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L’invalidità amministrativa: profili teoric

Secondo la teoria generale del diritto, un atto giuridico risulta invalido se è in contrasto con una norma imperativa. Questa affermazione ha un risvolto profondamente diverso a seconda che si parli di diritto privato o di diritto amministrativo, a causa del carattere cogente o meno delle norme dell’uno o dell’altro ordinamento: in particolare, mentre nel diritto privato vige il principio dispositivo, per cui le norme possono essere derogate dalle parti tranne che in alcune eccezioni, viceversa nell’ambito del diritto amministrativo le norme sono cogenti appunto, quindi non possono essere derogate tranne che in casi eccezionali molto rari.

Già da tutto questo si deduce che l’area dell’invalidità amministrativa è molto vasta e inoltre, nell’ambito del diritto amministrativo l’attività dei pubblici

uffici è fortemente procedimentalizzata, cioè consta di una serie di atti precedenti all’emissione del provvedimento amministrativo, atti procedimentali appunto, ognuno dei quali è sottoposto a sua volta a norme imperative: questo estende ulteriormente l’area dell’invalidità amministrativa, perché questa, di conseguenza, ci sarà anche in ogni caso di contrasto di uno degli atti del procedimento con le norme cogenti che lo riguardano.

Ma c’è di più: l’area dell’invalidità amministrativa è arricchita maggiormente dal fatto che in alcuni casi può intaccare anche l’ambito che attiene all’esercizio discrezionale del potere amministrativo; infatti in tal caso, seppur discrezionale, l’attività amministrativa è comunque legata a dei vincoli, nello specifico a quello del fine e al principio di ragionevolezza, e di conseguenza tutte le volte in cui tali vincoli non siano rispettati nel porre in essere un’attività amministrativa discrezionale, l’atto (del procedimento o il provvedimento) sarà invalido e, nello specifico, saremmo di fronte ad un caso particolare di invalidità, che è appunto l’eccesso di potere.

In principio dunque ogni contrasto degli atti amministrativi (si tratti del provvedimento o di atti procedimentali) con la normazione relativa e il contrasto della manifestazione di esercizio del potere con i principi e i criteri assunti a regola della discrezionalità amministrativa, dà luogo ad invalidità degli stessi, con la conseguente applicazione della disciplina che si va ad esporre.23

1.1 Invalidità totale e parziale

L’invalidità può essere totale o parziale.

Di regola l’invalidità di un singolo elemento dell’atto colpisce l’interezza dello stesso solo se tale elemento risulti essenziale, cioè se senza quello l’atto non sarebbe stato adottato o comunque risulterebbe inesistente. Il problema comunque deve essere risolto caso per caso, perché anche laddove si prenda in considerazione la distinzione tra atti scindibili ed atti inscindibili, non è detto che nel primo caso l’invalidità di un elemento non colpisca l’intero atto o viceversa; dobbiamo prendere spunto dall’insegnamento di Cammeo e quindi stabilire se «il contenuto della singola disposizione invalida sia un momento essenziale della dichiarazione di volontà e, se non lo è, l’invalidità si limita alla singola disposizione senza inficiare l’atto», cioè se la volontà dell’Amministrazione risulterebbe comunque nell’atto anche senza la parte viziata oppure, al contrario, se la presenza della stessa sia stata essenziale ai fini della determinazione del contenuto volitivo dell’atto.

1.2 Irregolarità degli atti amministrativi

Nel caso in cui ci siano, nell’ambito di un atto amministrativo,violazioni di norme, non sempre queste generano un atto invalido (sia esso nullo o annullabile); in alcuni casi tali violazioni lasciano l’atto comunque valido seppur irregolare, ma ciò comporta semplicemente l’applicazione di una sanzione, pecuniaria o disciplinare, nei confronti del soggetto emittente l’atto irregolare.

La nozione di “irregolarità” ricorre tutte le volte in cui si tratti di blanda difformità dell’atto ad una norma, per la quale non sia applicabile il regime dell’invalidità; il problema sorge dal momento in cui si voglia dare una definizione dell’istituto, voler comprendere quindi sotto un unico nomen una serie di ipotesi accomunabili: in dottrina gli studiosi si dividono tra chi ha una visione oggettiva, individuando in negativo la figura dell’irregolarità, quindi come una categoria residuale sotto la quale riunire tutti i casi di difformità di

un atto amministrativo non invalidante lo stesso e chi, all’inverso, ne ha una visione soggettiva, che caratterizza la nozione per la presenza della comminatoria di una sanzione a carico del soggetto agente.

Nonostante i tentativi svolti in dottrina di trovare una definizione univoca di irregolarità, in modo da poter “raggruppare” sotto la sua categoria una serie di ipotesi di difformità dell’atto non invalidanti, sono sorte difficoltà in tal senso: il fenomeno della irregolarità è articolato in una svariata serie di ipotesi, le quali non presentano elementi di comunanza tali da poter ricondurli ad unità e, oltretutto, anche l’ordinamento risponde con una serie di conseguenze giuridiche applicabili ad un atto amministrativo irregolare in modo articolato e per niente univoco (alle volte si parla di regolarizzazione, altre di rettifica, temporanea inefficacia…). 24

Tradizionalmente si soleva considerare la violazione di una norma imperativa sempre come causa di illegittimità (annullabilità); in questo clima giuridico il fenomeno dell’atto irregolare era meramente residuale e rarissimo, valutato come una trascurabile eccezione alla regola dell’annullabilità di un atto non conforme ad una norma imperativa.

I casi di irregolarità, quali blande difformità, erano in dottrina stati definiti come casi di irregolarità “minimale” o “debole”: questa è la categoria tradizionale di irregolarità, nata a cavallo tra XIX e XX secolo fino agli anni ’30 del Novecento, sotto la quale sono accomunate tutte le anormalità dell’atto amministrativo che non producono invalidità a causa del loro scarso rilievo, rispetto allo scopo della norma che è stata violata. Secondo questa impostazione infatti le norme, in relazione allo scopo, possono essere distinte in norme che prevedono adempimenti formali di necessità, essenziali (ad

substantiam) e norme che prevedono meramente forme di pubblicità (ad

24 LUCIANI F., ‹‹L’invalidità e le altre anomalie dell’atto amministrativo: inquadramento teorico››, in

probationem); la seconda serie di norme prevede requisiti non essenziali, violati

i quali l’atto non rischia di essere nullo o illegittimo, bensì rimane valido e meramente irregolare. Sotto la specie di irregolarità minimale o debole, era compresa una casistica piuttosto articolata e svariata: la mancata indicazione nel provvedimento del termine per ricorrere, l’omessa indicazione del responsabile o della data di conclusione del procedimento…

Accanto al genere dell’irregolarità debole o minimale, si incontrava anche quella della irregolarità forte. Come già detto in precedenza, tradizionalmente un’anomalia di un atto andava a creare in automatico una causa di illegittimità; agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, si comincia a cambiare prospettiva e a considerare l’ipotesi per cui una violazione di una norma possa produrre anche una conseguenza differente dall’annullabilità del provvedimento. Tale orientamento è stato accolto inizialmente dalla giurisprudenza e poi dal legislatore, il quale con L. n. 15/2005, modificante la legge n. 241/1990, ha introdotto l’art. 21-octies (annullabilità del provvedimento), il cui 2º comma individua una serie di casi in cui l’atto non risulti invalido nonostante che ci sia stata violazione di norme di natura sostanziale: l’atto non è annullabile, perciò configura un’ipotesi di irregolarità, ma profondamente diversa da quella che è stata finora descritta; è un tipo di irregolarità sicuramente più forte, che si avvicina all’area dell’invalidità. La norma parla di “non annullabilità” (non certo di irregolarità forte), ma stabilendo che non è annullabile conferma da una parte la non necessità di convalida e quindi la sua non invalidità; sicuramente però non si può neanche considerarlo un atto valido, dovendo comunque essere soggetto ad una regolarizzazione: di qui la possibilità di ricorrere alla nozione di irregolarità forte.25

25 LUCIANI F., ‹‹L’invalidità e le altre anomalie dell’atto amministrativo: inquadramento teorico››, in