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La responsabilità medica e le novità alla luce della legge

La riforma Gelli-Bianco ha introdotto diverse novità in ambito di responsabilità sia in ambito penale che civile andando a innovare la materia in questione.

5.1Responsabilità penale: novità ex art.6

della legge n.24 del 2017

Il tema della responsabilità penale del medico è uno dei più discussi e delicati della dottrina e della giurisprudenza. Si è tradizionalmente distinta la colpa, sulla base di un’attività svolta, tra colpa comune, che si verifica nello svolgimento di attività lecite, in quanto non proibite, e colpa speciale o

156 Giuseppe Chinè e Nicoletta Fusco “il fulcro della nuova responsabilità del

professionista sanitario: le linee guida” “La responsabilità sanitaria commento alla L.8 marzo 2017, n.24” Sanità Diritto Economia a cura di G. Alpa,2017 pag 178

120 professionale, che è presente nello svolgimento di attività

autorizzate in quanto potenzialmente pericolose. Tra gli anni Sessanta e Ottanta, infatti, si era riconosciuta in giurisprudenza la possibilità di applicare in ambito penale l’art 2236 c.c. secondo il quale: “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde di dolo e colpa grave”. La ratio di tale norma consisteva nel sollecitare il professionista ad affrontare anche problematiche che presentano particolari difficoltà, garantendogli un’esecuzione di responsabilità, qualora, nell’esecuzione della prestazione, provochi un danno al paziente con colpa lieve. La responsabilità colposa del medico veniva legata al concetto di colpa grave vista come una “macroscopica violazione delle più elementari regole dell’arte medica157”.

Inizialmente la giurisprudenza aveva manifestato un atteggiamento fortemente indulgente, determinando una sorta di immunità per i medici, che venivano incriminati solo per colpa grave cioè “per errori talmente grossolani da non potersi considerare in alcun modo giustificabili158”. Negli anni successivi al 1973 i giudici di merito e la Cassazione hanno sostenuto che l’applicazione dell’articolo 2236 c.c., anche nell’ambito della responsabilità penale, avrebbe comportato un’ingiustificata disparità di trattamento tra la categoria dei medici ed altri soggetti. È stato così affermato: “in nessun caso può ritenersi che la norma dell’articolo 2236

157 F. Lorenzini “La responsabilità del medico Civile-Penale-Amministrativa”, Pacini

Giuridica, Pisa, 2017, pag. 226;

158 Mazzacuva, “Responsabilità penale e grado della colpa nell’esercizio dell’attività

121 c.c. sia estendibile all’ordinamento penale, onde determinare

un’ipotesi di non punibilità per fatti commessi con colpa medica lieve159”. Entrambe le posizioni assunte nel tempo presentarono degli inconvenienti. L’indirizzo che riteneva pienamente applicabile l’art. 2236 c.c. veniva ad introdurre, in ambito penale, un criterio anomalo rispetto al sistema che, generalmente, non ammetteva una diversificazione della colpa. L’opposto orientamento limitava eccessivamente l’opera giurisprudenziale nell’adattare la responsabilità penale al caso concreto, e rendeva, inoltre, totalmente diverso l’accertamento della responsabilità medica civile e penale, in contrasto con il principio dell’unitarietà dell’orientamento giuridico. Per superare questa “impasse” abbiamo visto che la Cassazione è intervenuta con la sentenza n.39592 del 2007 che ha chiarito che fosse valutato il comportamento assunto da medico in situazioni tecniche di speciale difficoltà. In conclusione, nel valutare l’addebito colposo il giudice doveva poter tener conto anche del tipo di intervento praticato dal medico e delle impellenze legate al caso concreto, rifuggendo però da qualsiasi forma di automatismo e utilizzando maggior rigore rispetto all’eccessiva “larghezza di vedute”, su cui si era inizialmente assestata la giurisprudenza. Ogni perplessità è stata poi superata dall’art.3, comma1, legge 189 del 2012 Balduzzi che, per la prima volta, come abbiamo già visto, aveva richiamato espressamente la distinzione tra colpa lieve e colpa grave parlando della anzi dette “linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”. Fino al decreto

122 Balduzzi, infatti, la distinzione tra colpa grave e colpa lieve

era sconosciuta al diritto penale, se non nei limiti dell’articolo 133 c.p. La normativa, però, non aveva definito né il concetto di colpa grave né quello di colpa lieve. I giudici di legittimità fina dalle prima battute si concentrarono sulla differenza tra “colpa lieve e colpa grave, ritenendo di trovarsi di fronte ad una zona grigia, vista anche l’assenza di indicazioni da parte del legislatore160”.

A tal fine la Corte di Cassazione aveva precisato che occorre tener conto: della misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare, cui si doveva attenere; del quantum di esigibilità, avendo riguardo all’agente concreto alle sue conoscenze ed – in ultimo- della motivazione della motivazione della condotta, ossia delle ragioni di urgenza legate al caso concreto. Nonostante l’opera interpretativa della giurisprudenza volta a ridurre l’ampia discrezionalità nell’individuare il discrimen tra colpa lieve e colpa grave, si era manifestata la necessità di un intervento legislativo più dettagliato, anche allo scopo di chiarire l’esatto inquadramento delle ipotesi di “colpa normale” e il ruolo delle linee guida. L’auspicato intervento del legislatore si è reso ancora più sentito alla luce del riferimento, contenuto nella legge Balduzzi, alle linee guida e alle buone pratiche accreditate della comunità scientifica. Nonostante il forte potere ad esse attribuito, la legge, infatti, non ne ha specificato concretamente il ruolo né la natura. Ed è proprio

160 F.Lorenzini “La responsabilità del medico Civile-Penale-Amministrativa”, Pacini

123 in questa situazione di incertezza che si pone la riforma Gelli-

Bianco con lo scopo di fissare, dal punto di vista penalistico, una dettagliata disciplina delle linee guida e, dall’altro, introduceva nel codice penale un articolo specificatamente diretto a disciplinare la responsabilità colposa per morte o lesione personali in ambito sanitario ossia l’articolo 590- sexies. Tale articolo prevede che “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitari, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma”; il quale prevede che “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto.” Con tale disposizione si pone in essere un’azione di depenalizzazione perché si stabilisce che se l’evento si è verificato a causa di imperizia la punibilità è esclusa. In particolare, il medico è sollevato da responsabilità penale se dimostrerà di aver rispettato le linee guida o le buone pratiche assistenziali. La disposizione codicistica consta di due commi, il primo dei quali si presenta privo di ogni contenuto innovativo in quanto si limiti a introdurre il secondo comma. Gli studiosi si sono domandati a cosa serva tale primo comma, verificato che è privo di contenuto innovativo. Pertanto, il cuore della disciplina di nuova introduzione si trova nel secondo comma dell’art 590-sexies,

124 a mente del quale la punibilità del sanitario è esclusa laddove

concorrano tre fattori:

1) La realizzazione dell’evento “a causa di imperizia”;

2) Il rispetto delle “raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge”, ovvero delle buone pratiche clinico assistenziali, laddove difettino linee guida pertinenti;

3) Specificità del caso concreto;

Merita soffermarci sull’ultimo inciso “specificità del caso concreto”. Con quest’ultima affermazione il legislatore ha volute proteggere da eventuali responsabilità penali tutti quei professionisti che, pur non rispettando le linee guida né le buone pratiche clinico-assistenziali, hanno salvato la vita a un paziente. Con ciò si è protetto da eventuali responsabilità qualunque azione che, in coscienza e in scienza, sia volta a tutelare e salvare il paziente. Anche la Corte Costituzionale è intervenuta su questo tema affermando che: “la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia161. La corte ha riconosciuto, (sulla scia della sentenza Cantore), un peso decisivo alle circostanze del caso concreto che rendono “difficile anche ciò che astrattamente non fuori dagli

125 standard”: non solo la complessità, l’oscurità del quadro

patologico e la novità della situazione, ma anche la situazione nella quale il soggetto si trova ad operare”, vale a dire i cd. “fattori contestuali162”, tra i quali troviamo l’urgenza e l’assenza di presidi adeguati. Si tratterà sempre di misurare la gravità della colpa medica sulla base del contesto in cui ci avviene. La portata più innovativa della novella in questione sul piano penale risulta legata all’abrogazione dell’articolo 3 del Decreto Balduzzi. Infatti il secondo comma dell’articolo 6 abroga la disposizione penale che prevedeva la punibilità solo per colpa grave nell’ipotesi in cui il sanitario si fosse attenuto alle linee guida. Seppellendo la relativa questione di distinguere tra colpa grave e colpa lieve, dato che il nuovo articolo 590 sexies c.p. non distingue fra i gradi della colpa. Da questo punto di vista, si è sostenuto che la legge del 2017, cancellando la distinzione fra colpa lieve e grave nel caso di rispetto delle linee guida, “spezza via dall’ordinamento quel già esiguo spazio di non punibilità creato dalla legge Balduzzi, che essendo quindi più favorevole sarà ancora applicabile ai fatti pregressi ex. art. 2 IV co. C.p”163. inoltre nel comma 2 dell’articolo 590-sexis si fa riferimento esclusivo al concetto di imperizia come sola forma di colpa alla quale circoscrivere l’ambito di specialità della nuova riforma.

162 Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita nonché in

materia di responsabilità professionale gli esercenti le professioni sanitarie. A.C.T.U. 259-B. Dossier n. 40/3- Elementi per l’esame in Assemblea, 13 febbraio 2017;

163 Piras, Imperitia sine culpa non datur, cit. con maggiori sfumature, Caletti-

Mattheudakis, Una prima lettura della riforma di legge “Gelli-Bianco”.; http://www.penalecontemporaneo.it/d/5255-imperitia-sine-culpa-non-datur-a- proposito-del-nuovo-art-590-sexies-cp;

126

5.2Responsabilità civile: novità ex art.7

della legge n.24 del 2017

L’evoluzione scientifica e tecnologica ha permesso al genere umano di intraprendere un percorso di sviluppo economico e sociale in tempi rapidissimi, ma ha anche moltiplicato “le occasioni di compromissione di beni giuridici di primario rilievo costituzionale, quali la vita e la salute164”. Lo sforzo del legislatore è diretto a governare i fattori del rischio. In questo contesto si muove la disciplina della c.d. colpa professionale, ossia di quella particolare figura di colpa che si caratterizza per il fatto di attenere alla condotta di soggetti operanti in settori in cui il rischio è ontologico ma al contempo ineliminabile. Sono queste le ragioni che stanno alla base del nuovo articolo 7 della legge n.24 del 2017 riguardante la responsabilità civile con la quale si è cercato di porre fine ai diversi contrasti in materia. La natura della responsabilità della struttura sanitaria (come quella della responsabilità del sanitario) è stata per lungo tempo terreno di acerbi scontri in dottrina e in giurisprudenza, in assenza di una normativa di legge che chiarisse in maniera decisa se essa dovesse ritenersi contrattuale o extracontrattuale. Fino a pochissimo tempo fa era la giurisprudenza il soggetto chiamato a dare una corretta qualificazione della natura della

164 F. Basilica “il nuovo statuto della responsabilità medica nella legge Gelli-Bianco”,

nel Manuale G. Alpa “La responsabilità sanitaria commento alla legge 8 marzo 2017 n.24”, Pacini Giuridica, Pisa, 2017, pag.249;

127 responsabilità della struttura sanitaria, con tutte le

conseguenze da essa derivanti, soprattutto in merito alla ripartizione dell'onere probatorio. In principio si è cercato di assimilarlo al contratto d’opera professionale che lega il medico alla struttura, per poi attribuire in capo alla struttura una responsabilità di natura contrattuale, fondata sul cd. contratto di spedalità. In base a tale contratto la struttura sanitaria è tenuta a fornire al paziente una prestazione complessa, di assistenza sanitaria, che va dalla messa a disposizione di spazi (il posto letto, la struttura di pronto soccorso), alla garanzia di tempestività d'azione e dunque di personale sufficiente e tecnicamente efficiente fino all'utilizzo di macchinari165. Con la legge Gelli-Bianco, il legislatore, ha cercato di dare stabilità alla materia aumentando le tutele e le garanzie dei professionisti e creando una via privilegiata per il cittadino che vorrà ottenere un risarcimento, economico, per il danno subito da una struttura sanitaria. Dalla lettura dell’articolo 7 emerge la scelta del legislatore di distinguere la responsabilità dei professionisti da quella delle strutture sanitarie in base alla natura, extracontrattuale solo per i primi. Lo scopo del legislatore è quella di creare un “sistema binario della responsabilità civile”, differenziando la responsabilità della struttura sanitaria da quella del esercente la professione sanitaria. Nel nuovo sistema binario delineato dalla norma, il medico risponderà dei danni prodotti a titolo di illecito aquiliano ex

165 A. Buzzoni “Responsabilità medica e sanitaria: La riforma Gelli”, Edizione FAG

128 art. 2043 c.c., mentre la struttura, pubblica o privata166, sarà

tenuta ex. artt. 1218 e 1228 c.c. a titolo di responsabilità contrattuale167, in quanto tra la struttura medesima e il paziente si riscontrerebbe un rapporto contrattuale derivante da un contratto atipico, a prestazioni corrispettive, di spedalità o contratto di assistenza sanitaria. Tale contratto predispone effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo, che può essere adempiuto dal paziente, dall’assicurazione o dal SSN, fa insorgere a carico della casa di cura obblighi alberghieri, nonché l’obbligo di mettere a disposizione del paziente il personale medico e paramedico con tutte le attrezzature necessarie. In merito si è pronunciata la Cassazione civile, sez. III, settembre 2015, n.19541 in cui si è affermato che “l’accettazione di un paziente all’interno di una struttura volta a offrire servizi e assistenza sanitario- ospedaliera comporta la conclusione di un contratto d’opera atipico di spedalità, in base al quale la stessa è tenuta ad una prestazione complessa, che non si esaurisce nelle cure mediche e chirurgiche, ma si estende ad altre prestazioni,

166 Cass. civ., Sez. III, 27 marzo 2015, n.6243, per cui “l’ASL è responsabile civilmente,

ai sensi dell’arti. 1228 c.c., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionata per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N in base ai livelli stabiliti secondo legge”.

167 Al riguardo è necessario fare una precisazione. La responsabilità contrattuale

dell’ente può essere una responsabilità per fatto proprio o altri (quella che si parla nella riforma). Nel primo caso, si contesta alla struttura un c.d. danno da disorganizzazione, determinato dall’inadempimento delle prestazioni accessorie del c.d. contratto di spedalità (mancato o scorretta esecuzione di prestazioni di natura alberghiera, come vitto, riscaldamento etc.) quindi prescinde dall’accertamento della colpa del medico, mero segmento della più complessa prestazione richiesta dall’ente. Nel secondo caso, l’ente risponde per fatto del personale sanitario ex art. 1228 c.c., che, con l’errore diagnostico o terapeutico, e agendo come ausiliario della struttura, viola la prestazione principale del contratto si spedalità, quella terapeutica. Fratini, “il sistema del diritto civile, Vol. I, Le obbligazioni”, DIKE Giuridiche editrice,2016, pag. 239-240.

129 quali la messa a disposizione di personale medico ausiliario,

di medicinali, e di tutte le attrezzature necessarie . La responsabilità della casa di cura nei confronti del paziente ha natura contrattuale, con conseguente applicazione dell’articolo 1228 cod. civ. anche nei rapporti tra il medico e la struttura”. Non ha rilevanza che il medico sia stato scelto dal paziente o che il rapporto tra medico e struttura non sia subordinato giacché è sufficiente l’inserimento del medico all’interno della struttura usandone i mezzi e le risorse168. La natura contrattuale è ribadita dalla giurisprudenza anche qualora manchi un effettivo rapporto tra struttura sanitaria e paziente, come nella responsabilità della ASL per condotte colpose dei medici di medicina generale. Per la Suprema Corte: “L’ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N in base ai livelli stabiliti secondo legge”169. Dall’altro lato l’esercente la professione sanitaria risponderà del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., cioè secondo le norme della responsabilità extracontrattuale che prevedono un termine prescrizionale di "soli" cinque anni ed un gravoso onere della prova in capo al danneggiato, che dovrà non solo

168 F. Basilica “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione

sanitaria” pag. 254 “La responsabilità sanitaria commento alla L. 8 marzo 2017, n 24” a cura di G. Alpa, Sanita diritto Economia, Pacini giuridica 2017

130 allegare ma provare il fatto illecito, il danno, l'elemento

soggettivo ed il nesso eziologico tra condotta ed evento. L’assetto predisposto dall’articolo 7 ha una giustificazione sia di origine ontologica che teleologica. Per ciò che riguarda il primo profilo, l’idea di base è che, anche quando l’errore sia immediatamente imputabile al medico, la causa remota appartiene alla struttura che ha consentito al sanitario di sbagliare. Sotto il secondo profilo, emerge l’obiettivo, di disincentivare il paziente ad agire direttamente contro il medico, spingendolo a procedere nei confronti della struttura sanitaria. Da tale distinzione sul tipo di responsabilità emergono diverse conseguenze. Infatti la struttura sanitaria, che risponde dei fatti illeciti posti in essere dagli esercenti la professione sanitaria secondo le regole della responsabilità sanitaria, con importanti conseguenze in termini di prescrizione che sarà di 10 anni, d’onere della prova il quanto il danneggiato dovrà semplicemente provare il titolo da cui deriva l’obbligazione ( ad es. contratto di spedalità) rimanendo in capo alla struttura la prova dell’esatto adempimento, ed il danno risarcibile è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione, salvo in caso di dolo. Appare evidente che lo scopo della riforma sua quello di offrire maggiore tutela al medico e di indirizzare la pretesa risarcitoria del paziente nei confronti della struttura sanitaria, ritenuta soggetto economicamente più solido, anziché nei confronti dell’esercente.

Ulteriore novità in materia di responsabilità civile è introdotta dall’articolo 8 della legge n. 24 del 2017 con il “Tentativo obbligatorio di conciliazione”. Tale articolo impone, ai fini

131 della risoluzione delle controversie, come condizione di

procedibilità della domanda di risarcimento l’accertamento tecnico preventivo ex. articolo 696 bis c.p.c per l’accertamento e la relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Al fine di ridurre il contenzioso del giudice civile, per le azioni che il danneggiato può porre in essere per ottenere il risarcimento del danno derivante da medical malpractice sia nei confronti della struttura che gli ha fornito la prestazione sanitaria, sia nei confronti dell’esercente la professione sanitaria alla cui condotta ritiene legata la lesione subita, sia direttamente nei confronti dell’impresa assicuratrice si introduce tale obbligo, in funzione di una composizione conciliativa della lite insorta tra le parti. Si pone in capo al consulente, prima dell’inizio della causa di merito, il dovere di tentare la conciliazione tra le parti, ritenendo che in questa fase la risoluzione della lite sia possibile o comunque favorita dalla possibilità per le parti di conoscere i risultati dell’indagine condotta dal consulente. Laddove ciò non avvenga, l’articolo 8 stabilisce che l’eventuale domanda giudiziale di risarcimento del danno debba essere introdotta con il rito sommario di cognizione ex. articolo 702 e ss. c.p.c, con lo scopo di ridurre i tempi e arrivare ad una decisione della controversia in modo rapido.

6.Dall’articolo 8 ai successivi

Negli articoli successivi al 7 la nuova legge affronta in termini di azioni vere e proprie la responsabilità civile della

132 struttura sanitaria, con azione di rivalsa o diretta del soggetto

danneggiato nei confronti della compagnia, tentativo obbligatorio di conciliazione e obbligo di copertura assicurativa per le strutture sanitarie e del personale sanitario, con un effetto retroattivo decennale per eventi dannosi generatisi nei 10 anni antecedenti la stipula della polizza, e