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L'investimento del risparmio

LE FASI DI SVILUPPO DI UN PROGETTO DI PIANIFICAZIONE FINANZIARIA

1. Le aree di pianificazione

1.1 L'investimento del risparmio

Ciascun individuo ha una naturale propensione al risparmio, in quanto risparmiare risorse oggi apre la possibilità di aumentare i consumi di domani, e quindi di incrementare il benessere futuro. L'unica criticità sussiste nel risparmiare in modo “organizzato” e “finalizzato”: infatti solo questi due fattori insieme consentono di raggiungere effettivamente i benefici desiderati.

In questo senso, un primo passo verso la pianificazione del risparmio ci viene suggerito dall’economista John Maynard Keynes, quando, parlando delle ragioni che spingono un soggetto al risparmio, individua tre motivi1: un motivo transattivo, uno precauzionale e

uno speculativo. Così, in modo più approfondito, il Financial Planner dovrà costruire, a fianco del cliente consumatore, la struttura che il suo risparmio deve avere in funzione delle caratteristiche particolari sue e della sua famiglia.

Il risparmio è strettamente collegato all'investimento e diventa tale quando lo spostamento nel tempo ha come obiettivo l'incremento della risorse finanziarie e patrimoniali. In questo modo l'investimento diventa un semplice mezzo per il perseguimento del suo fine ultimo: il consumo.

Tali finalità si acquisiscono generalmente prestando le risorse ad aziende o Stati per ricevere un compenso (titoli di debito o obbligazioni) e/o partecipando ad attività economicamente produttive (strumenti del capitale di rischio o azioni)2.

Per questo motivo l'investimento non può prescindere dai seguenti quattro componenti: 1) l' individuazione e la quantificazione dei consumi attuali e futuri (da effettuare sull'intero arco della vita) che costituiscono gli obiettivi di investimento;

2) la capacità di rischio oggettiva e l'attitudine soggettiva al rischio;

3) le risorse finanziarie attuali e il risparmio sull'intero arco di vita, quantificati dal conto economico e dello stato patrimoniale;

4) la strategia d'investimento, che integra gli elementi precedenti, definendo l'allocazione delle risorse nel tempo in maniera coerente, efficiente ed efficace.

L'obiettivo d'investimento può essere definito come il risultato quantificabile che il consumatore persegue al fine di soddisfare un bisogno attinente al governo della sua situazione finanziaria, economica e patrimoniale, in funzione del ciclo vitale proprio e della sua famiglia.

Tipicamente gli obiettivi si articolano secondo la seguente struttura di priorità:

a) liquidità: l'obiettivo è mantenere nel tempo una scorta monetaria3 e/o un fondo di

emergenza per effettuare eventuali pagamenti da realizzare in un arco di tempo breve (per esempio 12 mesi) e gestire imprevisti di relativa entità. La necessità di ridurre al minimo il rischio di liquidabilità delle risorse può essere ottenuta anche a scapito della conservazione del loro potere d'acquisto e della loro crescita nel tempo;

b) riserva: l'obiettivo è quello di conservare nel tempo un accantonamento finanziario che possa consentire la gestione di eventuali imprevisti di apprezzabile entità, un sufficiente tempo di autonomia finanziaria a fronte di eventi improvvisi e dannosi quali perdita o impossibilità di produrre reddito, sopportare con serenità crisi prolungate dei mercati finanziari senza compromettere la stabilità economica e patrimoniale della famiglia. La conservazione del potere di acquisto delle risorse può essere ottenuta a discapito della possibilità di un loro incremento;

c) raggiungimento di obiettivi di vita: gli obiettivi considerano i cambiamenti futuri 2 Caparvi Roberto, Il mercato mobiliare italiano, strutture e tendenze evolutive, Gli strumenti finanziari e il relativo trattamento fiscale, di FrancoAngeli, Milano, 2003, pp 1-85.

3 Arcelli Mario, L’economia monetaria e la politica monetaria dell’unione europea, Dalla domanda di moneta Keynesiana alla teoria delle scelte di portafoglio, Cedam, Padova, 2002, pp.197-229.

previsti secondo la successione temporale degli eventi vitali del consumatore e della sua famiglia (“life cycle”), laddove sono quantificati, mediante il supporto di strumenti e dati oggettivi, gli importi necessari per ciascun anno del ciclo di vita e sono definite le priorità del loro soddisfacimento;

d) accumulazione, gestione e decumulo di ricchezza: l’obiettivo è quello di aumentare la propria stabilità economico-patrimoniale coerentemente con l’orizzonte temporale della pianificazione;

e) speculazione: l’obiettivo del consumatore è quello di realizzare guadagni definiti in tempi relativamente brevi, laddove vi è la sua disponibilità a subire una perdita anche totale delle risorse destinate e/o anche a subire una perdita maggiore rispetto al capitale destinato.

La struttura delle priorità tra gli obiettivi di investimento risponde alla necessità di iscrivere il processo di pianificazione all’interno di un quadro di stabilità economico- finanziario-patrimoniale della famiglia del consumatore. Per tale motivo è importante che le risorse finanziarie ed economiche allocabili negli obiettivi di “accumulazione, gestione e decumulo della ricchezza” e “speculazione” siano determinate residualmente in seguito al soddisfacimento degli obiettivi di “liquidità” e “riserva”, e comunque in funzione delle priorità definite dal cliente relativamente alla presenza di eventuali obiettivi di vita.

Se il consumatore potesse contare sulle proprie risorse, attuali e future, per soddisfare e raggiungere tutti gli obiettivi di investimento desiderati, allora la posizione più razionale verso il rischio sarebbe quella di non rischiare. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, le risorse derivanti dal proprio “capitale umano”, ossia il valore attuale dei redditi da lavoro futuri derivanti dal lavoro al netto dei consumi, non consentono di realizzare tutti gli obiettivi che ci si pone. E’ per questa ragione che, in genere, si assume un rischio per ottenere maggiori risorse con le quali migliorare la propria condizione di vita.

Quindi l’attitudine al rischio del consumatore non deve essere definita astrattamente, in quanto in assenza di parametri di riferimento alla domanda generica: ”Quanto preferisci

rischiare?” l’unica risposta razionale è: ”Niente!”. L’attitudine al rischio degli

investimenti deve essere sempre messa in relazione alla possibilità che il rischio ci potrebbe dare di raggiungere o meno gli obiettivi desiderati.

Nella pianificazione finanziaria l’attitudine al rischio del consumatore esprime dunque la massima disponibilità soggettiva ad accettare che il valore dei propri investimenti sia più o meno variabile e ciò è determinato dagli atteggiamenti, dalle esperienze e dalla cultura del consumatore. Ovviamente tale disponibilità rappresenta un valore soglia in quanto, se gli obiettivi possono essere raggiunti con un grado di rischio inferiore, sarebbe irrazionale non ridimensionare, di conseguenza, la propria disponibilità.

Viceversa, nel caso di non raggiungimento degli obiettivi di vita, sarebbe opportuno, eventualmente, riconsiderare la propria attitudine al rischio al fine di valutarne un incremento sopportabile. Pertanto, la definizione soggettiva del rischio è il risultato di un processo di ricerca dell’equilibrio ottimale tra le risorse a disposizione e quelle necessarie per raggiungere gli obiettivi di vita. Da tutto ciò discende che dalla qualità della descrizione dell’attitudine al rischio del consumatore dipende l’esito dell’intera pianificazione degli investimenti. Generalmente il rischio degli investimenti viene codificato su un’unica dimensione mentre ai fini della pianificazione di qualità è necessario indagare sulla sua struttura, che è costituita da diversi fattori.

Così l’attitudine al rischio può essere espressa come:

1. rischio di fluttuazione, ossia l’attitudine a sopportare perdite sul capitale

investito durante l’intero periodo di pianificazione;

2. rischio di liquidabilità, ossia l’attitudine a permanere nell’investimento per un

tempo minimo necessario per non subire una perdita su capitale iniziale;

3. propensione al rischio, ossia la disponibilità ad accettare che la prestazione

finale sia più o meno variabile;

4. rischio d’impiego, ossia il grado di protezione che intende assumere verso

eventuali shock dei mercati in prossimità dell’utilizzo delle risorse.

Tale parametro assume un’importanza significativa relativamente alla definizione della strategia d’investimento, che deve modificarsi nel tempo in maniera da ridurre le possibilità di perdita sia sulle risorse conferite nel tempo che sul capitale maturato. In ogni caso, il consulente, al fine di fornire informazioni corrette, chiare e non fuorvianti delle stime dei rischi, deve effettuarle in termini probabilistici e oggettivi, coerentemente con l’orizzonte temporale della pianificazione in quanto al variare del tempo il grado di rischio cambia. In particolare le stime:

 devono basarsi su ipotesi ragionevoli supportate da dati obiettivi;

 devono evidenziare che tali previsioni non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.

Inoltre, per fornire al consumatore la percezione dell’attendibilità delle stime statistiche, è opportuno che il consulente proponga, rispetto alle scelte effettuate, uno “stress test”, ossia una simulazione della tenuta o del fallimento delle stime nei momenti di shock storici dei mercati.

Infine, ma non meno importante, occorre definire, sulle basi delle informazioni finora raccolte, la strategia d’investimento. Essa descrive le modalità secondo cui le risorse disponibili del consumatore devono essere organizzate al fine del raggiungimento degli obiettivi della pianificazione4.

Il Financial Planner dovrebbe fornire al consumatore una proposta di strategia che risponda a tre importanti requisiti. Infatti essa deve essere:

1) complessiva: deve comprendere tutte le esigenze e gli obiettivi del cliente; 2) life cycle: deve consentire sia di consolidare nel tempo le performance positive

acquisite con le allocazioni iniziali con un grado di rischio più elevato, sia di ridurre il rischio che si possa subire una perdita elevata in caso di shock di mercato nell’imminenza dell’utilizzo del capitale;

3) ottimizzata: deve massimizzare, all’interno dei vincoli di tempo e rischio definiti, sia la percentuale di completamento degli obiettivi sia la ricchezza non utilizzata.

Ma la rappresentazione della strategia, da sola, non consente la valutazione della pianificazione degli investimenti. Il consulente deve fornire al consumatore anche i suoi esiti, in termini di capacità di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Così dovrà dettagliare, per ciascun obiettivo, il grado di completamento percentuale stimato, al livello di probabilità definito, nonché l’evoluzione di eventuali risorse non utilizzate. Il passo successivo sarà quello dell’implementazione della strategia d’investimento, che consiste nell’individuare prodotti e servizi che possano replicare, con la maggiore coerenza ed efficienza possibile, il benchmark individuato inizialmente.