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Vincolo del fine e principio di ragionevolezza

LA DISCREZIONALITÀ NELL’ESERCIZIO DEL POTERE

3. La discrezionalità amministrativa: definizione e princip

3.2 Vincolo del fine e principio di ragionevolezza

La scelta può riguardare l’an, quindi se adottare o meno un determinato provvedimento, sul quid e sul quomodo, quindi sul contenuto concreto del provvedimento e sulle modalità esecutive dello stesso, infine può riguardare il

quando, relativamente al momento nel quale adottare il provvedimento; che la

scelta riguardi uno di questi elementi o anche tutti insieme, in ogni caso si estende solo nell’ambito che la legge attributiva del potere ha deciso di lasciare libero: «fin dove le norme prescrivono non c’è possibilità di scelta;

51 CREMONA A., La discrezionalità della pubblica amministrazione (internet), 2009,

consultato 07 giugno 2014, 9 pag., disponibile all’indirizzo: www.diritto2000.it/dottrina/CremonadiscrezionalitàPA2009.htm, pag. 2.

dove le norme tacciono si estrinseca la scelta».52 È rimessa al legislatore la

possibilità di stabilire se in una determinata fattispecie sia più opportuno configurare come vincolati certi elementi piuttosto che altri: un atto che sia stato costruito come discrezionale può comunque risultare parzialmente vincolato sotto determinati aspetti (nell’an, nel quid o nel quomodo). Un esempio può essere quello relativo ai procedimenti di pianificazione urbanistica: in questo caso, si conviene che il piano regolatore generale sia un esempio tipico di atto discrezionale per quel che concerne il contenuto; lo è anche, se pur in modo più limitato, per ciò che riguarda il quomodo, ma non sembra discrezionale relativamente all’an, in quanto la sua adozione è obbligatoria per le amministrazioni comunali.53

In ogni caso la scelta che l’amministrazione procedente dovrà effettuare si deve estrinsecare secondo determinati principi e condizioni, rispettando quindi quelli che sono il vincolo del fine e il principio di ragionevolezza nella comparazione degli interessi in gioco: andiamo ad analizzarli.

3.2.1 Vincolo del fine

Il problema che sta alla base della costruzione della nozione in esame è quello di evitare che si confonda la discrezionalità con l’arbitrio dell’amministrazione; il concetto che fa da “canovaccio” è quello della “funzionalizzazione del potere amministrativo”: il potere della P.A., pur negli spazi di scelta che le sono concessi, non è mai libero bensì è comunque vincolato nei fini, laddove il fine corrisponde all’interesse pubblico fissato dalla legge come quello per il quale è stato concesso il potere all’amministrazione. Tale vincolo, prima della legge sul procedimento

52 Cit. CERULLI IRELLI V., Lineamenti di diritto amministrativo, Torino, 2013, pag. 289. 53BARONE G., ‹‹Discrezionalità amministrativa››, in Enciclopedia Giuridica Treccani, XI,

amministrativo in generale, non era positivizzato fino, appunto, alla normativa di cui all’art. 1 comma 1 della legge medesima.

Dunque potere discrezionale come parzialmente libero (in quanto la legge concede comunque uno spazio aperto alle scelte dell’autorità competente, scelte soggettive ed opinabili che rientrano nell’ambito del c.d. “merito amministrativo”), ma anche parzialmente vincolato; il primo vincolo che incontriamo è, quindi, quello del fine che deve essere raggiunto dall’autorità, in quanto è a tale scopo che lo stesso potere le è stato attribuito.

3.2.2 La valutazione e comparazione degli interessi in gioco: il principio di ragionevolezza

L’interesse pubblico cui deve tendere l’amministrazione non è mai univoco, non è un’entità semplice e statica bensì complessa e dinamica.

A tal proposito, infatti, bisogna introdurre i concetti di interesse primario e di interessi secondari: nella situazione concreta, l’amministrazione si trova sempre davanti ad una moltitudine di interessi in gioco che emergono di fatto e, tra questi, avremo l’interesse primario, che è l’interesse pubblico per la cui cura il potere stesso le è stato attribuito (non sempre indicato espressamente dalla norma, ma comunque ricavabile dal contesto). L’interesse primario, poi, si troverà ad incontrarsi e scontrarsi con un’altra serie di interessi, che vengono definiti secondari: sono così chiamati, non tanto per la loro minore importanza, quanto perché non rivestono il ruolo di interesse pubblico per il quale nello specifico è stato attribuito il potere, ma anche essi possono configurare interessi pubblici importantissimi. Gli interessi secondari possono essere a loro volta pubblici, o anche collettivi o privati e, in alcuni casi, prendono il sopravvento su quello primario, impedendone la soddisfazione. Un esempio potrebbe essere quello del potere di concessione mineraria: l’interesse pubblico primario che deve essere preso in considerazione in tale

contesto è quello dello sviluppo industriale del Paese, da perseguire concretamente affidando lo sfruttamento delle risorse minerarie di proprietà pubblica alle industre tecnicamente ed economicamente più idonee. L’interesse primario è quello, quindi, del corretto uso del territorio, il quale si incontra/scontra con un’altra pluralità di interessi, secondari dunque, a loro volta molto importanti: le condizioni di vita salubre per i cittadini che abitano quel territorio, la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, ecc… Dall’esempio si ricava come la soddisfazione dell’interesse primario non possa essere considerata isolatamente, scorporandola dal contesto reale, e capiamo che bisognerà tenere in considerazione tutta la serie di interessi secondari che entrano in gioco.

Dunque, arrivando al fulcro dell’illustrazione, prima di tutto sarà necessario identificare l’interesse pubblico da perseguire in concreto, per il quale si esprime la scelta nell’ambito di spazio di libertà lasciato all’autorità; tale scelta deve avvenire secondo criteri di ragionevolezza: scelta ragionevole quale scelta consequenziale rispetto alle premesse.

Una volta individuato l’interesse primario va analizzata, a fronte di esso, la posizione dei diversi interessi secondari e, in tale fase, il criterio di ragionevolezza si articola in due corollari fondamentali: il principio della necessaria acquisizione degli interessi e il principio della valutazione comparativa degli stessi; secondo il primo principio, l’Amministrazione è tenuta a prendere in considerazione nella loro completezza, in diritto e in fatto, tutti gli interessi, siano essi pubblici, collettivi o privati, presenti nella situazione concreta. Una volta acquisiti, in ossequio al secondo principio, dovrà innanzitutto operare una valutazione comparativa di tutti gli interessi collegati, soddisfacendo l’interesse primario e determinando le modalità e i contenuti della soddisfazione stessa e se vi è stato il sacrificio degli altri interessi oppure, al contrario, se detti interessi siano da considerare prevalenti. In presenza di una realtà così composita, l’amministrazione

procedente dovrà inevitabilmente operare una comparazione di tutti gli interessi in gioco, cioè non potendo apprezzare l’interesse che deve curare (quello primario) se non comparandolo con tutti gli interessi secondari, operando quella che in dottrina è stata definita una «ponderazione comparativa di più interessi secondari in ordine ad un interesse primario».54

Ad esempio sarà ragionevole, perché ha preso in considerazione tutti gli interessi presenti e ne ha fatto una valutazione comparativa, una scelta articolata in tal modo: il ministro dell’industria deve determinare, tra più ditte richiedenti la concessione mineraria, quella dotata dell’idoneità tecnica ed economica necessarie; a fronte dell’interesse primario dello sviluppo imprenditoriale nel settore di specie, saranno presenti altri e diversi interessi (come il rispetto dell’ambiente, la salvaguardia di colture agricole particolari ad esempio) che sicuramente non possono essere considerati meno importanti. Quale potrebbe essere un itinerario di scelta ragionevole? Una volta individuato l’interesse pubblico concreto e i vari interessi secondari, il ministro dovrà stabilire il grado di massimizzazione dell’interesse primario a fronte di quelli secondari: la miniera potrà essere sfruttata nel rispetto di limiti, tali da non consentire il danneggiamento delle colture e da imporre una serie di cautele all’imprenditore, per la salvaguardia dell’ambiente, ecc.. . Così, per le particolari esigenze di tutela dell’ambiente, la ditta prescelta potrebbe essere quella con possibilità economiche più ridotte, ma allo stesso tempo essere l’unica ad avere un’esperienza documentata in una determinata lavorazione di ripristino, di cui avrà sicuramente bisogno il territorio. In questo caso la scelta risulta ragionevole, in quanto ha comparato i vari interessi sacrificandone in parte alcuni (nell’esempio quelli economici) ma, sempre ottenendo il soddisfacimento di quello primario (incremento industriale nel settore minerario), per garantire la tutela di altri interessi, secondari, ma pur sempre fondamentali (nel caso di specie, quello della tutela

dell’ambiente). Al contrario non sarebbe stata ragionevole la scelta del ministro che, tenendo conto solo ed esclusivamente degli interessi di natura economica, avesse concesso la gestione della miniera di proprietà pubblica all’impresa più potente dal punto di vista economico, ma con alcun mezzo per poter comunque mantenere l’equilibrio ambientale, attraverso le lavorazioni di ripristino necessarie nel caso concreto. 55

Dunque vincolo del fine e rispetto del principio di ragionevolezza (considerazione di tutti gli interessi in gioco e comparazione degli e tra gli stessi) quali condizioni che legano sempre e comunque l’azione della pubblica amministrazione, se pur in ambito di esercizio discrezionale del potere.