CONFINE, SPAZIO, TERRITORIO, IDENTITA’
2.3 UN’AMBIGUITA’ INELIMINABILE
Il confine è ambiguo per natura, con significati spesso antitetici: come luogo di incontro e scambio di informazioni, di separazione e divisione ma anche di confronto e relazione; come luogo di scontro e chiusura blindata, di frammentazione o di ricomposizione. Dialogo e chiusura che un’ottica sistemica distingue tra sistema aperto e sistema chiuso, per cui nel primo l’entropia82 rimane stabile o decresce, mentre nel secondo l'entropia aumenta distruggendo il sistema83. E’ ciò che è successo con la caduta dell'Impero Romano e l’inizio del Medio Evo in cui la “frammentazione dei confini ha prodotto la frammentazione della storia.”84. Ma tale com-presenza è anche indice della complessità dell’oggetto che non può non tener conto della funzione percettiva degli attori attraverso le immagini che una persona ha di un determinato spazio; immagini dinamiche che continuamente si trasformano85.
Nella sua ambiguità il confine può essere vissuto in maniera statica, rigida, come limite estremo delle mura di un carcere o quelle del proprio mausoleo; come pure in maniera dinamica, come frontiera, come fascia86 in movimento.
Il bisogno di numi tutelari dei confini nasce dall’impossibilità per l'uomo di affrontare concettualmente l'infinito, così la novella divinità tecnologica, attraverso la razionalità digitalizzata, riesce concettualmente a "confinare" in porzioni definite la scienza. Il presupposto, il dogma è comunque l'accettazione della relatività delle
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In base al secondo principio della termodinamica,quando una certa quantità di energia cambia stato, si manifesta una perdita di una parte della stessa in calore con conseguente perdita irreversibile dell’energia. Quando l'entropia raggiunge il massimo livello, si raggiunge il cosiddetto stato di equilibrio. Ogni trasformazione reale è una trasformazione irreversibile perché l'entropia aumenta.
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Gubert R., La situazione confinaria, Trieste, Lint, 1972 (p. 3).
84
Miani Uluhogian F., Oltre i confini. Strategie di genti e poteri, Parma, PPS, 1996. (p. 10).
85
Leimgruber W., Il confine e la gente, Varese, Lativa, 1987.
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proposizioni scientifiche. Si sa già in partenza che la nostra digitalizzazione della realtà relativizza un analogico infinito, con la necessità di una nuova ricerca del sacro, in qualsiasi sua forma. Non possiamo vivere in una dimensione che sia a-confinaria. Ecco il bisogno dell'uomo che continuamente crea confini per delimitare i propri spazi di intervento, per crearsi un ambito delimitato fisicamente o mentalmente per non "perdersi", per trovare e ritrovarsi in ogni momento, per circoscrivere il caos. Nello stesso tempo si unisce al bisogno ontologico di oltrepassare tutti i confini che lo (l'uomo) limitano. Bisogno di evasione, di passare i limiti che lui stesso si è precostituito quale bisogno fondamentale87.
Questa dicotomia si ripete nella storia politica. Alla domanda: che cos’è il confine, la risposta più immediata, istintiva, appare la soluzione geopolitica. Il potere ha necessità del dominio, ha quindi necessità della terra: “il dominio è in primo luogo dominio della terra”88. E mentre i moderni ma forse già obsoleti stati nazione tendono ad abolire, attraverso lenti processi politico-economici, i confini fra di loro - doganali, fiscali, giuridici (ad esempio con l'attribuzione di una cittadinanza europea) - il processo per abbassare la rigidità confinaria non è solo politico ma anche sociale, così come indica Goffman89. Questi individua nello sviluppo prima radiotelefonico e poi informatico la causa dell’ampliamento dello spazio in cui si muove l’attore sociale. La tecnologia espande i confini, virtualmente possiamo essere presenti in più luoghi. Non
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Strassoldo R., Temi di sociologia delle relazioni etniche, Gorizia, Quaderni dell’Isig n. 5, 1979 in La teoria del confine (pp. 135-197): “In generale la nozione di confine sembra una delle categorie mentali fondamentali,
primarie, semplici, direttamente connessa a quella di differenza, che non è ulteriormente scomponibile; e alla caratteristica della mente umana di pensare in termini dicotomici, di opposizioni polari, binarie; e tra queste, la più rilevante per la nozione di confine è la distinzione tra interno ed esterno. Distinguere forme e ordine nel caos delle realtà significa percepire e tracciare dei confini. Già il saggio re Salomone avvertiva che il confine è il principio di ogni ordine e di ogni cosa. La stabilità e sicurezza dei confini tra le cose, a cominciare da quelli primari tra il sé e il mondo, sono requisiti necessari alla stabilità psicologica.” […] “ La certezza dei confini è un'illusione ottica, uno scherzo dell'immaginazione, una necessità della fisiologia cerebrale, una categoria mentale”.
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Schmitt C., Il nomos della terra, Milano, Adelphi, 2006.
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siamo arrivati ad abolire i confini, ma sicuramente essi sono stati modificati, sono diventati indefiniti e facilmente oltrepassabili. Si concretizzano nel “confine aperto”90 dell’ipertesto dove interno ed esterno non sono più identificabili e gli unici confini reali con cui dobbiamo confrontarci sono i confini biologici del nostro corpo e quelli degli strumenti informatici che utilizziamo (hardware e software). Nello stesso modo in economia, il confine del mercato inteso come spazio fisico viene polverizzato con la new economy che ha dato impulso alla “globalizzazione”, la cui struttura, imitando
quella del World Wide Web, diventa un modello reticolare.
L’insicurezza postmoderna, contribuisce alla rinascita dei localismi, dei particolarismi che si affrettano a ricostruire pesantemente, rigidi e massicci confini, posti a difesa di quella sicurezza ontologica che il superamento degli altri confini ha intaccato.
Contemporaneamente, si riscopre il senso sacro della ricerca dell'infinito, dello spirito di Dio che c'è in noi attraverso la religione, il bisogno dello spazio senza spazio di Dio. Ma subito si costruiscono chiese, istituzioni codificate dalle norme di diritto canonico e le diverse gerarchie avviano contese territoriali come quella sorta tra cristiani e musulmani, tra chi possedesse il tempio più prestigioso, l’Anàstasis (il Santo Sepolcro, letteralmente la Chiesa della Resurrezione ) o la moschea Qubbet es-Sakhra conosciuta come Cupola della Roccia. Sino alla promulgazione nel periodo del califfato di Omar, della norma con la quale ai dhimmi (cristiani ed ebrei) era vietato possedere luoghi di culto che superassero in altezza quest’ultima91.
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George P. Landow, Ipertesto. Il futuro della scrittura, Bologna, Baskerville, 1993.
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Nel bisogno dell'infinito, si trova anche la necessità di schematizzare, codificare e classificare innalzando confini precisi, consolidando i topoi,92 i luoghi delimitati dove un preciso ordinamento confina rigidamente lo status attraverso pulpito, aula, cattedra, presidenza.