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Veniamo ora all’analisi delle caratteristiche e delle problematiche dell’organismo di vigilanza. Le due essenziali qualità prescritte dalla normativa sono l’indipendenza e l’autonomia; attengono a due sfere certamente collegate, ma – occorre precisarlo – concettualmente distinte. L’indipendenza è un requisito soggettivo considerato “un punto qualificante ed irrinunciabile”274, che si riferisce

ai singoli membri che vanno a costituirlo; essi dovrebbero essere identificati in soggetti non toccati dal conflitto di interessi, senza incarichi di consulenza (qualora siano esterni), collocati in una posizione gerarchica sufficientemente elevata e, in ogni caso, tale da non consentire di considerarli alla stregua di semplici dipendenti dagli organi esecutivi di alcun livello275; ovviamente, inoltre,

non debbono identificarsi con essi.276

C’è chi ha teorizzato l’esistenza implicita di un altro requisito personale, non previsto dal testo del decreto: quello della onorabilità, che è invece prescritto per amministratori e sindaci. Per comprenderne il significato, osserviamo che nella disciplina civilistica questa viene meno al momento della condanna che segue alcuni reati (tipicamente, quelli societari, fallimentari, bancari, finanziari, contro il patrimonio o la pubblica amministrazione; quelli non colposi con pena della reclusione non inferiore ad un anno), oppure se i soggetti sono sottoposti ad interdizione temporanea, a sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, o ad una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza ex art. 2382 c.c., o a misure di prevenzione. “Non c’è dubbio che tali disposizioni

274 Così la Relazione al decreto.

275 Questa l’opinione di P. BASTIA, 2005, passim. 276 G.i.p. Trib. Roma 4 aprile 2003.

si applichino anche ai componenti dell’organismo di vigilanza”277, sostiene

taluno. Effettivamente, la logica della prevenzione delle attività criminose, cui il sistema della responsabilità dei reati tende, non ammetterebbe per i controllori una posizione meno onorabile di quella richiesta per i controllati. È però indubbio che una specificazione legislativa in tal senso avrebbe giovato, oltre che alla chiarezza sistematica, ad una meno disagevole individuazione dei potenziali membri dell’odv.

L’altra essenziale condizione che il legislatore prescrive è l’autonomia. La dottrina278 e la giurisprudenza279 la interpretano con particolare attenzione all’effettività dei poteri di controllo, all’adeguatezza del flusso informativo e all’adeguatezza delle risorse (che devono essere individuate dai modelli, ex art. 6, comma 2, lett c).

Infine, dalla natura dei compiti che gli sono affidati, si può dedurre il requisito, per così dire “strumentale” della continuità di azione: la necessità di svolgere con precisione i propri compiti di sorveglianza rispetto a tutti gli aspetti della vita dell’ente è difficilmente conciliabile con un’attività episodica dell’odv280. Allo stesso tempo, non si può omettere l’osservazione che,

specialmente per piccoli enti, ciò comporterebbe uno sforzo notevole, e probabilmente eccessivo, in termini di allocazione delle risorse e del personale.

277 A.BERNASCONI, 2013, p. 142. 278 A.BERNASCONI, 2013, p. 143.

279 G.I.P. Trib. Roma, 4 aprile 2003, in Foro it. 2004, II, c. 317. Trib. Milano, 20 settembre 2004, in Guida al diritto, 2004, 47, p. 69. Inoltre, anche nel caso Thyssenkrupp la mancanza di autonomia è stata ritenuta determinante per fondare la responsabilità dell’ente.

280 Cfr. Linee guida per la costruzione di modelli di organizzazione, gestione e controllo ex d.lg. n.

231/2001 di Confindustria, nonché G.I.P. Trib. Roma 4 aprile 2003, cit. Circa il ruolo delle linee guida elaborate da Confindustria e da altre associazioni, si deve ricordare che l’art. 6, comma 3 d.lgs. 231/2001, afferma che “I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.”

3.5 – Composizione

Può a prima vista apparire strano che la nomina dei membri dell’organismo di vigilanza sia affidata al vertice dell’ente. Eppure, occorre sottolineare che la responsabilità di adottare il modello di organizzazione e gestione, come tutte le scelte correlate (compresa appunto la costituzione dell’organismo) è in capo ai vertici decisionali. Inoltre, essi sono tenuti alla definizione delle regole per la nomina e la revoca, la durata della carica, il compenso, le cause di scioglimento del rapporto. Alla luce di tale procedimento, si comprende la centralità del requisito dell’indipendenza, che deve assicurare ai nominati di poter emancipare la loro posizione da ogni residua influenza dei vertici gestionali. Alcuni autori hanno però teorizzato che solo la nomina da parte dell’assemblea potrebbe escludere tentativi di ingerenza da parte degli amministratori281.

Naturalmente, è da tenere in gran conto la professionalità dei soggetti che vengono nominati: gli esperti in materie aziendalistiche, e dell’area giuridico- societaria dei controlli sono certamente ottimi candidati. La giurisprudenza aveva abbozzato la necessità di verificare competenze per l’analisi statistica, l’attività ispettiva e consulenziale282, ed anche le linee guida di Confindustria parlano di

esperti in tecniche tali da garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo. Certamente, l’attività di vigilanza non si esaurisce in una serie di controlli, che possono essere singolarmente assegnati anche ad esperti esterni; è però indubbio che una competenza di questo tipo per i membri dell’odv agevoli il loro ruolo e l’assegnazione delle deleghe specifiche.

È importante sottolineare che, in virtù del ruolo dell’odv, sarebbe ideale riuscire a bilanciare l’indipendenza dei soggetti con una certa conoscenza dell’ente: chi conosce i processi decisionali, la struttura e le attività può senza dubbio svolgere più accuratamente il proprio compito di sorveglianza283. È altrettanto ovvio che tale teorema rasenta l’irrisolvibile quando si tratti di un organo monopersonale: forse l’unica soluzione sarebbe un ex-dipendente

281 CLARIZIA-NATI, 2002, p. 310.

282 Cfr. G.I.P. Trib. Milano (Ord.), 20 settembre 2009, in Foro italiano, 200, p. 357.

283 E.L.NTUK, 2012. Cfr. anche le Linee guida dell’Associazione Bancaria Italiana per l’adozione

di modelli organizzativi sulla responsabilità amministrativa delle banche (d.lg. n. 231/22001),

dell’impresa, o addirittura un ex-dirigente. Ci sono però alcuni autori che contestano questa ipotesi, affermando che non si potrebbe avere garanzia dell’indipendenza di chi fino a poco tempo prima amministrava l’ente che ora sarebbe chiamato a controllare284. Francamente, questa sembra un’obiezione eccessivamente rigida, soprattutto considerato che la normativa non dà alcun indizio in positivo e, al contrario, molti sono i vincoli diretti o indiretti.

Probabilmente, la composizione pluripersonale dell’organo garantisce un migliore bilanciamento delle esigenze285; dunque, ad un “intraneo” esperto dell’organizzazione (in ogni caso indipendente dalla dirigenza, come per esempio il responsabile o un alto dirigente del servizio di auditing interno, oppure un soggetto preposto ai controlli interni, quale il risk manager o un alto compliance officer, o ancora un amministratore indipendente senza ruolo esecutivo) si potrebbero affiancare altri, probabilmente maggiormente competenti nel settore dei controlli societari e/o avvocati (anche se qualche autore sconsiglia la nomina di legali o fiscalisti che abbiano assistito da troppo tempo la società286). Per

quanto riguarda il bilanciamento tra interni ed esterni, non ci sono indicazioni di percentuali, ma sembra poco efficiente la soluzione di adottare odv composti solo dagli uni o dagli altri. Anzi, affidare tali compiti a soggetti del tutto esterni all’ente sembra precluso dalla lettera della legge, dal momento che si esplicita che l’organismo debba essere “dell’ente” (art. 6. comma 2, lett. b).

Circa la possibilità di nominare il sindaco, sia consentito un nuovo rimando infra. Sembra invece sicura l’esclusione del responsabile dei settori ecologia, ambiente e sicurezza, almeno dopo il tragico caso della Thyssenkrupp, condannata quale persone giuridica anche perché detto responsabile, nominato quale membro dell’odv, avrebbe dovuto controllare se stesso287.

284 A.BERNASCONI, 2013, p. 151. 285 GALLETTI, 2006, p. 126. 286 A.BERNASCONI, 2013, p. 151.

287 G.i.p. Trib. Milano 20 settembre 2004, Corte assise Torino 15 aprile 2011 (sent. Thyssenkrupp).

3.6 – Nomina, durata in carica, revoca, regolamento interno,