il decreto 229/1999 di attuazione dei principi e criteri ivi contenuti. Questa legge, con cui il Parlamento delega al Governo la razionalizzazione e riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale, contiene quattro deleghe per attribuire al modello organizzativo della sanità pubblica un assetto differente da quello attuale43. Con questa riforma s’intendeva superare il ritardo che aveva caratterizzato il processo di regionalizzazione del sistema sanitario paralizzandone l’operatività e, in conseguenza, l’aziendalizzazione della tutela della salute. Il successivo D. lgs.19-6-1999 n.229 facilitò l’aziendalizzazione e incrementò

42 “Manuale di diritto sanitario”, R. Balduzzi e G. Carpani, Il Mulino collana Strumenti;

2013;

(36)

36 il percorso evolutivo di regionalizzazione, consolidando

l’autonomia delle regioni sia nella definizione del piano sanitario nazionale, sia nel fabbisogno complessivo del SNN. La nuova disciplina definisce il SNN come il complesso delle funzioni e delle attività dei servizi sanitari regionali e degli enti e istituzioni di rilievo nazionale. Le aziende sanitarie locali e ospedaliere sono definite aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e il loro funzionamento sono disciplinati con atto aziendale: un documento di autogoverno dell’azienda sanitaria che contiene la descrizione dell’azienda, dell’organizzazione, responsabilità e strategie che intende perseguire44. L’autonomia imprenditoriale dell’azienda si esercita in un difficile equilibrio dove, da un lato, c’è la dipendenza della regione, che finanza l’azienda (dall’80% al 90%), che vuole il pareggio di bilancio, fissa gli obiettivi di programmazione locale, ne controlla i risultati, e c’è anche l’esigenza di autonomia e flessibilità necessarie per il funzionamento dell’azienda nel contesto locale45. Gli aspetti principali di questa riforma furono la valorizzazione delle regioni, il rafforzamento del ruolo dei comuni nella fase di programmazione, la previsione di programmi e poteri sostitutivi ( il governo interviene al posto delle regioni inadempienti in alcuni casi specifici, come quello della mancata adozione del piano sanitario regionale e nomina dei commissari ad acta), la partecipazione dei cittadini ( attività di controllo, valutazione dei servizi e prestazioni e

44 D.lgs. 229/1999, artt. 3 e 4;

(37)

37 accessibilità ad essi), l’integrazione socio-sanitari ( garanzia

di assistenza ad anziani, bambini, tossicodipendenti, malati di AIDS, portatori di handicap con incrementi incrociati sia in ambito medico che sociale), l’aziendalizzazione del sistema sanitario, l’articolazione in distretti dell’Asl ( vengono assicurati i servizi di assistenza primaria alle attività sanitarie e sociosanitarie tenendo conto della realtà territoriale e tutelando le comunità con non più di 60000 abitanti, salvo che regioni le regioni dispongano diversamente), l’accreditamento istituzionale (la riforma prevede che possono erogare servizi e prestazioni assistenziali per conto del SNN le strutture pubbliche o private che abbiano ottenuto una sorta di attestazione di qualità da parte delle regioni definita “accreditamento”).

6.La Carta dei servizi sanitari

La carta dei servizi sanitari rappresenta una forma di tutela a cui i cittadini si affidano. Fu introdotta con il D.PC.M 19-05-1995 con lo scopo di migliorare i rapporti tra i cittadini e il servizio sanitario nazionale e di garantire la tutela degli assistiti. La Costituzione stessa all’art 118, comma 4, sottolinea tra le funzioni delle istituzioni quella di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Le carte dei servizi sanitari sono vincolate nei contenuti che si articolano in quattro sezioni che delineano i principi

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38 fondamentali cui deve essere uniformata l'erogazione dei

servizi ( imparzialità, eguaglianza, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza ed efficacia), inoltre, la piena informazione dei cittadini ed accessibilità dei dati e dei documenti, l'assunzione da parte dell’erogatore a mantenere la qualità del servizio con l'adozione di standard di qualità generali, impegni e programmi, ed infine le metodologie di verifica e controllo degli impegni assunti e degli obiettivi raggiunti e meccanismi di controllo e di tutela dei diritti dei cittadini/utenti46. Uno degli obiettivi principali è quello di riuscire a garantire processi di informazione comunicazione attraverso un linguaggio semplice, che riesca a garantire la comprensibilità, la messa in trasparenza delle modalità di accesso ai servizi, in particolare ai soggetti più deboli.

7.Federalismo fiscale 56/2000

Il vero e proprio meccanismo di finanziamento è contenuto nel decreto legislativo 56/2000 di attuazione del federalismo fiscale. L'obiettivo di questo decreto era la totale scomparsa del Fondo Sanitario nazionale e della totale autonomia della Regione nel rispetto dei principi fondamentali di universalità ed uniformità dell'erogazione. Il federalismo fiscale permise che le decisioni fossero prese in maniera autonoma e consentì una responsabilizzazione dei risultati a livello decentrato. I principali elementi innovativi introdotti da tale riforma sono stati l'abolizione della legge nell'anno 2001 dei trasferimenti

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39 erariali a favore delle Regioni a statuto ordinario e

sostituzione degli stessi con una compartecipazione delle stesse al gettito dell'Iva, l'istituzione di un Fondo Perequativo nazionale, per le regioni con una scarsa capacità fiscale; la determinazione delle quote da erogare a ogni regione è effettuata in funzione di parametri specifici come: la popolazione residente, capacità fiscale, fabbisogni sanitari, dimensione geografica della Regione e le entrate delle regioni a statuto ordinario che non sono più soggette a vincolo di destinazione; il settore sanitario, quindi, entra in competizione con gli altri settori pubblici di competenza regionale47.

8.Modifica del titolo V della Costituzione

La riforma federale dello Stato, varata con la Legge Costituzionale 18/10/2001 n.3, offre un referente normativo primario alla tendenza alla regionalizzazione che l'evoluzione del SNN ha assunto progressivamente negli ultimi anni. Si può notare una generale coerenza della revisione costituzionale con gli ordinamenti legislativi degli ultimi anni 90’. La revisione costituzionale ha potenziato i tratti regionali della nostra forma di Stato, dando maggior forza all’autonomia regionale con l’incremento quantitativo e qualitativo delle funzioni normative e amministrative alle regioni: tutto questo ha mutato i rapporti tra Stato, regioni ed enti anche in ambito sanitario. Prima della riforma del titolo

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40 V della Costituzione la funzione legislativa era riservata solo

allo Stato mentre alle regioni era consentito adottare “norme legislative” solo in determinati casi. Infatti il vecchio articolo 117 Cost conteneva un elenco di materie nelle quali le Regioni potevano emanare norme legislative nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, restando in mano allo Stato la competenza legislativa generale. Con la nuova formulazione dell’art 117 della Costituzione deve ritenersi competente il legislatore regionale, salvo i casi di competenza statale. In conformità all'art 117 Cost., che affidava alle Regioni l'assistenza sanitaria ed ospedaliera, il legislatore ordinario ha spostato l'asse di riferimento del SNN dal livello regionale trasformandolo in un insieme di servizi sanitari regionali. La nuova formulazione dell'art 117 Cost. offre una copertura costituzionale a tale processo, dal momento che negli ambiti di legislazione concorrente regionale rientra la tutela della salute: in merito a quest'ultimo ambito, i poteri regionali si sostanziavano in un mero aspetto gestionale ed operativo nel rispetto di un quadro programmatico definito ampiamente dallo Stato. Con la tutela della salute la novella costituzionale attribuisce alle Regioni il compito di definire le linee di politica sanitaria, sia nel rispetto dei principi enucleati dalle leggi cornice, trattandosi di materia riservata alla legislazione regionale di tipo concorrente. Alla competenza esclusiva dello Stato resta affidata la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, tra i quali una consolidata giurisprudenza fa rientrare anche i

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41 diritti alla salute48. La Corte ha precisato che tale competenza

esclusiva statale non può essere lesiva della riconosciuta autonomia costituzionale delle regioni in materia sanitaria, poiché è caratterizzata dalla finalità di garantire uniformità del trattamento dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, considerate le diversità di condizioni di "ricchezza" nei diversi ambiti territoriali regionali, per favorire una massima efficienza possibile per i sistemi organizzativi regionali. La legge 5-06-200349 ha previsto che in sede di prima applicazione del nuovo regime del reparto legislativo fra Stato e Regioni, descritto dall’art 117 Cost., per orientare l’iniziativa legislativa fra Stato e Regioni, il governo sia delegato ad adottare uno o più decreti legislativi ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie affidate alla legislazione concorrente delle regioni attendendosi ai principi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità e omogeneità.

9.Lep: Livelli essenziali delle prestazioni

relativi ai diritti civili e sociali

Con il D.P.C.M. 29-11-2001 sono stati definiti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEP riferiti all'ambito sanitario) con accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, sancito l'8

48 Corte Costituzionale.13 marzo 2013 n.88; 49 Legge la Loggia

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42 agosto del 200150. A questo quadro normativo si interseca la

Legge cost, 18-10-2001, n. 3 di riforma del Titolo V-parte II della Costituzione, di cui al secondo comma, lettera m, con la conseguente costituzionalizzazione degli stessi. La Corte Costituzionale è più volte intervenuta in materia, prima fornendo un 'interpretazione dei livelli essenziali intesi come espressione di una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre in essere le norme necessarie per assicurare a tutti, sull' intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale dei diritti senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle, successivamente precisando che, nel determinare i LEP, lo Stato deve limitarsi solo a definire prestazioni concrete. Si è quindi assistito ad un ampliamento del potere statale nella determinazione dei LEP, inserendo in esso aspetti complementari o connessi all'erogazione delle prestazioni essenziali e interpretando in senso restrittivo il margine della discrezionalità delle regioni51. Con il passare degli anni, vanno sempre più crescendo malattie di tipo cronico che necessitano di interventi più diretti all’esigenza dei cittadini.

Il disegno di Legge del 16-11-2007 del Consiglio dei Ministri, legato alla finanziaria del 2008, è stato presentato con lo scopo di individuare misure per migliorare la qualità e sicurezza del SNN. Tale DLL vuole rispondere al bisogno di

50 E. Corali “Federalismo fiscale e costituzione: essere e dover essere in tema di

autonomia e di entrata e di spesa di regioni e di enti locali”, Giuffrè editore,2010, pag 227;

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43 aggiornare i principi che ispirano il Servizio Sanitario

Nazionale, e offrendo unitarietà, universalità ed equità al sistema, anche in conseguenza ai cambiamenti del quadro costituzionale, con un ruolo sempre più marcato delle regioni52. Il DLL è stato proposto dal Ministro della Salute Livia Turco per la Qualità e sicurezza del SNN, e conferisce al Governo numerose deleghe, dalla riorganizzazione della medicina di base, con istituzione dell'area omogenea di medicina generale, unità di medicina generale e unità di pediatria per l'erogazione dell'assistenza, alla riorganizzazione degli eventi controllati dal Ministero ( croce Rossa italiana, Lega italiana per la lotta contro i tumori, Agenzia del farmaco, Istituto superiore di sanità e Istituti zooprofilattici sperimentali) e definisce il ruolo delle farmacie pubbliche e private per assicurare il supporto all'assistenza domiciliare integrata, attività di educazione sanitaria al pubblico, analisi di laboratorio di prima istanza, come anche il coordinamento e riordino della legislazione sanitaria. L'obiettivo principale è sviluppare una medicina realmente vicina ai bisogni del cittadino e incrementare il processo di integrazione tra servizi sociali e sanitari per giungere a uno sportello unico che eroghi la prestazione. Le principali novità nel SNN, in sintesi, sono quindi far sì che la responsabilità della tutela della salute diventasse lo scopo delle politiche pubbliche non sanitarie e che il principio della buona sanità diventasse un incontro tra il lavoro dei manager e quello di professionisti del settore, tenuti a dare pareri obbligatori sugli atti di gestione, affinché si possa avere

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44 quotidianamente la consapevolezza di chi lavora a stretto

contato con il bisogno di salute dei cittadini. Si mira anche al miglioramento della medicina territoriale, come obiettivo centrale del disegno di legge, affinché si arrivi ad una continuità dell’assistenza ambulatoriale e medica domiciliare. Il piano sanitario nazionale, necessario per la programmazione sanitaria, diventa quinquennale (prima era triennale) e viene introdotto nuovamente il rapporto di esclusività tra medico e struttura sanitaria, garantendo il diritto alla libera professione. Si viene ad attuare, così, un sistema nazionale di verifica della qualità delle cure erogate dal Snn53.

In conclusione, attraverso l'analisi fatta dall'evoluzione normativa in merito alla tutela alla salute e della sanità, si può vedere chiaramente la volontà del legislatore di rendere moderni i meccanismi operativi e l'efficienza/efficacia di erogazione dei servizi del SNN. Si può anche riscontrare che questi interventi normativi hanno avvantaggiato a livello regionale e territoriale le zone più " ricche", ossia con capacità contributiva maggiore e maggiori competenze, ma che si va prospettando una tendenza a miglioramento progressivo.

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Capitolo II

“IL CONCETTO DI

RESPONSABILITA’ NEL DIRITTO E

LA SUA EVOLUZIONE NEL CAMPO

SANITARIO”

sommario

1 Evoluzione storica della responsabilità – 2 I tre diversi tipi di responsabilità: a) Responsabilità civile b) Responsabilità penale c) Responsabilità amministrativa – 3 Responsabilità professionale con particolare attenzione alla figura del medico – 4 Decreto Balduzzi.

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