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Processo di regionalizzazione e aziendalizzazione

Nel 1992, durante il governo Amato, venne alla luce il D.L 502/92. Questo provvedimento, poi leggermente modificato nel D.L 517/93 varato dal governo Ciampi, diede vita a “una seconda riforma sanitaria, con lo scopo di riorganizzare il sistema sanitario modificandone la natura giuridica- organizzativa e rafforzando il potere delle regioni e l’autonomia delle Usl39”. Si iniziò a sfaldare l’omogeneità delle prestazioni sul territorio nazionale: pur identificando dei “livelli uniformi di assistenza” su base nazionale, venivano devoluti grandi poteri alle Regioni che diventavano economicamente e, in parte, politicamente responsabili dei propri sistemi sanitari; inoltre le Usl diventano Asl, vere e proprie aziende pubbliche dotate di autonomia imprenditoriale e gestite da potenti “manager della salute” principalmente secondo criteri di efficienza economica e

33 produttiva. Inizia, così, una serie di riforme che portarono alla

riscrittura del Titolo V della Costituzione del 2001. Con tale legge si guardava a razionalizzare la spesa per il SNN e la progressiva responsabilizzazione dei sistemi autonomistici regionali e locali nell’attribuzione delle funzioni amministrative e nell’adozione delle politiche tributarie, dando avvio al primo passo verso l’aziendalizzazione della sanità. Lo scopo principale dell’articolo 13 della legge delega 421/1992 al D.L 502 del 1992 era, quindi, indicare le quote di finanziamento che, partendo dalle risorse messe a disposizione dalla legge finanziaria, potessero quantificare la percentuale di singoli bisogni che si sarebbe riusciti a soddisfare con queste risorse. Lo scopo della legge 421 era quello di introdurre meccanismi di controllo della spesa pubblica al fine di arginare il debito pubblico e dare alla comunità europea garanzie di riduzione della stessa, con conseguente miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi sanitari40. Parallelamente a questa vera e proprio riorganizzazione in senso aziendalistico della sanità pubblica, si spalancavano le porte alle strutture sanitarie private, di fatto equiparate a quelli pubbliche, attraverso il meccanismo dell’accreditamento che le rendeva a tutti gli effetti un pilastro del SNN e non più semplicemente accessorie e supplementari. Veniva delineata, esattamente come accadeva con il sistema delle mutue, una tendenziale separazione tra i soggetti committenti e paganti da un lato (le ASL) e le

40 Legge delega 421/1992, art 13 comma 1,2;

E. Jorio “Attuazione del federalismo fiscale per regioni, enti locali, sanità” Maggioli editore, Ravenna 2007, p.11;

34 strutture erogatrici delle prestazioni sanitarie dall’altro (le

Aziende Ospedaliere). In questo modo le ASL hanno potuto iniziare a rimborsare parimenti prestazioni sanitarie “acquistate” dagli utenti presso le Aziende Ospedaliere pubbliche o da soggetti privati accreditati, alimentando così la concorrenza e la competizione tra i due poli. Il riassetto organizzativo e istituzionale del Servizio sanitario nazionale si è avuto con il D. Lgs. 30-12-1992 n.502: con questo decreto e quello successivo, accennato anche in precedenza, 517/1993 è stata data un’interpretazione in chiave aziendale dell’organizzazione sanitaria, con l’attribuzione alle U.S.L, delle quali si ridefinisce la modalità economica-finanziaria, della natura di azienda pubblica e con una maggiore responsabilizzazione della dirigenza sanitaria sui risultati conseguiti. Le caratteristiche più importanti di questa riforma sono state la definizione dei livelli di assistenza uniformi sul territorio nazionale (ossia lo standard minimo di prestazioni erogabili a tutti i cittadini nel rispetti degli obiettivi della programmazione socio-sanitaria e in rapporto all’entità del finanziamento garantito al SNN), l’attribuzione di maggiori responsabilità alle regioni ( dando impulso al processo di regionalizzazione della sanità), aziendalizzazione delle strutture di produzione ed erogazione dei servizi sanitari, un nuovo modello di finanziamento ( sia a livello di spesa complessiva, sia a livello delle singole strutture sanitarie finanziate secondo la logica del mercato a remunerazione a tariffa, ossia in base a prestazioni effettivamente erogate41), competitività tra pubblico e privato ( con lo scopo di garantire

35 il miglioramento qualitativo delle prestazioni erogate e la più

ampia libertà di scelta da parte del provato circa le strutture eroganti). Altro intervento fondamentale del riordino fu la “deparlamentarizzazione” della programmazione sanitaria statale. Con lo snellimento della procedura di adozione del PSN si consentì di ovviare alle resistenze che i precedenti schemi di piano avevano incontrato in Parlamento e ciò permise l’adozione del primo piano sanitario nazionale per il triennio 1994-199642. Con il D. lgs 31-3-1998 n.112 si completa il processo con un generale conferimento di competenze in favore degli enti territoriali, e compiti residuali riservati allo stato. Il conferimento riguardava prevalentemente le regioni, e il principio su cui si fonda questo processo è quello di sussidiarietà. Il primo momento del nuovo riassetto sanitario è rappresentato dalla legge delega 30-10-1998 n. 419, a cui segue il decreto 229/1999 di attuazione dei principi e criteri ivi contenuti. Questa legge, con cui il Parlamento delega al Governo la razionalizzazione e riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale, contiene quattro deleghe per attribuire al modello organizzativo della sanità pubblica un assetto differente da quello attuale43. Con questa riforma s’intendeva superare il ritardo che aveva caratterizzato il processo di regionalizzazione del sistema sanitario paralizzandone l’operatività e, in conseguenza, l’aziendalizzazione della tutela della salute. Il successivo D. lgs.19-6-1999 n.229 facilitò l’aziendalizzazione e incrementò

42 “Manuale di diritto sanitario”, R. Balduzzi e G. Carpani, Il Mulino collana Strumenti;

2013;

36 il percorso evolutivo di regionalizzazione, consolidando

l’autonomia delle regioni sia nella definizione del piano sanitario nazionale, sia nel fabbisogno complessivo del SNN. La nuova disciplina definisce il SNN come il complesso delle funzioni e delle attività dei servizi sanitari regionali e degli enti e istituzioni di rilievo nazionale. Le aziende sanitarie locali e ospedaliere sono definite aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e il loro funzionamento sono disciplinati con atto aziendale: un documento di autogoverno dell’azienda sanitaria che contiene la descrizione dell’azienda, dell’organizzazione, responsabilità e strategie che intende perseguire44. L’autonomia imprenditoriale dell’azienda si esercita in un difficile equilibrio dove, da un lato, c’è la dipendenza della regione, che finanza l’azienda (dall’80% al 90%), che vuole il pareggio di bilancio, fissa gli obiettivi di programmazione locale, ne controlla i risultati, e c’è anche l’esigenza di autonomia e flessibilità necessarie per il funzionamento dell’azienda nel contesto locale45. Gli aspetti principali di questa riforma furono la valorizzazione delle regioni, il rafforzamento del ruolo dei comuni nella fase di programmazione, la previsione di programmi e poteri sostitutivi ( il governo interviene al posto delle regioni inadempienti in alcuni casi specifici, come quello della mancata adozione del piano sanitario regionale e nomina dei commissari ad acta), la partecipazione dei cittadini ( attività di controllo, valutazione dei servizi e prestazioni e

44 D.lgs. 229/1999, artt. 3 e 4;

37 accessibilità ad essi), l’integrazione socio-sanitari ( garanzia

di assistenza ad anziani, bambini, tossicodipendenti, malati di AIDS, portatori di handicap con incrementi incrociati sia in ambito medico che sociale), l’aziendalizzazione del sistema sanitario, l’articolazione in distretti dell’Asl ( vengono assicurati i servizi di assistenza primaria alle attività sanitarie e sociosanitarie tenendo conto della realtà territoriale e tutelando le comunità con non più di 60000 abitanti, salvo che regioni le regioni dispongano diversamente), l’accreditamento istituzionale (la riforma prevede che possono erogare servizi e prestazioni assistenziali per conto del SNN le strutture pubbliche o private che abbiano ottenuto una sorta di attestazione di qualità da parte delle regioni definita “accreditamento”).