3. L’annullamento d’ufficio
3.1. I presupposti
3.1.2. L’interesse pubblico concreto ed attuale
L’altro presupposto è l’interesse specifico, concreto ed attuale all’annullamento che, tramite un bilanciamento, deve prevalere rispetto quello alla conservazione dell’atto.
Ovviamente, tanto più sarà grande il pregiudizio che il privato subirà dalla rimozione dell’atto, tanto più l’interesse pubblico che si intende perseguire dovrà essere rilevante69 .
Per il compimento del bilanciamento, l’art. 21 nonies non esprime alcun criterio guida per determinare il peso dei singoli interessi né alcun indice “qualitativo” o “quantitativo” che suggerisca la prevalenza di un interesse rispetto ad un altro e, quindi, che vincoli la valutazione.
In sostanza sono il contesto politico, storico e sociale in generale che devono suggerire all’interprete quale sia il valore da attribuire a ciascun interesse e quale prevalga. Ciò non esclude la possibilità che possano verificarsi degli abusi o bilanciamenti irragionevoli: per garantire da questo rischio, la P.A. dovrà rendere conto nella motivazione di quali siano stati i valori attribuiti ai singoli interessi e come siano stati soppesati70.
68 E. Morici, M. Petracca, Caratteristiche e presupposti dell’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo, 3/07/2013, in www.diritto.it .
69 Sotto l’influenza della Corte di Giustizia per l’annullamento da parte delle
istituzioni comunitarie di propri atti illegittimi, è stato affermato che deve sussistere un rapporto di equa proporzione fra l’interesse pubblico curato e privato che viene sacrificato considerando la tutela del legittimo affidamento (sul punto Corte UE, 24/01/2002, c. C-500/99).
70
S. D’Ancona, L’annullamento d’ufficio tra vincoli e discrezionalità, Editoriale Scientifica, Napoli, 2015, p. 70.
68
3.2. Il termine per annullare
Con l’art. 6 della L. 124/2015, il Legislatore ha proceduto a un significativo ripensamento dei poteri di autotutela circoscrivendo in entro precisi limiti temporali l’esercizio dell’annullamento d’ufficio per alcuni provvedimenti.
La riforma ha mantenuto salda la regola per cui tutti i provvedimenti amministrativi sono soggetti all’annullamento d’ufficio, ma con termini diversi: in generale, i provvedimenti amministrativi possono essere annullati entro un termine ragionevole, ma in riferimento ai provvedimenti di autorizzazione o attributivi di vantaggi economici il Legislatore ha disposto che detto potere debba essere circoscritto in un termine che non vada oltre i 18 mesi dall’emanazione dell’atto al fine di tutelare le posizioni di vantaggio consolidatesi in capo ai destinatari71.
In riferimento alla prima ipotesi, l’art. 21 nonies non impone alcun limite temporale rigido per l’esercizio dell’annullamento, ma dispone che la preclusione venga delineata attraverso il criterio della ragionevolezza del termine. Senza dubbio il lemma “termine ragionevole” esprime un parametro indeterminato ed elastico che lascia all’ente competente il compito di individuare caso per caso72,
considerando il grado di complessità degli interessi coinvolti e degli effetti prodotti medio tempore dal provvedimento, quando sia opportuno procedere all’esercizio dell’annullamento73.
In base a tali considerazioni, la giurisprudenza stessa ha escluso che anche il decorso di un apprezzabile arco di tempo (talvolta anche più di due anni) potesse costituire di per se un limite
71 M. Macchia, La riforma della Pubblica Amministrazione- sui poteri di autotutela: una riforma in senso giustiziale, giornale dir. Amm. 2015, 5, 621 in www.studiolegale.leggiditalia.it .
72
Infatti, ove sia decorso un lasso temporale consistente, l’annullamento potrebbe ingenerare una turbativa maggiore di quanto faccia lo stesso atto illegittimo originario (cfr. M. Ragazzo, L’autotutela amministrativa, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 71 ss.).
73
A. Russo, Il nuovo annullamento d’ufficio a termine, 28/09/2015, in
69 all’esercizio dell’autotutela laddove l’interesse da perseguire prevalesse rispetto quello alla base del provvedimento oggetto del riesame74.
Dall’altro versante, il Legislatore ha avvertito la necessità di prevedere delle eccezioni che potessero prevenire dal rischio che l’Amministrazione potesse avvantaggiarsi della sua diversa posizione autoritativa attraverso l’eliminazione di provvedimenti favorevoli al privato75; infatti, bilanciando l’esigenza di ripristino della legalità violata con la cura degli interessi privati che verrebbero danneggiati dal provvedimento di annullamento, la soluzione migliore è parsa quella di privilegiare la stabilità del provvedimento precludendo l’esercizio dell’annullamento in un arco temporale di non oltre 18 mesi dall’adozione del provvedimento76.
L’art. 21 nonies dispone che preclusione operi per i provvedimenti di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici77 anche formatisi tramite il meccanismo del silenzio-
74
Ibidem.
75
In effetti, se il privato può difendersi da un provvedimento illegittimo entro termini brevi e rigorosi, non sembrerebbe giustificato il fatto che l’Amministrazione, a fronte dello stesso atto illegittimo, possa autotutelarsi senza che né il decorso del tempo né la sussistenza di diritti costituiscano un ostacolo all’esercizio di questo potere (cfr. M. Macchia, La riforma della Pubblica
Amministrazione- sui poteri di autotutela: una riforma in senso giustiziale,
giornale dir. Amm. 2015, 5, 621 in www.studiolegale.leggiditalia.it).
76
Il dies a quo del termine per annullare è stato oggetto di diverse critiche in quanto esso riguarda il dato meramente formale dell’emanazione del
provvedimento. Alcuni esponenti della dottrina hanno sottolineato che sarebbe
stato più opportuno che il termine decorresse dal momento di acquisizione di una
concreta efficacia dell’atto perché solo in quel momento si consolida la posizione
di vantaggio del destinatario del provvedimento (cfr. T. Tessaro; S. Piovesan, La
riforma Madia del procedimento amministrativo, Maggioli, Rimini, 2015, pp. 248
ss.).
77
Tuttavia, esistono delle deroghe in riferimento a questi provvedimenti per cui
non si realizza alcuna preclusione temporale, ovvero: quando il provvedimento sia
frutto di raggiri del soggetto privato che hanno indotto l’autorità amministrativa a emanare un atto che è risultato illegittimo comportano che questo non possa godere di alcuna protezione(ex art. 21 nonies comma 2-bis).
70 assenso (ex art. 20 L. 241/1990) cercando di includere il maggior numero possibile di provvedimenti favorevoli per i privati78.
Ciò che rimane da capire è se effettivamente tutti i provvedimenti favorevoli siano sottoposti alla preclusione dei 18 mesi, in particolare, quelli appartenenti ai procedimenti per l’aggiudicazione di un appalto di lavori, servizi o forniture in quanto anch’essi comportano una prospettiva di acquisizione di vantaggi in capo all’aggiudicatario (vedi infra capitolo III, par. 3.3.1).
3.3. Procedimento di annullamento
Come per la revoca, l’annullamento è di competenza dell’Amministrazione che ha emanato l’atto o quella espressamente autorizzata a farlo in base alla legge in base al principio di competenza79. Inoltre, l’organo procedente all’annullamento deve ottemperare alle stesse formalità richieste per l’adozione del provvedimento di primo grado.
3.3.1. L’iniziativa di annullamento
Il procedimento di annullamento può seguire ad una iniziativa d’ufficio o una richiesta del privato.
Va rilevato che l’Amministrazione non è titolare di un obbligo di procedere all’annullamento80, ma, come nel caso della revoca, esercita i propri poteri di riesame laddove ritenga che siano necessari per curare un interesse pubblico: infatti, non è da escludere che il provvedimento amministrativo sia idoneo a perseguire l’interesse pubblico nonostante sia illegittimo e per questo che la sua eliminazione non sia opportuna.
78
M. Macchia, La riforma della Pubblica Amministrazione- sui poteri di
autotutela: una riforma in senso giustiziale, giornale dir. Amm. 2015, 5, 621 in www.studiolegale.leggiditalia.it .
79
T.A.R. Veneto, sez. II, sent. 1/02/2011 n. 188.
80
71 Il procedimento può essere avviato anche dietro richiesta del privato contenente tutte le argomentazioni necessarie a giustificare un interesse pubblico all’annullamento81.
A fronte della presentazione di una richiesta, l’Amministrazione ha l’obbligo di prenderne visione per valutare la fondatezza dell’interesse all’annullamento, ma non di attivare il procedimento. Solo nel caso in cui dalla valutazione della richiesta risulti esistente un interesse pubblico all’annullamento del provvedimento viziato, l’Amministrazione dovrà avviare e concludere il procedimento di secondo grado.
Rispetto alla regola generale della discrezionalità che fa capo alla P.A. nella decisione di esercizio dell’autotutela, non mancano dei casi in cui l’annullamento è doveroso indipendentemente dalla valutazione di interessi pubblici e privati come nei casi in cui l’illegittimità dell’atto sia dichiarata con sentenza del giudice ordinario passata in giudicato, ovvero, da autorità di controllo a cui non compera la potestà di annullamento82.
3.3.2. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento La comunicazione di avvio del procedimento83 è lo strumento giuridico per consentire agli interessati alla conservazione dell’atto oggetto di riesame di presentare documenti che raffigurino l’insussistenza dei presupposti dell’annullamento.
81
La natura della richiesta è quella ascrivibile a una mera sollecitazione da cui non può sorgere alcun obbligo a provvedere. Sul punto a titolo esemplificativo si veda Cons. Stato, sez. VI, sent. 7/01/2014, n. 12; sez. VI, sent. 25/07/2014 n. 3964; T. Tessaro; S. Piovesan, La riforma Madia del procedimento amministrativo, Maggioli, Rimini, 2015, p. 239.
82 F. Armenante, L’azione amministrativa ex post, tra limiti temporali e presupposti abilitanti (le novità delle leggi nn. 164/2014 e 124/2015), in www.amministrativamente.it; E. Casetta, Compendio di diritto amministrativo,
Giuffrè, Milano, 2010, pp. 379 ss.
83
Cfr. T.A.R. Puglia, sez. III, sent. 10/04/2015 n. 1159; T.A.R. Basilicata, sez. I, sent. 3/02/2014 n. 106; Cons. Stato, sez. III, sent. 24/05/2013 n. 2838; T.A.R. Lazio, sez. II bis, sent. 27/01/2010 n. 1059 e Cons. Stato, sez. IV, sent. 21/12/2009 n. 8516.
72 Consentire agli interessati di partecipare è fondamentale per instaurare il contraddittorio all’interno del procedimento di secondo grado e meglio valutare gli interessi contrapposti.
La comunicazione è obbligatoria nei confronti di tutti i destinatari diretti dell’annullamento che potrebbero ricevere un pregiudizio dall’eliminazione del provvedimento da cui abbiano tratto benefici sino a quel momento84.
Come si può facilmente intuire esistono delle eccezioni all’obbligo di comunicazione legate a situazioni di urgenza qualificata per cui se si rispettassero gli oneri informativi e istruttori, si potrebbe creare un pregiudizio all’interesse pubblico; altre eccezioni possono essere rinvenibili nei casi in cui l’autotutela sia stata esercitata verso atti provvisori che non sono in grado di ingenerare un affidamento qualificato85.
L’aggiudicazione provvisoria nei procedimenti ad evidenza pubblica appartiene proprio a quest’ultima categoria: proprio per il fatto che è un atto endoprocedimentale ad effetti instabili, non idonea a produrre un affidamento qualificato in capo al destinatario86, anzi rientra all’interno di una fase ancora governata dalla discrezionalità amministrativa che non rende necessario instaurare un contraddittorio (vedi infra capitolo III, par. 3.2.2). 3.3.3. La motivazione
Per costante giurisprudenza, l’annullamento d’ufficio è il risultato di un’attività discrezionale della P.A. che elimina un provvedimento amministrativo viziato laddove riscontri un interesse pubblico alla reintegrazione del preesistente stato di legalità.
All’interno della motivazione del provvedimento di annullamento devono essere espresse in modo adeguato le esigenze di pubblico interesse alla reintegrazione che non possono
84
S. Tatti, L’annullamento d’ufficio fra discrezionalità e doverosità, 1/2013, in
www.ptpl.altavista.org . 85
In questi caso appare più opportuno qualificarlo come atto di mero ritiro e che quindi non soggiace al regime dei provvedimenti espressivi di autotutela.
86
73 risolversi in una necessità di un mero ripristino della legalità87. Infatti, le esigenze di annullamento devono entrare in relazione con altri interessi pubblici e/o privati al mantenimento del provvedimento oltre che con le legittime aspettative che si sono formate in medio tempore rendendone necessario un bilanciamento88.
All’interno della motivazione deve emergere il ragionamento compiuto dall’Amministrazione riesaminante e i motivi che portano a ritenere che quell’interesse prevalga rispetto ad un altro.
Tuttavia, l’obbligo di motivazione non ha portata inderogabile e la giurisprudenza ha riconosciuto situazioni in cui non è obbligatoria, ad esempio: quando si annullano atti che comportano l’esborso illegittimo di denaro pubblico; oppure, quando tra l’adozione e la rimozione del provvedimento illegittimo incorra un breve lasso di tempo; infine, quando l’illegittimità provocata dalla malafede del soggetto che ha beneficato dell’atto invalido.
3.4. Effetti dell’annullamento
Per quanto concerne la decorrenza degli effetti del provvedimento di secondo grado, in considerazione del fatto che l’illegittimità riguarda l’atto sin dal momento della sua emanazione, l’annullamento produce effetti retroattivi (i.e. ex tunc)89.
Tuttavia, l’Amministrazione non agisce in autotutela solo per ripristinare la legalità violata, ma anche per regolare in modo più opportuno gli interessi che paiono non adeguatamente curati dall’atto illegittimo90; sulla base del principio di proporzionalità, la
P.A. deve chiedersi se la eliminazione del provvedimento con effetti ex tunc sia adeguata alla cura dell’interesse pubblico oppure se sia
87 Cons. Stato, sez. IV, sent. 16/04/2010 n. 2178, in www.gazzettaamministrativa.it .
88
Inoltre, la motivazione dovrà essere tanto più approfondita e stringente quanto più gli interessi privati sacrificati risultino consolidati per il decorso del tempo.
89
E. Morici, M. Petracca, Caratteristiche e presupposti dell’annullamento d’ufficio
del provvedimento amministrativo, 3/07/2013 in www.diritto.it . 90
74 più opportuno graduare gli effetti dell’annullamento per evitare conseguenze eccessivamente negative. Proprio per questo la regola generale della retroattività può subire dei temperamenti in virtù del principio del factum infectum fieri nequit in base al quale alcuni effetti irreversibili prodotti dall’atto annullato non potranno essere eliminati91 dato che la loro rimozione confliggerebbe con i principi di buona fede e tutela dell’affidamento del soggetto che ha eseguito il provvedimento sul presupposto che questo fosse legittimo92.
91
Ibidem.
92
P. M. Vipiana Perpetua, L’invalidità, annullamento d’ufficio e revoca degli atti
75
Capitolo III
Il potere di autotutela nell’ambito dell’attività
negoziale della Pubblica Amministrazione
1. Introduzione
Nell’ambito dell’adozione dei provvedimenti di secondo grado, la relazione tra il settore degli appalti pubblici e la disciplina dell’autotutela riveste un ruolo di particolare interesse1.
Abbiamo già detto che nell’ambito della contrattualistica pubblica, l’Amministrazione non è libera di scegliere il proprio contraente ma deve instaurare un vero e proprio procedimento amministrativo (vedi infra capitolo I, par. 1) costituito da una sequenza ordinata di atti che si conclude con l’aggiudicazione definitiva.
Tuttavia, nonostante tutto il procedimento sia sottoposto a un regime di pubblicità, verifiche e controlli tipico del settore ad oggetto, non è sempre possibile garantire contro presenza di provvedimenti viziati oppure una sopravvenuta inopportunità di proseguire la gara: proprio per questo motivo l’ordinamento ha previsto dei rimedi che ex post, come l’autotutela decisoria, consentano di eliminare gli atti del procedimento per perseguire l’interesse pubblico.
1.1. Fondamento normativo della facoltà di esercizio
dell’autotutela nei procedimenti ad evidenza pubblica
In mancanza di una disciplina ad hoc in tema di annullamento d’ufficio e revoca nel settore degli appalti pubblici, una
1
AA.VV. (a cura di) M. A. Sandulli, Principi e regole dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2015, p. 351.
76 prima questione da affrontare riguarda il fondamento normativo della facoltà di agire in autotutela.
In primis, l’autotutela trova la propria base nei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento (ex art. 97 Cost.), che riguardano, in generale, tutta l’attività della pubblica amministrazione2: infatti, la cura dell’interesse pubblico deve essere perseguita non solo nella fase di emanazione del provvedimento ma anche in quella di produzione degli effetti giustificando così eventuali interventi di rimozione o modifica di provvedimenti che si rivelino contra legem3. La stessa attività contrattuale dell’Amministrazione ha come funzione la cura dell’interesse pubblico e proprio per questo deve essere garantita l’applicabilità di strumenti di riesame sui provvedimenti appartenenti alla fase di evidenza pubblica.
Oltre all’art. 97, l’autotutela decisoria trova fondamento anche nell’art. 1328 c.c. che esprime un principio in base al quale la proposta di concludere il contratto (anche se espressa in forma pubblicistica e subordinata alle regole procedimentali di scelta del contraente) è sempre revocabile fino a che non sia stato concluso il rapporto negoziale. In virtù di questo principio, la giurisprudenza ha ritenuto che, come i privati, nemmeno la P.A. non fosse vincolata a concludere il contratto nemmeno a seguito dell’aggiudicazione definitiva4, anzi, ha ritenuto che le disposizioni degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. 241/1990 potessero essere applicate ai provvedimenti della fase di evidenza pubblica.
Sulla base dei richiami contenuti all’art. 32 comma 8 del D.Lgs. 50/20165, potrebbe sembrare che l’autotutela sia applicabile
2 D. Giannini, Il potere di autotutela nei procedimenti di evidenza pubblica, in www.iusexplorer.it .
3 A. Amaolo, Brevi cenni in tema di autotutela nella Pubblica Amministrazione,
10/02/2016 in www.ratioiuris.it; A. Liberati, L’autotutela amministrativa, Giuffrè, Milano, 2006, p. 292.
4
AA.VV. (a cura di) M. A. Sandulli, Principi e regole dell’azione amministrativa, Giuffré, Milano, 2015, pp. 351 ss.
5
L’articolo in questione infatti contiene un richiamo esplicito all’attività di autotutela secondo i criteri e i limiti della L. 241/1990 nella parte in cui dispone che una volta che “l’aggiudicazione (sia divenuta) efficace, salvo l’esercizio di
77 limitatamente ai provvedimenti di aggiudicazione; è bene sin da subito specificare che nell’ambito dei contratti pubblici, l’esercizio del potere discrezionale di autotutela dell’Amministrazione è possibile per tutti gli atti appartenenti alla fase di evidenza pubblica (ossia, quelli compresi tra il bando di gara e l’aggiudicazione definitiva) laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico.
1.2. Autotutela sull’aggiudicazione provvisoria e definitiva
Data la loro natura di atti amministrativi, l’autotutela può essere esercitata legittimamente tanto nei confronti di un’aggiudicazione provvisoria quanto nei confronti di una definitiva6anche se le loro caratteristiche impongono alcune differenze.
Infatti, l’eliminazione o la mancata conferma dell’aggiudicazione provvisoria non comportano l’instaurazione di un procedimento di secondo grado in senso stretto, quanto piuttosto un ripensamento della manifestazione della discrezionalità esercitabile nel procedimento stesso in cui l’atto è emanato. La mancata instaurazione di un procedimento di secondo grado si giustifica in quanto nei confronti di tale manifestazione volitiva, l’aggiudicatario vanta un’aspettativa di mero fatto alla conclusione del procedimento7: proprio perché si tratta di una situazione irrilevante ai fini del bilanciamento di interessi, non è necessario instaurare un contraddittorio procedimentale per permettere all’aggiudicatario di produrla come ragione a contrario del riesame.
poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, (si proceda al)la
stipulazione del contratto entro un termine di 60 giorni ( … )”.
6 AA.VV. (a cura di) M. A. Sandulli, Principi e regole dell’azione amministrativa,
Giuffré, Milano, 2015, p. 352.
7
Infatti, per recidere una situazione di mera aspettativa dell’aggiudicatario provvisorio è necessaria l’approvazione di un atto soprassessorio che si inserisca nel procedimento ad evidenza pubblica prima che sopraggiunga l’aggiudicazione definitiva (cfr. AA.VV. (a cura di) M. A. Sandulli, Principi e regole dell’azione
78 Diversamente da quanto accade per l’aggiudicazione provvisoria, la disciplina dell’autotutela e l’instaurazione del procedimento di secondo grado trovano spazio nei confronti dell’aggiudicazione definitiva.
Ciò è possibile in quanto tale provvedimento è in grado di ingenerare nei confronti dell’aggiudicatario un legittimo affidamento alla stipulazione del contratto. Il legittimo affidamento scaturito dall’aggiudicazione definitiva è una situazione rilevante tanto da far emergere la necessità di porre l’aggiudicatario a conoscenza dell’avvio del procedimento e di poterlo mettere nelle condizioni di instaurare un contraddittorio in cui possa produrre argomentazioni a favore del mantenimento dell’aggiudicazione a suo favore e di tenerne conto nel successivo bilanciamento con gli altri interessi pubblici e privati8.
1.3. Limiti all’esercizio dell’autotutela
Come abbiamo già avuto modo di dire, l’autotutela può essere esercitata solo nei confronti degli atti appartenenti alla fase di evidenza pubblica in quanto atti amministrativi (vedi infra capitolo II, par. 1; capitolo III, par. 1.2). Ciò che rimane da chiarire riguarda la questione se, nonostante l’annullamento e la revoca non siano legati a termini perentori, comunque siano sottoposti a delle preclusioni.
Se si pensa che nell’ipotesi fisiologica all’aggiudicazione definitiva succede la stipulazione del contratto, viene spontaneo chiedersi: è comunque possibile esercitare l’autotutela sugli atti della fase ad evidenza pubblica una volta entrati nella fase negoziale mediante la stipula del contratto?
Dato che la Legge nulla dispone in questione, la dottrina e la giurisprudenza hanno cercato di trovare una soluzione a tale quesito. Rinviando a più avanti nella trattazione, è giusto sin da ora
8
Cons. Stato, sez. V, sent. 18/07/2012 n. 4189; 21/11/2007 n. 5925; 21/03/2006 n. 1525, in www.gazzettaamministrativa.it .
79 precisare che le soluzioni elaborate in tema di annullamento d’ufficio e revoca sono del tutto differenti: infatti, in riferimento alla revoca la giurisprudenza ha ritenuto che la stipulazione del contratto rappresenti una preclusione all’esercizio del potere di riesame perché altrimenti la distinzione tra fase pubblica e privatistica verrebbe meno entrando in contrasto con l’istituto del recesso (infra par. 2.1). Al contrario, la giurisprudenza e la dottrina hanno ritenuto che la stipulazione del contratto non operi alcuna preclusione all’esercizio dell’annullamento d’ufficio (infra par. 3.2).
2. Revoca nelle procedure ad evidenza pubblica
Abbiamo già accennato (vedi infra capitolo II, par. 2) che la revoca è quello strumento di riesame che può essere applicato nei confronti di provvedimenti amministrativi determinandone la cessazione della produzione degli effetti dal momento in cui essa è stata dichiarata.
Più nello specifico, grazie all’interpretazione sistematica dei