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Il risparmio previdenziale

L’APPROCCIO ALLA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA IN ITALIA

1. Evidenze e rilevazioni statistiche sull’approccio alla pianificazione finanziaria in Italia

1.2 Il risparmio previdenziale

A seguito delle numerose riforme avutesi a partire dai primi anni novanta, la pensione pubblica è destinata a diventare meno generosa che in passato. Questo pone sin d’ora i futuri pensionati di fronte al problema di come finanziare i propri consumi dopo il ritiro dall’attività lavorativa. Affinché i lavoratori possano disporre di forme di risparmio complementari al pilastro pubblico, sono state introdotte misure volte a incentivare la previdenza complementare. È stato rafforzato il quadro normativo dei fondi pensione, si è incoraggiato il risparmio previdenziale con incentivi di natura fiscale, è stata attuata la riforma del TFR prevedendone il conferimento nei fondi pensione tramite il meccani- smo del silenzio-assenso.

Sebbene negli ultimi anni la previdenza complementare si sia sviluppata in misura significativa, soprattutto a seguito della riforma del 2007, il numero degli aderenti è ancora modesto.

La quota degli iscritti rimane su valori particolarmente ridotti tra quelle categorie di lavoratori che in prospettiva avranno più bisogno di integrare le risorse derivanti dal pilastro pubblico, quali i giovani e i lavoratori autonomi.

ancora molto inferiore a quello dei principali paesi industriali7.

In questa situazione molti lavoratori si trovano esposti a un forte rischio previdenziale, ovvero alla possibilità che, raggiunta l’età del pensionamento, si trovino a non avere risorse sufficienti a mantenere un tenore di vita adeguato. Vi sono rischi anche per l’intera collettività, poiché essa verrà chiamata a farsi carico di interventi di natura assistenziale.

Ma gli italiani percepiscono la presenza del rischio previdenziale?

E come lo affrontano all'interno di un progetto di pianificazione del bilancio familiare?

L’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia8 costituisce da questo punto di

vista una fonte preziosa di informazioni.

Sulla base dei dati raccolti nell'immediato post-riforma 2007, possiamo rilevare che il tasso di sostituzione atteso dai lavoratori della pensione pubblica (ovvero la percentuale di pensione attesa rispetto all'ultimo stipendio percepito) risulta in media pari al 64% (Fig. 1.7). Coerentemente con le regole di calcolo previste dalla normativa, le generazioni più giovani si attendono un tasso di sostituzione inferiore rispetto a quelle più anziane. I lavoratori autonomi saranno i più svantaggiati, con un tasso atteso di sostituzione del 55,8%, mentre i dipendenti del settore pubblico saranno i più favoriti, con un 70,6%.

Quindi, rispondendo alla prima domanda, possiamo affermare che esiste la percezione del problema previdenziale da parte delle famiglie italiane.

La preoccupazione si ha osservando i dati sull'andamento delle adesioni alla previdenza complementare nel nostro Paese, contenuti nella relazione annuale di Covip del 2012, dove possiamo notare che a sei anni dall’avvio della riforma, l’incremento della partecipazione al sistema della previdenza complementare, sebbene significativo, risulta ancora inferiore alle aspettative. Dal 2007 le adesioni sono aumentate di 2 milioni 700 mila, oltre la metà (circa 1,4 milioni) si è concentrata alla scadenza del primo semestre 7 Covip, Relazione Annuale 2012, La situazione della previdenza complementare in Italia, giugno 2013. (Per un confronto internazionale si veda OCSE, Pension markets in focus, 2012).

8 L’indagine è svolta ogni due anni presso un campione di circa 8.000 famiglie rappresentative della popolazione italiana e permette di osservare, con un elevato grado di dettaglio, le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie, nonché la loro condizione reddituale e patrimoniale. L’indagine sul 2008, i cui risultati sono stati pubblicati all’inizio del 2010, contiene nuove domande sul tema previdenziale: tra queste, domande relative all’adesione ad un fondo pensione, al grado di conoscenza delle regole del sistema pensionistico e alla propensione all’acquisto di una rendita finanziaria. Questo studio utilizza i risultati dell’indagine al fine di analizzare la situazione previdenziale delle famiglie italiane e valutare i principali fattori che ostacolano la crescita del risparmio pensionistico.

Fig. 1.7 - Tasso di sostituzione della pensione pubblica atteso dai lavoratori(*) (valori percentuali) Numero media osservazioni Totale campione 4.762 64,2 Sesso uomini 2.874 64,7 donne 1.888 6 63,4

Area geografica di residenza

nord 2.443 62,7 centro 989 68,8 sud e isole 1.330 63,8 Età <35 903 62,6 35-44 1.567 62,8 45-54 1.625 66,3 55-64 611 68,1 Istruzione

senza titolo o licenza elementare 306 59,7

media inferiore 1.532 64,8

media superiore 2.200 64,6

laurea 724 63,6

Condizione professionale

dipendente settore privato 2.635 64,7

dipendente settore pubblico 1.166 70,6

lavoratore autonomo 900 55,8

lavoratore atipico 61 51,3

(*)In ordinata sono indicate le percentuali di lavoratori con un tasso di sostituzione compreso negli intervalli di valori indicati in ascissa. Sono inclusi tutti gli individui intervistati che risultavano occupati nell’anno dell’indagine.

Fonte: Banca d’Italia, Le scelte previdenziali nell'indagine delle famiglie della Banca d'Italia - Elaborazioni sui dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie sul 2008, di G.Cappelletti e G.Guazzarotti, dicembre 2010.ci

delle famiglie della

Banca d’Italia

del 2007, termine entro il quale doveva essere esercitata l’opzione sul conferimento del Trattamento di fine rapporto (TFR).

Dall’avvio della riforma sono state circa 219.000 le adesioni tacite alle forme di previdenza complementare; di queste, 167.000 sono confluite nei fondi pensione negoziali, 11.000 nei fondi pensione preesistenti, poco meno di 5.000 nei fondi pensione aperti e 36.000 in FONDINPS. Rispetto al totale dei nuovi iscritti dipendenti privati, l’incidenza delle adesioni tacite è stata solo dell’8%.

Alla fine del 2012 i lavoratori iscritti alla previdenza complementare sono oltre 5 milioni 800 mila: l’incremento delle iscrizioni è stato pari al 5,3%, rispetto all'anno precedente, concentrato soprattutto nei piani individuali pensionistici (PIP).

A fronte di 442.000 nuove adesioni sono usciti dal sistema circa 150.000 iscritti prevalentemente per riscatti e prestazioni pensionistiche in conto capitale.

Le anticipazioni hanno interessato oltre 90.000 aderenti, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente. Resta prevalente il ricorso alle anticipazioni per esigenze diverse da quelle per spese sanitarie e acquisto o ristrutturazione della casa.

Il tasso di adesione complessivo dei lavoratori dipendenti pubblici e privati e di quelli autonomi è del 25,5%, un quarto del totale degli occupati.

Preoccupa l’elevato tasso di sospensione dei versamenti ai fondi pensione: si tratta di 1.200.000 iscritti, 100.000 in più rispetto all’anno precedente.

Sulla base di queste evidenze, il problema dell’esiguità del risparmio previdenziale pri- vato non sembra poter essere spiegato dalla scarsa consapevolezza degli effetti delle ri- forme da parte dei lavoratori.

Vi sono presumibilmente altri fattori che giocano un ruolo più importante, come affer- mato dal Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi nell'Indagine sul Risparmio

e sulle scelte finanziarie degli italiani, condotta su 1.044 famiglie tra il 28 gennaio e il

22 febbraio 2013.

Secondo l'indagine, le ragioni dello scarso ricorso alla previdenza complementare si possono articolare in tre categorie.

1) Al primo posto vi è la scarsa e imprecisa informazione che gli intervistati dimo- strano implicitamente ed esplicitamente sui fondi pensione. Questo tema dovreb- be risvegliare l’interesse dei promotori dei fondi a far conoscere meglio le carat- teristiche di uno strumento finanziario che resta oscuro per la maggior parte dei risparmiatori.

2) In secondo luogo, su questo limbo di scarse informazioni s’innescano i pregiudi- zi e gli scetticismi. È possibile leggerli esaminando in dettaglio le spiegazioni del non-interesse verso i fondi dichiarate dagli intervistati subito dopo essere sta- ti informati dei vantaggi fiscali. Come si vede dalla figura 1.8, chi è troppo gio- vane pensa di avere ancora tempo prima di decidere sulla pensione integrativa. Chi è oltre i 40-50 anni pensa di essere troppo in ritardo e quindi si affida alla li- quidazione del Tfr. Questi due segmenti valgono il 26% degli scettici verso i fondi pensione. Poi vi è il 37% degli scettici che esplicitamente non si fidano dei fondi (18%) o preferiscono investire da sé i risparmi e il Tfr (19%). Il residuo 37% dichiara di non avere risparmi da investire, il che significa che non pensa di fare ulteriori sforzi oltre al Tfr, se lo possiede.

3) La terza ragione della bassa presa, fino a oggi, della previdenza integrativa è probabilmente da collocare nel numero di forme integrative di reddito che hanno o presumono di avere gli italiani quando andranno in pensione (figura 1.9).

Figura 1.8 - Percentuali degli intervistati che giudicano poco o per nulla interessanti i fondi pensione, per ragione del disinteresse

19%

37% 17%

9% 18%

Preferisco fare da me gli investimenti utili alla mia vecchiaia

Non ho risparmi da destinare Sono troppo in là negli anni Sono troppo giovane per pensare già alla pensione integrativa

Non mi fido dei fondi pensione

Fonte: Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli ita- liani, 2013, pp. 45.

Figura 1.9– Percentuali degli intervistati (che hanno espresso almeno un’opinione) che prevedono una specifica entrata aggiuntiva quando andranno in pensione

2011 2012 2013 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 22 18 11 14 15 12 22 18 15 21 19 17 25 23 27 25 28 33 40 52 47

La pensione di un familiare convivente La rendita dell'investimento del mio tfr La rendita del fondo pensione Un'eredità ricevuta o che arriverà

Il frutto dei risparmi in titoli e in gestioni patrimoniali Il vitalizio di una polizza sulla vita

L'affitto di un immobile in cui ho investito o penso di investire i miei risparmi

Fonte: Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli ita- liani, 2013, pp. 46.

Fatta salva una quota del campione del 14,9%, più o meno costante e più o meno so- vrapponibile alle «cicale», tutti gli altri intervistati dichiarano qualche integrazione del proprio reddito: c’è chi conta sulla pensione di un famigliare convivente (47%), chi sul- la rendita dell’investimento del Tfr (33%), chi su un’eredità che riceverà (17%), chi sul- la rendita dei risparmi accantonati in passato (15%) o sull’affitto di un immobile (11%). Poi ovviamente vi è anche il 27% (sugli intervistati interessati al lungo termine) che conta sulla previdenza integrativa e il 17% che conta sul vitalizio di una assicurazione sulla vita.

Si può concludere con l’osservazione che le famiglie italiane sono perfettamente consa- pevoli della presenza di un rischio previdenziale, ma non lo sanno ancora ben gestire. Per questo motivo la pianificazione finanziaria assume un ruolo decisivo.

Il supporto di un financial planner diventa di fondamentale importanza, al fine di aiuta- re il contribuente a quantificare il proprio gap pensionistico e a costruire le opportune modalità per colmarlo, affinché in futuro possa “godersi” la pensione e non subirla.