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VERSO UNA TEORIA DEI CONFINI

CONFINE, SPAZIO, TERRITORIO, IDENTITA’

2.5 VERSO UNA TEORIA DEI CONFINI

Negli anni Settanta, in piena “guerra fredda”, l’interesse delle scienze sociali si muoveva concretamente verso l’analisi dei fenomeni confinari e delle loro implicazioni culturali, sociali ed economiche. Assumevano rilievo crescente la disciplina delle

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relazioni internazionali e l’approfondimento della teoria dei confini100. Un tema, quest’ultimo, studiato in particolare dalla scuola geografica triestina101, che assieme a quella sociologica102 gode di un'antica tradizione in materia per il fatto che Trieste si trova in un punto cruciale, città di frontiera essa stessa, porta sul mare di quella regione chiamata Mitteleuropa. Laboratorio geopolitico nel quale, a causa delle tragiche conseguenze della seconda guerra mondiale, si è riproposta “confine mobile”. Qualificazione di uno spazio che non è più definito (Pagnini, 1976), che prelude alla defunzionalizzazione del confine stesso (Valussi, 1976). Ciò è la risultante di un’analisi contrastiva della natura e dell'effetto del confine, il quale modifica ambiente e rapporti in base alla percezione ed alla funzione che l’uomo ha e dà allo stesso.

Lo studio dei confini non è pertanto cosa banale anzi, è studio problematico; dovuto alla complessità del fenomeno che è sicuramente spaziale ed i cui effetti si ripercuotono nel territorio in un’ottica sistemica per cui la modifica di un elemento del sistema si ripercuote su tutti gli altri elementi dello stesso.

E’ soprattutto nei rapporti tra uomo e ambiente, tra uomo e società103, tra spazio e territorio, tra staticità e dinamicità, che si manifesta tale carattere problematico:

“ Il confine, inoltre, come fenomeno spaziale può essere, e di solito è, un fenomeno estremamente statico, come ben sappiamo, tanto è vero che nella stragrande

maggioranza dei casi le sue modificazioni sono frutto di eventi catastrofici, qualche

volta naturali (emersioni di terre, alluvioni ecc.), ma, solitamente, antropici (guerre,

100

Strassoldo, 1979

101

G. Roletto, E. Bonetti, G. Valussi, M.P. Pagnini, G.Battisti.

102

Demarchi, Gubert, Strassoldo, Delli Zotti, Gasparini, Sussi.

103

Battisti G., Per un'analisi geografica delle aree di frontiera. (pp. 9-23). In: atti del convegno di studi in onore di Giorgio Valussi, a cura di Gianfranco Battisti e Pio Nodari. Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Scienze Geografiche Storiche, Trieste, 1996.

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rivoluzioni e simili), sicché come fenomeno territoriale è decisamente innaturale, data

l'essenza dinamica del territorio.”104 Inteso come scenario della vita umana.

In definitiva il confine vorrebbe ingabbiare in una cornice statica ciò che per sua natura statico non è, come viene suggerito dallo studio perfino dei confini naturali, che tra le diverse proprietà identifica anche quella del “dinamismo”105 geoconfinario tra geodomini contermini. Si giunge così al paradosso, quello del “confine mobile”. Il carattere paradossale è quello dinamico della mobilità, associato al carattere statico proprio, naturale del confine, però un fatto che trova conferma nelle analisi confinarie. L’ininterrotta dinamica dei geoconfini è inoltre associata a fenomeni di rifunzionalizzazione determinati da un susseguirsi di processi di neofunzionalizzazione e defunzionalizzazione (Stoppa, 2002), che coinvolge tanto le realtà fisico-naturali quanto quelle geopolitiche.

Per lo studio della confinistica gerosolimitana appare utile la classificazione proposta da Pounds106 il quale individua:

• confini antecedenti o pionieristici,

• confini susseguenti ovvero che si adattano ad una preesistente divisione culturale, • confini sovraimposti a confini e suddivisioni già presenti,

• confini relitti o abbandonati,

Ad esempio la “green line” anche se oggi non è più fisicamente rilevabile, ritorna sempre nei documenti geopolitici e nelle carte ad indicare lo spazio considerato territorio occupato ad indicare la presenza di un “confine relitto”. Inoltre la gran parte dei confini

104

Ivi: Buzzetti L., Il confine come problema geografico. (P. 36).

105

Stoppa M., Dividere la terra. Una lezione dalla natura (pp. 7 – 30) in :Gianfranco Battisti (a cura di),

Un Pianeta diviso, contributi alla geografia dei popoli e dei confini, Università degli Studi di Trieste,

Dipartimento di Scienze Geografiche e Storiche, Trieste, 2002.

106

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della città sono confini sovraimposti a realtà etniche e soprattutto culturali già presenti e consolidate.

Un passo successivo è il paradigma della “regione mobile” (Battisti 2002)107, concetto sviluppato a partire dalla “frontiera” turneriana. Tutto Israele è oggi una fascia territoriale “mobile” [Fig. 16] nella quale e dalla quale si muovono i coloni ebrei. Non a caso l’utilizzo del termine “coloni” riprende la descrizione del modello di Meinig108. Una fascia dove si attua una trasformazione processuale del territorio, grosso modo dalla costa verso le valli del Giordano. In questo movimento, Gerusalemme viene a rappresentare una sorta di promontorio che piano piano viene raggiunto e coperto dalle onde della colonizzazione.

In definitiva a Gerusalemme si realizza ad un tempo la concretizzazione del confine come linea di separazione rigida, chiaramente demarcata, funzionalmente predisposta a dividere; e quella della frontiera intesa come fascia oggetto di un progressivo insediamento coloniale. Non è chiara in questo caso la funzione confinaria di separazione di due sovranità statali. Si tratta di una sovranità quella israeliana dominante, e di una sovranità debole quale quella palestinese, che viene unilateralmente disconosciuta. Per contro si è costituito un nettissimo confine etnico tra i due diversi gruppi culturali e nazionali, ciò che nei casi di studio è fenomeno piuttosto raro109.

Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la lenta ma inesorabile integrazione europea, il fenomeno è ritornato sotto silenzio, forse non solo perché si era affrontata la ricerca in tutte le direzioni possibili, ma probabilmente perché la sbornia europeista, sommata all’avanzare della globalizzazione economica e culturale,

107

Battisti G., Ivi – Tra confine e frontiera: la regione mobile. ( pp. 101 – 114)

108

Ivi pag. 109. Il modello di Meinig illustra “ le fasi finali di un modello sequenziale di interazioni

transatlantiche” . Nella VI fase i coloni costruiscono una città ed una circoscrizione di insediamento con

espulsione dei nativi, con confitto bi-razziale e con stratificazione sociale.

109

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catalizzava gli interessi. Inoltre il nemico, l’hostis, era diventato un re nudo con la scomparsa del baratro tra est ed ovest, spostando l’attenzione collettiva al supposto pericolo proveniente da “sud”. Le fratture sociali (cleavages) identificate da Stein Rokkan e Seymour Martin Lipset110 possono quindi essere riproposte nell’arena internazionale111 come differenze tra:

1) est – ovest con l’istituzionalizzazione del confine ideologico tra democrazia e dittatura comunista;

2) centro – periferia a seguito del processo di decolonizzazione; 3) nord – sud rappresentante lo squilibrio economico.

Nella città di Gerusalemme tali fratture convivono, anzi sono esaltate mentre i punti cardinali del modello proposto implodono tutti nello stesso luogo come materia e luce in un buco nero. Nel contesto studiato si concretizzano grosso modo in:

1) divisione tra Israele campione della democrazia occidentale e Palestina del terzo Mondo che guarda ad Est;

2) squilibrio nella suddivisione delle risorse pubbliche tra quartieri ebraici e quartieri palestinesi;

3) squilibrio economico tra le due comunità. Evidentissimo dai dati del P.I.L. pro capite (per i territori palestinesi nel 2007 è stato di 1.358 $ contro i 23.382 di Israele in base ai dati delle Nazioni Unite112).

Sono fratture che vengono approfondite e rafforzate da barriere che stanno diventando anche fisiche, tra etnie, culture, sistemi economici diversi. Obbligazioni e opportunità, sostanzialmente, non sono uguali se sei israeliano oppure palestinese; è molto più facile

110

Rokkan e Lipset, 1967.

111

Scartezzini R., Stati, nazioni, confini. Elementi di sociologia delle relazioni internazionali, Roma, Carocci, 2000.

112

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acquisire lo status di rifugiato o di profugo piuttosto che mantenere quello di cittadino Gerosolimitano.