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L’IDENTITA’ PALESTINESE

CONFINE, SPAZIO, TERRITORIO, IDENTITA’

2.10 L’IDENTITA’ PALESTINESE

La qualificazione di “arabo” è semplicistica poiché con tale espressione si tende ad individuare tutti gli abitanti di quella costruzione eurocentrica di fine ottocento chiamata “Medio Oriente”, causa di una visione stereotipata, ideata a Londra e presente ancora oggi a livello mondiale. E’ in ogni caso una qualificazione di carattere etnico anche se va presa con tutte le cautele del caso perché anche un'etnia araba pura non è poi così facile da dimostrare. Con il termine “Arab” sin dall’800 a.c. si indicano popolazioni generalmente beduine nomadi e territori compresi tra i fiumi Nilo ed Eufrate.

Bisogna poi tenere ben presente che le categorie che noi usiamo in ambito sociologico, antropologico e geografico quali lingua, cultura, etnia, nazione, non hanno o hanno poco senso se applicate alla realtà “mediorientale”148. Categorie che sono state però utilizzate dalla nascita degli stati nazionali della regione nel tentativo di dare una impossibile e improbabile appartenenza unitaria ad un sistema di identità diverse e molteplici149 le cui strutture sociali comunque non possono venire cancellate. Ne è un esempio quello della hamula palestinese150.

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Fabietti U., Culture in bilico. Antropologia del Medio Oriente, Milano, Bruno Mondadori, 2002 “The hamula, a traditional kinship social structure, plays an important part in the internal affairs of the

Arab minority in Israel and provides the basis for the patronage system that pervades the Arab minority’s local politics”. (La hamula è una struttura sociale di parentela tradizionale […])El-Taji M. T., Arab Local Authorities in Israel: Hamulas, Nationalism and Dilemmas of Social Change, tesi di

dottorato, University of Washington, 2008

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“Il pensiero nazionalista … rappresenta … uno dei diversi tentativi dettati dalla congiuntura politica,

… di creare aggregazione, in particolare in alcuni territori come Egitto, Siria, Libano, Palestina ed Iraq, permane marcata la presenza di gruppi minoritari, musulmani ma non arabi ad esempio i curdi, o arabi ma non musulmani: maroniti ortodossi, …” Jabbar A. A., Dilemmi del nazionalismo arabo, in: Dove va l’arca di Noè, Futuribili, Milano, Angeli, 1997 (pp. 160-169).

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“costituisce un gruppo patronimico formato da tutti gli individui che rivendicano una discendenza

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Lo stesso concetto di nazione è un paradosso quando viene applicato alla cultura regionale in questione.151 Saranno gli eventi dei primi decenni del 1900 a consolidare l'idea di nazione nelle popolazioni arabe mediorientali come reazione alla caduta dell’impero ottomano ed agli atteggiamenti contraddittori dei paesi europei (in particolare l’Inghilterra e poi anche la Francia) nel gioco di spartizione neocoloniale dei resti imperiali. In ogni caso i tentativi di attuare l'unità araba non avranno successo proprio per il carattere culturale “arabo”. Ci vorrà quasi un secolo prima di poter discutere di precise identità nazionali quali quelle Libanese e Giordana.

Identica sorte avrà la lingua, che vedrà appena in questo periodo, negli anni trenta, l’istituzionalizzazione linguistica con la creazione dell'Accademia di Damasco. Difatti non si ha maggiore chiarezza sull’identità, se come parametro di misura utilizziamo la lingua poiché l’arabo non è una lingua parlata, bensì scritta e quella parlata è in realtà una molteplicità di dialetti, anche se la tradizione racconta di un aneddoto, una testimonianza (hadith) che attribuirebbe al Profeta una dichiarazione per cui “l’essere arabo non è un legame di sangue, ma una lingua parlata”152; lingua che servirà anche da mezzo di legittimazione del califfato. Però, contrariamente a quanto dichiarato da Muhammad, rimarrà sempre una lingua prevalentemente scritta e privilegio di pochi, spesso utilizzata come arma ideologica attuata da una élite, coerente

matrimoniale, economica, politica. … Anche quando sul piano pratico la hamula è disattivata, costituisce sempre il punto di riferimento ideale degli arabi dei villaggi palestinesi. … Dopo l'inglobamento nello Stato di Israele le condizioni generali dei villaggi cambiarono ancora. Alla ricerca di nuovi elementi di aggregazione che potessero costituire punti di riferimento per l'identità locale contro l'intromissione israeliana, questi vennero individuati principalmente nella hamula.

Fu così che essa venne riattivata come gruppo politico. La riacquistata importanza di questo modello dimostra che possono esistere strutture di riserva cui fare riferimento in contesti profondamente diversi.”

Fabietti, 2002.

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“il nazionalismo […] nel pensiero europeo ottocentesco è un ideale laico e particolaristico […] che è

l'esatto contrario di quello sviluppato dalla cultura araba in tredici secoli di identificazione all'Islam, religione integrale ed universalistica.” Scarabel A., Dalla rivolta araba alla liquidazione dell’assetto di Sanremo: lo sviluppo dell’idea nazionale, in : Dove va l’arca di Noè, Futuribili, Milano, F. Angeli, 1997

(pp. 126-159).

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Kallas E., L’identità linguistica araba, in: Dove va l’arca di Noè, Futuribili, Milano, F. Angeli, 1997 (pp. 210-227).

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con le strutture di potere che hanno accompagnato tutta la storia di queste popolazioni. (cfr. Fabietti, 1994, 1996, 2002)

L’identità di cui si discute in definitiva, secondo una visione occidentale, è recente. Inoltre bisogna sempre tener presente che in Medio Oriente, per le strutture sociali da cui deriva, essa si frantuma in gruppi minori siano essi cristiani153, islamici154 od altro.

Questa identità in definitiva nasce definendo confini diversi e sovrapposti: 1) “araba” come reazione alla monopolizzazione del potere turco nell’impero

ottomano;

2) “islamica” rispetto all’Europa cristiana;

3) “arabo-islamica” o “arabo-cristiana” in contrapposizione all’Israele ebraico155.

Non si deve dimenticare però che l’identità è un concetto dinamico, in continua evoluzione, come è stato detto sin dall’inizio del paragrafo. Anche l’aggettivazione “recente” quindi deve essere ben chiarita e non significa che prima della percezione di una identità nazionale definita, non sia esistita alcuna identità. E’ “recente” nel senso che quella preesistente si è andata man mano modificando ed adattando alle diverse condizioni politiche, sociali, geografiche e culturali, tanto che lo sviluppo delle diverse idee nazionali ha avuto in ogni paese un percorso diverso coerente con tali condizioni

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Copti, Etiopi, Armeni, Siriani, Maroniti, Greco-Melchiti, Caldei, ecc.

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Sunniti, Sciiti, Sufi, ecc.

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“Io vedo che oggi anche fra gli insegnanti delle scuole coraniche che coordino, anche fra i predicatori

e gli ‘ulama, ci si definisce innanzitutto quali arabi palestinesi musulmani, esattamente in quest’ordine.”

Intervista a S. E. lo sceicco Ekrima Said Sabri, Gran Mufti di Gerusalemme.

“Quando si viene alla domanda fondamentale circa l’identità di ciascuno, il fattore fondamentale per i

palestinesi è ancora quello nazionale in senso specifico – in altre parole, essere un arabo palestinese è più importante nella autopercezione e autodefinizione di ogni individuo di qualunque altro fattore. Siamo parte di un popolo, meglio di una nazione più vasta, quella araba, con una comune lingua, un comune retaggio culturale, una storia comune, una letteratura nostra. Siamo palestinesi in quanto in questa nostra terra e nell’esilio la nostra esperienza storica ci ha reso necessariamente particolari rispetto ad altri arabi, almeno nella stessa misura in cui l’esperienza storica collettiva siriana è diversa da quella egiziana. E questi due fattori sono ancora quelli determinanti. Ma il fattore religioso, che viene al secondo posto, è decisivo per la collocazione e l’autodefinizione all’interno della società arabo palestinese.” Intervista al dott. Hassan Abu Libdeh, raccolte in.: http://www.cipmo.org/ricerche.html

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che non sono state uguali per tutti.

Se consideriamo l’identità araba un insieme e quella palestinese un suo sottoinsieme, ritroveremo le medesime caratteristiche e paradossi di cui abbiamo scritto anzi, forse con problematiche maggiori. Innanzitutto perché uno stato nazionale palestinese non c’è mai stato e non c’è tutt’oggi e questa è la prima e fondamentale differenza tra i palestinesi e le altre popolazioni arabe e/o arabofone. Tutti i progetti pensati per fare dell’area israelo-palestinese “due popoli, due stati” sono rimasti pie intenzioni o mere dichiarazioni d’intenti con segni sempre diversi sulle mappe, che cambiavano con il passare degli anni e la cui rappresentazione grafica è visibile sulle carte tratte dall’atlante geopolitico di Lemarchand e Radi156, le quali indicano come cambia la geografia nei suoi diversi aspetti (soprattutto quella politica e quella culturale) della regione nel corso di cinquant’anni [Fig. 16].

Ed anche quando il territorio sulla carta, assieme agli organismi internazionali157 viene considerato da entrambi i contendenti come spazio palestinese, in realtà il controllo sostanziale è quello israeliano con la suddivisione per “motivi di sicurezza” in zone differenziate158. Attualmente esse sono così definite:

1) zona A, dove vi è il pieno controllo palestinese, comprende principalmente aree urbane;

2) zona B, con il controllo civile affidato alle autorità palestinesi ma la sicurezza alle forze militari israeliane; principalmente si tratta di aree rurali abitate;

3) zona C, in cui vige il pieno controllo israeliano; si tratta di insediamenti, strade di accesso, zone di sicurezza, quasi tutta la valle del Giordano. Vi è compreso il 63% delle terre agricole del West Bank.

156

Lemarchand P., Radi L., Israel/Palestine demain, Parigi, Complexe, 1996

157

La tripartizione del controllo spaziale inizia nel 1995 frutto degli accordi denominati Oslo II

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Gli accordi di Oslo II del 1995 che avevano previsto tale suddivisione, dovevano rimanere in vigore solo per un quinquennio. Attualmente la situazione è congelata a quanto stabilito dall’incontro di Sharm El-Sheikh del 1999. Anche in questo contesto si rileva una decisa frammentarietà dello spazio considerando che i territori delle aree A e B non sono contigui e consistono in circa 227 territori diversi, rappresentati nelle carte con sempre diversi “mosaici” di colori.

Questa mancanza dello stato è visibile anche attraverso le istituzioni rappresentative dei palestinesi: l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina che nasce nel 1964, è stato a lungo considerato più che altro un movimento terrorista e senza dignità di rappresentanza statuale. Solo nel 1993, quando il presidente dell'OLP, Arafat ha riconosciuto lo Stato di Israele in una lettera ufficiale al primo ministro Rabin, Israele riconobbe l'OLP come il legittimo rappresentante del popolo palestinese. Successivamente nel 1994 viene istituita l’ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese alla quale Israele concedeva compiti di amministrazione autonoma interna con il conseguente esercizio di alcuni poteri nella Striscia di Gaza e su gran parte delle città del West Bank, rimanendo però il controllo generale del territorio saldamente nelle mani Israeliane. In ogni caso è l’Olp che gode del riconoscimento internazionale quale rappresentante del popolo palestinese e dal 1988 siede nei consessi delle Nazioni Unite in qualità di osservatore con la denominazione di “Palestina”: quella che dovrebbe essere la futura nazione.

Nello stesso tempo tale assenza ha portato i palestinesi ad incasellarsi in diversi intrecci identitari: islam, cristianesimo, famiglia, tribù, arabo, ottomano. Mentre la comunità internazionale non concretizzò mai le indicazioni proposte dal presidente americano Woodrow Wilson in merito all’autodeterminazione delle popolazioni che erano state governate dagli ottomani, per i palestinesi, paradossalmente, l’unico

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documento in cui ebbero riconoscimento fu la dichiarazione Balfour.

Questi era ministro degli esteri inglese nel 1917 e la missiva era indirizzata a Lord Rotschild quale significativo ed influente esponente della comunità ebraica inglese, oltre ad essere personaggio di spicco del movimento sionista. Nella dichiarazione, contrariamente alle rassicurazioni e alle promesse che gli inglesi avevano fatto agli arabi scesi in guerra al loro fianco, si dichiarava che il governo di Sua Maestà vedeva con favore le aspirazioni degli ebrei sionisti di stabilire una patria (National home) in Palestina. Unico limite all’appoggio inglese, era quello di non pregiudicare i

diritti civili e religiosi delle “comunità non ebraiche” esistenti in Palestina. Appare chiarissimo che il ministro, rivolgendosi al movimento sionista, si guardò bene dal fare qualsiasi riferimento a indipendenza ed autodeterminazione della popolazione palestinese. Questa situazione ha esasperato la complessità del riconoscimento identitario di questo popolo, attivando un processo di forte definizione per compensare il vuoto creato dalla mancanza dello stato.

Le mire territoriali sioniste e il potere coloniale del mandato inglese furono due importanti cause che diedero impulso ma nello stesso tempo caratterizzarono lo sviluppo di quella nuova identità nazionale che si stava formando, intrecciandosi alle identità più stratificate come quella fondamentale dell’attaccamento religioso derivante dalla concezione della sacralità del territorio di insediamento. Territorio che trova in Gerusalemme, Al Quds, la santa, il suo centro ed il suo alimento culturale e simbolico, che influenzò tutta la regione.

Il percorso dell’acquisizione identitaria per i palestinesi ha sofferto di momenti drammatici che hanno avuto il ruolo di accelerare ed accrescere tale coscienza, come la Nakba ovvero al-Hijra al-Filasṭīniyya, la catastrofe. E’ il 15 maggio 1948, giorno in cui

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seguito della guerra arabo-israeliana del 1948-49. Considerata, da questi ultimi come “guerra d’indipendenza”, essa portò all’occupazione e sovente alla distruzione di 530 villaggi. Più di 700.000 palestinesi sono diventati rifugiati, confinati dall’inizio in campi profughi dalle condizioni miserrime. Questo corpo sociale sradicato è stato percorso anche da movimenti contrari, derivanti da una struttura sociale altamente frammentata e priva di organizzazione. Lo shock causato dalla nakba ha cancellato ogni speranza in gran parte dei palestinesi e solo dopo più di vent’anni questa popolazione ha trovato la forza di riappropriarsi delle proprie istanze identitarie159.

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Khalidi R., Identità palestinese, la costruzione di una moderna coscienza nazionale, Torino, Bollati Boringhieri, 2003

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G E R U S A L E M M E

… Che hai tu dunque, che sei salita tutta sulle terrazze, città rumorosa e tumultuante, città gaudente? I tuoi caduti non sono caduti di spada né sono morti in battaglia. … Per questo dico: «Stornate lo sguardo da me, che io pianga amaramente; non cercate di consolarmi per la desolazione della figlia del mio popolo». … Così egli toglie la protezione di Giuda. … le brecce della città di Davide avete visto quante fossero; avete raccolto le acque della piscina inferiore, avete contato le case di Gerusalemme e demolito le case per fortificare le mura; (da: Isaia 22 )

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«Il mondo è come l’occhio: il mare è il bianco, la terra è l’iride,

Gerusalemme è la pupilla

e l’immagine in essa riflessa è il tempio».

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