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UN SUSSEGUIRSI DI DOMINI

I CONFINI DELL’ANIMA

5.3 UN SUSSEGUIRSI DI DOMINI

Il cristianesimo si organizza subito nelle chiese locali strutturandosi velocemente sul territorio. Il vescovo di Gerusalemme assume subito la giurisdizione della regione e sugli altri vescovi. Da questo percorso si svilupperanno poi le figure di arcivescovo e di metropolita sino al patriarcato che riguarda la giurisdizione dell’episcopato. Dal 461 i patriarcati diventano cinque: Roma, Costantinopoli,

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Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Nel 638 iniziò il governo delle potenze musulmane che proseguirà sino al 1917. La presenza cristiana nella città sarà comunque tollerata.

Nel 1064 una bolla papale sancisce la scomunica della chiesa di Costantinopoli e si concretizza la scissione tra Cristiani d’Occidente e quelli d’Oriente che avvenne, come sempre, principalmente per cause politiche piuttosto che teologiche. I rapporti proseguirono tra alti e bassi sino metà del 1400 con la caduta di Costantinopoli in mano ottomana. Nel frattempo, sin dal 1220 circa San Francesco ottenne per i Francescani il permesso di rimanere nei luoghi santi sino ad ottenerne la custodia nel 1330 circa.

Con l’arrivo degli Ottomani anche in Palestina, attorno al 1517, l’equilibrio di potere si modificò: i cristiani ortodossi erano loro sudditi, mentre i cristiani latini erano sotto la giurisdizione delle potenze europee che erano in guerra con il Sultano. Ciò favorì l’insediamento degli ortodossi nei luoghi santi. Successivamente, con l’appoggio della Sublime Porta, cercarono di estromettere i francescani dalla custodia.

E’ a metà del 1600 che le istanze sul possesso tra ortodossi e francescani si fanno più incisive a suon di documenti e sentenze dei tribunali. Nel 1767 dopo violenti scontri tra le due parti, fu emesso un decreto che fissò in modo praticamente definitivo la proprietà dei luoghi santi (basilica di Betlemme, tomba della Madonna, Santo Sepolcro). Nel XIX secolo la questione diventa contenzioso politico tra Russia e Francia. La Francia appoggiava le istanze dei cattolici, la Russia quelle degli ortodossi. L’azione definitiva risale al 1847 quando gli ortodossi rimossero la stella d'argento situata sul luogo della nascita di Cristo a Betlemme poiché su di essa un'iscrizione in latino attestava la proprietà latina del luogo. L’ambasciatore francese presso la Sublime Porta chiese il ripristino dei diritti dei francescani mentre lo zar Nicola fece pressioni sull'imperatore Ottomano il quale decretò lo Status quo (1852).

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Da allora il decreto non è stato più modificato, anzi nell’articolo 62 del Trattato di Berlino (1878) che seguì alla guerra turco-russa, verrà richiamato per regolamentare la spartizione dell’Impero ottomano confermando così l’inviolabilità dello Status quo, che diverrà un fatto acquisito. Anche le relazioni fra le comunità cristiane sono ancora regolate dal decreto. Durante il Mandato britannico, nel 1929, una disputa tra Ebrei e Musulmani che interessò il Muro Occidentale e la Tomba di Rachele fu fermata anch’essa con l’applicazione dello Status Quo. Solo nel 1969, dopo l’intervento israeliano a Gerusalemme Est del 1967, l’Alta Corte di Giustizia Israeliana revocò l’applicazione del firmano utilizzato dal governo mandatario.

Alla rigidità di cui abbiamo appena accennato, si contrappone, nei fatti, una importante “mobilità confinaria” che interessa la sfera geopolitica. Gerusalemme e tutta la Palestina sono oggetto oramai di una secolare rivendicazione territoriale tra palestinesi ed israeliani. L’Imperium179, la signoria territoriale in quanto potere, crea e ricrea il confine, in base alle sue esigenze: innanzitutto quella giuridica di rendere visibile il proprio dominio, in secondo luogo per evidenziare in modo discriminatorio l’avversario. Vi è la tendenza a rimarcare il proprio territorio regolato dal diritto e dall’ordine, separato dal territorio dell’altro, dal territorio del disordine e del caos.

Probabilmente, soprattutto per rivendicare e segnare quello spazio interiore mai avuto, agognato per millenni e finalmente proprio, caparra di quella fedeltà divina da sempre profetizzata e finalmente realizzata, ed ora impossibile da dividere con altri. Perché il segno della terra ha i suoi diversi significati tutti ugualmente, intimamente radicati: per il cristiano è la terra della propria storia, che è storia di salvezza; per l’ebreo è terra promessa e consegnata da Dio; per il musulmano è la terra dei patriarchi, è terra dell’Islam ed in quanto tale non è concepibile cederla ad altri.

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Poco importa se la mobilità del confine, inventato e movimentato a forza di decreti, spezza le strutture sociali dell’altro. Si formano in tal modo una pluralità di centri e di periferie che si intersecano a seconda del punto di osservazione. Questo può essere:

- il centro ebraico, costituito in prossimità del luogo dove sorge il muro occidentale, contornato dalla periferia araba;

- il centro arabo, rappresentato dall’Haram, che contempla la periferia ebraica;

- il centro della fede cattolica con la basilica del Santo Sepolcro, l’Anàstasis, che si colloca tra queste due realtà.

In presenza di tanti centri e di tante periferie, l’unità e l’identità fondanti possono vacillare, possono confondersi; ma probabilmente proprio per questo, in forza di una reazione di sopravvivenza, l’identità si è fatta granitica, intensa e visivamente tracciata. La convivenza di così diverse identità ha reso necessaria la costruzione di confini inviolabili e concreti. A Gerusalemme non esiste un luogo di frontiera inteso come luogo di integrazione, sembra impossibile un processo di contaminazione reciproca, non vi si trova ambiguità, i “non luoghi” sono necessariamente lontani. Anzi, ogni luogo ha una sua inconfondibile identità, irrinunciabile se non ad un prezzo troppo alto.

Persino l’economia, a Gerusalemme, ha innalzato i suoi precisi confini: da una parte il suq arabo, dall’altra il nuovo centro commerciale costruito in ossequio ai dettami ebraici, in prossimità della porta di Jaffa. Tutto è separato, distinto ancorché nella coesistenza. Centri e periferie che non si incontrano; creano una rete che avvinghia l’uomo impedendogli di muoversi verso l’altro.

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