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Come ricordato, la c.d. “parte speciale” del d.lgs. 231/2001 comprende oggi anche reati di natura colposa. Il loro inserimento, oltre ad essere rilevante per l’imputazione all’ente collettivo, si ripercuote sui paradigmi di responsabilità dell’organismo di vigilanza.

Parte della dottrina ha infatti ritenuto possibile applicare la figura della cooperazione colposa436, sulla scorta di alcune tendenze giurisprudenziali maturate in relazione ai componenti del servizio di prevenzione e protezione per la sicurezza (d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, poi sostituito con il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, a sua volta integrato con il d.lgs. 3 agosto 2009, n. 106).

La cooperazione colposa, che fa riferimento alla norma dell’art. 113 c.p., si fonda su due cardini fondamentali che descrivono e qualificano, per così dire, la partecipazione ad una dinamica criminosa. In primis, è necessario il nesso soggettivo che mette in relazione le condotte437, in modo tale che ogni partecipe

abbia consapevolezza di stare fornendo il proprio apporto alla realizzazione di un comune reato, anche se l’evento non è voluto438. La c.d. “coscienza del concorso”

differenzia questo modello di imputazione del concorso colposo di cause indipendenti. Il secondo requisito è quello dell’atteggiamento di negligenza, imprudenza, imperizia nei confronti del bene giuridico protetto dalle norme violate, anche attraverso una condotta omissiva.439 La Cassazione ha stabilito che è possibile individuare la presenza di questa figura anche all’interno di organizzazioni complesse, dove si manifesta una confluenza di diverse condotte da parte di vari attori, in tempi diversi, e che il necessario elemento psicologico

436 L.ANTONETTO, 2008, pp. 75 ss.

437 Cass., IV, 23 novembre 1987; Cass., IV, 15 novembre 1986; Cass., I, 18 marzo 1982. 438 Cass., SS. UU., 25 novembre 1998

sussiste laddove ognuno sia conscio che anche altri hanno preso o prenderanno parte al complesso dell’azione.440

È interessante osservare come la cooperazione colposa possa avere l’effetto di conferire rilevanza anche a condotte atipiche, quali varie forme di agevolazione o semplice partecipazione, che non godrebbero di alcuna autonomia se fossero considerate attraverso il modello del concorso di cause indipendenti. Tale effetto estensivo si verifica “senz’altro nei reati commissivi mediante omissione, quando vi sia l’apporto di soggetto non gravato dell’obbligo di garanzia. Una situazione analoga si può configurare quando la regola cautelare violata attiene all’obbligo di prevenire altrui condotte colpose. […] Dalla ricostruzione dell’istituto emerge che esso trova la sua applicazione elettiva nelle situazioni complesse dal punto di vista fattuale od organizzativo che vedono il coinvolgimento di diversi soggetti. La figura si attaglia perfettamente a contingenze […] nelle quali i processi decisionali vedono il contributo di diversi livelli di potere, di diversificati ruoli, di distinte competenze. Si determina il coinvolgimento integrato di varie condotte che, solitamente, non possono essere considerate isolatamente senza perdere il loro significato”.441 Naturalmente, tale estensione porta con sé il pericolo di una degenerazione (che solitamente avviene esasperando l’importanza del coefficiente soggettivo che deve legare le diverse condotte); per evitare ciò, va ricordato che il coinvolgimento integrato di più soggetti deve essere sempre contemplato – rectius, imposto – dalla legge, e/o da esigenze di tipo organizzativo connesse alla gestione del rischio, e che tale assetto deve essere definito ed oggetto della consapevolezza dei partecipi.

Alcuni autori442 sostengono che, indipendentemente dal paragone con il RSPP sarebbe possibile, allo stato del nostro ordinamento, ipotizzare una cooperazione colposa a carico dell’odv, a patto che siano rispettate le generali condizioni per tale imputazione esplicitate dalla Suprema Corte, vale a dire la conoscenza o doverosa conoscibilità del pericolo, l’evitabilità dell’evento lesivo, l’omissione dell’intervento diretto all’eliminazione del rischio, purché risulti che,

440 Cfr, ad esempio, Cass., IV, C.E.D., 228927.

441 Cfr. Sent. Cass. SS.UU., 24 aprile 2004 (Thyssenkrupp), cit., Considerato in diritto, § 29-30. 442 P.FIMIANI, 2011, p. 188 ss.

se tempestivamente attuato, tale intervento avrebbe impedito l’evento reato443. La dottrina ha sottolineato come l’inevitabile sovrapposizione del rischio di sicurezza con il rischio di commissione del reato produca una sorta di distorsione, pretendendo una organizzazione impeccabile, ed un modello di diligenza altissimo, e conseguentemente un esito quasi sempre fallimentare della prevenzione444. In proposito, l’errore da non commettere è trasformare la valutazione ex post del contributo causale dell’omissione e delle attività di controllo in una produzione di modelli accusatori, basandosi su ciò che effettivamente avrebbe potuto impedire un reato, senza avere riguardo per la conoscibilità della situazione da parte del garante, né per la diligenza con cui, pur fallendo, abbia svolto il proprio operato. Per delineare la responsabilità, oltre all’accertamento che l’odv fosse in grado di svolgere correttamente il suo ruolo grazie ad un’adeguata dotazione di mezzi, finanziamenti e poteri, dovrà essere isolato il suggerimento errato, o l’inerzia colpevole, che ha avuto un ruolo nel produrre la incauta determinazione del datore, nel cui ambito si è prodotto il reato445.

Secondo un’altra posizione, non sarebbe possibile attribuire all’odv una responsabilità di questo tipo, dal momento che l’atteggiamento colposo dei suoi membri andrebbe a violare le regole contenute nei modelli, i quali a loro volta mirano a verificare l’efficacia del sistema di prevenzione dei reati; pertanto, si tratterebbe di una prevenzione “di secondo livello”, la cui violazione sarebbe esclusa dal rimprovero penale446. Infatti, la funzione dell’odv sarebbe “connotata da una finalità preventiva indiretta. L’organo in esame, cioè, non serve a prevenire concreti episodi delittuosi, bensì ad assicurare l’effettività dei modelli di organizzazione e di gestione adottati. Il suo compito precipuo è quello di rilevare rischi, di far sì che si riducano i margini di commissione d’illeciti. Altri indici inducono a questa conclusione, quali la sua natura prevalentemente consultiva e, dunque, la sua estraneità alla gestione societaria, tanto da non

443 Cass. pen., Sez. IV, 12 ottobre 2007, n. 37589.

444 Esprime questa preoccupazione F.GIUNTA, 2001, p. 70 ss. 445 F.VIGNOLI, 2008, p. 100.

consentire ingerenze nell’operato dell’amministrazione, nonché l’assenza di una previsione espressa che permetta un aggancio di responsabilità penale stricto sensu”.447